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Riflessioni conclusive

Nel documento Il servizio sociale nell'emergenza COVID-19 (pagine 157-162)

Cinzia Ripa

5. Riflessioni conclusive

Ogni anno l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL) pubblica una fotogra-fia aggiornata delle irregolarità in Italia. Dagli ultimi dati relativi al 2019 sono circa 3,7 milioni i lavoratori irregolari, cioè coloro che lavorano senza essere messi in regola dal punto di vista contrattuale, fiscale, o contributivo. Sempre nel rapporto dell’INL del 2019 emerge che sono stati intensificati i controlli sul caporalato e che i settori più colpiti sono l’edilizia, l’industria e il comparto manifatturiero, oltre che l’agricoltura.

La stessa fotografia si riflette nella presente ricerca sull’emergenza coro-navirus. Il lockdown, come misura di tutela della salute, impedendo la

mo-bilità delle persone ha avuto ripercussioni sulle condizioni economiche dei nuclei lasciando a casa tutti quei lavoratori saltuari e irregolari che comunque riuscivano a garantirsi un reddito fuori dal sistema di previdenza sociale.

L’impossibilità a muoversi liberamente ha avuto ripercussioni sul sistema famiglia andando a limitare o addirittura ad impedire il lavoro di cura e di assistenza che molte famiglie si scambiano reciprocamente (solo per fare qualche esempio: l’accudimento delle persone anziane e/o disabili, le attività di cura di minori etc.)

La prontezza nel decidere misure straordinarie ha dovuto fare i conti con un sistema burocratico/amministrativo che necessita di tempi tecnici per la raccolta delle domande, la valutazione e l’erogazione dei benefici e che era impreparato a gestire l’emergenza. Se in un primo momento si è data, giu-stamente, la precedenza a rafforzare il sistema sanitario necessariamente il passo successivo è stato quello di incidere sul sistema dei servizi sociali de-putati all’accoglienza/valutazione/supporto nelle situazioni di difficoltà. L’e-mergenza sanitaria, straordinaria, ha sollecitato il professionista assistente sociale ad operare nella cornice dei valori e principi fondamentali per la pro-fessione, anche in assenza di esperienze pregresse e senza modelli specifici di riferimento. Se da un lato si è verificata l’emersione di nuovi bisogni ac-canto a quelli più conosciuti, o l’insorgere di nuove forme di fragilità e vul-nerabilità, anche in gruppi sociali precedentemente meno esposti, dall’altro, all’interno di un contesto organizzativo in cui si opera, si è rilevato l’aumento di richieste e carichi di lavoro per i professionisti (Cnoas, 2020). Sono emerse disuguaglianze sul territorio nazionale (già note e più volte attenzionate) re-lative soprattutto alla carenza di personale in servizio e alla precarietà dei rapporti di lavoro. Il superamento di questi ostacoli con la stabilizzazione dei precari e l’assunzione di professionisti per il raggiungimento della propor-zione di un assistente sociale ogni 5000 abitanti così come più volte solleci-tato dall’Ordine professionale, garantirebbe una corretta presa in carico e di operare con la dovuta responsabilità professionale. Inoltre, è importante ga-rantire la continuità assistenziale soprattutto per le misure a contrasto della povertà dove il rischio di trasformare il sostegno in mero assistenzialismo è facile. È opportuno sottolineare come le misure a contrasto della povertà nella propria evoluzione abbiano previsto un approccio e una progettazione rivolti ai nuclei beneficiari tali da costituirsi come misure capacitanti, in grado di restituire valore alla persona e la capacità di autodeterminarsi. Si auspica un incremento delle politiche in favore di misure a contrasto alla povertà con un proseguo della sperimentazione RdC, interrotta nei suoi punti salienti a causa dell’emergenza.

La ricerca ha, inoltre, evidenziato l’impatto con la nuova modalità opera-tiva dello smartworking applicata al servizio sociale dove sono emerse

lacu-ne lacu-nell’utilizzo dei sistemi informatici relativi a un certo analfabetismo e ad una carenza di mezzi aziendali. Il Sistema Informatizzato Sociale (SIS) non è ancora sufficientemente utilizzato nei Servizi, ancora si è lontani dalla crea-zione di un sistema di rete regionale che garantirebbe possibilità di avere informazioni aggiornate in tempo reale. Tuttavia, le nuove pratiche acquisite e l’applicazione delle tecnologie informatiche al Servizio sociale hanno aperto uno scenario nuovo e diverso per il lavoro sociale dando la possibilità di creare relazione e attivare il processo di aiuto a distanza. Modalità che dovrà essere approfondita e verificata nel tempo ma che appare al passo con i tempi e fondamentale nell’emergenza.

Inoltre, è opportuno considerare il ruolo riconosciuto al servizio sociale nell’ambito dei Centri operativi comunali (COC) e nella collaborazione con la Protezione Civile. L’emergenza è stata l’occasione per riconsiderare il va-lore del lavoro di rete e la collaborazione con il Terzo settore che gioca un ruolo sempre più importante nella co-progettazione dei Servizi.

In questa occasione appare maturo e necessario intensificare il lavoro di ASProC (Assistenti Sociali per la Protezione Civile) e rivendicare un ruolo determinante nella gestione delle emergenze come nel caso del COVID-19.

Da ultimo, ma non per importanza, appare determinante sottolineare il ri-conoscimento, a vent’anni dalla L. 328/00, del servizio sociale come LIVEAS, riconoscendolo come un servizio pubblico essenziale esigibile quale diritto tu-telato costituzionalmente e garantendone la fruizione senza interruzione.

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Nel documento Il servizio sociale nell'emergenza COVID-19 (pagine 157-162)

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