Fondamentale in qualsiasi discussione di CLIL è la dimensione metodologica.
Come indicato nella defi nizione, un’esperienza CLIL deve risultare in un apprendi-mento di lingua e di contenuto. Ma non solo. L’apprendiapprendi-mento deve essere di tipo integrato: la lingua attraverso il contenuto; il contenuto attraverso la lingua.
Tuttavia, un apprendimento di questo tipo non avviene automaticamente, come le ricerche nelle esperienze di immersione in Canada hanno ben rivelato (Swain e Lapkin, 1982).
Abbiamo già accennato all’importanza della defi nizione degli obiettivi didattici in CLIL. Accenniamo ora ad alcuni altri aspetti da noi ritenuti fondamentali per il di-scorso CLIL rimandando il lettore alla discussione metodologica alla parte terza del presente volume. Ci limitiamo a presentare quelli che consideriamo i tre aspetti fonda-mentali che devono guidare tutte le scelte metodologiche dei docenti. Questi sono:
input comprensibile;
output comprensibile;
content and language integrated teaching (CLIT). Come ci si può aspettare che ci sia un apprendimento integrato di lingua e di contenuto se, a monte, l’insegnamento stesso non è di tipo integrato?
a. Input comprensibile
Il concetto di input comprensibile - importante ipotesi della teoria di acquisizione della lingua seconda di Krashen (1987) - assume rilievo per due motivi:
per l’apprendimento dei contenuti;
per l’acquisizione linguistica.
Lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze nella materia passa attraverso il contatto con input fornito sotto forma orale o scritta. Se l’input non viene compreso, la costruzione delle conoscenze e delle competenze non può aver luogo.
Due sono le strade da percorre per evitare una tale situazione: strategie per lo stu-dente e strategie dello stustu-dente:
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i) un impegno metodologico-didattico rilevante consiste nell’attivare strategie per lo studente, strategie, adottate dal docente, capaci di creare le condizioni per una buona comprensione dell’input. Tali strategie consistono in:
attività preparatorie prima dell’ascolto/lettura, durante l’ascolto/lettura, dopo l’ascolto/la lettura;21
sostegno attraverso supporti grafi ci: mappe, diagrammi, disegni, ecc.;
maggiore ridondanza verbale e non verbale;
informare sulla “mappa” della lezione: obiettivi e ordine di presentazione de-gli argomenti e delle attività;
distribuzione e/o creazione (con i discente) di glossari;
riassunti frequenti sui contenuti della lezione;
interazioni con gli studenti fornendo, su richiesta, conferme e chiarimenti attraverso ripetizioni e riformulazioni.
ii) Allo stesso tempo è necessario richiedere che il discente attivi strategie proprie - strategie cognitive, metacognitive e aff ettive (O’Malley e Chamot, 1990) - perché ci sia comprensione (Coonan, 2002, cap. 7).
Krashen è convinto che esiste un legame diretto fra input comprensibile e acquisizione della L2.
È parere di alcuni, al contrario, che, affi nché ci sia crescita linguistica, bisogna che l’individuo noti forme grammaticali nell’input. Il notare è la premessa, il primo passo perché la forma in questione possa essere interiorizzata. Le possibilità per notare, invece, sono ridotte in una situazione di CLIL proprio perché l’attenzione del discente è orientata sul messaggio piuttosto che sulla forma del messaggio.
Vanpatten postula tre principi attivati dall’individuo per il processing di input, il primo dei quali è:
“Principle 1: • Learners process input for meaning before they process form.
• Learners process content words in the input before anything else.
• Learners prefer processing lexical items to grammatical items for se-mantic information.
• Learners prefer processing more meaningful morphology before less or non-meaningful morphology, for example, simple past regular en-dings rather than redundant verbal agreement.” (Skehan, 1998:47)
Risulta evidente dal Principio 1 che l’individuo ha sempre una preferenza per la dimensione semantica a scapito di quella meramente formale.
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21 Tali attività sono tipiche delle prassi glottodidattiche.
In un percorso, quindi, che richiede la massima attenzione al signifi cato, come orientare l’attenzione del discente sulla forma?
La soluzione non può essere rintracciata in un ricorso all’insegnamento della lin-gua in quanto codice (cfr. focus on formS in Long e Robinson in Doughty e Williams, 1998): questo, semmai, è il compito dell’insegnante di lingua.
La soluzione che si propone è:
utilizzare i momenti di diffi coltà per un focus on form per rendere consapevo-le lo studente della dimensione formaconsapevo-le della lingua e della sua adeguatezza rispetto al messaggio da trasmettere.
La diff erenza fra focus on form e focus on formS consiste nel punto di partenza per il focus:
focus on formS: individuazione delle forme per insegnarle (orientamento ti-pico della didattica della LS evidente nei syllabus sintetici in cui le forme lin-guistici sono pre-isolate (cfr. Wilkins, 1976);
focus on form: l’effi cacia della comunicazione è la giustifi cazione per una foca-lizzazione sulla adeguatezza formale del messaggio.
La diff erenza è catturata da Long riportato in Doughty e Williams (1998:3) che indica come: “Focus on form … overtly draws students attention to linguistic elements as they arise incidentally in lessons whose overriding focus is on meaning or communication.”
Doughty e Williams ribadiscono quanto sia importante che sia lo studente a percepire la necessità per l’attenzione sulla forma: “Most important, it should be kept in mind that the fundamental assumption of focus on form instruction is that meaning and use must already be evident to the learner at the time that attention is drawn to the linguistic apparatus needed to get the meaning across” (1998:4).
b. “Liberare” la capacità attentiva del discente. Se le risorse cognitive del discen-te sono impegnadiscen-te nel comprendere e/o nello svolgere un’attività complessa (tipicamente il caso in CLIL), le sue risorse da dedicare alla forma linguistica saranno minime. È necessario quindi fare ricorso a delle strategie per facilita-re la compfacilita-rensione (cfr. sopra) nonché alla manipolazione delle variabili dei tasks (cfr. Coonan, questo volume, Task based learning e CLIL) per facilitare la produzione.
b. Output comprensibile
Krashen postula la necessità di input comprensibile. Swain (1985) alla luce della ricerca fatta nei programmi di immersione, postula la necessità (anche) di output comprensibile. La sua tesi risiede nella convinzione che solo quando l’individuo pro-duce lingua e riceve feedback è in grado di notare i gaps nella sua interlingua, dive-nendo in questo modo “pronto” a interiorizzare nuove forme.
a.
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Swain indica inoltre che non è suffi ciente che lo studente produca lingua ma che la sua produzione sia grammaticalmente ricca, comprensibile, quindi, all’interlocuo-re/lettore dalla sola forma linguistica e non attraverso l’uso di strategie comunicative verbali e non verbali (Coonan, 2002:188-191).
Le implicazioni per chi opera in CLIL riguardano prima di tutto l’esigenza di pre-disporre esercizi e compiti (tasks)22 che consentono la produzione linguistica, soprat-tutto al livello orale. Ciò può signifi care un capovolgimento del metodo tradizional-mente seguito nell’insegnamento della materia che molte volte è di tipo trasmissivo.
Il capovolgimento dovrà consentire non solo l’interazione nella lingua veicolare ma anche l’introduzione di una dimensione “esperienziale”23 nel processo di appren-dimento perché il discente possa appropriarsi dei concetti nuovi e perfezionare le competenze previste.
c. CLIT per CLIL
Una accurata defi nizione degli obiettivi che tenga in opportuna considera-zione quelli della materia e quelli possibili della lingua veicolare nonché le scelte metodologiche e didattiche, come brevemente ricordato sopra, deve contribuire al-l’apprendimento integrato.
Tuttavia, si pensa che un’ulteriore dimensione di tutto il processo vada conside-rata affi nché sia assicurata la natura integrata del programma. Questa dimensione riguarda l’insegnamento.
Si propone l’acronimo CLIT (content and language integrated teaching) per sotto-lineare l’esigenza che il programma CLIL sia il frutto di un teaching team che lavori in sinergia, separatamente oppure anche in compresenza (Coonan, 2003).
Il concetto di sinergia è importante perché attraverso di essa si realizza un sostegno reciproco tra i docenti per aff rontare i problemi di apprendimento (della lingua o del contenuto) già previsti all’avvio del programma o che dovessero sorgere in itinere.
Nell’era dell’autonomia, la scuola è libera di operare le scelte che ritiene più idonee per realizzare il suo progetto CLIL, ma deve tener conto che le scelte operate devono essere in sintonia fra loro per evitare una situazione in cui le fi nalità e gli obiettivi fi ssati si rivelino alla fi ne irraggiungibili perché mancano le condizioni strutturali per il successo dell’esperienza (Coonan, 2003).
22 La parola task viene qui tradotta con il termine italiano compito.
23 La dimensione “esperienziale” viene di solito relegata a momenti laboratoriali. Il laboratorio come
“struttura” didattica non è molto comune nella tradizione scolastica italiana. A nostro parere, costituisce il “sito” perfetto per un percorso CLIL.
Presupposti e fi nalità in CLIL
Federica Ricci Garotti, Università di Trento
Proprio per la peculiarità dell’obiettivo illustrato, non è possibile pensare ad un progetto CLIL senza che siano posti dei punti fermi sul piano epistemologico. Chia-meremo questi punti “presupposti del CLIL”, indicando così la necessità che essi siano inseriti in un progetto CLIL per garantirne la riuscita, oltre che la loro natura di ca-rattere epistemologico del CLIL.