GLI ASPETTI DI GESTIONE DEL PERCORSO CLIL
4. LA PRODUZIONE NEL CLIL
Nell’approccio CLIL, le abilità linguistiche non sono obiettivo di apprendimento di per sè, ma veicolo per l’acquisizione di contenuti. In CLIL si ipotizza tuttavia anche un’implementazione delle competenze dello studente in LS, la cui crescita si misu-rerà, per quanto riguarda la produzione, in termini di scorrevolezza, di accuratezza, ampliamento lessicale e complessità della lingua messa in campo, anche al di fuori dello specifi co della disciplina veicolata.
Come è stato dimostrato dall’esperienza canadese,16 la semplice esposizione alla lin-gua non basta ad accrescere la competenza linguistica; occorrono un’attenzione mirata ed un’azione didattica specifi ca, in particolare per la produzione orale. Parlare in LS è infatti un’abilità diffi cile che richiede al parlante di aver interiorizzato e di poter met-tere in campo a livello quasi automatico alcuni elementi sintattici e lessicali di base, in modo da poter lasciare lo spazio mentale per la gestione del signifi cato; inoltre, è un’abilità che si esercita in tempo reale, immediata, non c’è lo spazio per rifl ettere come si potrebbe fare in una produzione scritta. La diffi coltà di espressione in LS è ancora amplifi cata in CLIL, in cui lo studente è confrontato a operazioni mentali già diffi cili in lingua madre (classifi care, selezionare, comparare, fare ipotesi, trovare soluzioni, ar-gomentare …) nonché al lessico specifi co proprio della disciplina. Il docente pertanto, consapevole di queste diffi coltà, adotta delle strategie specifi che, programma interventi mirati atti a far produrre allo studente un output non solo comprensibile, ma ricco e adeguato alla complessità dei concetti trattati e alle abilità cognitive messe in gioco.
Per aiutare gli studenti ad esprimersi in LS, è necessario che il docente intervenga sulle condizioni di apprendimento, proponendo forme alternative alla prassi
tradi-16 Swain aff erma che gli studenti inseriti per parecchi anni nei programmi di immersione linguistica ca-nadesi raggiungono alla fi ne alti livelli di competenza nelle abilità di ricezione - ascoltare e leggere - ma non ottengono risultati altrettanto lusinghieri nelle abilità produttive, soprattutto orali, che rimangono piuttosto povere e scadenti dal punto di vista formale. E questo perché agli studenti era solo richiesto di comunicare il messaggio senza osservare l’accuratezza dell’esposizione. La studiosa dà una spiegazione di questo fenomeno: “Possiamo comprendere un discorso senza conoscenze precise sintattiche e morfo-logiche, ma non possiamo produrre un discorso con accuratezza senza la conoscenza precisa sintattica e morfologica” Swain, 1991, in Coonan 2002, p. 188).
zionalmente attuata nelle classi, in cui il tempo-parola è occupato quasi esclusiva-mente dall’esposizione del docente, mentre i discenti prendono appunti, di tanto in tanto rispondono alle domande, poi fanno qualche esercizio, di solito individuale. Il presupposto per insegnare a parlare è quello di far parlare, di lasciare spazio di parola ai discenti, immaginando strategie che li stimolino a partecipare attivamente, pre-disponendo un ambiente in cui la lingua sia usata in contesto signifi cativo o in una dimensione esperienziale.
Una delle strategie più semplici e produttive per dare spazio di parola agli studenti è quella di porre domande, che però non hanno tutte la stessa valenza. Si eviterà così di ricorrere a domande “didattiche” (Nunan, 1989, in: Coonan, 2002, p. 163) di cui il docente conosce già la risposta e poste allo studente solo per verifi care delle cono-scenze linguistiche, ma si faranno domande autentiche per conoscere davvero qual-cosa, quindi volte al signifi cato. Sono domande che indagano il perché, il come, alle quali non si può rispondere con un sì o un no, che richiedono uno sforzo di spiega-zione, di valutaspiega-zione, di opinione personale. Secondo Nunan, l’impegno per rispon-dere a questo tipo di domande comporta un coinvolgimento cognitivo più profondo da parte del discente e questo, a suo avviso, contribuisce all’acquisizione della lingua.
Queste domande costituiscono l’ossatura di una reale interazione: la lingua è usata davvero per discutere, per argomentare, per dibattere.
La crescita linguistica del discente avviene dunque nell’interazione con il docente e con i compagni. Da questo consegue la necessità di dare opportunità al discente di partecipare in modo attivo alla costruzione del sapere e questo è possibile solo in una didattica innovativa, basata su progetti di lavoro condivisi che privilegiano la dimen-sione esperienziale dell’apprendimento, in cui si usa la lingua per esplorare, ricercare, discutere, negoziare.17
In una lezione tradizionale l’azione didattica parte sempre dal docente e mai dal discente. Il parlare è quasi a senso unico, il discente non fa che reagire alle domande.
Una vera interazione, invece, ha luogo quando coloro che parlano mettono qualcosa in comune, quando il senso è costruito da tutti i partecipanti. Perché questo accada, è necessario che le informazioni siano possedute in modo diverso o perlomeno che non ci sia un interlocutore, che in situazione didattica è chiaramente il docente, che possiede tutte le informazioni. La vera interazione avviene quando c’è un vuoto di informazione tra gli interlocutori, quando c’è bisogno di parlare e di chiedere per sapere qualcosa o quando vi sono posizioni divergenti che necessitano di una
com-17 Si fa qui riferimento al task based learning. Si rimanda all’omonimo saggio di Coonan in questo volu-me per una discussione più approfondita.
posizione. In un approccio CLIL il discente esplora assieme al docente e ai compagni le tematiche da approfondire, propone le sue idee e le negozia con gli altri, chiede spiegazioni, fa domande di chiarifi cazione o di approfondimento per comprendere appieno l’argomento di studio o di discussione.
Un altro vantaggio dell’interazione docente-discente risiede nel fatto che quest’ul-timo non procede solo alla costruzione del contenuto, ma aff ronta anche indiretta-mente aspetti prettaindiretta-mente linguistici, operando in tal modo l’integrazione auspica-ta tra insegnamento linguistico e insegnamento di contenuti. Proprio in situazione CLIL si crea un maggiore spazio per l’apprendimento chiamato incidentale che si verifi ca quando l’attenzione non è focalizzata sulla lingua ma sul contenuto. Come scrive Pavesi “Lo spostamento dall’elaborazione semantica all’elaborazione sintattica si ha più facilmente nel momento in cui l’apprendente cerca attivamente di esprimere signifi cati propri formulando enunciati nella L2” (2002, p. 58).
L’attenzione ad un’interazione signifi cativa si può ritrovare anche in esercizi che di solito richiedono solo un sì o un no, o una crocetta, come il vero/falso o la scelta multipla, l’abbinamento, il cloze (completamento di un testo), o tutti gli altri tipi di esercizi abitualmente utilizzati nelle lezioni di lingua. Questi esercizi acquisiscono maggiore signifi catività ed effi cacia per l’arricchimento linguistico se vengono propo-sti chiedendo al discente di dare una giupropo-stifi cazione delle riposte, il perché di deter-minate scelte, cosa che può far nascere anche delle discussioni autentiche.
Ma il discente CLIL non deve solo saper porre o rispondere a domande, o interagire con i professore e i compagni. Le attività proposte dai testi di materie non linguistiche o le modalità di valutazione sono costituite molto spesso da relazioni (orali o scritte) o da prove che chiedono di dare defi nizioni, fornire spiegazioni, dare una valutazione, illustrare un processo, e richiedono dunque un’esposizione artico-lata e precisa. L’allievo deve quindi anche saper esporre producendo un monologo che è più complesso rispetto all’interazione in quanto non c’è l’aiuto dell’interlocu-tore nella costruzione del discorso. L’esposizione, di solito attraverso una relazione scritta o orale, richiede frasi elaborate e lunghe, precisione e ricchezza di linguaggio, attenzione alla coerenza e alla coesione del testo prodotto. È importante inoltre te-ner conto del lessico specialistico nonché delle tipologie testuali che caratterizzano le discipline veicolate, che nel CLIL lo studente deve acquisire in LS. Questo comporta un notevole impegno cognitivo per lo studente e l’insegnante CLIL se ne deve fare carico immaginando esercizi ed attività specifi ci, mirati all’implementazione della microlingua della disciplina.
Il docente deve dunque prestare particolare attenzione al livello di diffi coltà nei compiti che propone. Un compito troppo diffi cile può non essere risolto e quindi generare demotivazione, ma un compito troppo facile può essere percepito come
ba-nale ed altrettanto demotivante. All’insegnante spetta dunque la responsabilità di tro-vare il giusto equilibrio di diffi coltà tra lingua e contenuto affi nché lo studente possa acquisire correttamente i contenuti disciplinari e nello stesso tempo controllare la sua produzione linguistica, mirando alla sua scorrevolezza (fl uency), ma anche alla sua complessità e correttezza formale.
Allegati
Allegato n. 1