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IL CONSOLIDARSI DEI RAPPORTI CON IL CONTESTO ARTISTICO ROMANO JACOPINO DEL CONTE NELL’ORATORIO DI SAN GIOVANNI DECOLLATO:

3.1. L’arrivo di Jacopino del Conte a Roma

Il momento in cui Jacopino del Conte giunse a Roma per un secondo e definitivo soggiorno non è documentato. Come si è detto, egli approdò nella città pontificia una prima volta nel 1534, in occasione della collaborazione con Leonardo Grazia da Pistoia. La data del secondo soggiorno, invece, nella tradizione degli studi oscilla tra il 1535 e il 1537. Del resto, tale datazione è confermata da Giovanni Baglione, il quale, nella vita dedicata al nostro, registrava la notizia di un suo arrivo a Roma “sotto Paolo III”1.

Hermann Voss, Adolfo Venturi e Josephine von Henneberg datavano l’Annuncio a Zaccaria, e quindi l’arrivo di Jacopino a Roma, al 1535, basando l’ipotesi su una errata interpretazione dell’elenco degli artisti affiliati all’Accademia romana di San Luca pubblicato da Melchiorre Missirini nel 18232.

Invero, a seguito di un controllo condotto sulle carte d’archivio, è emerso che Jacopino versò la sua prima quota solo a partire dal 15383. Tale notizia va letta in relazione ad altre testimonianze documentarie che attestano il perdurare dei rapporti familiari e professionali dell’artista con la sua città di origine: a partire dal primo novembre dello stesso 1538, con validità fino 31 ottobre del 1539, egli corrispose la tassa di iscrizione alla Compagnia fiorentina dei pittori di San Luca4. Tale informazione, a sua volta, va integrata con un’altra notizia archivistica dell’Accademia romana di San Luca: il 21 dicembre del 1539, infatti, Jacopino del Conte era sicuramente di nuovo nella città capitolina, dove versò uno scudo e cinque giulii

1 Baglione 1642, p. 75.

2 Missirini 1823, p. 14; Voss 1920, ed. it. 1994, p. 104; Venturi 1933, p. 227; von Henneberg 1967, p. 140. Fu per

primo Michael Hirts a rendersi conto dei possibili fraintendimenti circa la data dell’iscrizione degli artisti nella trascrizione di Missirini (Hirst 1967, p. 500, n. 10).

3 “Jacopo del conte fiorentino pittore a San Marcello de dare scudi dua per contro del suo introito”. Archivio

Storico dell’Accademia Nazionale di San Luca, Libro degli Introiti, vol. 2, f. 12 v. Tramite una verifica condotta sul Libro degli introiti ho potuto escludere che Jacopino prima del 1538 pagasse la sua quota.

4 “Jacop[o] del Conte dé dare dà di P[rimo] di Novembre per fino à tutto di XXXI d’Ottobre nel 1539”. Archivio

di Stato di Firenze, Accademia del Disegno, 3, f. 56v. Il documento è stato segnalato da Costamagna-Fabre 1991, p. 24.

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“per resto a mastro Francesco detto l’Indaco”, cifra corrisposta a completamento del pagamento della tassa di iscrizione di due scudi5.

Come si dirà, una valutazione incrociata di tali informazioni archivistiche può consentire di comprendere meglio le tappe del percorso di Jacopino al tempo del suo secondo soggiorno romano e le fasi del suo intervento nel cantiere del Decollato.

Federico Zeri ipotizzava che Jacopino fosse giunto a Roma in un momento compreso tra il 1536 e il 15376. Tale supposizione potrebbe trovare conferma indiretta dal fatto che il nome del nostro non compare tra i pur numerosi artisti che nella primavera del 1536 furono coinvolti nella realizzazione degli apparati decorativi per l’ingresso trionfale di Carlo V. Come è noto, la direzione dell’impresa fu affidata ad Antonio da Sangallo il giovane con la collaborazione di Raffaello da Montelupo e di suo fratello, quello stesso Battista da Sangallo che avrebbe commissionato a Jacopino l’Annuncio per l’Oratorio7. Vasari, inoltre, nel descrivere gli apparati, sottolineò la fretta con cui fu messa in opera l’imponente macchina scenografica, a causa della quale

“furono adoperati tutti gl’artefici buoni e cattivi”8.

La prossimità altrimenti nota del nostro a questa cerchia e – parallelamente – la sua assenza dal pur nutrito novero di artisti “buoni e cattivi” che parteciparono all’esecuzione degli apparati sembrano motivi sufficienti ad escludere una sua presenza in città già in quel momento. Inoltre, alle decorazioni trionfali parteciparono diversi maestri con cui Jacopino a Roma entrò in contatto, come Francesco Salviati o Battista Franco, oltre ai già citati Sangallo. Secondo Iris Cheney, la scelta di soggetti esclusivamente mitologici e pagani probabilmente non sarebbe stata congeniale alla formazione di Jacopino, unicamente versato nella produzione di opere di arte sacra9. Pare opportuno, in ogni caso, rammentare ancora una volta quanto la nostra conoscenza della prima attività di Jacopino del Conte sia frammentaria, il che non ci consente di escludere del tutto che a Firenze non si sia dedicato anche a tale produzione.

Alla luce di quanto detto, si può collocare il momento del secondo soggiorno capitolino dell’artista in una fase posteriore alla primavera del 1536, allorché ebbe l’opportunità di porre le basi per l’ottenimento della fortunata commissione di una scena per l’Oratorio di San

5 Archivio Storico dell’Accademia Nazionale di San Luca, Libro degli introiti, vol. 2, f. 13r. 6 Zeri 1948, p. 181; Id. 1951, p. 140.

7 Bertolotti 1863, pp. 175-177; Forcella 1885, pp. 35-40. 8 Vasari 1568, vol. V, p. 459.

9 Iris Cheney (1970, p. 34), secondo la quale Jacopino era stabilmente a Roma fina dal 1534-35, spiegava così la

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Giovanni Decollato. Inoltre, il fatto che egli abbia versato la quota all’Accademia romana di San Luca – condizione necessaria per svolgere lavori pubblici – solamente a partire dal 1538, suggerisce l’opportunità di posticipare ad un momento prossimo a quella data anche la realizzazione della prima scena con l’Annuncio dell’angelo a Zaccaria10.

L’impegno di Jacopino del Conte per la Confraternita della Misericordia rappresenta senza dubbio un momento cruciale del suo percorso. Egli, infatti, ebbe modo di lavorarvi in più occasioni, dalla fine del quarto decennio del secolo al 1553. Il fatto che le scene dell’Oratorio siano certamente attribuite, datate con sicurezza e scalate cronologicamente lungo un arco di tempo così esteso, ci fornisce un termine di paragone molto solido al fine di misurare con precisione l’evolversi del suo modus operandi nell’arco di quasi due decenni, dall’esordio avvenuto nel passaggio da Firenze a Roma fino alla piena maturità. L’analisi delle opere eseguite per l’Oratorio consente di precisare quanto, come scrisse Giuliano Briganti, la sua figura avesse assunto “uno straordinario rilievo” sulla scena pittorica romana11.

Merita di riflettere qui su due dati contrastanti: mentre la trama dei rapporti tra Jacopino e i suoi colleghi all’opera nel cantiere romano, il panorama del suo orizzonte culturale e dei suoi numerosi riferimenti visivi sono sufficientemente ben delineabili, le modalità di organizzazione e gestione del cantiere, data anche la sostanziale irreperibilità di notizie documentarie riferibili all’Oratorio, rappresenta invece un problema non sempre di semplice soluzione12. Ne risulta evidentemente un paradosso, che si spera gli studi potranno sanare intrecciando nuovi documenti sul funzionamento del cantiere e nuove riflessioni sullo sviluppo stilistico degli artisti coinvolti nell’impresa.