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322 Le previsioni del protocollo n. 30 sono state estese anche alla Repubblica Ceca, attraverso una

clausola di opt-out, in occasione del Consiglio europeo del 29-30 ottobre 2009.

323 S. AMADEO, Il Protocollo n. 30 sull’applicazione della Carta a Polonia e Regno Unito e la tutela “asimmetrica” dei diritti fondamentali: molti problemi, qualche soluzione, in DUE, 2009, n. 3, p. 728.

Come giustamente osservato dall’Autore, “il Protocollo si risolve nel lasciare agli stessi Stati interessati (o meglio ai rispettivi organi legislative e amministrativi) la determinazione della conformità del proprio ordinamento alle esigenze della Carta”. Sul Protocollo, in generale, v. anche C. ZANGHÌ, Il Protocollo n. 30, in ID., Istituzioni di diritto dell’Unione europea, Torino, 2010, pp. 137-140, nonché J. SNELL, European constitutional settlement, an ever-close union, and the Treaty of Lisbon, in European Law Review, 2008, p. 617 ss.

324 P. SIMONE, Gli accordi internazionali di salvaguardia dei diritti sociali e del lavoro e il Protocollo n.

30 sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali alla Polonia e al Regno Unito, in DUE, 2009,

n. 3, p. 745.

325 In definitiva, in tali Stati i corrispondenti diritti individuali saranno privi di garanzia giurisdizionale,

salvo che una norma interna ad hoc non abbia dato loro puntuale esecuzione. È stato osservato che, tuttavia, ciò non significa carenza assoluta di giuridicità dei diritti sociali in Polonia e Regno Unito. “Anzitutto, la Carta non si inserisce in un "vuoto normativo" dell'ordinamento dell'Unione. In secondo luogo, una norma, ancorché priva di garanzia giurisdizionale o di effetto diretto, resta pur sempre dotata di valore giuridico e invocabile ove abbia ricevuto esecuzione, per dir così, ordinaria. Certo, sul piano interno, la legislazione sociale di questi Stati non potrà essere ricostruita dalla giurisprudenza sulla base della Carta e ciò rappresenterà in sé un grave limite. Nulla esclude però che altre fonti normative internazionalistiche o i principi generali comuni agli Stati membri possano essere valorizzati a tal fine, né che la giurisprudenza applicativa della Carta rispetto agli altri Stati membri possa indirettamente influire sulla ricostruzione dei diritti fondamentali anche in Polonia e Regno Unito”. Cfr. R. BARATTA, Le principali novità del Trattato di Lisbona, in DUE, 2008, n. 1, p. 24.

326 Sintetizzando le posizioni critiche della dottrina, è stato detto che “In una parola, l’efficacia giuridica

generale della Carta pare seriamente compromessa da questo protocollo, che potrebbe minare nel complesso il valore della Carta”. Cfr. M. CARTABIA, I diritti fondamentali e la cittadinanza dell’Unione,

in F. BASSANINI – G. TIBERI (a cura di), Le nuove istituzioni europee. Commento al Trattato di Lisbona,

Tramite la proclamazione della Carta dei diritti e la sua più recente elevazione a norma vincolante dell’ordinamento europeo, l’Unione europea riconosce la rilevanza della famiglia, formazione sociale primaria, impegnandosi a tutelare il diritto alla costituzione e conservazione dei rapporti familiari.

Invero, come è stato giustamente rilevato in dottrina, la famiglia, al pari delle altre formazioni sociali, non viene considerata tra i soggetti titolari di diritti riconosciuti nella Carta, ma, piuttosto, viene presa in considerazione “in via mediata”, in quanto “proiezione collettiva” di diritti che sono pur sempre concepiti come individuali327.

Pur partendo da un tale presupposto, non può non evidenziarsi che all’interno del catalogo di diritti riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vi siano molteplici disposizioni connesse alla tutela della famiglia. In particolare, rilevano: l’art. 7, dedicato al rispetto della vita priva e familiare; l’art. 9, che garantisce il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia; l’art. 14, che sancisce il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche; l’art. 23, il quale afferma il diritto di parità tra uomo e donna; l’art. 24, relativo ai diritti del bambino; l’art. 25, concernente i diritti degli anziani; l’art. 26, sui diritti dei disabili; l’art. 33, che sancisce la generale protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale328.

Più nello specifico, la disposizione contenuta nell’art. 7 della Carta, testualmente recita: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio delle sue comunicazioni”329: essa, per quanto qui ci

interessa, verrà presa in considerazione nella sola parte in cui prevede il diritto al rispetto della vita familiare330, mentre saranno tralasciati gli aspetti relativi al distinto

diritto alla vita privata, del domicilio e delle comunicazioni.

327 Cfr. R. BIFULCO – M. CARTABIA – A. CELOTTO, Introduzione, in ID., L’Europa dei diritti…op cit., p.

15 e, più di recente, M. CARTABIA, Diritti fondamentali e cittadinanza, in F. BASSANINI – G. TIBERI (a

cura di), Le nuove istituzioni europee... op. cit., p. 103.

328 Con riferimento alle disposizioni della Carta dedicate alla famiglia, si è osservata la “frammentarietà”

del disegno tracciato dalla Carta, dal quale non emergerebbe in pieno “la famiglia come comunità”, perdendosi quel “connotato aggregante” che dovrebbe essere “il legame intimo tra disposizioni che qui invece sono disseminate tra eguaglianza, libertà, solidarietà”. Cfr., F. D. BUSNELLI, Importanza e limiti dei valori fondamentali della carta europea, in G. VETTORI (a cura di), Carta europea e diritti dei privati, Padova, 2002, p. 133.

329 Per alcuni commenti sull’art. 7, con particolare riferimento al diritto al rispetto della vita familiare, si

vedano, C. MCGLYNN, Families and the European Union Charter of Fundamental Rights: progressive change or entrenching the status quo?, in ELR, 2001, pp. 582-593; FERRARI BRAVO – DI MAJO –

RIZZO, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, Milano, 2001, pp. 18-20; T. GROPPI, Art. 7,

in R. BIFULCO – M. CARTABIA – A. CELOTTO, L’Europa dei diritti, Bologna, 2001; M. PANEBIANCO, Repertorio…op. cit., pp. 112-133; F. CAGGIA, Il rispetto della vita familiare, in Fam. dir., 2002, p. 212- 220; CARLETTI, I diritti fondamentali e l’Unione europea tra Carta di Nizza e trattato-costituzione, Milano, 2005, pp. 187-191.; E. FALLETTI, Art. 7 - Rispetto della vita privata e della vita famigliare, in

G. BISOGNI – G. BRONZINI – V. PICCONE (a cura di), La Carta dei diritti… op. cit., pp. 107-118.

330 Il che implica il riconoscimento di una sfera di autonomia della famiglia nei confronti dei pubblici

poteri. Cfr. G. FERRANDO, Le relazioni familiari nella Carta dei diritti dell’Unione Europea, in Politica

del Diritto, 2003, p. 353. L’Autrice evidenzia come l’esigenza di protezione, ad esempio, dei soggetti

deboli e dei figli minori, che giustifica l’intervento pubblico, possa apparire in netta contraddizione con tale affermazione. In realtà, il rispetto della vita familiare esige che le autorità sappiano trovare un giusto equilibrio tra interessi dei figli e diritti dei genitori.

All’evidenza, la norma riproduce pedissequamente l’art. 8 della CEDU, su cui ci si soffermerà infra, dal quale viene fatta discendere la tutela di una molteplicità di diritti, non espressamente contemplati dalla norma, tra cui proprio il diritto al ricongiungimento familiare. Se è in stretta connessione con i corrispondenti articoli della CEDU che la Carta dei diritti fondamentali deve essere interpretata ed applicata, ne consegue che, sebbene dall’art. 7 derivi la possibilità di individuare un diritto fondamentale al ricongiungimento familiare, da ciò non discende la possibilità di individuare un vero e proprio obbligo in capo agli Stati di autorizzare il ricongiungimento familiare nel proprio territorio331.

D’altro canto, come ha sottolineato la dottrina332, nemmeno gli altri strumenti

“europei” esistenti, ossia la Carta sociale europea del 1961 (rivista nel 1996) e la Convenzione europea relativa allo status giuridico del lavoratore migrante del 1977, prevedono il diritto al ricongiungimento. Nessuno di questi strumenti si può dire che imponga agli Stati firmatari un obbligo di tal genere. La prima, infatti, prevede che gli Stati facilitino per quanto possibile il ricongiungimento, mentre la seconda li impegna ad “autorizzare” il ricongiungimento, lasciando quindi aperta, secondo un’interpretazione restrittiva, la possibilità di porre condizioni all’autorizzazione stessa.

La titolarità del diritto riconosciuto dall’art. 7 della Carta è estesa, secondo il dettato della norma in oggetto, ad “ogni persona”. Ciò implica che tale diritto costituisce aspetto fondamentale della libertà riconosciuta ad ogni individuo in quanto tale, indipendentemente dal possesso dello status di cittadino europeo. Di tal che, non sembra possibile apportare limitazioni a tale diritto in funzione delle condizioni inerenti il titolare del diritto stesso, che potrebbe essere non solo un cittadino dell’Unione europea, ma anche un cittadino extra-Ue. Le uniche limitazioni ed ingerenze consentite sono quelle motivate da esigenze superiori dell’autorità pubblica. In proposito, si osserva che, quale unica differenza evidente rispetto all’art. 8 della CEDU, l’art. 7 della Carta prevede espressamente le ipotesi in ragione delle quali i singoli Stati possono porre limitazioni all’esercizio del diritto. A ben vedere, però, la differenza “è puramente testuale, non di contenuto”333 in quanto, nel caso di diritti già

garantiti in sede di Convenzione, la loro ampiezza è pari a quella ivi prevista. Ciò ai sensi dell’art. 52, comma 3, della Carta che puntualizza che “Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa”.

331 Cfr. le Conclusioni dell’Avvocato generale Geeloed nella causa Baumbast, punto 60. Per

approfondimenti, con riferimento specifico all’interpretazione dell’art. 8 CEDU fornita dalla Corte di Strasburgo, si rinvia ai prossimi paragrafi.

332 Si veda, per tutti, E. BERGAMINI, La famiglia nel diritto comunitario e dell’Unione europea, Torino,

2006, p. 40.

Il combinato disposto dell’art. 7 con quest’ultima disposizione tende a richiedere alle istituzioni europee e agli Stati membri di attribuire al diritto al rispetto alla vita privata e familiare la stessa portata interpretativa che a questo stesso è riconosciuta, nell’ambito della CEDU, dagli organi del Consiglio d’Europa.

Il contenuto dell’art. 7 può essere “riempito” con riferimento alla corrispondente norma prevista dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (art. 8), tenendo presente delle pronunce della Corte di Strasburgo volte, in primo luogo, a delineare la nozione di “vita familiare” ed, in secondo luogo, a riempire di contenuto il vincolo del “rispetto” della vita familiare degli individui334.

L’acquisizione del valore vincolante della Carta se, da un lato, consente di affermare la sussistenza di un diritto al ricongiungimento familiare quale diritto fondamentale, dall’altra parte, va valutata con attenzione, ove si vogliano far discendere da tale acquisizione delle conseguenze, per così dire, “derogatorie”, rispetto ai limiti formali imposti dalla normativa comunitaria/europea335 e che riguardano i

soggetti titolari di tale diritto e le condizioni poste a carico dei familiari per ottenere il ricongiungimento336.

Conseguenze di tal genere appaiono, infatti, escluse alla luce del novellato art. 6, par. 1, comma 2 TUE che, in connessione con l’art. 51 della Carta, prevede che le disposizioni di quest’ultima non siano in grado di estendere l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né di introdurre competenze nuovi o compiti nuovi per l’Unione, né di modificare le competenze e i compiti definiti dai Trattati.

Ma l’argomento in questione, specie sotto il profilo di un possibile “allargamento” dei soggetti titolari del diritto al ricongiungimento familiare nell’ordinamento europeo, sarà oggetto di una più approfondita analisi nel prossimo capitolo.

4. La rilevanza dei diritti sanciti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo

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