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Il venir meno del legame familiare.

2. La cittadinanza europea e la nuova disciplina sui diritti dei familiari contenuta nella Direttiva 2004/38/Ce

2.4. Il venir meno del legame familiare.

227 Le conclusioni del caso Metock sono state confermate dalla Corte nella successiva ordinanza 19

La questione del riconoscimento del diritto di soggiorno nello Stato membro in cui il familiare del cittadino dell’Unione ha ottenuto il ricongiungimento, in ipotesi di scioglimento del legame familiare – specie del vincolo coniugale – ha trovato spazio già sotto la vigenza del Regolamento n. 1612/68, che pure nulla prevedeva in proposito. Possibilità di risoluzione della problematica in oggetto, potevano essere ravvisate, con un’interpretazione a contrario, nella giurisprudenza della Corte di giustizia. Ci si riferisce, in particolare, alla già citata sentenza Diatta. In tale pronuncia, la Corte aveva ritenuto che la circostanza che i coniugi vivessero separati e intendessero divorziare non costituisse valido motivo di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno del familiare del lavoratore comunitario. Ciò, nella specie, in virtù del fatto che solo una pronuncia giurisprudenziale definitiva avrebbe fatto venire meno lo status di familiare (par. 20 della sentenza). A contrario, se ne era dedotta, implicitamente, la volontà della Corte di ritenere che, una volta sciolto il vincolo familiare, il coniuge extracomunitario potesse essere espulso, senza nessuna considerazione per la situazione personale dello stesso228. Invece, per quanto riguarda i

figli, il Regolamento n. 1612/68 già prevedeva che i figli continuassero a godere dei diritti loro garantiti anche ove mai il genitore avesse perso lo status di lavoratore migrante o avesse lasciato lo Stato nel quale si era originariamente recato.

Nella normativa attualmente in vigore, il venir meno del legame familiare dal quale è discesa l’attribuzione di un diritto derivato di ingresso e di soggiorno in capo al familiare non cittadino dell’Unione, non costituisce di per se stesso valido motivo di automatica espulsione.

In particolare, rileva il considerando n. 16 della Direttiva del 2004, nel quale è evidenziata la necessità di tutelare giuridicamente i familiari in caso di decesso del cittadino dell’Unione, di divorzio, di annullamento del matrimonio o di cessazione di una unione registrata. Nella specie, viene osservato come sia opportuno garantire che, in tali ipotesi, “nel dovuto rispetto della vita familiare e della dignità umana” e a determinate condizioni intese a prevenire gli abusi, i familiari che già soggiornano nel territorio dello Stato membro ospitante conservino il “diritto di soggiorno esclusivamente su base personale”.

Sulla base di tali considerazioni, l’art. 13 della Direttiva esplicitamente stabilisce che lo scioglimento del vincolo di coppia non comporta il venir meno del diritto di soggiorno per il familiare cittadino dell’Unione, né – pur nel rispetto di condizioni più stringenti – per il familiare extracomunitario che abbia tra l’altro ottenuto l’affidamento dei figli comuni o sia titolare di un diritto di visita nei loro confronti.

In sostanza, non solo il diritto acquisito non viene perso per il venir meno del suo presupposto legale (il vincolo familiare), ma tale diritto subisce una “promozione” a diritto “autonomo”, di cui il beneficiario non può essere privato nemmeno in caso di

228 Si veda, in tal senso, con toni critici, F. EMMERT, The Family Policy of the European Union, in A.

CLAPHAM - K. WAALDIJK (eds.), Homosexuality: a European Community Issue, Dordrecht-Boston- London, 1993, pp. 363-394, in particolare p. 372-373; J. H. H. WEILER, Thou Shalt Not Oppress a Stranger: On the Judicial Protection of the Human Rghts in Non-EC Nationals, in H. G. SCHERMESET AL. (eds.), Free movement of persons in Europe, The Hague, 1993 pp. 267-271, in particolare p. 267.

separazione o divorzio, dopo 5 anni di soggiorno legale nello Stato ospite se si tratta di cittadino comunitario (e nel concorso di una serie di ulteriori condizioni se si tratta di cittadino extracomunitario). Il riconoscimento di siffatto diritto resta, però, subordinato al requisito che i familiari dimostrino di esercitare un’attività lavorativa subordinata o autonoma, o di disporre per sé e per i familiari di risorse sufficienti affinché non divengano un onere per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il soggiorno, nonché di un’assicurazione di malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante, ovvero di fare parte del nucleo familiare, già costituito nello Stato membro ospitante, di una persona che soddisfa tali condizioni.

Opera, invece, come una sorta di “ultrattività” del diritto di soggiorno acquisito in qualità di familiare del cittadino dell’Unione, l’ipotesi prevista dall’art. 12 del Regolamento (CEE) 1612/68, rimasto in vigore anche a seguito della Direttiva 2004/38/CE. Nella specie, tale articolo prevede che “i figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono”229. Tale disposizione consente, pertanto, di riconoscere al

figlio di un lavoratore migrante, in connessione con il suo diritto di accesso all’istruzione nello Stato membro ospitante, un diritto di soggiorno autonomo.

Con riferimento a tale disposizione, la Corte di giustizia ha avuto modo di precisare che i figli di un cittadino dell’Unione, che si siano stabiliti in uno Stato membro quando il genitore godeva del diritto di soggiorno in quanto lavoratore migrante nello Stato membro medesimo, godono del diritto di soggiornarvi al fine di seguirvi corsi di insegnamento generale, conformemente all’art. 12 del regolamento n. 1612/68. La circostanza che i genitori dei figli di cui trattasi abbiano medio tempore divorziato, che solamente uno dei genitori sia cittadino dell’Unione e che tale genitore non sia più lavoratore migrante nello Stato membro ospitante non hanno alcuna rilevanza al riguardo230.

Inoltre, la Corte, anche alla luce dell’art. 8 della CEDU231, ha statuito che,

qualora i figli godano, ex art. 12 del regolamento n. 1612/68, del diritto di proseguire il proprio percorso scolastico nello Stato membro ospitante, mentre i genitori affidatari rischiano di perdere il loro diritto di soggiorno, il diniego nei confronti di tali genitori

229 La disposizione va coordinata con il comma 3 dell’art. 12 della Direttiva del 2004, il quale prevede

che “La partenza del cittadino dell’Unione dallo Stato membro ospitante o il suo decesso non comporta la perdita di soggiorno dei figli o del genitore che ne ha l’effettivo affidamento, indipendentemente dalla sua cittadinanza, se essi risiedono nello Stato membro ospitante e sono iscritti in un istituto scolastico per seguirvi gli studi, finché non terminano gli stessi”. In particolare, la fattispecie prevista dall’art. 12 del Regolamento del 1968 sembra essere più ampia, ove comprende “i corsi di insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale”.

230 Sentenza Baumbast, cit., punto 63. Inoltre, il diritto derivante ai figli dall’art. 12 del Regolamento n.

1612/68 non risulta subordinato al diritto di soggiorno dei loro genitori nello Stato membro ospitante. Secondo una giurisprudenza costante, il predetto art. 12 esige unicamente che il figlio abbia vissuto con i suoi genitori o con uno di essi in uno Stato membro mentre almeno uno dei genitori vi risiedeva in qualità di lavoratore. Cfr. sentenze 21 giugno 1988, causa 197/86, Brown, in Raccolta, p. 3205, punto 30, e 4 maggio 1995, causa C-7/94, Gaal, in Raccolta, p. I-1031.

della possibilità di risiedere nello Stato membro ospitante per il periodo della frequenza scolastica dei figli potrebbe risultare tale da privare questi ultimi di un diritto loro riconosciuto dal legislatore dell’Unione232.

Tanto premesso, la disposizione è venuta in rilievo innanzi alla Corte di giustizia nel più recente caso Ibrahim233 riguardante i figli, e la loro madre affidataria,

di un cittadino dell’Unione europea a seguito della perdita in capo a quest’ultimo dello

status di «soggetto avente diritto» al soggiorno in forza del diritto dell’Unione

europea. Con ricorso in via pregiudiziale, il giudice del rinvio ha, in sostanza, chiesto se, in circostanze come quelle della causa principale, i figli e il genitore che ne ha l’effettivo affidamento possano godere del diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante sul solo fondamento dell’art. 12 del regolamento n. 1612/68, senza essere tenuti a soddisfare le condizioni definite nella direttiva 2004/38, o se un diritto di soggiorno possa essere loro riconosciuto unicamente se rispondono alle suddette condizioni. Nel caso in cui il diritto di soggiorno derivi dal solo fondamento dell’art. 12 del regolamento n. 1612/68, il giudice del rinvio chiede altresì se i figli e il genitore che ne abbia l’effettivo affidamento debbano disporre di risorse sufficienti e di un’assicurazione malattia completa nello Stato membro ospitante.

Nella specie, richiamando proprio i principi contenuti della sentenza Baumbast poc’anzi citata, la Corte ha evidenziato che l’applicazione dell’art. 12 del Regolamento, così come era sganciata dalla sussistenza dei requisiti di cui agli artt. 10 e 11 del Regolamento oggi abrogati, così essa non può essere messa in discussione per la mancanza dei requisiti previsti dalle nuove disposizioni della direttiva del 2004 (segnatamente art. 7, n. 1, lett. b) e d), e n. 2). Né alcuna norma o precedente giurisprudenziale prevedono che il godimento del diritto autonomo di soggiorno attribuito dall’art. 12 del Regolamento sia subordinato alla condizione che gli interessati dispongano di risorse sufficienti e di un’assicurazione malattia completa nello Stato membro ospitante.

Inoltre, nella coeva sentenza Texeira234 la Corte ha altresì precisato che qualora

il figlio abbia raggiunto la maggiore età (nel caso del Regno Unito i diciotto anni) il diritto di soggiorno non dovrebbe più estendersi anche al genitore affidatario, salvo che la presenza di quest’ultimo non sia necessaria per garantire l’assistenza e le cure utili al proseguimento degli studi del figlio.

232 Punto 71 della sentenza Baumbast.

233 Corte giust. (Grande sezione), 23 febbraio 2010, London Borough of Harrow c. Nimco Hassan Ibrahim, Secretary of State for the Home Department,causa C-310/08. Per un primo commento, si veda

V. DI COMITE, Diritto allo studio dei cittadini e diritto di soggiorno dei genitori, in Sud in Europa, 2010, n. 1, reperibile all’indirizzo http://www.sudineuropa.net/articolo.asp?ID=408 e D. CAPPUCCIO,

Libera circolazione delle persone e formazione scolastica del minore che soggiorna nello Stato membro ospitante per scopi di istruzione: la Corte di Giustizia delinea il rapporto tra l’art. 12 del Regolamento n. 1612/68 e la Direttiva 2004/38/CE (Grande Sezione, sentenze del 23 febbraio 2010, C-310/08, Ibrahim, e C-480/08, Teixeira), 2010, reperibile al’indirizzo www.europeanrights.eu.

234 Corte giust. (Grande sezione), 23 febbraio 2010, causa 480/08, Maria Teixeira c. London Borough of

Lambeth, Secretary of State for the Home Department. In dottrina, si veda P. STARUP – M. J. ELSMORE, Taking a Logical or Giant Step Forward? Comment on Ibrahim and Texeira, in ELR, 2010, pp. 571-

3. Il rapporto tra il diritto europeo al ricongiungimento e il rispetto delle norme

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