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ARTE AMBIENTALE L’attributo ‘ambientale’ che da non molti anni è affiancato al termine arte, se da una parte

ARCHITETTURA ED ARTE COME AMBIENTE

1.3.5 ARTE AMBIENTALE L’attributo ‘ambientale’ che da non molti anni è affiancato al termine arte, se da una parte

evidenzia il rapporto con la dimensione paesaggistica, dall’altra sottende, principalmente, quello che è l’elemento fondante di questo approccio artistico, basato sul superamento della concezione di autonomia dell’opera d’arte rispetto al contesto in cui questa viene collocata e, soprattutto, sullo stretto connubio che si viene a creare tra essi.

Il termine ‘ambientale’, infatti, non è soltanto indice di una diversa collocazione spaziale delle opere, situate en plein air, quanto piuttosto di una diversa vocazione: esse cioè non sono da ritenersi, con finalità ornamentali, semplici elementi decorativi di un ambiente esterno, poiché sono concepite in esclusiva relazione al luogo d’accoglimento e con esso creano un irrinunciabile vincolo, che ne determina la prima caratteristica: l’inamovibilità.

L’opera, infatti, diventa tale nell’attimo in cui interagisce con l’ambiente contribuendo a qualificarlo e pertanto non può essere spostata senza perdere parte del suo significato e senza sottrarre all’ambiente la qualificazione precedentemente conferita con la propria presenza (Corà, 2004, pp.36-37).

L’arte ambientale, quindi, non è legata esclusivamente alla dimensione paesaggistica tradizionale ed agli elementi della natura, ma ha alla base una maggiore complessità in riferimento alla storia, alla cultura, ed anche al sentimento percepito in relazione ad un sito. Secondo Crispolti (2004, pp.30-32), anche se en plein air, la correttezza e consistenza creativa dell’intervento ambientale si deve valutare innanzitutto sulla misura della sua rispondenza ad un disegno progettuale specifico, basato sul dialogo con la consistenza ‘semiologica e morfologica’ del luogo nel quale si vuole configurare; per il critico, dunque, non si ha arte ambientale, ma soltanto una ‘collocazione di ingombri’, se manca una progettazione specifica e dialetticamente attiva con un dato contesto ambientale.

Quest’ultimo concetto implica anche una differenza sostanziale rispetto alla Land Art americana, con la quale, invece, elementi di contatto potrebbero ravvisarsi nel riferimento all’ambiente naturale e paesistico: ‘l’intenzionalità dialogica’ nel rapporto con il sito non si trova, infatti, nella Land Art, in cui segni di valenza archetipa innescavano dialoghi unilaterali con gli sconfinati scenari della natura elementare e primaria, come ad esempio quella desertica.

Nel caso degli interventi d’arte ambientale si avverte, invece, un’intenzionalità più o meno accentuata di dialogo e di connessione con un contesto naturale.

Le pionieristiche realizzazioni, dunque, che hanno cominciato ad emergere in Italia come manifestazioni dell’arte ambientale, sono venute alla luce in particolare in Toscana, regione d’elezione per l’arte che ha sempre dato prova di eccezionali equilibri con la natura, dove la vocazione per questa espressione artistica si era manifestata già dai primi anni 50, quando, Venturino Venturi ha dato vita, a Collodi di Pescia, ad un parco ispirato alla fiaba di Pinocchio.

Inaugurato nel 1956212, esso può essere

considerato, dunque, a tutti gli effetti, come l’antesignano di tutti i parchi d’arte, segnando, con il suo equilibrio fra elaborazione scultorea, trama letteraria e realizzazione architettonica ed urbanistica, la prima esperienza italiana di arte ambientale su percorso tematico.

Tra gli anni Settanta ed Ottanta, altre esperienze attuate sempre in territorio toscano, hanno offerto fondamentali sollecitazioni per la configurazione e l’affermazione di un’arte ambientale nel nostro paese, grazie a molteplici scelte fatte da artisti ed operatori rivolte ora al tessuto urbano, ora a quello naturale, dando, così, luogo ad una serie di eventi significativi.

Volterra ’73 213, ad esempio, fu una manifestazione che, pur circoscritta nel tempo, fu l’occasione

di una approfondita presa di coscienza, di un confronto e di una discussione che anticipò le possibili modalità di intervento ambientale, sia urbano, sia naturale e paesistico; costituì, insomma, un grande e consapevole esercizio di arte ambientale, la cui validità risultò comunque soltanto nei termini di grande occasione pionieristica, che non ha lasciato testimonianza di interventi, a differenza dell’altro esperimento artistico inaugurato in quegli anni a Garavicchio, presso Capalbio, ad opera dell’artista Niki de Saint Phalle.

Il Giardino dei Tarocchi214, infatti, costituisce una realtà ambientale architettonico-plastica,

212 Il parco di Pinocchio è stato realizzato nel 1956, in prossimità della villa Garzoni, in uno spazio che ospita le opere realizzate da

Emilio Greco e Venturino Venturi, vincitori ex-equo di un concorso nazionale indetto nel 1953per la realizzazione di un monumento del burattino. Del 1972, invece, è la seconda sezione del giardino, con il cosiddetto Paese dei Balocchi, realizzato dagli architetti Pietro Porcinai e Marco Zanuso, come un camminamento articolato in cui trovavano collocazione le 21 sculture di Pietro Consagra raffiguranti i personaggi della fiaba; nel 1986, invece, è sorto il Museo Biblioteca, ideato da Giovanni Michelucci, già autore del vicino Ristorante Osteria del Gambero Rosso (Cfr. Bazzini, 2001, pp.20-23).

213 Per la mostra Volterra ’73, vedi la parte relativa a Mauro Staccioli.

214 Il Giardino dei Tarocchi è un parco-museo che Niki de Saint Phalle, artista francese, ha ideato, ispirandosi agli arcani maggiori

dei Tarocchi ed al Parco Güell di Gaudi. Nel 1979, il suo progetto iniziò a prendere forma in una vecchia cava dismessa, che conservava la forma ad anfiteatro, dove l’artista ha saputo sfruttare la peculiarità del suolo ed i suoi dislivelli, disponendo le opere attorno al centro della ex cava. Le sculture, dall’aspetto di fantasiosi edifici percorribili ed abitabili, hanno creato uno spazio urbano concluso dove il visitatore può muoversi liberamente. L’armonia della natura corona la sintonia con i suoni che emettono le installazioni artistiche di Jean Tinguely (Cfr. Mazzanti, 2001, pp.31-34).

IN SENSO ORARIO: FIG.1.101: NIKI DE SAINT PHALLE, IL GIARDINO DEI TAROCCHI, GARAVICCHIO,1979-1997; FIG.1.102: DANIEL SPOERRI, LABYRINTHIC MURAL PATH, SEGGIANO,1996-98; FIG 1.103: ROBERTO BARNI, CONTINUO, SEGGIANO,1995-2000.

percorribile ed abitabile, dominata da una dimensione fantastica, non solo per la monumentalità delle opere, ma soprattutto per la materia cromatica e per l’inserimento nel contesto naturale. E’ nell’impresa e nello straordinario impegno della realizzazione di Spazi d’Arte a Celle, ad opera del collezionista Giuliano Gori, però, che si è maturato un netto salto di qualità tra la semplice apposizione di sculture all’aperto, secondo la tradizione dell’en plein air, e la vera e propria progettazione di opere ed interventi in relazione ad una ben caratterizzata situazione ambientale, dove, la morfologia del parco ed il carico di suggestioni e memorie, hanno permesso un dialogo costruttivo con il contesto.

Citando le parole di Giuliano Gori (2011, p.3): ‘l’Arte Ambientale può legittimamente considerarsi, per sua definizione, come la regina dell’arte visiva, esce dai limiti di azione concessi all’opera per appropriarsi dell’intero spazio che la contiene, lo spazio diventa così parte integrante dell’opera, sia essa realizzata all’interno di un edificio che all’aperto. Per questo l’Arte Ambientale può comprendere opere pittoriche, plastiche e conseguentemente architettoniche, tant’è che al momento di usare un termine identificativo contemporaneo da conferire a questa antica espressione artistica mi colse il dubbio se adottare quello di Archiscultura’.

Gli Spazi d’Arte a Celle hanno segnato, dunque, uno spartiacque ed un punto fermo verso la ricerca ambientale che tutt’oggi è work in progress e che ha rappresentato spesso un motore ed un modello da seguire anche per altri parchi e progetti internazionali, in cui l’arte ambientale ha permesso agli artisti di coniugare la propria progettualità ad aspetti di genius loci locale (Mazzanti, 2004, pp.17-19). Tra questi si possono segnalare, sempre in Toscana, esperienze sia di singoli artisti, come il Giardino di Daniel Spoerri, il Giardino dei suoni di Paul Fuchs, il Giardino di sculture di Kurt Metzler, sia antologiche come il Centro d’arte La Loggia.

PARTE 2

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