Primi 10 Editori volumi 1 Mondadori -‐ Milano 736
II.2. L’arte in copertina
Un aspetto caratteristico della grafica editoriale del Novecento messo in luce dalla collezione Bortone Bertagnolli è il costante rapporto, non privo di contraddizioni e contrasti, tra illustrazione e ‘arte’. Un primo aspetto parzialmente testimoniato è quello di noti pittori che hanno realizzato illustrazioni per l’editoria. È il caso del biennio d’esordio di Umberto Boccioni343 a Milano, tra il 1907 e 1908, in collezione documentato da una copertina dell’aprile 1908 per la “Rivista mensile del Touring”344 con la pubblicità della marca Frera di cicli, motocicli e automobili che si configura come un’istantanea di vita cittadina, attraverso una veduta del Parco Sempione, delimitato in testata dall’Arco della pace stilizzato, e animato da tipi sociali – dalla balia seduta in panchina alla signora elegante in passeggiata con il cane – delimitato in primo piano da una bambina aggrappata alla bassa staccionata che circoscrive la zona d’erba, espediente utilizzato per l’intestazione aziendale.
(fig. 90)
Agli stessi anni dieci appartengono due copertine di Carlo Carrà (fig. 91) per la Libreria Editrice Sociale,345 con sede in via San Vito 41 a Milano – Calendimaggio di Pietro Gori e Il cinquantenario di Paolo Valera – a dimostrazione del momentaneo coinvolgimento del giovanissimo pittore al movimento anarchico, segnato dalla partecipazione ai funerali dell’anarchico Galli ucciso durante lo sciopero generale del 1904, divenuto in seguito un proprio soggetto pittorico.
Diverso il caso di Plinio Nomellini, artista chiamato a illustrare le copertine de’ “Il Secolo XX” del 1909 (fig. 92) per le quali, così come sarà per una delle prime uscite del “Giornalino della Domenica”,346 dedicata al testo incompiuto La cunella di
342 La lettura più esaustiva su Chiostri si deve ad Antonio Faeti, Il vernacolo meraviglioso, in op. cit.
pp. 63-‐96.
343 Tali aspetti sono stati chiariti da alcune nuove fonti documentarie esposte per il centenario della morte dell’artista alla mostra Boccione 1882-‐1916, (Milano, Palazzo Reale 23 marzo-‐10 luglio 2016), Electa, 2016.
344 Collaborazione già ricordata da Paola Pallottino riferendosi in particolare alle vignette per l’articolo pubblicitario dello stesso Luigi Vittorio Bertarelli, Una denuncia. Salviamo i nostri bambini facendoli soci del Touring!, “la rivista mensile del Touring Club Italiano”, XIV (1), gennaio 1908.
345 Pietro Gori, Calendimaggio, s.d. [1910-‐11] e Paolo Valera, Il Cinquantenario, 1911, del quale è presente in collezione anche una seconda edizione del 1945 con la medesima illustrazione di copertina, con l’indicazione editoriale aggiornata in Casa editrice sociale.
346 “Il Giornalino della Domenica”, I (24), 1906, esemplare assente dalla collezione.
Giovanni Pascoli,347 il pittore non si cura delle indicazioni tipografiche ricevute dalla committenza, utilizzando piuttosto il supporto editoriale come un veicolo di diffusione popolare della sperimentazione cromatica e luminosa allora al centro della propria pittura, lasciatosi alle spalle definitivamente gli esordi macchiaioli.348
Ho trovato qui le due copertine. Sono bellissime, è indimenticabile. Aristide Sartorio che per combinazione le ha vedute sul tavolo di redazione le ha molto apprezzate. C’è però un ma … Le tre tinte sono per lo meno sette o otto, e cioè mi porterà una spesa assai maggiore della preventivata. Siccome però la spesa non mi riguarda ho consegnato le copertine al comm. Emilio Treves il quale farà eseguire i calcoli opportuni, e deciderà nel migliore modo di farle riprodurre. Io le debbo scrivere per le altre raccomandandole di attenersi alle mie istruzioni verbali tre o al massimo quattro tinte piatte. Per il sistema si ispiri alle copertine di Ars et Labor. Ella dovrà vincere la tentazione delle mezze tinte, delle sfumature, ma una volta superata questa credo che col suo talento potrà ottenere con facilità delle composizioni di grande effetto e nello stesso tempo di immensa eleganza.349
Interessa qui evidenziare come il suggerimento tecnico dato all’artista prevedeva di considerare come modello “Ars et Labor” di Ricordi, quel sistema cioè di stampa litografica capace di grandi effetti – evidenti più che mai nei manifesti murali – basati sulla riduzione estrema dei colori. Del resto la stessa rivista di Ricordi ricordava spesso in rubriche e articoli la qualità dei propri artisti così come l’innovazione tecnica dei propri macchinari, un primato artistico e industriale che premeva mantenere di pari passo: “ripetere le qualità per le quali si distinguono i cartelli dovuti al pennello di Leopoldo Metlicovitz ci pare cosa oggimai superflua.
Ci limitiamo nuovamente a richiamare l’attenzione dei nostri lettori sull’abilità unica dell’egregio artista, di ottenere i maggiori effetti col minor numero possibile di colori”.350 Lo stand Ricordi all’Esposizione di Torino del 1911, ospitato nel Palazzo dei giornali sarà l’occasione di una rinnovata esaltazione dei moderni mezzi industriali dello Stabilimento, ricordando l’impiego delle moderne macchine litografiche importate dall’Inghilterra.351
Una volta era nella cosidetta Galleria del lavoro che si andava ad ammirare la più ardente vita meccanica dei colossi di acciaio, oggi non è più così: la vera galleria del lavoro, la sede ove si osserva il palpito più impetuoso della macchina è il “Palazzo del Giornale”, mentre l’antica galleria del lavoro sembra in confronto una mostra di giocattoli meccanici. (…)
347 È noto il legame tra il poeta e il pittore stabilitosi sulle pagine de’ “la Riviera ligure”, cfr.
Nomellini e Pascoli, un pittore e un poeta nel mito di Garibaldi, (Barga 5 luglio-‐17 agosto 1986), Firenze, Multigraphic, 1986 e Paola Paccagnini, Plinio Nomellini illustratore pascoliano, Massa, Type service, 1988.
348 Nomellini era stato l’allievo prediletto di Giovanni Fattori che in alcune lettere lamenta l’allontanamento del giovane allievo dal ‘vero della macchia’ per inseguire le novità del momento:
“il foco giovanile molto apprezzabile vi ha fatto credere che la Storia dell’arte vi avrebbe registrato come martiri, o innovatori, mentre la Storia dell’arte vi registrerà come servi umilissimi di Pisarò, Manet ecc”, citata in Fortunato Bellonzi, Nomellini e il Divisionismo, "La Nuova Antologia", vol. 498 (1989), settembre 1966, p. 58; intero articolo pp. 58-‐69.
349 Lettera del direttore Achille Tedeschi a Nomellini del 10 ottobre 1908, citata da E. B. Nomellini, Tremule emozioni nel tempo delle stagioni, in L' immagine riprodotta, manifesti, grafica, illustrazioni di Galileo Chini e Plinio Nomellini, a cura di Paola Chini, Eleonora Barbara Nomellini (Camaiore, 3 luglio-‐4 settembre 1999), Firenze, Maschietto & Musolino, 1999, p. 20.
350 I Cartelli Artistici delle Officine G. Ricordi, “Ars et Labor”, LXIV (2), febbraio 1909, p. 124.
351 Come precisato nell’articolo – Lo “stand” delle Officine Ricordi all’Esposizione di Torino, “Ars et Labor”, LXVI (9), settembre 1911, pp. 683-‐84 – si tratta delle macchine “dirette” e “offset” della ditta Geo Mann Ltd. di Leeds.
Sono qui gli ordegni grandi, immensi come palazzi, intelligenti come creature vive, che compiono le più diverse operazioni alla volta, che stampano, dipingono, disegnano, contano, piegano meglio di un esercito di artigiani, che attraverso un innumerevole viluppo di ruote, di leve, di cilindri, di ingranaggi, adempiono con la precisione di un cervello d’artista ai più difficili compiti dell’arte illustrativa.352
Accanto ai contributi di grandi artisti, a Sandro Bortone preme ricordare anche artisti meno noti i cui apporti passano solitamente inosservati mentre la loro collocazione nel panorama della grafica editoriale mostra in nuova luce. È il caso del pittore veronese Carlo Donati, specializzato in decorazione ecclesiastica e autore della copertina353 della rivista “Arte Cristiana”, piena di una dovizia di particolari dovuta appunto all’esperienza professionale del pittore. (fig. 93)
Ugualmente è ricordata l’attività grafica degli scultori354 esemplificabile attraverso Adolfo Wildt e Leonardo Bistolfi. Nell’ampia produzione grafica del primo355 interessa in particolare il mai ricordato simbolo per la collana “Presentazioni”, lanciata nel 1919 dall’editore Sonzogno in risposta – come recita la fascetta – all’accrescere degli interrogativi: “Ogni giorno un'interrogazione nuova: Chi è? Che cosa è? Se volete una risposta pronta, chiara, esauriente, abbonatevi alle PRESENTAZIONI”. L’intento di tale novità editoriale è ben rappresentato dalla grossa chiave realizzata da Wildt per la prima uscita – Lo Zar Lazzaro. Leggende Serbe di Raffaello Giolli – di cui, grazie alla conservazione anche della fascetta editoriale, si può apprezzare l’intero progetto grafico incentrato sul logo di collana che nella prima uscita occupa l’intera la quarta di copertina ed è replicato al centro della fascetta.356 (fig. 94) Una collana che in vero, nonostante il tentativo di proporsi con una sua formula originale, non avrà seguito fermandosi alla quarta uscita.357 La documentazione di una collana attraverso uno o pochi volumi, così come la testimonianza anche di un solo esemplare per ricordare un nome, è una caratteristica della collezione. Così come caratteristico è seguire la grafica di un titolo che si perpetua tra le edizioni, come nel caso della copertina di Bistolfi358 per I colloqui di Guido Gozzano – un disegno che riprende la Lapide per Ugo Rabbeno359
352 Ibidem.
353 Copertina che identificherà la testata dalla fondazione nel 1913 fino al secondo dopoguerra.
354 Oltre ai casi citati va ricordato il disegno Floriano Bodini, Colomba e sofferenza, 1976 per il titolo di Davide Lajolo, Veder l'erba dalla parte delle radici (Rizzoli, 1977) volume catalogato come opera grafica di John Alcorn, al tempo illustratore ma anche grafico in Rizzoli.
355 In collezione testimoniata dalla copertina di “Lidel”, gennaio 1920 e dal volume di Antonio Uccello, Sulla porta chiusa, Milano, All’insegna del pesce d’oro, "Serie illustrata" (56), 1957, ma anche da pezzi meno noti ma significativi per la ricostruzione degli intrecci sottesi alla produzione editoriale: il catalogo della Mostra di Sandro Biazzi presso la Galleria d'arte "La vinciana" (Milano, Corso Vittorio Emanuele 30, tra il 28 aprile e il 13 maggio 1923); il Catalogo della vendita all'asta della Galleria Giuseppe Chierichetti, Torino, s.n., 1927; il libretto commemorativo di Nicola
Bonservizi con in copertina la riproduzione del ritratto scultoreo realizzato da Wildt (Milano, s.n., 1931). Per una contestualizzazione dell’opera grafica dello scultore: Giuseppe Virelli, L’opera grafica di Adolfo Wildt, in Arte attraverso i secoli, Annuario della Scuola di Specializzazione in Beni Storici Artistici dell’Università di Bologna (7), Bologna, Bononia University Press, 2008.
356 Dai numeri successivi riprodotto invece nell’antiporta.
357 Francesco Ruffini, Cesare Battisti, (2); Gerolamo Lazzeri, Il bolscevismo. Com'è nato, che cos'è, resultanze, (3); Leonid Nikolaevič Andreev, Il giogo della guerra, (4).
358 Per la produzione grafica dello scultore si vedano i capitoli Disegni e Illustrazioni e Opere Decorative, in Bistolfi 1859-‐1933. Il percorso di uno scultore simbolista, a cura di Sandra Berresford, (Casale Monferrato 5 maggio-‐17 giugno 1984), Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1984, pp. 141-‐
48 e pp. 149-‐53.
359 La scheda dell’opera scultorea, Bistolfi, cit, pp. 102-‐03.
– così uscito per Treves nel 1911 e poi mantenuta nell’edizione del 1920 fino al suo approdo, con minime variazioni, nel catalogo Garzanti nel 1956. (figg. 95-‐96) L’attenzione del collezionista per le forme delle materialità del libro – nonché dei contributi artistici troppo spesso dimenticati – si focalizza nella raccolta di quattro360 delle prime sei uscite dell’elegante e innovativa collana “Distinta” di Vallecchi361 (1919) – “adattissima per regali” – come recita la descrizione reclamistica della stessa collana costituita da “volumi di circa 160 pagine riccamente legati in cartone con copertina appositamente pitturata su disegni speciali”, motivi astratti e floreali di Ardengo Soffici362 sui quali non veniva impressa alcuna intestazione, affidandosi a una minuta etichetta incollata alla parte alta del dorso. (figg. 97-‐98) Una soluzione che riprendeva l’uso, soprattutto per le letture femminili, di ricoprire i volumi con eleganti protezioni in stoffa, realizzate sovente dalle stesse proprietarie con le rimanenze delle confezioni di abiti, un aspetto esplicitato da una doppia pagina elegantemente illustrata da Onorato su la rivista “Lidel”.363 Una pratica riproposta all’inizio degli anni Venti anche da alcune collezioni, anzitutto i volumi della “capolavori della letteratura italiana”,364 diretta da Ferdinando Martini ed edita dall’Istituto editoriale italiano di Umberto Notari, di cui ciascun esemplare è “deliziosamente rilegato in istile veneziano in tela rabescata a fiori di speciale creazione della Casa”,365 oppure la
“Collezione minima" di pochette edite a Bologna dal trentino Giuseppe Oberosler.366 Volumetti rilegati “in satinette”, venduti a 4 lire:367 “una raccolta di gioielli tipografici portati a termine con gusto artistico e dedicato agli amatori del libro. È una collezione di perle letterarie che il pubblico, specialmente femminile, ha in particolare apprezzamento”.368 (figg. 99-‐100)
Un progetto editoriale che punti esplicitamente all’utilizzo di opere d’arte in copertina, è portato avanti, sempre al principio degli anni Venti, dal mensile più aggiornato ed elegante di una Milano, allora capitale trainante della nuova editoria moderna: “Lidel”, acronimo del sottotitolo “Letture Illustrazioni Disegni Eleganze Lavoro”.369 Inizialmente piuttosto orientata all’illustrazione come attestano le
360 J.M. Salaverria, Re, uomo; Ercole Luigi Morselli, Favole per i Re d'oggi ; Lafcadio Hearn, Kotto.
Racconti giapponesi; André Gide, Il Prometeo male incatenato, Firenze, Vallecchi, 1919: dalla terza alla sesta uscita della “Distinta”.
361 Luca Brogioni, Le edizioni Vallecchi. Catalogo 1919-‐1947, Milano, Franco Angeli, 2008.
362 A proposito delle edizioni Vallecchi: “È chiaro che il Vallecchi rientra, in massima, nella categoria degli editori di cultura, con un suo libro monocorde e grigio come presentazione ed esecuzione, un po’ più areato e curato in particolari edizioni, come quelle del Papini e del Soffici, e con nobili tentativi di collezioni di diffusione”, Graphicus, Il problema del libro italiano II. Ancora dell’aspetto grafico, “Cronache latine”, II (3), 16 gennaio 1932.
363 Vera, Segnalibri e copertine, “Lidel”, 15 aprile 1926, pp. 26-‐27.
364 In collezione: Alessandro Manzoni, Poesie, “I capolavori della letteratura italiana” (70), 1924;
Ugo Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, 1929.
365 Descrizione tratta dalla presentazione della collezione stampata in appendice al volume di Foscolo, cit.
366 Anche autore e giornalista trentino, le cui principali edizioni riportano Bologna come principale sede editoriale, nonostante qualche pubblicazione edita a Verona e altre a Milano, tanto da essere compreso tra gli editori milanesi in Editori a Milano (1900-‐45), Franco Angeli, 2013, p. 232.
367 Ad eccezione dei tre volumi della Divina Commedia: “(…) fuori serie, data la loro mole, e costano L. 5 a volume”.
368 Dalla descrizione sintetica della collezione riprodotta in appendice al terzo volume della Divina Commedia del 1920. Oltre ad esso in collezione sono conservati: La vita nuova di Dante Alighieri (1921), gli Inni sacri di Alessandro Manzoni (1922) e Il Vangelo di San Marco (1924).
369 Rivista fondata nel 1919 da Lydia De Liguoro che la dirigerà fino al 1923, quando passerà a
“Fantasie d’Italia”, la voce ufficiale della Federazione Nazionale Fascista dell’industria
copertine della prima annata affidate a Enrico Sacchetti370 con le sue silhouette velocemente schizzate capaci di sintetizzare i costumi di una classe in ascesa (fig.
101), una scelta perpetuata fino alla metà del 1920, estendendo la collaborazione ai maggiori illustratori del tempo, Mario Bazzi,371 (fig. 102) Sto,372 (fig. 103) Marcello Dudovich373 e Gino Baldo,374 autori anche di alcune illustrazioni interne nonché delle eleganti pubblicità redazionali. Per stringere un rapporto sempre più stretto con il proprio pubblico, imponendo la rivista come un modello estetico e soprattutto come fucina della nuova industria nazionale di moda,375 la direzione interviene con brevi note pubblicate nel sommario.
Vi piace Lidel? … tenetela nel vostro salotto, diffondetela fra i vostri amici, datele tutto il vostro appoggio, tutta la vostra simpatia, la preferenza a qualunque altra rivista del genere. Essa li merita. Lidel nella sua giovinezza fresca e brillante, è un alito di eleganza, d’arte, di modernità che rinnova le vecchie tradizioni, che solleva lo spirito, pur nella sua praticità, alle sfere serene della Bellezza eterna.376
E ancora nel numero successivo: “È prova di vera Italianità, di schietto Patriottismo, di puro Amor nazionale il favorire il promuovere l’aiutare ogni opera ogni industria ogni iniziativa che della nostra Italia siano manifestazione nuova e forte di progresso di sviluppo di miglioramento”.377
Con lo stesso intento di assicurarsi un pubblico, stabilendo con esso un contatto il più possibile diretto, non mancano anche brevi note sulla copertina. Nel terzo fascicolo (luglio 1919) è infatti riprodotta in bianco e nero la copertina del numero successivo accompagnata da poche righe: “Il quarto numero (…) sarà adorno di una superba copertina del grande maestro della linea, del segno e dell’umorismo che è Enrico Sacchetti”. Ma per aumentare il legame con i propri lettori e puntare a nuovi abbonati, si aggiunge: “Ricordiamo inoltre che il nostro fotografo cav. Gigi Bassani378 offre gratis una fotografia della persona che si presenterà al suo studio con la ricevuta personale dell’abbonamento a Lidel”.
Il radicale cambiamento della politica editoriale, con la completa inversione a favore della pittura in copertina, coincide con il numero speciale della rivista
dell’abbigliamento. “Lidel” continuerà a essere pubblicata sotto la direzione di Gino Valori (1924-‐
31) e da Anna Gaggiotti Dal Pozzo (1931-‐35). Ci si riferisce qui ai pezzi conservati in Collezione che coprono soprattutto le prime più significative annate. Per una panoramica della rivista la tesi di Alessandra Pauletti, “Lidel. Letture, Illustrazioni, Disegni, Eleganze e Lavoro” (1919-‐1935), Università degli Studi di Milano, aa. 2010-‐2011, relatore prof. Silvia Bignami, correlatore prof. Paolo Rusconi.
Per notizie sintetiche riguardo la rivista, si veda la scheda dedicata al mensile in Arte moltiplicata.
L’immagine del ‘900 italiano nello specchio dei rotocalchi, a cura di B. Cinelli, F. Fergonzi, M.G Messina, A. Negri, Bruno Mondadori, 2013, pp. 334-‐35.
370 L’autore della maggior parte delle copertine della prima annata: quella d’esordio (maggio 1919) seguite da quelle di agosto, settembre e ottobre.
371 La seconda uscita del giugno 1919.
372 Autore delle copertine del terzo fascicolo, 25 luglio 1919, e novembre 1919.
373 Autore della copertina del numero natalizio della prima annata.
374 “Lidel”, II (3-‐4), marzo aprile 1920.
375 Su quest’aspetto della rivista si veda Sofia Gnoli, La donna, l'eleganza, il fascismo: la moda italiana dalle origini all'Ente nazionale della moda, Catania, Edizioni del Prisma, 2000, pp. 25-‐27. Per una breve presentazione dell'attività di direttrice della Gaggiotti Dal Pozzo in Almanacco della donna italiana 1935, 1934, pp. 305-‐306.
376 “Lidel”, I (2), giugno 1919, p. 2.
377 Ivi, I (3), luglio 1919, p. 5.
378 Alcune sintetiche notizie, soprattutto sui cambiamenti della denominazione dello studio fotografico e le sedi milanesi in: Silvia Paoli, Gigi Bassani, scheda in La Brianza dipinta, a cura di R.
Bossaglia, R. Cassanelli, A. Montrasio, Cinisello B. (Mi), Silvana Editoriale, 2000, p. 94.
dedicato alla Biennale di Venezia del 1920, per la cui copertina verrà utilizzato un dipinto di ambientazione veneziana di Beppe Ciardi,379 Le comari, 380 una fresca scena di vita cittadina secondo il carattere del pittore così com’era descritto nel catalogo ufficiale dell’esposizione veneziana: “I toni delle sue tele sono caldi senza eccessi, come il suo cuore di figlio che non si stanca d’interrogare la patria e le riconosce un fascino unico al mondo”.381 Invero la rivista fin dalla sua prima uscita aveva dichiarato il proposito di presentare ai propri lettori “il profilo di un grande artista trattato personalmente, visto nell’intimità, svelato nei particolari più salienti della sua vita d’uomo”382 ma solo ora sembra maturare l’idea di affidare alla pittura la propria immagine identificativa. L’indicazione alla base della riproduzione del quadro di Ciardi, che ne specifica la provenienza dal volume Le gemme dell’arte italiana contemporanea, edizioni in fascicoli edita da Alfieri &
Lacroix a Milano tra il 1916 e il 1918, evidenzia il ruolo di primo piano giocato dallo stampatore della rivista, lo stabilimento Alfieri & Lacroix di Milano, allora il principale fornitore di riproduzioni d’arte che avrebbe pertanto così trovato una forma di sponsorizzazione nelle grandi ed eleganti copertine della rivista, ormai una presenza consolidata dei migliori salotti italiani. Probabilmente il punto d’intersecazione tra gli interessi della rivista e dello stampatore, oltre a “l’aiutare ogni opera ogni industria ogni iniziativa che della nostra Italia siano manifestazione nuova e forte di progresso”, è da individuare nella volontà di staccarsi dalla contemporanea produzione di riviste illustrate le cui copertine erano in massima parte affidate all’illustrazione, tornando a considerare la pittura contemporanea un veicolo di esclusività per il pubblico femminile alto borghese, andando a definire un catalogo d’eleganza e moda personalizzato383 attraverso una galleria di ritratti dei pittori allora più rinomati e di cui questa stessa classe sociale era il principale bacino di committenza.384 Il coinvolgimento della rivista alla produzione artistica contemporanea non si limita però alla copertina dedicando approfondimenti, spesso in concomitanza con una mostra alla Galleria Pesaro, fino a fondare un proprio spazio espositivo, la Saletta Lidel385 dove esporranno molti
379 In collezione è pure conservato – anzitutto per il fregio di copertina di Dardo Battaglini, il volume di memorie della moglie del pittore: Emilia Ciardi, La mia vita in quella di Beppe Ciardi, Milano, “Ariel”, 1938II.
380 “Lidel”, II (6-‐7), giugno-‐luglio 1920.
381 Francesco Sapori, La dodicesima Esposizione d’arte a Venezia, Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1920, p. 35.
382 Tinga, Ettore Tito, “Lidel” I (1), maggio 1919, pp. 18-‐19 seguito da: Federico Balestra, Adolfo Wildt, ivi, settembre 1919, pp. 14-‐15; F. Balestra, Guido Marussig, ivi, gennaio 1920, pp. 20-‐21; Piero Torriano, Pelizza da Volpedo, ivi, febbraio 1920, pp. 30-‐31.
383 La politica di copertina della rivista cambierà di nuovo a favore dell’illustrazione dal 1929.
384 Che la rivista fosse lo specchio dei migliori salotti italiani è evidente anche dagli aggiornamenti di carattere mondano nella rubrica Notiziario, poi Gazzettino Lidel-‐Diario Mondano,
ininterrottamente presente dal febbraio 1920.
385 È significativo che almeno tre mostre siano dedicate ad artisti allora attivi e riconosciuti in ambito editoriale: Veneziani, Ventura e Vellani Marchi. La maggior parte dei pezzi è firmata con le iniziali A.B. che potrebbero attribuirsi ad Anselmo Bucci. Carlo Carrà, La mostra di Michele Cascella a “Lidel”, ivi, febbraio 1924, p. 45; A.B., La mostra di Glauco Cambon nella saletta di “Lidel”, ivi, aprile 1924, p. 45; A.B., Le mostre nella saletta di “Lidel”, ivi, maggio 1924, p. 45 (fotografie di Mario Castagneri e le stoffe di Silvia Zucchinetti); Nella Saletta di Lidel per Renzo Ventura, ivi, febbraio 1925 p. 23; A.B., La mostra di Giotto Sacchetti nella Saletta Lidel, ivi, marzo 1925, p. 53; A.B., La mostra di Erma Bossi nella Saletta “Lidel”, ivi, maggio 1925, p. 39; A.B., La mostra Giannella nella Saletta “Lidel”, ivi, febbraio 1926, p. 55; C. Giardini, Le mostre di “Lidel”: U.C. Veneziani, ivi, marzo 1926, p. 36; Guido Marussig, Mario Vellani Marchi nella saletta di “Lidel”, ivi, giugno 1926, p. 57.
collaboratori della rivista con un occhio di riguardo per le interpreti donne.386 Che la rivista si ponesse come una valida fonte d’informazione e diffusione in particolare dell’arte del ritratto è tra l’altro dimostrato dallo spazio concesso alla mostra di Monza del ritratto femminile recensita da Carlo Carrà,387 attraverso la rivalutazione del genere, guardando in particolare alla scuola lombarda piena di legami con la tradizione ottocentesca, documentata in mostra da opere di Francesco Hayez e dell’appena defunto Emilio Gola: “Si è scritto e ripetuto che la fotografia ha ucciso il ‘ritratto pittorico’, ma questo non che essere profondamente errato è un poco ingiurioso per l’artista contemporaneo, o per meglio dire per quegli artisti che al ritratto, genere modesto soltanto in apparenza, vanno dedicando una grande fedeltà e tutta la loro appassionata intelligenza”.388
Ricordando solo i pezzi in collezione si ha un panorama esteso degli artisti coinvolti e dell’importanza del ritratto nel percorso di artisti anche molto diversi tra loro: Giuseppe Amisani (La Ruskaja), 389 Enrico Arcioni (Madame Gummerus),
390 Giuseppe Biasi (Ritratto di Donna Javotte Bocconi di Villahermosa), 391 Anselmo Bucci (ritratto di Ritratto di Maria Nardi-‐Beltrame), 392 Dario Gobbi (Ritratto della signorina M. Gobbi in Carmencita), 393 Alberto Martini (Ritratto della Marchesa Luisa Casati Stampa di Soncino), 394 Aldo Mazza (Sulla sponda italiana la Dalmazia attende …) 395 (figg. 104-‐06) ai quali fanno eccezione alcuni ritratti più d’ambientazione396 o più raramente illustrazioni legate a eventi contingenti – quella di Codognato397 in occasione della gara automobilistica Il Gran Premio d'Italia di Brescia e il figurino di moda di Marta Palmer per il concorso di Milano dell’aprile 1923398 – o alle festività natalizie per le quali la rivista solitamente
386 Per una descrizione dettagliata delle presenze artistiche, e in particolare femminili in “Lidel” e in generale delle presenze artistiche si veda il paragrafo Poesia e bontà, il bello e il vero in “Lidel”, nel più ampio saggio di Antonello Negri, Opere d’arte e artisti nella stampa periodica fra le due guerre, in Arte Moltiplicata. cit., pp. 22-‐27, per l’intero saggio, pp. 1-‐46.
387 Carlo Carrà, Il ritratto femminile alla mostra di Monza, “Lidel”, VI (7), luglio 1924, pp. 16-‐19; in copertina alla rivista un ritratto di Aldo Mazza in mostra. Del resto uno sguardo privilegiato per il ritratto femminile era stato restituito già da F. Sapori nella sua recensione alla Biennale veneziana:
Visioni femminili alla XIII Esposizione d’arte di Venezia, ivi, IV (7-‐8) luglio-‐agosto 1922, pp. 8-‐11.
388 Ibidem.
389 “Lidel”, V (11), 15 novembre 1923 in concomitanza alla mostra dell’artista alla Galleria Pesaro, a cui era dedicato un articolo nel fascicolo precedente: Piero Torriano, Mostra di Giuseppe Amisani alla Galleria Pesaro di Milano, “Lidel”, 15 ottobre 1923, pp. 13-‐15.
390 Ivi, V (5), 15 maggio 1923.
391 Ivi, VI (1), 15 maggio 1924.
392 Ivi, III (12), Natale 1921, accompagnato dall’articolo di Enrico Mazzolani, Il pittore Anselmo Bucci, pp. 24-‐27.
393 Ivi, V (2),15 febbraio 1923.
394 Ivi, II (9), settembre 1920, accompagnato dall’articolo di Vittorio Pica, Alberto Martini, pp. 28-‐30.
395 Ivi, II (11), novembre 1920, accompagnata dall’articolo di Guido Marangoni, Aldo Mazza, pp. 30-‐
33.
396 Guido Marussig, L'albero fantastico, ivi, gennaio 1920 (accompagnato dall’articolo Federico Balestra, Guido Marussig, pp. 20-‐21); Adolfo Wildt, ivi, febbraio 1920; Umberto Moggioli, Mattino d’inverno, ivi, febbraio 1921 (con un articolo di Benvenuto Disertori, Umberto Moggioli, pp. 16-‐17);
Massimo Gallelli, Primavera, ivi, aprile 1921; Murray P. Bewley, Ritratto, ivi, gennaio 1923; Alberto Bianchi, Cavalcata mattutina, ivi, 15 marzo 1923; Noël Quintavalle, Prima stella, ivi, 15 agosto 1923.
397 Ivi, settembre 1921.
398 Questione approfondita dall’articolo di Margherita Sarfatti, Figurini di ieri... e figurini di oggi, ivi, aprile 1923, pp. 20-‐23 nel quale è svelato il nome di Marta Palmer dietro al motto "Tu quoque …?!", utilizzato per presentare i figurini al concorso.