• Non ci sono risultati.

Rinascere in famiglia

4. Ascolta il mio Cuore

“Prisca si agitava sul banco come un’anguilla. – Ascolta il mio cuore! – bisbigliò afferrando la mano di Elisa e premendola sul petto.

– Sta per scoppiare.

BUM BUM BUM”

B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori, Milano, 2012, p. 47

La letteratura della scuola o sulla scuola vanta titoli significativi: “da Cuore (che è del 1886), fino al (troppo dimenticato) Maestro di Vigevano di Lucio Mastronardi (del 1962), al mai rammentato Demone meschino di Fëdor Sologub (del 1907 […]), transitando per il Romanzo di un maestro (1889), deamicisiano, per Il romanzo d’una

Maestra (di Ida Baccini, 1901: la Baccini dice di non aver letto il libro di De Amicis), per

il Diario di una maestrina di Maria Giacobbe, del 1957, per Le parrocchie di Regalpetra di Sciascia, del 1956, e così via”372, fino ad arrivare ad Ascolta il mio cuore di Bianca

Pitzorno (1991).

Bianca Pitzorno “è una balzachiana osservante, seconda solo a Truffaut”, come afferma Antonio Faeti. Ciò che la rende una “balzachiana” è una caratteristica già bene conosciuta in Balzac, e che si può cogliere anche in lei. Un ingrediente che fa parte di lei, come persona, come scrittrice. L’ingrediente supremo, l’“ingrediente Balzac”373 è un

insieme di capacità, di qualità, di piccoli vari sotto-ingredienti che lo definiscono per quello che è, facendone una ricetta di alta qualità. Nota Faeti sull’indispensabilità di tali ingredienti: “una ricchezza immensa di fatti inspiegabilmente assorbiti; uno sguardo avido; una sete da vampiro; talento da eccelso magazziniere connesso con un deposito- memoria stupendamente attrezzato per la conservazione”374.

Queste capacità di balzachiana memoria sono ben riconoscibili attraverso le opere

Ascolta il mio cuore e Polissena del Porcello. Due romanzi così diversi ma così intensi

da farci pensare che il magazzino immaginativo di Bianca, insieme a quello dei suoi

372 A. Faeti, I diamanti in cantina. Come leggere la letteratura per ragazzi, Il Ponte Vecchio, Cesena, 2001, p. 45.

373 Ibidem 374 Ibidem

ricordi, siano straordinariamente grandi. In queste pagine ci soffermeremo sull’opera,

Ascolta il mio cuore, che ricorda un altro grande classico della letteratura per l’infanzia, Cuore, di Edmondo De Amicis.

Il romanzo si colloca in un periodo storico ben preciso, ovvero tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli anni Cinquanta. Un passo indietro nel tempo per la scrittrice ed i lettori, che accolgono questo libro per la prima volta nel 1991. L’autrice ripercorre gli anni della sua infanzia, caratterizzati da un clima di censura, di divieti; i riferimenti familiari vanno ricondotti quindi non agli anni ’90 in cui è stato scritto e pubblicato il romanzo, ma le rappresentazioni dei nuclei familiari, le loro caratteristiche, si riferiscono agli anni del dopoguerra in Sardegna, altalenanti tra la tradizione e il cambiamento, tra luci e ombre.

Diario di un anno scolastico, come l’illustre predecessore Cuore, cronaca degli eventi, talvolta buffi, altre gravi, di una classe di quarta elementare, Ascolta il mio cuore è colmo di narrazioni irriverenti scritte in prima persona dalla protagonista, Prisca Puntoni. Queste storie svolgono il ruolo dei racconti mensili di De Amicis, “sovvertendone l’intento edificante”375, scritti dalla bambina per denunciare e vendicare

le prepotenze a cui assiste e che le fanno sobbalzare il cuore. “Prisca si agitava sul banco come un’anguilla. – Ascolta il mio cuore! – bisbigliò afferrando la mano di Elisa e premendola sul petto. – Sta per scoppiare. BUM BUM BUM”376.

“Pippi Calzelunghe intellettuale, Pinocchia scatenata e ironica, curiosa e maligna, idealista e irriducibile”377, Prisca è l’eroina della storia che, insieme alle amiche del cuore

Elisa e Rosalba, ci racconta le loro avventure scolastiche. Il romanzo, come sottolinea la Mazzucco378, non è narrato da un adulto conformista e disincantato, bensì proprio da quella bambina immaginaria che è diventata reale e che è riuscita a far rivivere la sua infanzia: Bianca Pitzorno. L’autrice, insieme alla sua personale infanzia, fa rivivere anche l’infanzia di tutti noi, adulti lettori. “Perché L’Italia muta e si trasforma, anche tumultuosamente. Ma tutte le infanzie si assomigliano”379.

375 M. G. Mazzucco, Prefazione, in B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori, Milano, 2012, p. 6. 376 B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, op. cit, p. 47.

377 M. G. Mazzucco, Prefazione, op. cit., p. 6. 378 Ivi, pp. 6-7.

Bianca Pitzorno nella sua Introduzione al romanzo, afferma che “la cosa più importante, allora come oggi, erano i rapporti tra le persone. E nel caso dei bambini, i rapporti con i coetanei da un lato, e dall’altro col mondo spesso incomprensibile degli adulti”380.

Prisca, Elisa e Rosalba infatti si trovano a combattere, con tutta la fantasia e l’immaginazione in loro possesso, con ogni mezzo che riescono a trovare, la loro nuova maestra Argia Sforza (soprannominata dalle bambine Arpia Sferza) e i suoi soprusi. L’Arpia è un “terrificante esempio di educatrice davvero seguace di una tradizione in cui la sferza sui deboli e l’untuoso ossequio verso i potenti sono le prospettive di fondo di un atteggiamento e di un comportamento che, nel loro infame e coerente procedere, assumono quasi l’aspetto di una velenosa missione”381.

Prisca, giovane eroine coraggiosa, incapace di resistere davanti ai soprusi, lotta insieme alle sue amiche e compagne Elisa e Rosalba, contro le ingiustizie con forza, insegnandoci una cosa fondamentale: che non ci si deve arrendere di fronte alle violenze e ai soprusi degli adulti. Prisca è una bambina che “scrive; scrive di tutto, temi, cronache, invettive, e i suoi testi, fiabe, commenti, narrazioni che siano, fungono da controcanto liberatorio nei confronti di un combattimento che non concede tregue”382.

Come Tracy383 e come Mina384, Prisca scrive i suoi pensieri in un diario, segna le sue memorie in un’agenda. Incompresa dalla famiglia, costituita da una madre che non la capisce e da un padre pressoché assente, molto preso dal suo lavoro, un fratello di due anni più grande con cui va abbastanza d’accordo (tranne quando ci sono in giro i suoi amici e allora comincia a stuzzicarla e prenderla in giro), un fratellino più piccolo, Filippo che, come tutti i bebè è un amore, ma che appena ha imparato a camminare, ha anche cominciato a mettere le mani dappertutto rompendo, strappando e distruggendo i libri della sorella. Infine c’erano Antonia, la cameriera più anziana e Ines, giovane cameriera e tata, quasi adottata dalla famiglia Puntoni e l’amata tartaruga Dinosaura, sul cui guscio è stata prima applicata una targhetta (un cerotto), poi è stato “marchiato” con lo smalto il

380 B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, op. cit. p. 12. 381 A. Faeti, I diamanti in cantina, op. cit., p. 46.

382 M. Casella, Le voci segrete. Itinerari di iniziazione al femminile nell’opera di Bianca Pitzorno, Mondadori, Milano, 2006, p. 206.

383 J. Wilson, Bambina affittasi, Salani, Milano, 1994. 384 D. Almond, La storia di Mina, Salani, Milano, 2011.

nome e l’indirizzo della testuggine domestica, “Dinosaura Puntoni. Lungomare Cristoforo Colombo 29. Di fianco al bar Gino”385.

Accanto a Prisca troviamo Elisa, seconda eroina della storia, che non è solo l’amica del cuore ma anche quasi una sorella, stepsister dall’accezione positiva. Elisa Maffei, orfana, è cresciuta con la nonna paterna (nonna Mariuccia), la tata Isolina e i tre zii, lo zio Leopoldo, fratello gemello del padre morto, lo zio Casimiro e lo zio Baldassarre. “I genitori di Elisa erano morti entrambi sotto i bombardamenti quando la loro prima e unica figlia aveva solo due anni. Elisa non era morta perché a qual tempo non viveva con loro, ma era sfollata in campagna assieme alla tata e alla nonna Mariuccia. Ma non era rimasta sola al mondo come le protagoniste dei romanzi lacrimosi che piacevano tanto a Rosalba. Anzi, aveva tanti di quei parenti che erano scoppiate delle liti furibonde per decidere chi dovesse prendersi cura di lei. Le rivali più accanite erano le due nonne. Quella materna, Lucrezia Gardenigo, sosteneva di essere la più adatta perché abitava in una villa con giardino e aveva tre cameriere e un autista. Quella paterna, Mariuccia Maffei, diceva che se “i due ragazzi” le avevano affidato la piccola durante lo sfollamento, era perché la ritenevano più adatta ad allevarla. Era andata a finire che, non riuscendo a mettersi d’accordo, avevano deciso di affidarsi alla sorte, e lo zio Leopoldo aveva sfidato ai dadi il nonno Anastasio. La sorte aveva deciso per la famiglia della nonna Mariuccia…”386.

Anche qui, tra le pagine del romanzo pitzorniano, talvolta una bambina desidera una fuga dalla famiglia, da una situazione di affetti che deludono e che creano dispiacere. Come succede un giorno di Aprile ad Elisa, che scappa di casa, aiutata dalla amica Prisca. “– Si può sapere cos’hai? – le chiese l’amica spazientita. – Ho deciso di fuggire di casa – rispose Elisa. Alzò un lembo del copriletto e le fece vedere che aveva già preparato la valigia… – Cosa ti hanno fatto? – Lo zio Leopoldo non mi vuole più bene. –Ma va’! – Sì invece. Vuole prendere un’altra bambina. Forse mi manderà all’orfanotrofio. – non ho mai sentito una stupidaggine simile! Come sarebbe a dire, un’altra bambina? Sua nipote sei tu. – Vieni a vedere – disse Elisa. – Però togliti le scarpe, altrimenti la nonna e la tata ci sentono. Così, scalze e in punta di piedi, attraversarono il corridoio ed entrarono nella camera dello zio Leopoldo, che era in penombra perché aveva le persiane accostate. Elisa

385 B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, op. cit., p. 19. 386 Ivi, p. 40.

si avvicinò alla mensola del caminetto, dove in una serie di piccole cornici d’argento c’erano sempre state le foto della nonna Mariuccia da giovane, col povero nonno Terenzio, quelle dei gemelli da piccoli, dei suoi genitori il giorno delle nozze, di Baldassarre e Casimiro vestiti da soldati, e poi quelle sue, a tutte le età, nuda come un verme quand’era solo un bebè, al mare, a cavalcioni sulle spalle dello zio Leopoldo, col primo grembiule di scuola, vestita da Tremal Naik a Carnevale, con l’abito bianco della Prima Comunione… Adesso tra queste foto familiare ne era apparsa una nuova, in una cornice più grande di tutte le altre. Era la fotografia di una bambina, più o meno della loro età. Mostrava solo la faccia e un pezzettino del collo. Prisca la prese in mano e la portò vicino alla finestra per guardarla meglio. – Chi è? – domandò sottovoce. – Non lo so – rispose Elisa. – Non la conosco. Non l'avevo mai vista prima di stamattina. – Ma, a lui, gliel’hai chiesto chi è? – Sì. Ma non me lo ha voluto dire. Mi ha detto solo: «Vedrai che imparerai a volerle bene.» Hai visto che la vuol portare a vivere qui!”387.

Lo zio Leopoldo, molto amato dalle bambine, specialmente da Prisca di cui se n’è innamorata388, semina il dubbio nei loro cuori. Come in una telenovela si scoprono

situazioni ed amori, dispiaceri e congetture errate. Il cuore di questo romanzo, il cuore di Prisca, è sempre in grande movimento, appassionato e sensibile ai dolori delle amiche.

La terza eroina della storia, amica del cuore di Prisca ed Elisa, è Rosalba Cardano. Rosalba, bravissima piccola pittrice, è talmente legata alla coraggiosa Prisca che, un giorno inaspettatamente, si ritrova anche in una sua storia. Il titolo del componimento era La mia famiglia, “ma Prisca era stufa di scrivere del papà, della mamma, di Gabriele, di Filippo, di Dinosaura… Li aveva già messi dentro a tanti temi che non sapeva più cosa dire di loro. Così aveva deciso di descrivere la famiglia Cardano, che conosceva da tanti anni perché lei e Rosalba erano amiche fin dall’asilo”389. È dal tema della bambina che il lettore viene a conoscenza della famiglia Cardano. L’eleganza a portata di mano390.

387 Ivi, pp. 313-314.

388 “– Zio Leopoldo, ascolta il mio cuore. Ascolta come batte forte.

Batteva forte davvero, ma senza far male. Era l’emozione di stare seduta in pigiama su quel lettino con l’orecchio dello zio Leopoldo sulla schiena. – Non è niente, non è niente… Un po’ di tachicardia nervosa – disse il medico dopo averla auscultata a lungo con lo stetoscopio. – Sei sempre la solita esagerata! Che spavento che ci hai fatto prendere! – disse seccata la mamma”. Cit. in B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, op.

cit., p. 64.

389 Ivi, p. 66.

Nel suo tema Prisca, attraverso l’alterità del suo sguardo bambino, riesce a cogliere la realtà nella sua totale concretezza. Con un linguaggio sovversivo e destabilizzante, la bambina descrive la famiglia della sua amica Rosalba, notandone i particolari che la caratterizzano, essenziali a svelare i mutamenti dei ruoli genitoriali, molto rari negli anni Cinquanta e poco presenti all’interno della società dell’epoca, ancora di stampo tradizionalista.

“Il padre di Rosalba passa tutto il giorno dietro al banco del negozio. Ha molti commessi, una cassiera e un magazziniere che si chiama signor Piras. La madre di Rosalba fa la pittrice. Se ne sta a casa seduta davanti al cavalletto di fianco alla finestra del soggiorno e dipinge quadri a olio. Non cucina mai. All’ora di pranzo e di cena, quando esce dal negozio, il signor Cardano passa dal salumaio a ritirare i pacchetti con la roba da mangiare già cotta che sua moglie ha ordinato per telefono. La signora Cardano non fa neppure le pulizie. Siccome non hanno la cameriera, alla domenica va da loro il signor Piras e le pulizie le fa lui, che tanto ci è abituato dal negozio. Durante la settimana la signora se lo fa prestare dal marito anche per fargli fare le commissioni o per fargli accompagnare i figli da qualche parte”391.

Prisca, attraverso la sua genuina e non giudicante voce bambina, rappresenta il cambiamento del concetto di famiglia, dei ruoli parentali al suo interno, attraverso la descrizione della famiglia della sua amica. Una famiglia nuova, ancora non compresa ed accettata dal resto della società a lei contemporanea.

I doveri che una donna nell’Italia del dopoguerra era tenuta ad assolvere, secondo i criteri dei valori della società dell’epoca, vengono ridefiniti attraverso la famiglia Cardano. Non solo la madre è una figura materna nuova, criticata dalle altre donne poiché diversa, anticonformista, moderna se osservata dal nostro punto di vista, ma anche il padre rappresenta una nuova figura di partner. Accettando e apprezzando la moglie nella sua alterità rispetto alle altre donne a loro contemporanee, la sostiene economicamente ed emotivamente e la ama per la sua diversità.

“Silvana Boi, la sartina che va a cucire dalla nonna di Elisa, ci ha detto che secondo lei la signora Cardano è una madre snaturata e che se suo marito fosse un uomo vero l’avrebbe già riempita di bastonate per costringerla ad occuparsi della casa e dei figli, invece di stare sempre con i pennelli in mano. Ci ha detto che il signor Cardano non la

picchia perché è innamorato di lei in modo vergognoso, a causa della sua grande bellezza, e che è schiavo dei suoi capricci. Lo sanno tutti in città”392.

Additato dall’intero paese per non essere un “vero uomo”, il signor Cardano sarebbe tenuto, secondo i principi e gli usi degli anni Cinquanta, a picchiare la moglie per ristabilire i ruoli all’interno della famiglia e con questo recuperando la stima dei suoi concittadini. Cosa che non succede, scardinando con coraggio i valori e le abitudini domestiche, aprendo una porta ad un nuovo tipo di famiglia, a nuovi rapporti tra coniugi non basati sulla violenza ma sull’amore e sul rispetto.

Le tre bambine, attraverso la loro storia, la loro “lotta di classe in classe”393, aprono una riflessione sull’immaginario degli anni Cinquanta. Le loro idee, il loro modo di osservare il mondo, solo come un bambino è capace di fare, riescono a generare delle ripercussioni a casa. Solo grazie alle bambine gli adulti, incapaci di mantenere un orecchio “acerbo”394, riescono talvolta a cambiare il loro punto di vista. L’alterità

dell’infanzia crea talvolta dei mutamenti nella vita quotidiana, soprattutto laddove non si era pensato di vederli.

La vittoria delle nostre tre eroine arriva lenta ed inesorabile come una tartaruga… ma non grazie a quegli adulti su cui loro avevano fatto affidamento. Scoprono così la delusione, il tradimento e che non sempre l’adulto rispecchia quello che si era creduto essere, andando a far parte degli “Olimpii”, adulti distanti e severi, incuranti dell’infanzia e delle sue necessità. Promesse non mantenute da genitori, nonni, zii e tate disilludenti, creano stupore e delusione nelle bambine mentre aiuti insperati giungono da adulti su cui non pensavano poter contare. Ma anche se i familiari non hanno mantenuto la loro parola, i bambini li amano lo stesso perché, come afferma Beatrice Masini: “ci sono mamme e papà che nessuno vorrebbe. Ma forse la missione dei bambini è proprio di cambiarli in meglio, quelle mamme e quei papà un po’ sbagliati: solo che non sempre ci riescono, è un lavoro difficile”395.

Si tratta di un ribaltamento di ruoli, di un’educazione capovolta, dove l’infanzia insegna agli adulti il rispetto per l’estraneo e lo sconosciuto, per i diversi ed i marginali. Il bambino è già pronto al nuovo, senza paraocchi e restrizioni culturali indotte, aperto a

392 B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, op. cit., p. 68. 393 A. Faeti, I diamanti in cantina, op. cit., p. 46.

394 P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, Laterza, Roma-Bari, 1995, p. 308. 395 B. Masini, Se è una bambina, BUR, Milano, 2009, p. 71.

comportamenti sociali nuovi e esprimendo una nuova necessità di solidarietà contro le ingiustizie.

5. “La vita non era mai stata più dolce”. La fabbrica di cioccolato

“…possibile che ogni responsabilità tocchi a Veruca senza fare a metà con chi deve averla in fondo aiutata, perché è ben vero che è stata viziata, ma come dice la parola stessa, non si poteva viziare da sola! Chi tutte vinte sempre le dava e in tutto e per tutto l’accontentava? Chi l’avrà resa così smorfiosa, impertinente, egoista e noiosa?

Chi sono i colpevoli, i malfattori? Ahiahi! ma è ovvio: i genitori!” (R. Dahl, La fabbrica di cioccolato, Salani, Milano, [1988] 2010, pp. 590-591)

Roald Dahl, “pifferaio dell’era moderna”396, gigante della letteratura per l’infanzia

del secolo scorso, ha dato voce ad un’infanzia inascoltata e apparentemente fragile, rappresentandone la sua emblematica alterità ed evidenziando il contrasto e la frattura tra bambini e adulti. Scrittore dai tratti dickensiani, Dahl rappresenta il più delle volte nei suoi romanzi un’infanzia orfana, povera, esteriormente fragile ma in possesso di una forza e una intelligenza interiore tali da riscattarsi. Come inoltre afferma Emy Beseghi: “con un’ottica che mette a nudo e rovescia le sottili e distorte proiezioni del mondo adulto, la narrativa ci conduce in una vasta fenomenologia di famiglie”397, come quella presente nei romanzi del grande scrittore anglo-norvegese.

L’uso del fantastico per venire in soccorso al bambino “debole”, definito come “metodo Dahl”398, permette di ristabilire un’equità di potere tra infanzia e mondo adulto.

Nei suoi romanzi Dahl dà vita ad un’antologia diversificata di adulti meschini ed inaffidabili, il cui unico scopo è quello di umiliare l’infanzia, sottomettendola o, perfino in alcuni casi, divorandola399.

Adulti incapaci di provvedere ai bisogni dei bambini, come i poverissimi genitori di Charlie in La fabbrica di cioccolato, che lo allevano dandogli da mangiare cavoli bolliti e zuppa di cavolo. La famiglia di Charlie, povera ma non infelice, “viveva in una casetta

396 I. Filograsso, Bambini in trappola. Pedagogia nera e letteratura per l’infanzia, FrancoAngeli, Milano, 2012, p. 198.

397 E. Beseghi, Album di famiglia nei libri per l’infanzia, ‘Infanzia’, n.5, 2011, p. 337.

398 L. Tosi, Non solo fantasy: generi e tendenze della narrativa contemporanea, in L. Tosi, A. Petrina (a cura di), Dall’ABC a Harry Potter. Storia della letteratura inglese per l’infanzia e la gioventù, BUP, Bologna, 2011, p. 350.

di legno alla periferia di una grande città. Le dimensioni della casa non erano neanche lontanamente sufficienti per tante persone e la vita era molto scomoda per tutti. C’erano soltanto due camere da letto e un solo letto. Il letto era stato ceduto ai quattro nonni perché erano così vecchi e stanchi. Figuratevi che erano tanto stanchi che non ne uscivano mai. Nonno Joe e Nonna Josephine da un capo e Nonno George e Nonna Georgina dall’altro capo del letto. Il signor Bucket, la signora Bucket e il piccolo Charlie dormivano nell’altra camera, su due materassi poggiati sul pavimento”400.

L’amore presente in quella casa è dovuto principalmente alla presenza del