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Senza famiglia

1. Bambini abbandonati, bambini incompres

“L’infanzia entra davvero fortemente, indubbiamente, a partire dalla grande narrativa popolare dell’ottocento, nella letteratura. Prima di David, di Oliver, di Cosetta, di Remigio, prima dell’infinita serie di bambini dei romanzi d’appendice, prima degli infelici, degli sfruttati, dei morti prematuri, anzi dei “morticini”, prima degli orfani, prima dei repressi, prima degli agonizzanti, l’attenzione verso l’infanzia era sempre stata scarsa da parte dei letterati […]. C’è qualcosa di tragicamente semplice in questa complessa vicenda pedagogica. Diventavano significativi e importanti quando si scopriva che era facilissimo perderli, che per l’igiene, le malattie, le condizioni di allevamento potevano di colpo sparire. Si sapeva che l’amore diretto verso di loro era sempre fragile, transitorio, sospeso come su un baratro. La contraddizione si rendeva stridente, appunto orribile: perché proprio a loro era affidata la sopravvivenza, loro dovevano perpetuare, garantire una simbolica immortalità”452.

Un sofferto cammino, reale o metaforico, è condiviso da molti “senza famiglia” della letteratura per l’infanzia, esempi emblematici di orfanezza, da Oliver453 ad

Humphrey454, da Remì455 ad Heidi456, da Polissena457 a Harry 458.

A loro appartengono le categorie del diverso e dell’imprevedibile, della fuga e del viaggio, valide interpretazioni dell’alterità dell’infanzia orfana.

Se inizialmente i bambini sono abbandonati e incompresi, isolati e maltrattati da adulti indifferenti e fin troppo spesso, anche, meschini, il loro cammino catartico diventa una formazione, una crescita che li conduce alla scoperta delle loro radici e della loro identità. Afferma Antonio Faeti che “l’incomprensione è poi sempre in agguato, quando si tratta di bambini. A volte sembrano provenire da un altro pianeta, spesso rovesciano le

452 A. Faeti, La casa sull’albero. Orrore, mistero, paura, infanzie in Stephen King, Einaudi ragazzi, Trieste, 1998, p. 145.

453 C. Dickens, Oliver Twist, BUR, Milano, 2013. 454 F. Montgomery, Incompreso, Rizzoli, Milano, 2002. 455 H. Malot, Senza famiglia, BUR, Milano, 2001. 456 J. Spyri, Heidi, PIEMME, Milano, 2012.

457 B. Pitzorno, Polissena del Porcello, Mondadori, Milano, 2012.

458 J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, Salani, Firenze, 1998; J. K. Rowling, Harry Potter e

la camera dei segreti, Salani, Firenze, 1999; J. K. Rowling, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Salani,

Firenze, 2000; J. K. Rowling, Harry Potter e il calice di fuoco, Salani, Firenze, 2001; J. K. Rowling, Harry

Potter e l’ordine della fenice, Salani, Firenze, 2003; J. K. Rowling, Harry Potter e il principe mezzosangue,

attese di chi li osserva, in varie occasioni si chiudono entro il loro territorio, muto e impenetrabile”459.

Si scopre così che, ciò che caratterizza significativamente l’infanzia orfana della letteratura per l’infanzia, è uno stato diacronico e planetario, nel senso che attraversa tutte le epoche e tutti i paesi, reali ed immaginari. Al di là del luogo e del tempo il bambino deve trovare la forza, la volontà e il desiderio per andare avanti, per crescere senza il supporto della famiglia.

Se da un lato i giovani protagonisti sono rappresentati come orfani schiacciati e umiliati, non è solo per poi elevarli più facilmente ad una condizione migliore, ma anche perché, per compiere meglio le proprie avventure, il proprio cammino, i genitori devono essere assenti, più o meno giustificati: iperprotettivi, i cari potrebbero intralciare infatti il percorso del bambino con la loro presenza.

Gli eroi bambini, gli enfant trouvé460, protagonisti di classici, da Dickens a Malot,

dalla Montgomery alla Spyri, specchio di una realtà infantile, potevano essere incontrati nelle Opere Pie, che nell’Ottocento allevavano ed educavano i ‘senza famiglia’, infanzia abbandonata e considerata perciò un potenziale pericolo per la società dell’epoca, fornendole tanti piccoli lavoratori.

In Italia nel 1987, sul panorama editoriale della letteratura per l’infanzia e per ragazzi, si sono affacciate nuove tematiche, nuovi modelli narrativi. All’interno del suo saggio I diamanti in cantina, Antonio Faeti segna come storica e di svolta nella produzione per ragazzi italiana tale data, durante la quale si è notata una numerosa importazione di testi dall’estero, tradotti e pubblicati, insieme a titoli significativi di autori italiani, in collane specifiche, tra cui Ex-libris461 di EL, la Gaia Junior462 della Mondadori e la collana curata da Donatella Ziliotto, “Gli’Istrici” della Salani, che proprio nel 1987 Roald Dahl la inaugurò con il suo Il GGG, “esempio perfetto di questa linea editoriale:

459 A. Faeti, Postfazione, in F. Montgomery, Incompreso, Fabbri, Milano, 1985.

460 F. Lazzarato, Oliver, Remi, Huck e gli altri. I senza famiglia, pilastro dei libri per l’infanzia, “Il Manifesto”, 20 aprile 1989.

461 Ex-libris è la collana creta nel 1988 da Orietta Fatucci per la casa editrice EL.

pur recuperando archetipi del fiabesco e certi topoi della tradizione inglese, mostra la diversità di sguardo sulla realtà tra i grandi e i bambini”.463

Attraverso questi romanzi viene lasciato spazio sulla pagina ai dubbi, ai mutamenti, a quelle tematiche, protagoniste da sempre come quella sulla “famiglia”, in un rapporto più ampio con l’immaginario collettivo e il contesto sociale.

Diversi autori, da Bianca Pitzorno a Robert Westall ad esempio, scelgono di ritornare indietro nel tempo, quando erano loro bambini, o ancora prima: gli autori, insieme alla loro personale infanzia, fanno rivivere anche quella di ciascuno di noi, adulti lettori. “Perché L’Italia muta e si trasforma, anche tumultuosamente. Ma tutte le infanzie si assomigliano”464.

Con tocco leggero e appassionato questi autori narrano di un’infanzia alla ricerca, orfana e sola, di un proprio posto, del proprio Io. L’assenza o la presenza della famiglia, originale o sostitutiva, è una costante assoluta della letteratura per l’infanzia e per ragazzi. Afferma Milena Bernardi: “I temi che quei bambini si portano addosso sono la loro stessa pelle, affondano in antichi territori della storia dell’infanzia e richiamando le costanti del fiabesco, inesauribile giacimento di testimonianze, indizi e reperti dell’antropologia e della cultura dell’infanzia”465.

La storia di Oliver e tanti piccoli orfani come lui, narrati tra le pagine della più autentica letteratura per l’infanzia, ci spiega Faeti, è attuale non solo perché oggi nel mondo esistono ancora milioni di bambini nelle stesse condizioni di Oliver, ma “anche perché mostra tutto l’itinerario di una avventurosa lotta per la sopravvivenza, per la crescita, per una positiva evoluzione anche in questa palude, anche in questa fangosa metropoli del male”466.

463 I. Conni, Ascesa e declino dell’editoria per ragazzi italiana, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Contare le stelle. Venti anni di letteratura per ragazzi, Clueb, Bologna, 2007, p.56. Sul tema cfr. P. Boero, C. De Luca, La letteratura per l’infanzia, Laterza, Roma-Bari, 1995.

464 M. G. Mazzucco, Prefazione, in B. Pitzorno, Ascolta il mio cuore, Mondadori, Milano, 2012, p. 7. 465 M. Bernardi, Rileggere Dickens come viatico verso la letteratura per l’infanzia, in F. Bacchetti (a cura di), Percorsi della letteratura per l’infanzia. Tra leggere e interpretare, Clueb, Bologna, 2013, p. 101. 466 A. Faeti, Gli amici ritrovati, BUR, Milano, 2010, p. 91.