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Rinascere in famiglia

6. Bambini affittas

Devi fare in modo che i lettori mi trovino deliziosa, Cam! Altrimenti nessuno mi vorrà. Ho già superato la mia, diciamo, data di scadenza e non riescono a sbolognarmi. Dopo i cinque o i sei anni di età sei un caso disperato. Hai smesso di essere un amore di bambola e hai già cominciato a essere difficile. (J. Wilson, Bambina affittasi, p. 106)

Piccola ma spavalda protagonista che cerca disperatamente di farsi “affittare”, Tracy Beaker è una bambina di dieci anni che vive in un istituto per affidi, chiamato da lei “La Discarica”. “Bambina affittasi è il diario veridico (per via dei disegni, ma non solo per quelli, richiama il diario famosissimo di Giannino Stoppani) di una bambina “difficile””417. Nelle sue prime pagine commenta così la sua famiglia: “I membri della mia

famiglia sono la mia mamma. Il papà non l’ho mai avuto. Quando ero piccola abitavo con la mia mamma e ce la spassavamo proprio, ma poi è arrivato il Mostro-Gorilla che si è fidanzato con lei. Io non lo potevo soffrire, e lui non poteva soffrire me e mi picchiava, così hanno dovuto mettermi in un istituto. Non mi meraviglio che la mia mamma l’abbia mandato a farsi benedire”418.

In questo romanzo – primo di una lunga serie che vede la giovane Tracy Beaker protagonista – Bambina affittasi, traspare da un lato l’intelligenza, la creatività e la vivacità della bambina, dall’altro i suoi timori e le sue paure: di restare sola, senza una famiglia che la accolga e che la ami.

Afferma Emy Beseghi: “La bambina, difficile, vivace e assetata d’amore, non si dà mai per vinta nel suo diario, pur costellato da vicende dolorose, risulta vitale, fantasioso, appassionato capace di nutrire la sua mente di strategie creative per affrontare le difficoltà”419.

Si nota, attraverso le pagine del suo diario, come Tracy celi i suoi timori e le sue ansie con l’aggressività, con atteggiamenti arroganti e prepotenti, finendo a litigare con

417 A. Faeti, I diamanti in cantina. Come leggere la letteratura per ragazzi, Il Ponte Vecchio, Cesena, 2001, p. 123.

418 J. Wilson, Bambina affittasi, Salani, Milano, 1994, p. 13.

gli altri bambini o con gli adulti presenti nei vari istituti in cui ha vissuto e con le seconde famiglie affidataria che l’avevano accolta per un po’ di tempo nelle loro case e nelle loro vite. “La mia seconda famiglia. Non è il caso di riempire questo spazio. Per il momento non ho una seconda famiglia. Cioè, in passato ne ho avute due. Prima di tutto ci sono stati zia Peggy e zio Sid. Non mi piacevano molto, e poi non andavo d’accordo con gli altri loro figli, così non mi è dispiaciuto quando si sono sbarazzati di me. Sono stata per qualche tempo in una casa di accoglienza per bambini e poi ho avuto un’altra coppia, Julie e Ted, che erano giovani e simpatici e mi hanno comprato la bicicletta. Così ho pensato che sarebbe stato bellissimo e sono andata a stare da loro. Facevo tutto quello che mi dicevano e pensavo di rimanere da loro finchè la mia mamma non sarebbe venuta a riprendermi per sempre. Ma poi… non ho voglia di scriverlo, comunque finì che mi sbatterono fuori. E IO NON AVEVO NESSUNISSIMA COLPA! Mi è venuta una tal bile che ho scassato la bicicletta, così ora non ho più nemmeno quella. E adesso mi trovo in un altro istituto ancora, e hanno messo un annuncio su di me in alcuni giornali, ma non sono arrivate molte richieste di affido, e penso che ormai abbiano un po’ perso la speranza. A me però non importa, tanto fra poco arriva la mia mamma”420.

Questi sentimenti sono espressi attraverso un’aggressività impulsiva, sfogata sia con le parole sia con i fatti, come nell’episodio in cui Tracy picchia Justine, un’altra bambina presente nell’istituto, poiché era stata provocata con delle insinuazioni sulle presunte verità riguardanti sua madre.

Le storie della Wilson non sono colme di lacrime e sentimenti di sofferenza nei confronti dei piccoli personaggi presenti nelle sue storie, ma li rappresenta come creature in possesso di una forza resiliente. Le profonde inquietudine che Tracy vive possono essere colte tra le pagine del suo diario, tra le pagine della sua vita. La possibilità di essere riaccolta tra le braccia della madre diventa sempre più irreale ed irraggiungibile, una speranza vana sia per la bambina che per il lettore che ne segue la storia. La madre quasi come un fantasma, una non-presenza, aleggia sulla vita di Tracy, che si attacca al suo ricordo di lei per anni. La speranza porta la giovane protagonista ad un continuo insistere, ad un voler credere a tutti i costi, poiché Tracy sa, nel suo intimo, che se lasciasse andare questo sentimento ne resterebbe fortemente devastata. Inoltre, il timore di un ulteriore abbandono, la porta a crearsi come una corazza, ad innalzare una barriera simbolica, un

muro che la possa difendere e proteggere, in attesa di una redenzione degli affetti che o non arriverà mai o che potrebbe inaspettatamente giungere, portando un po’ di speranza per il futuro.

Afferma Laura Tosi: “Sebbene la famiglia sia il punto di riferimento imprescindibile per i protagonisti (gli effetti nefasti di cattive figure genitoriali sono invariabilmente messi in primo piano), per adolescenti e preadolescenti stabilire dei buoni rapporti con il gruppo dei pari diventa sempre più importante: la narrativa della Wilson sottolinea in modo deciso come un “sano” distacco dalla famiglia d’origine possa avvenire solo quando si sono stabilite in precedenza delle relazioni sufficientemente buone tra genitori e figli”421.

Tracy trova nella scrittura del suo diario, fatta di pensieri personali e opinioni divertenti ed ironici, una potente valvola di sfogo ad una realtà dolorosa ed insensibile, un mondo non sempre giusto.

“Cera una volta una bambina che si chiamava Tracy Beaker. Come inizio mi pare un po’ scemo, sembra quello di una melensa fiaba per bambini. Odio le fiabe. Sono tutte uguali. Se sei buonissima e bellissima e hai dei lunghi riccioli d’oro, ti basta spazzare un mucchietto di cenere o farti una dormita in un palazzo pieno di ragnatele, e poi arriva il solito principe e tu vivi felice e contenta fino alla fine dei tuoi giorni. Il che va benissimo se sei una santarellina, oltre che uno schianto di bellezza. Ma se sei cattiva e brutta, certe fortune non te le sogni nemmeno. Anzi, ti appioppano un nomignolo idiota tipo Pollicina, e mai che qualcuno ti inviti alla sua festa o ti sia anche solo riconoscente perché gli hai fatto un piacere grande come una casa. Così naturalmente ti stufi d’essere trattata in questo modo e ti metti a pestare i piedi in un attacco di rabbia e caschi giù nel buco che hai fatto nelle assi sul pavimento e finisci al piano di sotto, oppure strilli come una forsennata e ti rinchiudono in una torre e poi buttano via la chiave. A suo tempo ci ho dato dentro anch’io a pestare i piedi e a strillare”422.

Grazie alla scrittura, strumento salvifico, riesce a compiere il suo cammino. “Sorellina fiera e consapevole di Oliver, di Pel di Carota, di Giannino, Tracy Beaker

421 L. Tosi, Non solo fantasy: generi e tendenze della narrativa contemporanea, in L. Tosi, A. Petrina (a cura di), Dall’ABC a Harry Potter. Storia della letteratura inglese per l’infanzia e la gioventù, BUP, Bologna, 2011, p. 362.

conduce il suo diario sulla coerente linea espressiva di una lieta disperazione”423: la sua

abilità di narratrice del reale le permette di compiere una riflessione su di sé, sui suoi bisogni e le sue necessità.

Sfiducia e delusioni, portano Tracy a non credere più nelle figure adulte che la circondano, diventando sempre più irascibile e scontrosa ingenuamente ed inspiegabilmente attaccata ad una madre più immaginata che reale.

I romanzi della Wilson sono incentrati su quello che Elisabeth Thiel definisce “transnormative family”, ovvero quei modelli alternativi di famiglia nucleare di stampo tradizionale. Afferma: “transnormative is an expression sometimes employed to denote that which is forbidden, particularly with reference to sexuality, it assumes an altogether different emphasis when coupled with “family”. As a compound, “transnormative family” characterizes a familial unit that is outside of the established order”424

È attraverso l’incontro con Cam, giovane scrittrice, che Tracy comincia progressivamente a vedere una via di uscita da “La Discarica”, dalla sua precaria condizione di “bambina-sola”. Nella figura di Cam, Tracy riesce a vedere una possibile madre sostitutiva. La passione per la scrittura che le due condividono salda il rapporto di amicizia e di affetto.

Degna della sua attenzione e simile a lei nel profondo, Tracy trova in Cam non solo una seconda madre, ma anche un’amica, una figura adulta di cui potersi fidare ed affidare.

“Il libro termina con la speranza, ma non con il desiderio avverato: Jacqueline Wilson non froda i suoi lettori, anzi li difende, quando apre un conflitto con una sua notissima collega: «È mezzanotte. Non posso accendere la luce per scrivere, perché Jenny potrebbe essere ancora in circolazione e non voglio un altro battibecco con lei. Tante grazie! Cerco di arrangiarmi con una pila, solo che la batteria se ne sta partendo e così fa solo questo lumicino fioco, e io riesco a malapena a distinguere cosa scrivo. Ah, se avessi qualcosa da mangiare! In tutte quelle storie di collegio di Enid Blyton i bambini fanno sempre dei festini di mezzanotte. Mangiano cose un po’ strane, veramente, tipo sardine e latte condensato, io però potrei far fuori un Mars in questo stesso minuto. Immaginate un

423 A. Faeti, I diamanti in cantina, op. cit., p. 123.

424 E. Thiel, The Fantasy of Family. Nineteenth-Century Children’s Literature and the Myth of the Domestic

Mars grande come questo letto. Immaginate di leccarlo, poi di attaccare un angolo a morsi, scavar fuori il ripieno molle a due mani. Mi viene l’acquolina in bocca al solo pensiero. Sì, quelle macchioline sulla pagina sono solo questo. Acquolina. Perché io non piango. Sono una che non piange mai!»”425.

La Wilson infatti sceglie nel suo Bambina affittasi, un finale aperto: la bambina ha la speranza di essere adottata ma non la certezza, e insieme a lei il lettore. L’ “affitto” della bambina non avviene subito, perché come nella vita non sempre o non subito “etuttivisserofeliciecontenti”. Tra le righe l’autrice tenta di comunicarci forse che felici e contenti lo si può diventare ma non subito, bisogna lavorarci e faticosamente, insieme a dubbi e contraddizioni, problemi talvolta risolti altre no.

Perché nella vita certe volte “o la va o la spacca”426!

425 A. Faeti, I diamanti in cantina. Come leggere la letteratura per ragazzi, Il Ponte Vecchio, Cesena, 2001, p. 124; J. Wilson, Bambina affittasi, Salani, Milano, 1994, pp. 32-33.

7. Paradise Lost. Tra bussole, lame e cannocchiali