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Le aspettative relative all’efficacia in termini ambientali dell’effi cienza e delle iCT

2) infrastrutture Di questa seconda categoria fanno parte:

4.3 Le aspettative relative all’efficacia in termini ambientali dell’effi cienza e delle iCT

Le due aspettative di cui trattiamo hanno avuto evoluzioni diverse. Non sono apparse contemporanea- mente anche se, a partire da un certo periodo, hanno iniziato a condividere un percorso per certi versi co- mune. Quella che tratteremo per prima, quella relativa all’efficacia in termini ambientali dell’efficienza, ha iniziato a fiorire in un periodo di penuria energetica. Si può datare al 1973, l’anno del primo shock petrolif- ero, il momento nel quale iniziano ad emergere i discorsi relativi alle potenzialità dell’efficienza energetica

nella risoluzione di quello che era uno dei problemi principali che le economie dell’Occidente si trovavano di fronte: il mantenimento di un alto tenore di vita in un contesto di significativa e più evidente scarsità di risorse. Possiamo dire che inizialmente fosse piuttosto un mezzo per risolvere tali questioni, piuttosto che un mezzo per risolvere problemi ambientali. Il ragionamento di base che sottendeva a quei discorsi era relativamente semplice e ciò potrebbe aiutare a spiegarne la diffusione ed accettazione anche al di fuori degli ambiti cosiddetti esperti: investendo nella ricerca di una sempre maggiore efficienza saremo in grado di soddisfare i nostri (crescenti) bisogni, quindi di mantenere un (sempre più) alto tenore di vita, con un minor fabbisogno di energia. Stando alla cosiddetta teoria della modernizzazione ecologica, se è vero che i problemi ambientali nel passato sono stati causati dal particolare tipo di evoluzione econom- ico-produttiva delle società moderne, allo stesso tempo sarà tramite un’ulteriore modernizzazione che questi stessi problemi potranno essere risolti.26 Per soddisfare i nostri bisogni non dovremo più solo con- centrare risorse intellettuali, economiche e materiali nella creazione di nuovi bisogni, ovvero di nuovi beni e servizi, ma anche e soprattutto nell’ottimizzazione delle fasi di produzione e consumo dei beni e servizi già esistenti. Uno dei prospettati esiti della modernizzazione ecologica è conosciuto come dematerializ- zazione dell’economia. Con questo termine si è soliti intendere quel processo suscettibile di apportare un uguale livello di produzione economica complessiva con un minor utilizzo di materia ed energia o, il che è lo stesso ma solo in termini relativi, una maggiore produzione economica a parità di materia ed ener- gia utilizzata. Altri concetti, emersi successivamente e che accenniamo qui brevemente per completare il quadro degli strumenti ritenuti atti a raggiungere l’obiettivo della dematerializzazione dell’economia sono quelli del Faktor 4 (o Faktor 10), dell’eco-efficienza e del cosiddetto “quinto carburante”. Il primo può essere inteso come il tentativo di definire i possibili esiti dell’applicazione di questa nuova razionalità ecologica ai sistemi economico-produttivi delle società industriali, definendo la lunghezza del cammino da intraprendere e i risultati attesi: data la presenza di una tensione innovativa incentrata sulla ricerca di una sempre maggiore efficienza, si sosteneva la possibilità che si sarebbero potuti ottenere in un futuro non troppo lontano beni e servizi richiedenti appena un quarto, o addirittura un decimo (da cui deriva il nome), dell’energia e della materia necessaria per la fabbricazione e/o per l’utilizzo di beni e servizi già conosciuti sul mercato e svolgenti funzioni equivalenti, e che questi miglioramenti potessero addirittura più che compensare gli aumentati consumi delle nostre società previsti nelle stime di crescita. Il concetto di eco-efficienza è senz’altro apparentato a quello di efficienza energetica anche se non ne ha raggiunto gli stessi livelli di notorietà. La differenza tra i due può essere riassunta nel fatto che mentre l’efficienza energetica riguarda, per l’appunto, l’efficienza della sola componente energetica dei consumi e della pro- duzione (e dei relativi impatti, emissioni di CO2 in primis), l’eco-efficienza riguarda tutte le risorse naturali e tutte le emissioni e gli scarti relativi. Il concetto di “quinto carburante” completa il tutto mettendo l’accento su di un altro fattore/valore non trascurabile, quello del risparmio energetico. Il termine rich- iama sia il fine della preservazione delle risorse energetiche, sia la valorizzazione delle competenze e dei valori diffusi - ad esempio nelle famiglie, in quanto altro attore svolgente un importante ruolo all’interno del sistema - in grado di riconoscere gli sprechi (le inefficienze) e di evitarli.

L’altra aspettativa, quella relativa alla dematerializzazione dell’economia attraverso l’informatica, segue la nascita dell’informatica e coesiste con gli albori della sua diffusione su larga scala nei paesi occidentali. Per quanto riguarda le aspettative relative alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione – e ricordiamo che ci si riferisce sempre e appena alle aspettative di ordine ambientale - possiamo dire che i primi discorsi relativi alle possibili conseguenze ambientali positive del loro utilizzo si basavano su quella

visione conosciuta come “paperless office”, l’ufficio senza carta. “Quest’anno ci siamo giocati l’Austria” recitava uno spot del 1989 di WWF Italia, riferendosi all’estensione territoriale di foresta amazzonica dis- boscata l’anno precedente. Mentre le criptiche analisi degli impatti della produzione degli hardware e degli innumerevoli elementi e sostanze chimiche che vi dimorano venivano così lasciate alla conoscenza delle sole avanguardie tecniche, si è ipotizzato che, ricchi delle esperienze precedenti, non si sarebbe at- tesa l’informatizzazione completa della società per poi accorgersi di aver trascurato gli impatti ambientali negativi; in questo caso si poteva dire che l’ambiente e il processo produttivo andavano, già da subito, amorevolmente a braccetto, dove l’ambiente in questo caso veniva ad essere rappresentato dagli evitati disboscamenti. Nel 2010 il WWF elaborava un formato di file che non si potesse stampare (un file tipo “pdf” ma con suffisso “.wwf”); alcune aziende o istituzioni suggeriscono, a chi riceve le loro comunica- zioni elettroniche, di riflettere sulla necessità di stamparle per il “bene dell’ambiente”. Sebbene risulti difficile credere che l’informatizzazione abbia portato ad una diminuzione del consumo di carta la visione dell’ufficio senza carta non è stata di certo abbandonata: ulteriori sviluppi tecnologici e comportamentali potranno ancora farla avverare.

Non si vuole certamente affermare che l’arruolamento dell’ambiente nel processo di diffusione delle tec- nologie informatiche sia stato, in ultima istanza, il fattore decisivo e neanche uno dei più importanti, a spiegarne la diffusione, ma di certo si vuole far rilevare il fatto che ci si trovi di fronte ad un’alleanza duratura e per certi versi ricercata. Si tratta difatti di un caso nel quale i benefici per l’ambiente vengono arruolati preventivamente. Per quanto riguarda quei processi industriali di produzione e consumo avviati da tempo, i tentativi di regolamentazione basati su considerazioni di ordine ambientale sono giunti, per l’appunto, a maturazione commerciale avvenuta: si sono prodotte le lavatrici (qui citate per rappresentare buona parte dei beni di consumo ad alta intensità di energia stabilitisi a partire dall’epoca dell’elettro-ad- domesticamento), si sono diffuse nel mercato, sono diventate indispensabili all’emancipazione delle don- ne all’interno delle moderne società occidentali, sono diventate un dispositivo essenziale per l’emersione di stili di consumo e poi, solo più in là, si è “scoperto” che le lavatrici inquinavano.

Si vuole evidenziare il fatto che, al di fuori di chi si occupava, magari per lavoro, con una certa continuità e con un certo rigore degli impatti ambientali delle lavatrici, questi non influivano - ovvero non erano presi in considerazione - sulle scelte di acquisto e di utilizzo. O, ancora meglio, non erano entrati a far parte di un discorso comune relativo all’efficacia in termini ambientali dell’acquisto di lavatrici. A partire da un certo momento la produzione e l’uso di lavatrici, così come di qualsiasi altro bene, poteva trarre vantag- gio dal fatto di dimostrare (o di vantare) di avere l’ambiente “dalla propria parte”, o svantaggio dal fatto di non averlo.

Il legame che connette le ICT e l’ambiente sarebbe poi evoluto in forme che noi chiameremo di “seconda generazione” e “terza generazione”. La prima di queste riguarda tutti quei discorsi relativi alle poten- zialità delle ICT di ridurre la necessità di consumo di materia ed energia di alcune specifiche pratiche. Il telelavoro, le teleconferenze, il commercio elettronico, venivano viste come soluzioni suscettibili di ridurre in modo anche significativo le esigenze di mobilità urbana, interurbana e addirittura internazio- nale. Esattamente come avviene per il legame di “prima generazione”, il fatto che il consumo di energia per spostamenti non sia diminuito non è sufficiente a sfaldarlo. Il legame di “terza generazione” riguarda le potenzialità delle ICT di rendere i processi (tutti o quasi) più efficienti, e questa volta tramite lo sfrut- tamento della impressionante capacità di elaborazione di informazioni propria di queste tecnologie, e non solo a causa di un effetto sostituzione come era invece nel caso delle due precedenti “generazioni”. Riprendendo le parole di Røpke et al. (2010), “così come precedentemente i piccoli motori elettrici erano stati integrati in una vasta gamma di apparecchiature domestiche e di strumenti al fine di sostituire la

forza muscolare, si può ritenere che il computer sostituisca o potenzi la capacità del cervello - la capacità di calcolare, gestire, comunicare e regolare”.

4.4 Gli effetti perversi portati dall’implementazione del programma