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iniziative per la conservazione energetica in ambito domestico

5.1.2 e le mancate apparizion

6.4 iniziative per la conservazione energetica in ambito domestico

Le policy di conservazione energetica che puntano a riorientare le abitudini e le pratiche dei consumatori si basano sul presupposto che gli individui, nel consumare elettricità, hanno scarse possibilità di pesare la rilevanza dei propri comportamenti, in termini di costi energetici, ambientali e sociali: più chiaro è il le- game tra attività svolte in ambito domestico, ed utilizzo di singole apparecchiature, maggiore è la rilevan- za che le persone attribuiscono ai propri comportamenti e quindi la probabilità di modificarli. L’idea di stimolare uno riorientamento dei profili di consumo attraverso feedback informativi, nell’ambito dei con- sumi domestici non è recente. L’interpretazione teorica dei meccanismi attivati dai feedback fa emergere tre principali elementi (van Raij e Verhallen, 1983; van Houwelingen e van Raij):

Una funzione di apprendimento, attraverso l’informazione su prezzi e quantità;

Una funzione di costruzione di abitudini (la persistenza e continuità permette di consolidare modalità di consumo orientate alla conservazione energetica):

Una ridefinizione delle proprie attitudini: le attitudes sono interpretate, nelle teorie comportamentali, come un driver delle azioni, ma è anche vero il contrario, nel senso che l’esperienza ripetuta dei propri comportamenti influenza a sua volta la consapevolezza e vengono riscritte ed interiorizzate nuove attitudes come l’attenzione verso le conseguenze ambientali e la sostenibilità energetica dei propri consumi.

Alcuni field experiment (Stern e Aronson, 1984; Pallak et al., 1989) hanno fornito evidenza empirica dell’efficacia, in termini riduzioni dei consumi elettrici, dei feedback informativi sui propri consumi. Ar- vola (1993) ha invece rilevato come la possibilità di effettuare comparazioni intertemporali migliorasse la capacità dei consumatori di incrementare il livello di conservazione energetica, identificando la col- locazione temporale dei picchi di consumo. Il consumo di energia elettrica, secondo le interpretazione di questi primi studi, avviene sistematicamente in una condizione di deficit informativo, per cui le im- plicazioni di policy che emergono da questi primi lavori è che la conservazione energetica possa essere indotta semplicemente attraverso feedback informativi. Questi primi lavori non presentano un costrutto teorico che integra spiegazioni economiche (il peso degli incentivi finanziari al risparmio energetico, lo status socioeconomico) con altre componenti sociologiche (percezioni sui sistemi di norme sociali, at- titudini e sensibilità verso problemi ambientali). Un primo studio che segnala l’opportunità di struttu- rare analisi empiriche della conservazione energetica secondo ipotesi e costrutti teorici interdisciplinari è quello di Brandon e Lewis (1999), che esplicitamente focalizzano il legame tra comportamenti individuali e problemi ambientali globali in relazione al consumo di elettricità. Lo studio propone una survey che in- tegra elementi quantitativi e qualitativi, sui comportamenti quotidiani delle persone e sulle azioni a favore dell’ambiente svolte dagli intervistati ed usate come proxy dell’attitudine/interesse verso il tema della sostenibilità ambientale.

Sarah Darby, all’interno di un ampia rassegna sul tema che include 38 implementazioni di politiche di feedback tra Stati Uniti e paesi europei, propone una tassonomia delle misure basate su feedback, che comprende (Darby, 2006):

feedback diretti, richiesti espressamente dai consumatori, che informano sui costi e sui consumi. Sono quei dispositivi che forniscono informazioni sui consumi aggregati del nucleo familiare o sui consumi di singole apparecchiature:

auto-letture di contatori evoluti (i cosiddetti ‘smart meters’); misuratori su singole prese elettriche;

feedback interattivi via PC, che consentono di monitorare e/o di accendere/spegnere elettrodome- stici;

tariffe prepagate (Pay-as-you-go) che prevedono la tariffazione dell’elettricità con pagamento anti- cipato in base alle previsioni di consumo;

dispositivi di monitoraggio ambientale (segnalano, ad esempio, variazioni di temperatura esterna che rendono inutile raffreddare o raffrescare gli ambienti);

misuratori del consumo elettrico integrati negli elettrodomestici;

feedback indiretti, cioè dati processati dai distributori di energia elettrica, e che si configurano in diver- se possibili forme:

bollette più frequenti

bollette ad elevata frequenza arricchite con una comparazione storica (che consentono di eviden- ziare la dinamica temporale dei consumi di un nucleo familiare e di identificare periodi di consumo anomalo).

bollette con informazioni comparative sui consumi di altri nuclei familiari, , che permettono al con- sumatore (feedback descrittivi, o descriptive norms) di definire e confrontare la propria posizione rispetto ad un gruppo/comunità di appartenenza; è inoltre dimostrato (Wilhite et al., 1999) che le persone sono sensibili alla natura normativa dei feedback. Con l’espressione normative o injunctive

giamento/premio a performances più rilevanti, o viceversa di disapprovazione.

feedback controllati dai distributori, dati sui comportamenti aggregati delle utenze, come il carico elettrico richiesto nelle diverse ore della giornata. Le possibilità offerte dai contatori di nuova genera- zione (smart metering) dovrebbero consentire una comunicazione bidirezionale sulla rete tra utenti e utility. In teoria, questo dovrebbe consentire un a più razionale gestione del servizio, offrendo alle utility maggiori possibilità di prevedere quando si verificano picchi di domanda, ma anche quando eventualmente prevedere una riduzione controllata della potenza fornita.

attività di auditing energetico, monitoraggi, ad esempio su abitazioni o interi edifici, per valutarne le prestazioni ambientali in termini di isolamento termico, fabbisogni energetici, o per la valutazione di indicatori (carbon footprint, ecological footprint, …).

Figura 17. Esempio di feedback che illustra la distribuzione dei consumi di una popolazione di riferimento, riportando la posizione del nucleo familiare destinatario del feedback (descriptive norms)

Fonte: Wilhite et al., 1999

Le due principali raccolte di valutazioni ex post di programmi basati su feedback informativi segnalano rispettivamente valori massimi di riduzione dei consumi elettrici del 20% (Darby, 2006) e del 14% (Fisher, 2008), con risultati dei feedback diretti che si concentrano nell’intervallo 5-15%, mentre quelli dei feedback diretti si collocano tra 0 e 10%. I singoli casi studio esaminati prevedevano una comparazione tra variabili risultato (consumi, soddisfazione, ecc. ) misurate su gruppi di trattamento e di controllo, senza però con- siderare differenze imputabili a caratteri di status socioeconomico, e legati alla dotazione e tipologia di apparecchiature. Fisher sottolinea come il fatto che i feedback siano in grado di catturare l’attenzione e di stimolare un processo di apprendimento dipenda molto dalla modalità comunicativa, che influenza leggibilità e sforzo cognitivo. Nella Figura 18 riportiamo la riproduzione della prima pagina di una fattura che esemplifica un feedback implementato in Norvegia (Wilhite et al., 1999) che riporta nel grafico a barre nella parte sinistra la serie storica dei consumi mensili, offrendo una comparazione tra l’anno in corso (barre scure) e quello precedente (barre chiare). Tale modalità di visualizzazione permette al consuma- tore di valutare il proprio comportamento in termini di consumi (e risparmi).

Figura 18. Esempio di feedback di un distributore norvegese

Fonte: Wilhite et al., 1999

Le modalità attraverso cui il viene veicolata l’informazione nelle policy di feedback sono rilevanti, e ne condizionano l’efficacia. L’esempio della Figura 19 chiarisce come possa essere molto diverso lo sforzo cognitivo richiesto al consumatore a cui è diretta questa fattura (emessa da un grande distributore nazio- nale): il feedback è collocato nell’ultima pagina, con grafici a barre e dati in forma tabellare dei consumi che si articolano sulle 3 fasce orarie stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica e gas (AEEG). È intuibile che attrarre l’attenzione ed interessare il destinatario del feedback non sono i criteri che guidano, in questo secondo caso, lo stile della comunicazione

Un elemento interessante, purtroppo trascurato nella maggior parte degli studi di valutazione ex post delle policy di feedback, riguarda proprio il fatto che la capacità di stimolare un processo di apprendi- mento dipende anche dalla modalità della comunicazione e dalla facilità di lettura.

Ulteriori limiti dei lavori empirici sugli impatti di queste policy sono rappresentati dalla ridotta numerosità campionaria, con una rappresentatività locale e attraverso disegni di valutazione non standardizzati. Anche le caratteristiche delle policy (ampiezza bacino di utenti cui l’iniziativa è rivolta, frequenza dei feedback, tipologia, livello di dettaglio, supporto mediatico della comunicazione, combinazione con al- tri strumenti) sono estremamente eterogenee ed è probabile che il successo di tali campagne dipenda effettivamente da un insieme complesso di fattori, di cui è difficile identificare il ruolo in modo netto. Un’applicazione giapponese, che esamina il caso di un software gestito da distributori ed in grado di forni- re un’ampia gamma di feedback (Ueno et al., 2006) segnala che le tipologie di feedback cui i consumatori si sono maggiormente interessati sono proprio quelli che si basano sull’attivazione di norme sociali, e che prevedono quindi il confronto interpersonale di consumi (una visualizzazione del layout del software è proposta in Figura 20).

Lo studio più aggiornato, che abbiamo considerato come caso di riferimento più rilevante allo scopo di disegnare tipologie di policy da inserire nel modello di simulazione, è quello di Allcott (2011). Questo studio valuta l’impatto di incentivi al risparmio energetico in ambito domestico basati sull’introduzione di informazioni all’interno della bolletta di una grande compagnia elettrica statunitense (OPOWER). L’iniziativa consisteva in un trattamento che aggiunge ai consueti dati sulla fatturazione dei consumi, un messaggio di carattere descrittivo e normativo, oltre ad alcuni consigli su come ottenere risparmio ener- getico. L’impatto medio rilevato dallo studio è stata una riduzione media del 2% dei consumi elettrici, che risultava però differenziata in base rispetto al livello iniziale di consumi (con impatti quasi nulli sul primo decile di consumi iniziali e massimi su chi partiva da consumi elevati).

Allo scopo di valutare l’effetto della policy, sono stati realizzati trattamenti differenziati, utilizzando cam- pioni di trattamento e di controllo, e i risultati dello studio sono validati da una dimensione campionaria considerevole (circa 600.000 famiglie). Lo studio testimonia quindi l’esistenza di una tendenza dei con- sumatori ad attuare strategie di risparmio in conformità a ciò che fanno i più parsimoniosi, e alla de- scrizione del livello medio (descriptive norms), e reagendo a stimoli di incoraggiamento/monito (injunc- tive norms). Un ulteriore studio mostra come un ruolo specifico sia giocato proprio dagli injunctive norms, che stimola forme di incoraggiamento che rinforzano il risultato. Nella figura 3 riportiamo alcune parti estratte dalla bolletta OPOWER, che mostrano più chiaramente ciò che nel seguito del testo indichiamo come injunctive e descriptive norms (I&D). Cercando di riportare questa policy al meccanismo decisionale degli agenti introdotto al paragrafo precedente, è ragionevole assumere, in base all’evidenza empirica, che la presenza di un trattamento I&D amplifica la motivazione delle famiglie, in base ad una reazione sia di carattere imitativo e di norma sociale, non strutturata e veicolata da relazioni interpersonali.

Il secondo tipo di iniziativa implica invece la presenza di un’interazione diretta tra gli agenti, in grado di attivare meccanismi di imitazione di buone pratiche, e di apprendimento. Pensando all’esperienza dei

gruppi di acquisto solidale (GAS) o dei cosiddetti Bilanci di Giustizia, abbiamo esempi di come questo tipo di interazione e di scambio su una dimensione collettiva avvenga già su base volontaristica. Un esempio ulteriore è dato dai casi di incentivo (questa volta economico) quali i certificati di risparmio ed efficienza energetica (In Italia i certificati bianchi) che le famiglie di norma potrebbero far valere non singolarmente, ma attraverso un opera di coordinamento da parte di imprese, le ESCO (Energy Service Companies). Tra queste, AzzeroCO2 (Realacci, 2012) ha scelto di coordinare gruppi di famiglie, certificando i risparmi energetici conseguiti, che vengono remunerati dai grandi distributori di elettricità su cui ricade l’obbligo di finanziare programmi di risparmio energetico. Bilanci di giustizia, GAS, e queste altre iniziative, volon- taristiche o meno, si caratterizzano per la presenza di soggetti dotati di una struttura organizzativa, con un’attenzione dedicata in modo specifico alle quantità di energia risparmiate, e alle modifiche comporta- mentali necessarie per ottenere tali risparmi.

Per semplicità, indicheremo nel seguito queste tipologie di iniziativa con il termine community-based. Le famiglie che vi aderiscono riconoscono in modo più esplicito e spontaneo l’esigenza di ridurre i propri consumi di elettricità.

Figura 20. Feedback sui consumi energetici della campagna

Figura 21. La bolletta oPoWEr da al consumatore la possibilità di operare un confronto tra il suoi consumi (in nero), ina comparazione sociale complessiva (in rosso, la media dei consumo nella zona geografica di appartenenza) e (in verde), la media dei consumi del 20% dei più parsimoniosi della zona. Sulla destra, gli smile che incoraggiano o ammoniscono

Fonte: Allcott, 2011

Figura 22. i consigli per il risparmio energetico contenuti nella bolletta oPoWEr