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Conservazione energetica e teorie comportamental

5.1.2 e le mancate apparizion

6.3 Conservazione energetica e teorie comportamental

Nel cambiamento “virtuoso” (ossia orientato alla conservazione energetica) di abitudini nel campo dei consumi energetici domestici si intrecciano, pur senza essere distinguibili sul piano dei comportamenti osservati, due moventi tra loro molto differenti:

l’ interesse per il risparmio economico finanziario

l’intenzione di ri-orientare il proprio utilizzo di energia sulla base di preoccupazioni relative alla soste- nibilità ambientale

Mentre la seconda finalità si inserisce nel quadro, sicuramente più complesso, delle determinanti e dei meccanismi che guidano più in generale la conversione in senso green del proprio stile di vita, il per- seguimento della prima finalità potrebbe apparire una questione banale, se è postulata la razionalità dei consumatori. In Figura 15 è schematizzata l’interpretazione microeconomica della scelta della quantità da consumare, che avviene, secondo l’interpretazione neoclassica, attraverso un confronto tra prezzo dell’elettricità ed il livello di utilità attribuito ad unità aggiuntive di consumo, rappresentato dalla curva delle disponibilità a pagare marginale. La Figura 15 evidenzia (aree colorate) i potenziali target di conser- vazione energetica risultanti sia da a) – in azzurro – che da b) – in verdino.

Figura 15. incertezza nella determinazione del livello ottimo di consumo di elettricità

Questi margini hanno origine in diversi aspetti:

In primis, è da ricordare che la domanda di energia è derivata dalla domanda di (diversi) servizi energe- tici;

Secondariamente, poiché la tariffazione è in genere posticipata ed aggregata non si ha contezza del consumo in una singola attività.

Il prezzo dunque non è noto con precisione e certezza in due sensi: normalmente non si conosce il costo di un kwh e non si sa a cosa corrisponde un kwh in termini di servizio ricevuto/comfort prodotto/ bisogno soddisfatto.

È dunque probabile che si verifichino sprechi, inefficienze “tecniche” nel senso di utilizzo di quantitati- vi eccessivi di energia per ottenere servizi che ne richiederebbero meno.

La domanda di servizi energetici è modellata da molteplici aspetti, valori, status, norme sociali Infine qualora si prendano in considerazione – e stiano a cuore – i costi esterni, che ricadono sull’am- biente o sulla società o sulle generazioni future, si apre lo spazio a un’ ulteriore aspirazione a contene- re il consumo

È evidente che la finalità “ecologica” presuppone una conoscenza dei (o un immaginario relativo ai) legami tra i propri consumi energetici e i connessi problemi ambientali: dal cambiamento climatico all’esauribilità delle risorse fossili ai costi ambientali di varia natura (paesaggistici, ecosistemici, di sottrazione di terreni alla produzione agroalimentare) causati allo sfruttamento di energie rinnovabili. In realtà entrambe le finalità richiedono una base informativa che non è affatto scontata, relativa a:

costi effettivi (nel business as usual) dei consumi connessi alle diverse funzioni da soddisfare (riscalda- mento, raffrescamento, illuminazione, pulizia, cottura e preparazione cibi etc)

azioni da intraprendere sulle diverse apparecchiature (funzioni) per ridurne i consumi

margini di risparmio energetico effettivamente ottenibili (quindi rilevanza delle azioni) a tecnologia (apparecchiature) invariata

potenzialità di risparmio ottenibili con “investimento” in sostituzione delle apparecchiature

Già solo per quanto riguarda il punto i. una conoscenza adeguata richiede un monitoraggio ad hoc tramite misuratori, in assenza della quale per la maggior parte dei consumatori è in realtà persino difficile conos- cere e valutare correttamente i propri consumi complessivi.

Mentre non v’è quindi dubbio che la diffusione di informazione e conoscenza (nelle varie accezioni) sia una componente essenziale delle policy necessarie ad una transizione verso stili di vita meno energy-in- tensive, occorre domandarsi in che misura essa sia efficace, e quale sia la rilevanza delle diverse modalità di tale trasmissione di informazione: campagne informative universalistiche o mirate, esperienze dirette o indirette, coinvolgimento comunitario, canali informali e imitazione all’interno di gruppi di riferimento… La letteratura sulle determinanti dei comportamenti pro-ambientali rivela che l’impatto di campagne di educazione basate sulla fornitura di informazione scientifica è deludente (kollmuss e Agyeman 2002), e sottolinea come l’interpretazione del sapere scientifico sia mediata da esperienze personali e da valori sociali (Lorenzoni et al. 2007).

In generale si evidenzia un gap significativo tra informazione, coscienza ambientale, e comportamenti. Diversi modelli sono stati proposti dalla letteratura psicologica e sociologica per spiegare il fallimento da quello “ingenuo” che prevedeva un legame lineare e diretto tra conoscenza e orientamento (attitude) e tra orientamento e comportamenti.

Rinviando ad altra sede una rassegna strutturata, elenchiamo alcuni tra i numerosi elementi che si pos- sono interporre tra nozione e azione, a grandi linee elencati a partire dalla dimensione più esterna o so- ciale verso quella più individuale:

fattori istituzionali e possibilità effettiva di agire ecologicamente (infrastrutture fisiche e sociali); rilevanza delle norme sociali, delle tradizioni famigliari e culturali;

vincoli ed incentivi economici (importanti ma non esaustivi nello spiegare i comportamenti); informazione sui problemi: maggiore influenza delle esperienze dirette sulle esperienze indirette; consapevolezza ambientale – coscienza dell’impatto umano sul pianeta: ridotta da limiti cognitivi, le- gati a scarsa immediatezza delle conseguenze dei problemi ambientali o a casi di degrado lento e graduale;

importanza del “locus of control”: percezione della rilevanza dei propri comportamenti, dell’effettiva possibilità di fare una differenza;

conflitto della motivazione ambientale con altre priorità ritenute più forti (esempio scelta di viaggiare in aereo per visitare i parenti, ma forse estendibile anche al desiderio di mantenere certi pattern di consumo a cui è legata la percezione dello status sociale;

rilevanza della dimensione psicologica: da un lato necessità di un coinvolgimento anche emotivo e non solo razionale/cognitivo nei problemi in questione, dall’altro reazioni difensive sotto forma di negazio- ne, oppure all’opposto di rassegnazione e/o delega (effetto “goccia nel mare”, irrilevanza dei compor- tamenti individuali, o convinzione che tocchi ad altri farsene carico);

Una delle interpretazioni avanzate per spiegare i suddetti gap è la teoria di costi comportamentali avan- zata da Diekmann e Preisendörfer (2003) secondo cui l’impatto degli orientamenti sui comportamenti è più significativo se i costi comportamentali legati alla modifica del comportamento sono bassi (ad es:

spegnere la luce uscendo dalla stanza), mentre diventa meno rilevante (e aumenta quindi il gap tra valori e comportamenti) nei casi in cui i costi comportamentali sono alti (ad es: le scelte di mobilità) e prevale quindi un scelta di tipo razionale classico. Un altro aspetto messo in evidenza da Diekmann e Preisendör- fer è come le azioni ambientali a basso costo comportamentale (tipicamente, la racconta differenziata) vengono usati anche per “mettersi a posto la coscienza” evitando di intraprendere azioni o più onerose, ingenerando pertanto un “RE psicologico”.

Molta parte dei nostri consumi sono dettati da standard sociali, e questo è valido sia per il livello di aspira- zione in merito al del bisogno finale da soddisfare (ad es: lo standard sociale di pulizia degli abiti influenza il nostro utilizzo della lavatrice come in Lorentz e Woersdorfer (2009) sia per lo stile di vita più o meno environment-friendly e quindi l’attenzione ai consumi energetici (una forma di “bene” che si acquisisce attraverso la sufficienza è la soddisfazione morale).

Rimandando, per una rassegna della letteratura recente e decisamente dettagliata, al lavoro di kollmuss e Agyeman, e ad un successivo contributo (Fisher, 2008) che tratta il tema del riorientamento dei consumi energetici con un focus sull’elettricità, proponiamo lo schema di Figura 16. E’ una nostra interpretazione sintetica e stilizzata di alcuni meccanismi che abbiamo colto da questa rassegna di contributi psicologici e sociologici, e che proporremo, più avanti, nella costruzione del modello ad agenti.

Figura 16. L’euristica dei comportamenti di consumo orientati verso la sensibilità ambientale

Lo schema in figura 16 propone una visione possibile di come l’ambiente naturale e sociale contribuisca a riscrivere le nostre modalità di utilizzo dell’energia in ambito domestico: potrebbe essere assimilata ad un fenomeno autopoietico, in cui le regole che determinano le azioni di consumo energetico dell’individuo vengono scritte (e ridefinite continuamente), facendo variare il modo in cui gli individui considerano la scomodità (costi comportamentali ) o le motivazioni di un consumo orientato alla conservazione ener- getica e alla sostenibilità.

L’individuo è a sua volta coinvolto in relazioni che si strutturano su molteplici livelli gerarchici: famiglia, cerchie amicali, comunità locali o entità sociali e territoriali di più ampia portata (il livello di governo che regola il settore energetico è identificabile con quello nazionale).

Definiamo qui il concetto di interazioni orizzontali, che adotteremo più avanti nella descrizione del mod- ello ad agenti: le interazioni dirette e locali, che passano per una rete di relazioni interpersonali, come quelle che si costruiscono all’interno di una cerchia comunitaria ad una scala locale, (amicale/familiare), in grado di indurre norme comportamentali che riguardano la conservazione energetica. Si tratta quindi di relazioni che comportano quindi una esperienza ed una conoscenza diretta di ciò che gli altri fanno e ciò che gli altri pensano.

Relazioni od interazioni verticali saranno invece intese come quelle che si strutturano tra un ambito micro ed uno macro, cioè con un setting istituzionale che va oltre la dimensione locale (le utilities, la regolamen- tazione nazionali degli incentivi all’efficienza energetica, i comportamenti di consumo di gruppi sociali più ampi), elementi che potremmo più identificare con interazioni con istituzioni.

Poiché indagare il ruolo delle reti relazionali spontanee nella diffusione di modifiche comportamentali costituisce la finalità principale del modello ad agenti, anche nell’analisi di scenario relativo alle interazioni verticali verrà posta attenzione alla sensitività dei risultati delle policy alla densità di relazioni orizzontali.