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Il fenomeno del suicidio non è esclusivamente connesso alla dimensione dei disturbi depressivi: comportamenti suicida possono infatti esser riscontrati in differenti quadri psicopatologici quali quello dei gravi disturbi della personalità o quello schizofrenico. Occorre poi considerare che le dinamiche suicidarie possono anche non esser direttamente correlate a patologie psichiatriche bensì connesse a difficoltà di tipo esistenziale spesso collegate ad aspetti di ordine sociale e culturale.

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Il suicidologo austriaco Erwin Ringel78 ha approfondito la possibilità di identificare una specifica sindrome pre-suicidaria individuando, al fine di valutare il rischio suicidario, i seguenti tre fattori sintomatologici:

- restringimento del campo di coscienza con diradamento delle relazioni interpersonali e affievolimento della sfera affettiva;

- inibizione dell’eteroaggressività, con conseguente suo reindirizzamento verso se stessi;

- progressiva familiarizzazione con l’idea della morte, fuga verso fantasie di suicidio e conseguente sollievo provato nel progettare la sua realizzazione.

Si passerebbe oltre la sindrome quando l’individuo giunge a prendere la decisione di togliersi la vita. Tale decisione sarebbe comunque sofferta, considerata la residua conflittualità tra una componente depressiva, autoaggressiva, che effettua un impietoso riassunto della dolorosa situazione e l’autostima restante, che tende a far esitare l’individuo all’accettazione di un totale fallimento della propria esistenza.

Walter Poeldinger79 focalizza l’attenzione sulle dinamiche di avvicinamento al comportamento suicida.

Le prime fasi sarebbero caratterizzate da elementi di riflessione e di ambivalenza accompagnati da forti tensioni emotive e dalla frequente comunicazione dell’intenzione suicidaria. Nella fase successiva, definita dall’autore “della decisione”, a prescindere dalla decisione presa, si palesa

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Ringel E. (1997), Der Selbestmord, Klotz Verlag GmbH, Magdeburg.

79 Poeldinger W.(1968), Die Abschaetzung der Suizidalitaet. Eine medizinsch-soziologische Studie,

Bern, Stuttgart, trad. ital. Festini, W. e Cipollone, L., in Suicidio e Complessità, Giuffrè, Milano, 1992.

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una ritrovata tranquillità che sovente può condurre in errore i familiari del soggetto, i quali potrebbero considerarla come un superamento della fase acuta dello stato di sofferenza.

É in tale fase che l’attenzione terapeutica dovrebbe sempre continuare ad essere massima così come è necessaria in occasione dei miglioramenti riscontrati all’inizio di un trattamento farmacologico, che notoriamente rappresenta il periodo a maggior rischio suicidario, considerato il persistente problema psicologico e le ritrovate energie fisiche che potrebbero agevolare la spinta al gesto fatale.

Dal punto di vista clinico, in un’ottica cognitiva, Giorgio Rezzonico80 propone la modulazione dell’intervento terapeutico sulla scorta di principi generali, tra i quali, quello basilare, consisterebbe nel mantenimento di un contatto empatico con il paziente, caldo da un punto di vista emotivo: come direbbe Carl Rogers, “osservando il mondo con i suoi occhi”.

Inoltre questi dovrebbe poter percepire la libertà di poter affrontare il tema del suicidio senza timori e con estrema chiarezza ponendolo così al centro di riflessioni ed approfondimenti terapeutici.

Ascolto empatico e sostegno attivo rappresenterebbero le indispensabili prerogative dell’azione terapeutica: quest’ultimo includerebbe anche la possibilità di eccezionali contatti o colloqui con il terapeuta, al di fuori degli orari programmati.

Indispensabile appare quindi, l’individuazione di concordati obiettivi terapeutici a breve termine e facilmente raggiungibili, al fine di dare la possibilità al paziente di esserne gratificato, aspetto che costituirebbe un evidente rinforzo positivo in funzione della compliance terapeutica e dell’auspicato differimento dell’azione suicida.

80 Rezzonico G. (1989), Aspetti della sindrome pre-suicidaria e principi d’intervento, Tribuna

medica del Ticino, n.54, citato da Bara B.G. 1996, pp.63-70), Manuale di psicoterapia

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Tale differimento consentirebbe infatti al terapeuta di inserire o rafforzare aspetti di dubbio nel vissuto del paziente, volti ad incrinare la sua struttura decisionale finalizzata all’atto fatale.

In casi estremi, nell’ipotesi fossero ravvisati concreti ed imminenti rischi di suicidio, sarebbe opportuno strutturare una rete di sostegno ed accudimento del paziente con la possibilità di coinvolgere soggetti per lui affettivamente significativi.

In questi casi è di fondamentale importanza la trasparenza nei confronti del paziente. Ogni contatto con le persone e/o le strutture che si ritiene opportuno coinvolgere nella terapia andrebbe precedentemente concordato con il soggetto, pena la perdita di fiducia ed il conseguente fallimento della necessaria alleanza terapeutica. Qualora la gravità della situazione rendesse necessario un intervento diverso da quello psicoterapeutico in corso, occorrerebbe sempre spiegarne le motivazioni al paziente per evitare di farlo sentire abbandonato dal suo terapeuta.

Ringel81 comunque sostiene che già la semplice disponibilità a fornire aiuto può avere un effetto terapeutico rompendo l’isolamento percepito dal paziente. Nel caso avesse deciso di togliersi la vita a causa del convincimento che la sua esistenza sia priva di senso e di valore, il fatto che qualcuno, sia interessato ai suoi problemi e sia disposto a dedicargli del tempo per aiutarlo può risollevare la sua autostima e stimolarlo, infondergli speranza e coraggio, nel cercare di trovare una soluzione ai suoi problemi. Tale aspetto può sicuramente considerarsi uno dei più importanti fattori aspecifici della terapia.

In ogni caso, dal punto di vista clinico, si può concludere che, anche se ovviamente non è possibile garantire l’efficacia della prevenzione e della terapia del comportamento suicida pur quando è condotta nel migliore dei modi, risulta confortante e significativo constatare l’elevata percentuale di individui che, aiutate in modo adeguato e salvate dopo un tentato suicidio,

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non pongono più in essere il tentativo e per questo si dimostrano estremamente riconoscenti.