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Quello dei piloti suicida è un fenomeno tristemente noto che riporta immediatamente alla mente i piloti kamikaze giapponesi della seconda guerra mondiale o l’attacco terroristico dell’11 settembre in cui 19 uomini, appartenenti all’organizzazione terroristica Al Qaeda, si impossessarono di 4 aerei di linea in volo sui cieli statunitensi, al fine di compiere la più drammatica missione suicida mai realizzata causando la morte di quasi 3.000 persone.

Tali suicidi, in un’ottica durkheimiana verrebbero definiti “suicidi altruistici” essendo infatti possibile evidenziare uno stretto legame di subordinazione del singolo al gruppo: l’io dell’individuo perde il senso di appartenenza confondendosi con una cosa diversa da sé e pertanto il suo agire trova una spiegazione all’interno di un gruppo di cui lo stesso è parte. Per questi casi il suicidio non rappresenterebbe più l’esercizio di un eventuale diritto sulla propria vita, bensì l’adempimento di un dovere.

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Di altra natura risultano invece i casi di suicidio da parte di piloti che si suicidano utilizzando l’aereo che stanno pilotando, per motivi diversi da quello precedentemente definito “altruistico”.

La storia dell’aeronautica mondiale purtroppo annovera una vasta casistica in tal senso.

Tra le recenti catastrofi aeree le cui cause sono, con tutta probabilità, da imputare ad un atto volontario e suicida del pilota, torna immediatamente alla memoria quella del pilota cinese Tsu Way Ming di 41 anni, al comando di un aereo della SilkAir in volo da Jakarta con destinazione Singapore, che il 19 Dicembre 1997 precipitò causando la morte di 104 passeggeri.

Le prime indagini svolte dalla Commissione Nazionale di Sicurezza sui Trasporti indonesiana (NTSC) non riscontrò alcuna evidenza sulle cause del disastro. Tuttavia, un approfondimento investigativo svolto dalla National Transportation Safety Board (NTSB), massimo organismo investigativo non governativo americano per gli incidenti nei trasporti civili, evidenziò che con ogni probabilità il disastro era avvenuto a causa della volontà suicida del pilota. A seguito di un’approfondita autopsia psicologica del pilota furono riscontrati importanti elementi a favore dell’ipotesi relativa al suicidio: vennero alla luce gravi problemi economici personali causati dal crollo delle borse asiatiche, una mancata promozione per un precedente atterraggio sbagliato con successiva manomissione delle scatole nere (così come risultarono esser state spente quelle del disastro) e la sua ossessione per la morte dei "Cavalieri neri", squadra acrobatica dell'aeronautica militare di Singapore alla quale Tsu aveva fatto parte (la tragedia del Boeing avvenne, quasi al minuto, nel diciottesimo anniversario

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della scomparsa della squadriglia). Infine, cinque giorni prima del disastro, questi stipulò una polizza sulla sua vita di circa 5 milioni di dollari.141

Ancor più chiara fu la dinamica del disastro aereo della Egypt Air 990 del 31.10.1999,, in volo da Los Angeles con destinazione il Cairo causato, con tutta probabilità dal suicidio del pilota Gameel el – Batouty di 59 anni, cinque figli, componente dell' equipaggio di riserva dell'aereo, il quale, prendendo improvvisamente il comando dell’aeroplano mezz'ora dopo il decollo, disinserito il pilota automatico, lo fece precipitare nelle acque dell’oceano Atlantico.

Nella sciagura morirono tutte le 217 persone a bordo.

Fu la sua la voce incisa sul registratore di bordo, riconosciuta successivamente dai colleghi della compagnia egiziana, a chiarire in modo pressoché inequivocabile le dinamiche del disastro. Egli, un istante prima di precipitare recitò la Shihada, una delle più comuni preghiere musulmane: "Tawakilt ala Allah", "mi metto nelle mani di Dio" aggiungendo "Adesso ho deciso". La successiva ricostruzione fatta dagli inquirenti stabilì che il comandante si era alzato, forse seguito dagli assistenti per un caffè.

Gameel a quel punto chiese: "Posso prendere i comandi?". La porta si chiuse e Gameel rimase' solo. Tutto accadde in 90 secondi e pronunciate quelle parole e disinserito il pilota automatico l’aereo iniziò a precipitare mentre si sentì riaprire la porta della cabina e le grida del comandante: "Ma che succede? Tiralo su con me, tiralo su con me!". Probabilmente in cabina vi fu una colluttazione con voci che si sovrapposero. Poi il silenzio.

Sembra che Gameel fosse depresso e pieno di debiti. La sua figlia minore, Aya, 10 anni, era molto malata ed in cura presso una clinica californiana senza sussidi assicurativi. Gameel aveva stipulato un’assicurazione sulla

141 Caretto E,(1998), Indonesia, portò con se' 103 persone nell' anniversario della morte dei suoi

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vita. Come tuttavia sempre accade in questi casi la compagnia aerea egiziana non fu d’accordo con la ricostruzioni delle autorità inquirenti statunitensi sostenendo, contro ogni evidenza di prova, l’ipotesi di un guasto tecnico.142

Anche i piloti di linee aeree private purtroppo si aggiungono a questa lista di suicidi, anche se solitamente i loro gesti estremi determinano un numero inferiore di vittime.

Questo è, ad esempio, il caso del suicidio di Joseph Andrew Stak , un ingegnere di 53 anni, che il 18.02.2011 ad Austin (USA), dopo aver dato fuoco alla sua abitazione ed essersi impossessato di un aereo monomotore , lo ha pilotato fino a schiantarsi contro un edificio che ospitava l’ufficio dell’erario. Le conseguenti indagini permisero di appurare che dietro il folle gesto c’era un contenzioso con l’ufficio delle imposte e la voglia di farla finita, così come è risultato anche da una lettera d’addio rinvenuta successivamente.143

Il dott. Corey B. e coll. (2005)144 ha svolto una interessante ricerca sul fenomeno dei suicidi dei piloti di aerei.

Lo studio ha elaborato un’analisi comparativa, per il periodo compreso tra il 1983 ed il 2003, tra 37 incidenti aerei riportati dalla National Trasportation Safety Board, nei quali l’ipotesi del suicidio era stata inserita tra le probabili cause e 74 incidenti che la escludevano.

Lo studio ha preso in considerazione solo gli incidenti causati da probabili suicidi di piloti senza il coinvolgimento di passeggeri o persone a terra. Per ogni caso di probabile suicidio sono stati considerati, per l’analisi comparativa, due casi a campione che lo escludevano.

Tutti i casi esaminati provenivano dal database della National Trasportation Safety Board (NTSB).

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Buccini G.,(1999), Il pilota suicida: “Ho deciso”, Corriere della Sera, 18.11.1999, p.18.

143 Adnkronos del 18.2.2011.

144 Corey B.B., (2005), Suicide by Aircraft: A Comparative Analysis, Aviation, Space and

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Tra le variabili della ricerca sono state considerate le informazioni assunte dalle autopsie psicologiche svolte quali i dati anagrafici, l’anamnesi psicofisica ed i risultati degli esami tossicologici, le caratteristiche sociali e culturali del pilota, eventuali problemi legali in atto. Altre variabili esaminate sono state l’orario del volo, le condizioni climatiche al momento dell’incidente, il giorno della settimana, il mese, l’eventuale sviluppo di incendi a bordo, i danni all’aereomobile ed il luogo dell’impatto.

In tutti i 37 casi di probabili suicidi i piloti erano di sesso maschile; di questi si registrava un solo sopravvissuto. I risultati tossicologici rilevarono che il 24% dei piloti risultò positivo all’alcool, il 22% a psicofarmaci (citolopramina, diazepamina, flouxetina, diphenhydramina, comedina,e temazepamina), il 14% a droghe (cocaina e marijuana).

Nel 46% dei casi vennero riscontrati preesistenti problematiche familiari e sociali in generale, nel 41% problemi legali (4 per “attività illegali” e 2 per “dispute familiari”) e nel 38% disturbi psichiatrici (solo 5 su 14 documentati: 4 casi di depressione ed un disturbo da dipendenza da sostanze).

Dei 19 casi di piloti con problemi familiari, 14 evidenziavano crisi coniugali, divorzi o relazioni extraconiugali problematiche. In 3 casi vi era uno stato di distress psicologico determinato da un recente lutto o malattia di un proprio caro e in 2 casi gravi problemi di lavoro.

Il 51% (pari a 19 soggetti) dei 37 piloti considerati aveva lasciato una nota d’addio.

In tutti i casi considerati, sia i danni all’aeroplano che al pilota erano stati di notevole entità.

La maggior parte dei suicidi era avvenuta tra ottobre e marzo (62%) ed diversi erano i luoghi dell’impatto: edifici, specchi d’acqua, montagne, distese di campi e comunque, per l’89% dei casi, fuori dalle aree aeroportuali.

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In un unico caso dei 37 incidenti esaminati il pilota non era solo e 9 piani di volo non erano stati autorizzati dalle autorità aeroportuali.

I ricercatori hanno riscontrato numerose associazioni significative tra le caratteristiche personali dei piloti e i casi di incidenti per probabili suicidi rispetto gli altri casi comparati.

Nello specifico, i piloti che si sarebbero suicidati erano più giovani, meno propensi a viaggiare con equipaggio o con passeggeri, i danni agli aeroplani erano molto più gravi, gli incidenti erano avvenuti con maggiore frequenza fuori dagli aeroporti e più spesso ottobre e marzo. A tal proposito si può ipotizzare che le condizioni metereologiche avverse, frequenti nel periodo in argomento, possano oggettivamente svolgere un ruolo importante nella dinamica degli eventi unitamente alle difficoltà psicologiche dei singoli piloti.

Non sono state riscontrate ulteriori differenze significative con i casi di controllo relativamente alle condizioni del tempo e alle altre variabili considerate.

L’assenza di altre persone a bordo è risultato essere il più forte fattore predittivo per tali suicidi. Le probabilità che i suicidi siano commessi da piloti con età inferiore ai 40 anni è stata calcolata di 5 volte superiore rispetto a quella di piloti più anziani e le possibilità che l’incidente si verifichi fuori dall’aeroporto di 15 volte maggiori rispetto a quelle che avvenga all’interno delle aree aeroportuali.

Dai risultati della ricerca appare evidente come i dati epidemiologici dei suicidi commessi dai piloti di aerei mediante l’utilizzo del mezzo siano alquanto sottostimati per motivi tecnici, dovuti alla frequente distruzione delle prove dopo lo schianto, per fattori sociali, connessi alla salvaguardia dei parenti delle vittime dallo stigma conseguente, e per fattori economici, legati alla necessità dei parenti di riscuotere i premi assicurativi sulla vita

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stipulati dalle vittime e quelli delle compagnie aeree che hanno ogni interesse nel tenere celato il fenomeno agli occhi dei futuri clienti.

Gli autori, in considerazione dell’enorme importanza dello stato di salute psichico e fisico dei piloti, che, come dimostrato, può considerarsi fortemente predittivo di un futuro comportamento suicida, auspicano una maggiore attenzione per la loro selezione ed un continuo monitoraggio psicofisico.

Purtroppo la FAA (Federal Aviation Administration) statunitense sembra aver disatteso tali auspici considerata la recente abolizione del divieto che da 70 anni impediva ai piloti americani, sotto trattamento psicofarmacologico, di prestare servizio. Ora i piloti potranno volare sotto l'effetto di potenti psicofarmaci. La regola era stata imposta a causa dei gravi effetti collaterali che potevano produrre tali farmaci: dall’apatia ed astenia sino a difficoltà visive e di giudizio. Sono 4 gli antidepressivi consentiti: Prozac, Zoloft, Celexa e Lexapro. I piloti che ne fanno uso saranno tenuti ad effettuare una visita psichiatrica ogni sei mesi.

L'FAA, pur non potendo stimare il numero di piloti che soffre di disturbi depressivi, ritiene comunque che la loro percentuale sia in linea con quella della popolazione, vale a dire circa il 10%..

Tale decisione è stata presa senza tener conto delle etichette di avvertimento di questi farmaci, approvate dalla FDA (Food and Drug Administration), sul rischio di suicidio di bambini e negli adulti oltre ad una lunga serie di possibili reazioni pericolose quali aggressione, ostilità, impulsività, disinibizione e manie. Difatti, per i conducenti di automobili, l’uso degli antidepressivi determina spesso una guida spericolata, trasformando la macchina in possibile mezzo per suicidarsi. E a questo

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punto cosa potremmo pensare di piloti d’aereo sotto l’effetto di queste sostanze?145

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Capitolo terzo

Aspetti medico legali nei casi di suicidio e morte equivoca