La società venezuelana è molto giovane: l’età media è di 26,6 anni (in Italia di 44,2) e quasi metà della popolazione, il 47,4%, ha meno di 25 anni. L’aspettativa di vita è però piuttosto alta: 74,23 anni. Ha accesso alla sanità l’89% della popolazione, ma con una notevole differenza tra quella urbana (93%) e quella che vive fuori città (54%). Il 3,7% dei bambini sotto i cinque anni è sottopeso.19
Una delle peculiarità della società venezuelana è quella di avere una provenienza etnica e razziale molto variegata. Non vi sono dati ufficiali, ma generalmente si ritiene comunque che circa i due terzi della popolazione venezuelana siano meticci o mulatti, nati dalla fusione secolare fra "bianchi" e "indios" (meticci) o fra "bianchi e "neri" (mulatti). Numerosi sono anche gli zambos, coloro che sono nati dall’unione tra neri e indios e quelli nati, tempo addietro, da tutte e tre le razze che popolano il Paese. La componente bianca, piuttosto esigua in epoca coloniale e nel primo secolo di indipendenza, è stata potentemente rafforzata, a partire dagli anni quaranta del Novecento, con l'arrivo di circa 980.000 europei che per la maggior parte si stanziarono definitivamente nel paese andandosi ad aggiungere ad una popolazione che, secondo il censimento del1941, era inferiore ai quattro milioni di
18 Cia, op. cit. 19 Ibidem
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abitanti. I primi a immigrare in Venezuela furono alcune migliaia di esuli della Guerra Civile Spagnola, provenienti generalmente dalla Francia o da altri Paesi latinoamericani che li avevano inizialmente accolti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale iniziò un breve e intensissimo periodo di migrazioni dall’Italia verso il Venezuela che segnò gli anni Cinquanta e si interruppe, bruscamente così come si era avviato, con la caduta di Marcos Pérez Jiménez, il 23 gennaio 1958. In quel periodo entrano nel paese poco più di 220 mila italiani e rappresentano tra il 30 e il 35 per cento della popolazione straniera presente20. Insieme a loro giunsero un gran
numero di iberici (di origine galiziana e portoghese soprattutto) e a un limitato numero di francesi, tedeschi, europei dell'est, ecc. Ancora oggi la presenza di comunità europee nel Paese è, sia sotto il profilo demografico che economico, considerevole. Fra queste le principali sono la spagnola, l'italiana e la portoghese.
Questa mescolanza etnica fa sì che il razzismo non rientri tra i problemi del Venezuela.
Una delle piaghe sociali del Paese è invece quella della criminalità. Secondo il sito della Farnesina21
“la situazione di sicurezza nel Paese risulta molto precaria, con fenomeni di criminalità largamente diffusi (aggressioni, anche violente, a scopo di rapina). Particolarmente interessate da tali fenomeni sono la città di Caracas (dove è pericoloso anche il tragitto che conduce dall’aeroporto al centro città, che si sconsiglia di percorrere durante le ore notturne) e le principali città del Paese. Anche nell’isola di Margarita, importante meta turistica, si è registrato negli ultimi tempi un peggioramento delle condizioni di sicurezza con gravi episodi di criminalità che hanno visto coinvolti anche cittadini stranieri. Negli ultimi anni sono considerevolmente aumentati i sequestri di persona a scopo di estorsione, anche a danno di stranieri e di cittadini italiani residenti.”
20 Berglund Thompson, Susan A., Hernández Calimán, Humberto, Estudio analítico dela política inmigratoria en Venezuela, Caracas, Ministerio de Relacciones Interiores, 1977.
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La capitale è sicuramente il luogo in cui si riscontra maggiormente questo fenomeno: una statistica del 2010 afferma che il tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti per la città di Caracas è di 233; questo significa che con quasi 7.000 omicidi annui (19 al giorno di media) la città avrebbe il numero maggiore di omicidi al mondo, in assoluto e pro capite.
Nel corso degli ultimi anni Caracas avrebbe così superato in questo non lusinghiero primato altre città dell'America Latina protagoniste della cronaca nera, come Città del Messico o Rio de Janeiro, superando anche le più violente città degli Stati Uniti, come Detroit o New Orleans22. Queste statistiche includono ogni tipo di
crimine: omicidio passionale, rapine, sequestri falliti, lotta tra gang, crimine politico, atti terroristici, azioni maldestre della polizia e molto spesso non includono i decessi a lungo termine causati da atti violenti ed i crimini commessi in carcere. A titolo di raffronto, la città più violenta dell'Europa occidentale, Lisbona, ha un tasso di omicidi che nel 2003 non arrivava a 10 omicidi ogni 100.000 abitanti per anno. Dall'inizio del governo di Chávez, The Economist23 riporta che il tasso di
omicidi è quasi triplicato e che la polizia è spesso implicata in questi crimini. Amnesty International nel suo rapporto del 201224 ha denunciato episodi di
vessazioni contro i difensori dei diritti umani, sottolineato la gravità delle condizioni carcerarie (comune tra i Paesi in via di sviluppo), e evidenziando attacchi verbali di politici e aggressioni contro giornalisti. Venne denunciato il controllo della maggioranza chavista sui media25, ma le violenze per le strade e della polizia
erano comunque ad un livello simile al periodo precedente a Chávez.
Nel 2006, per tagliare simbolicamente con il passato, l'Assemblea Nazionale ha approvato la trasformazione della caserma di San Carlos, prigione politica e in
22 Deivis Ramírez Miranda, Caracas pasó a ser la ciudad más violenta del mundo,da “El Universal”, 25 agosto 2010.
23 The Economist, Venezuela: Crimes and misdemeanours, 20 aprile 2006.
24 Amnesty International, Rapporto 2012. La situazione dei diritti umani nel mondo. Americhe, Venezuela, 2013.
25 Eva Golinger, A Case Study of Media Concentration and Power in Venezuela, da Venezuelanalysis, 25 settembre 2004
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passato anche centro di tortura dei regimi precedenti, in una sede culturale e museo per esposizioni.
L’11 settembre 2013 il presidente Maduro ha chiamato fuori il Paese dalla Corte Interamericana per i Diritti Umani, un tribunale internazionale a carattere regionale volto alla tutela dei diritti umani, portando avanti una decisione giù presa dal suo predecessore. La Corte aveva criticato le condizioni di detenzione nelle carceri del Paese e definito Chávez “la parodia alla giustizia”. Va però sottolineato che gli Stati Uniti, il Canada e un gruppo di piccoli Paesi dei Caraibi, non hanno mai sottoscritto il Patto di San José e riconosciuto la competenza della Corte sul loro operato.
Durante il periodo di governo presieduto da Chávez inoltre sono incrementati notevolmente i livelli di corruzione.
Questo fenomeno è stato ampiamente analizzato dall’organizzazione Transparency International (TI), nata nel 1993 con lo scopo di fermare la corruzione e promuovere la trasparenza, la responsabilità e l'integrità a tutti i livelli ed in tutti i settori della società. Secondo i dati raccolti dalla TI, dal 2003 ad oggi in Venezuela si è verificato un vertiginoso aumento della corruzione nella società: il Paese è passato dal 104° posto su 146 Paesi classificati nel rapporto del 2004 (riferito all’anno precedente) al 160° posto su 177 Paesi nel 2013.
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L’organizzazione ha inoltre segnalato altri dati allarmanti: per esempio riguardo l’indipendenza giudiziaria, nel 2011-2012 il Venezuela si posiziona ultimo su 142 Paesi.
Le indaghi della Transparency International sono state svolte su 70 municipi del Paese, valutano i livelli di trasparenza in aree come la stesura del bilancio preventivo, le licenze edilizie e quelle commerciali: solamente 13 di questi sono risultati muniti di misure di trasparenza adeguate.
Inoltre l’organizzazione promuove numerose iniziative volte a misurare la trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche, appoggiandosi ai governi regionali e locali ed a organizzazioni che lavorano nei campi dell’istruzione, della salute, della sicurezza e della difesa.
Il 7 aprile 2003 il governo venezuelano ha approvato una nuova Legge Anticorruzione. Tra le altre cose, la legge prevede che lo Stato presenti ai cittadini tre volte all’anno un resoconto dei beni pubblici e delle spese sostenute, ad eccezione di quelle relative alla sicurezza e alla difesa nazionale. Inoltre, per gli ufficiali corrotti sono previsti l'estradizione e il divieto di ottenere un altro lavoro nel settore pubblico in futuro. Agli impiegati pubblici è richiesto di presentare una dichiarazione dei beni personali posseduti entro 30 giorni dall’assunzione e 30 giorni dopo l’eventuale licenziamento; quelli che risultano intestatari di conti segreti in banche straniere vengono esclusi.
La legge non ha però modificato di molto la situazione: secondo il Global Corruption Baromete, cioè il rapporto della TI che testa il grado di corruzione di un Paese con sondaggi e interviste alla popolazione, la situazione è drammatica. Dalle domande fatte risulta che la percezione dei venezuelani è quello di una corruzione in continuo aumento, soprattutto all’interno dei partiti politici, del parlamento e della polizia. Ciò sottolinea inoltre la forte mancanza di fiducia nella istituzioni.
Il governo venezuelano ha naturalmente accusato la Transparency International di lavorare per conto degli Stati Uniti, respingendo le drastiche affermazioni dell’ONG che hanno definito il Paese come uno dei più corrotti del mondo.
Clodosbaldo Russián, Controllore Generale della Repubblica, ha inoltre accusato la TI di essere finanziata da istituzioni internazionali, come la Banca
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Mondiale, e di non aver mai realizzato delle indagini dirette che possano dimostrare le sue affermazioni, sostenendo come il governo di Chávez abbia lavorato molto per la lotta alla corruzione. "Le relazioni di questa organizzazione si basano su percezioni e notizie di mezzi privati di comunicazione venezuelani che sostengono una campagna contro il governo" ha commentato.
Nel 2010 è stato organizzato in Venezuela il IV Seminario Internazionale dal titolo Accesso alle Informazioni Pubbliche: una Garanzia per la Democrazia. In questa occasione, una serie di esperti latinoamericani ha presentato alcune idee innovative su come migliorare l’accesso dei cittadino alle informazioni statali. Inoltre durante l'evento tutti i partecipanti furono d'accordo sulla necessità di fare pressioni sull’Assemblea Nazionale per la creazione di una legge che sancisca e protegga il diritto all’informazione.
Un altro fenomeno di notevole rilevanza nel Paese è quello della povertà: circa una persona su tre (il 27,4 % della popolazione) vive al di sotto della soglia di povertà, fissata dalla Banca Mondiale come la condizione di chi vive con meno di 1,25dollarial giorno. La percentuale dello sfruttamento minorile è dell’8%, mentre secondo i dati ufficiali la disoccupazione giovanile è del 17,5% (in Italia è del 29,1%)26.
La maggior parte dei poveri vive nei ranchos all’interno dei barrios, cioè baracche abusive costruite in lamiera o mattoni dai loro stessi abitanti, la maggior parte senza servizi igienici, che formano le baraccopoli venezuelane presenti per la maggior parte a Caracas. A partire dagli anni Cinquanta, i proventi ricavati dal petrolio furono investiti in un’opera di modernizzazione della capitale, con grattacieli e orribili centri commerciali in stile americano. Attirati dal sogno di ricchezza, migliaia e migliaia di contadini abbandonarono i campi e si riversarono in città e attorno a essa, vivendo alla giornata in perenne povertà.27
26 Cia, op.cit.
27 Helmut Failoni, L’altra voce della musica. In viaggio con Claudio Abbado tra Caracas e l’Avana”, Milano, Il Saggiatore, 2010.
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Tra queste baracche è frequentissimo trovare i huelepega, bambini e ragazzi abbandonati che vivono di espedienti e piccoli furti e che per affrontare la miseria sniffano la colla da calzolai che rende euforici e fa dimenticare la fame, ma brucia i reni e il cervello. Piccoli tossicodipendenti di cui nessuno si occupa.
Inoltre il problema della droga è enorme e solo in parte descritto dalla statistiche. Il Venezuela, secondo la Cia, è un modesto produttore di oppio e cocaina, ma sono invece significative le quantità di cocaina, eroina e marijuana che dalla Colombia transitano per il Paese verso gli Stati Uniti e l’Europa. Non ultima, ha fatto scalpore la notizia che il Ministro della Giustizia in carica, scelto dal neo eletto presidente del Venezuela Nicolas Maduro, è accusato di traffico di droga.
Anche se non se ne parla, sempre la Cia segnala pesanti traffici sessuali anche di minori, destinati all’interno e all’esterno del Venezuela.
Argomento molto discusso invece è quello della libertà di stampa.
Per analizzare la situazione relativa a questo ambito è importante fare riferimento ai dati raccolti da Freedom House. L’ONG, fondata nel 1941 a New York, si occupa della diffusione della libertà nel mondo. Tra gli argomenti analizzati vi sono le
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libertà di voto, di associazione, di espressione, di difesa dei diritti umani, religiosa, giudiziarie e, come già accennato, di stampa.
Quest’ultima tematica viene analizzata partendo da criteri universali, come l’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
“Everyone has the right to freedom of opinion and expression; this right includes freedom to hold opinions without interference and to seek, receive, and impart information and ideas through any media regardless of frontiers.”28
Freedom House riconosce come le differenze culturali o il sottosviluppo economico possano limitare il volume e la qualità delle notizie all'interno di un Paese, ma sottolinea come in molte Nazioni povere venga lasciato spazio a punti di vista diversi, mentre in alcuni Stati economicamente avanzati le restrizioni siano forti. Per questo l’ONG si impegna a ricercare e riconoscere ovunque la libertà di stampa esistente, indipendentemente dal contesto economico, politico, religioso o culturale in cui si trovi.
L’analisi viene effettuata da un team di esperti regionali e nazionali. Le ricerche coinvolgono più di 60 membri tra analisti e consulenti, che raccolgono informazioni da esperti di vari Paesi, osservatori internazionali sui diritti umani, specialisti in determinate aree geografiche e geopolitiche, rapporti di governi e organizzazioni multilaterali, e numerose fonti di informazione nazionali ed internazionali. I dati sono revisionati sia individualmente che su base comparata in una serie di sei riunioni regionali, e vengono inoltre confrontati con quelli dell'anno precedente e, in caso di cambi di categoria, sono sottoposti a nuovi e più intensi controlli.
Per capire i livelli di libertà di stampa in ogni Paese, vengono utilizzate 23 domande metodologiche e 132 indicatori, suddivisi in tre categorie principali: l'ambiente legale, l'ambiente politico e l'ambiente economico.
La prima categoria include un esame delle leggi e dei regolamenti che potrebbero influenzare i media e l'inclinazione del Governo ad usare queste leggi per restringere il loro campo d’azione. Vengono inoltre valutati l'impatto positivo delle garanzie legali e costituzionali relative alla libertà di espressione, gli aspetti
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potenzialmente negativi della legislazione riguardo la sicurezza e il codice penale, le sanzioni penali per calunnia e diffamazione, l'indipendenza degli organi di regolamentazione dei media e la possibilità per i gruppi di giornalisti di operare liberamente.
Sotto la categoria di ambiente politico viene invece valutato il grado di controllo politico sul contenuto delle notizie. Gli aspetti esaminati includono l'indipendenza editoriale sia in ambito statale che privato, l’accesso a fonti di informazione, la censura ufficiale e l’autocensura, la varietà di notizie disponibili all'interno di ogni Paese, la possibilità per i giornalisti stranieri e locali di riportare liberamente le notizie, le intimidazioni a giornalisti o blogger da parte di attori statali e non, incluse la detenzione, le violenze dirette e indirette o altre minacce.
L’ultima categoria esamina l'ambiente economico. Questo include la struttura, la trasparenza e la concentrazione dei proprietari di media, i costi per la loro fondazione, così come ogni impedimenti alla produzione o la distribuzione di notizie, l'impatto della corruzione e dell’abuso d’ufficio sui contenuto delle notizie e l’entità dell’impatto che la situazione economica di un Paese può avere sullo sviluppo e la sostenibilità dei media.
Per ogni domanda, viene assegnato un punteggio: il risultato finale di un Paese, compreso tra 0 e 100, è dato dal totale dei risultati assegnato per ogni domanda. Un valore da 0 a 30 indica gli Stati con una maggior libertà di stampa, tra 31 e 60 troviamo le Nazioni parzialmente libere e tra 61 e 100 quelle classificate come non libere.
L’obiettivo è quello di offrire un ritratto dell'ambiente nel quale i media si trovano a dover operare, cercando anche di stimare il grado di qualità e di varietà delle informazioni disponibili al pubblico in ogni Paese, sia per quel che riguarda le fonti locali che quelle transnazionali.
I dati relativi al Venezuela raccolti da Freedom House e riportati nei rapporti annuali Freedom of the Press, indicano un passaggio negli ultimi anni da uno stato di parzialmente libero ad uno stato di non libero.
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Precisamente secondo il rapporto del 2002 (che si riferisce all’anno precedente), il Paese raggiungeva un punteggio totale di 44. L’anno successivo la crisi politica ed economica che ha coinvolto l’intera Nazione ha fatto scivolare il Venezuela allo status di non libero, con un punteggio di 68, che è andato di anno in anno peggiorando, fino ad arrivare al 76 nel 2013.
In particolare, nel passaggio dal 2002 al 2003 notiamo un grande peggioramento per quel che riguarda l’ambiente politico, il cui punteggio raddoppia passando da 15 a 29 punti. Gli altri due ambiti invece presentano peggioramenti meno netti: l’ambiente legale passa da 19 a 23 e quello economico da 10 a 16. Questo ci indica come l’ingerenza del governo sia aumentata in modo drastico in quel periodo, dando vita a un clima di permanente intimidazione e ostilità contro la stampa.
L’articolo 57 della Costituzione voluta da Chávez nel ’99 garantisce la libertà di espressione e vieta ogni tipo di censura, ma l’ambiente in cui i giornalisti si trovano a operare rimane povero. Il 12 giugno 2000 è stata promulgata la Ley Orgánica de Telecomunicacione, che assegna le competenze statali per la regolazione del settore alla Comisión Nacional de Telecomunicaciones de Venezuela (Conatel). La legge conferisce al Presidente del Paese il potere di impedire le emissioni radio quando le ritiene contro gli interessi della Nazione, costringe i giornalisti ad essere iscritti all'Università Nazionale dei Giornalisti e rafforza le leggi di diffamazione. Inoltre, l’ex Presidente ha minacciato più volte di far espellere dal Paese i giornalisti
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stranieri, in quanto riteneva che insultassero lui o il suo governo, e ha dichiarato che il Chávez permissivo è finito e che il suo governo è e continuerà ad essere vigile su alcuni eccessi, specialmente dei media, e applicherà la legge ogni qualvolta sarà necessario.
Dopo la crisi e il golpe fallito del 2002, i media pubblici e privati si sono ritrovati a combattere una sorta di guerra civile sotterranea. Nella nuova Costituzione è stata inserita una clausola che sottolinea il diritto dei cittadini ad avere informazioni veritiere, ma questa viene utilizzata impropriamente da Chávez per censurare ed intimidire la stampa. Dal 2003 in poi moltissimi giornalisti sono stati vittime di minacce, intimidazioni ed assalti violenti. Inoltre il governo ha distribuito licenze di radiodiffusione in modo poco imparziale e ha concesso favoritismi utilizzando fondi pubblici. Una riforma del codice penale del 2005 ha esteso il reato di diffamazione a offesa criminale e, quando diretta al Presidente, punibile con 30 mesi di detenzione.
Inoltre il sistema giudiziario venezuelano è estremamente politicizzato a tutti i livelli, ed i giudici possono andare incontro a molti problemi se esprimo sentenze anti-governative. Di conseguenza, i giornalisti non possono contare su sentenze imparziali nei loro confronti.
In generale, i media venezuelani non hanno mai manifestato una particolare simpatia per l’ex Presidente, a parte naturalmente quelli di proprietà dello stesso Chávez. Le tensioni tra i media privati ed il governo di Chávez furono sempre molto alte. Non solo Freedom House, ma anche altre organizzazioni internazionali, tra cui la Inter American Press Association, hanno denunciato questo clima ostile. Gli episodi provati di violenza sono molti, in alcuni casi sfociati addirittura nella morte di alcuni giornalisti.
Ufficialmente il governo venezuelano controlla sei reti televisive nazionali, quattro stazioni radio, un’agenzia di notizie, tre quotidiani e un periodico. Chávez inoltre era protagonista di una trasmissione radio settimanale dove esercita il suo potere mediatico e realizza annunci governativi.
Naturalmente secondo il governo i dati riportati nei rapporti Freedom of the Press sono assolutamente falsi e mirano a delegittimare Chávez, dipingendolo come un dittatore, e a fornire informazioni sbagliate e faziose.
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Nel 2012, solo il 44% della popolazione venezuelana aveva accesso a internet. Il numero di utenti di social network come Facebook e Twitter è in costante e rapido aumento, ed i venezuelani sono fra i loro utenti più attivi.
Dal punto di vista governativo, le politiche sociali sono strutturate secondo le Missioni Bolivariane, una serie di progetti con lo scopo di incrementare la giustizia sociale, il benessere, la lotta alla povertà e l’educazione.
Secondo quanto dichiarato dallo stesso Chávez,
“le Missioni sono componenti fondamentali del nuovo Stato sociali di diritto e di giustizia. Quelli che sono stati esclusi, adesso sono inclusi, assieme a tutti: studiando, organizzandosi, lavorando con una nuova cultura, con una nuova coscienza, perché