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La musica salva la vita - Il Sistema Nazionale delle Orchestre Giovanili e Infantili del Venezuela

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE

p. 3

I. IL VENEZUELA IERI E OGGI

Contesto politico, sociale e culturale

p. 6

I.1 Sviluppo storico p. 8

I.2 Aspetti politici ed economici p. 19

I.3 Aspetti socio-culturali p. 33

II. LA CULTURA SALVA LA VITA

L’istruzione come strumento di lotta alla povertà

p. 46

II.1. Cultura e politica p. 58

III. IL SISTEMA NAZIONALE DELLE ORCHESTRE GIOVANILI

E INFANTILI DEL VENEZUELA

III.1. Definizione p. 67

III.2. Storia p. 68

III.3. Principi e valori p. 73

III.4. Struttura p. 78

III.4.1. I Programmi p. 79

III.4.2. I Centri di Formazione p. 86

III.4.3. Le formazioni p. 88

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IV. PRESENTE E FUTURO DEL SISTEMA

IV.1. El Sistema nel mondo p. 99

IV.2. Confronto con la situazione europea e italiana p. 105

IV.3. Punti di forza e di debolezza p. 111

CONCLUSIONI

p. 118

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INTRODUZIONE

“La musica è necessaria alla vita, può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi può addirittura salvarla” Claudio Abbado

Negli ultimi decenni in Occidente la cultura, e l’arte in particolare, hanno lentamente perso il ruolo centrale che avevano nei secoli scorsi. Se l’Europa in passato ha dato i natali ai più importanti scrittori, pittori, scultori, architetti e musicisti della Storia, oggi ormai è idea diffusa che di arte non si possa vivere, e i giovani vengono sempre più spesso spinti a investire tutte le loro energie in carriere più sicure e redditizie in ambito economico-scientifico.

La musica classica occidentale poi ha visto negli ultimi decenni una costante contrazione della sua attività. In Italia in particolare, culla in passato di alcuni tra i più grandi compositori, musicisti e direttori d’orchestra, oggi la musica non è considerata come un’opportunità, ma come un passatempo alla portata di pochi. Gli spettatori presenti ai concerti sono in costante diminuzione1 e l’età media è alta: il

pubblico della classica piano piano svanisce, ma le nuove generazioni stentano a seguirne le orme. Molte orchestre, complice anche la crisi economica degli ultimi anni, sono state costrette a chiudere. Ne è un esempio ciò che è successo alle Orchestra Sinfonica della Rai: fondata nel 1931 nel capoluogo piemontese, presso il Teatro di Torino, si aggiunsero in seguito le orchestre di Roma, Milano e Napoli. Nel 1994 però le quattro orchestre, per motivi economici, furono riunite in una sola con sede a Torino, l’attuale Orchestra Sinfonica Nazionale delle Rai. "Un ulteriore segnale di abbrutimento del nostro Paese” l’ha dichiarato Ennio Morricone in una lettera ai dirigenti Rai.2

1 Francesco Cascino, “Economia della cultura: in calo i consumi culturali degli italiani nel 2013; male i concerti di musica classica”, Tafter, 20 dicembre 2013

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Per chi poi riesce a portare a termine, con molti sacrifici, il proprio percorso di formazione musicale, mancano le opportunità lavorative: come già detto, molte orchestre hanno chiuso i battenti, e la strada dell’insegnamento non è certo più facile.

In questo contesto in cui la musica è vista come un lusso più che una necessità, sta invece prendendo piede sul piano internazionale un fenomeno che capovolge tutte queste prospettive: il Sistema Nazionale delle Orchestre Giovanili e Infantili del Venezuela.

In un Paese straziato da gravi difficoltà politiche ed economiche, dove abbonda il petrolio ma gran parte della popolazione non può permettersi neanche un pasto al giorno, oggi la musica è un bene comune, come l’aria, e la gente assume dignità attraverso la forza dell’arte. Questo grazie all’impegno di José Antonio Abreu, musicista e uomo politico, che da quasi quarant’anni dedica la sua vita a questo progetto.

La formula è semplice: fornire gratuitamente a tutti, senza nessuna distinzione di reddito o ceto sociale, un percorso di formazione musicale. L’obiettivo: raggiungere i più giovani, i più deboli. L’orchestra è al centro dell’idea pedagogica di Abreu, che, oltre a formare generazioni di musicisti e insegnanti di alto livello, fornisce loro uno sbocco lavorativo e crea un nuovo pubblico per i concerti.

Partendo da un’analisi del contesto in cui si è sviluppato questo fenomeno, che ha avuto e ha tuttora un’influenza enorme sul suo sviluppo, si passa nel Secondo Capitolo a capire qual è la situazione internazionale riguardo l’istruzione e, più nello specifico, l’arte, spiegando perché sono così importanti nello sviluppo personale di ogni essere umano.

Nel Terzo Capitolo si analizza più nello specifico il Sistema, partendo dalla sua storia e capendo quali sono i principi e i valori che ne stanno alla base, la struttura e gli aspetti più pratici.

Infine nel Quarto Capitolo si vede il suo sviluppo nel resto del mondo, soprattutto evidenziando quali sono le iniziative simili che si sono sviluppate in Europa e in Italia, per capire se e come il Sistema è esportabile in un Paese come il nostro, con caratteristiche molto diverse da quello in cui è nato. Si arriva inoltre a capirne i punti deboli come, per esempio, quello denunciato da molte testate

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giornalistiche straniere, cioè l’eccessiva ingerenza che dimostrò il governo di Chavez all’interno del Sistema.

L’obiettivo è quello di evidenziare come l’arte, e in particolare la musica, siano ancora e sempre di più potenti strumenti di cambiamento sociale.

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I. IL VENEZUELA IERI E OGGI

Contesto politico, sociale e culturale

“Quasi che per noi non fosse possibile altro destino che vivere alla mercé dei grandi padroni del mondo. Questo è il peso della nostra solitudine”

Gabriel Garcia Marquez

La Repubblica Bolivariana del Venezuela è uno Stato situato nel nord dell'America Latina. E’ delimitata a nord dal Mar dei Caraibi, a est dalla Guyana, a sud e a sud-est confina con il Brasile, a ovest e a sud-ovest con la Colombia. Il Venezuela si estende su una superficie terrestre totale di 916.445 km² (circa tre volte l’Italia), comprensiva di 331 isole e delle Dipendenze Federali Venezuelane. Il Paese esercita la sovranità su 860.000 km² di superficie marina.3

3 La fonte dei dati, tranne nei casi specificati, è Cia, Central Intellingence Agency US, The World Factbook 2013.

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Il nome Venezuela è stato storicamente attribuito al navigatoreitalianoAmerigo Vespucci, che navigò sulla costa settentrionale del Sud America nel 1499. In quel viaggio, l'equipaggio osservò le costruzioni degli indigeni erette su palafitte di legno fuori delle acque. Tali costruzioni ricordarono a Vespucci la città di Venezia, e lo ispirarono nell'attribuire il nome di Venezziola o Venezuola alla regione. Il termine, che in italiano rinascimentale aveva il significato di piccola Venezia, si trasformò successivamente in spagnolo in Venezuela.

Il Paese è strutturato in 23 stati e un Distretto Federale (attualmente denominato Distrito Capital). Caracas, la capitale, si estende tra due stati: il Distrito Capital e lo Stato Miranda.

La lingua ufficiale è lo spagnolo castigliano.

Il Venezuela è considerato uno dei Paesi con la maggiore diversità ecologicadel mondo, con una geografia variegata che combina regioni tropicali, territori desertici, giungle, ampie pianure e ambienti andini. In questo Stato si trova la più grande area protetta dell'America Latina, che copre circa il 63% del territorio

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nazionale. Il clima è tropicale, generalmente contraddistinto da una stagione piovosa (da maggio a ottobre) e una secca (da novembre ad aprile).

La popolazione è di 28.459.085, con una densità di 31 ab/km² (contro i 61.482.297 abitanti, 198,01 per km², dell’Italia). A causa delle notevoli differenze geografiche presenti nel Paese, la popolazione è distribuita in forma poco omogenea sul territorio: circa l'85% degli abitanti si concentra nelle città settentrionali e ben il 73% vive a meno di 100 chilometri dalla costa. Al contrario, solo il 5% dei venezuelani vive nelle terre a sud del fiume Orinoco, che pure rappresentano quasi la metà della superficie del paese.

La valuta corrente è il Bolìvar Fuerte. Fino al 2007 è stato in vigore il Bolìvar, poi sostituito dalla moneta attuale il 1° gennaio 2008a causa di gravissimi problemi di inflazione e svalutazione. Inoltre, per dare stabilità alla moneta, la valuta è stata ufficialmente agganciata al dollaro USAdal Banco Central de Venezuelaal cambio fisso di 4,30 bolívares = 1 dollaro. Nonostante questo però, il valore attuale del Bolívar Fuerte sul mercato nero oscilla tra gli 8,40 e i 9,00 dollari Usa, più del doppio rispetto al cambio ufficiale.

I.1 SVILUPPO STORICO

Quando gli spagnoli sbarcarono nel Paese, in Venezuela vivevano almeno 500.000 indigeni che appartenevano ai tre principali ceppi etnico-linguistici dei cariban, degli arawak e dei chibcha.

Il primo insediamento spagnolo sul continente risale al 1521, presso la città di Cumaná. Le tribù indigene lottarono con tutte le loro forze contro i tentativi di colonizzazione e di saccheggio da parte degli spagnoli, i quali lasciarono una scia di sangue dietro di sé nel tentativo di inoltrarsi nella regione in cerca del mitico El Dorado. La resistenza delle popolazioni locali venne infine meno quando numerose comunità caddero vittime delle malattie portate dagli europei: il solo vaiolo uccise due terzi della popolazione della valle di Caracas. Ciò nonostante, la mancanza di ricchezze suscettibili di immediata monetizzazione condusse le potenze coloniali a

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trascurare lo sviluppo del Venezuela e ciò produsse insoddisfazione e malcontento tra le classi sociali più agiate, di discendenza spagnola.4

Il Venezuela fu così il primo Stato latinoamericano ad emanciparsi dalla Corona spagnola. L’indipendenza fu dichiarata il 5 luglio 1811; tuttavia la Prima Repubblica ebbe vita breve e capitolò alcuni mesi dopo di fronte alla reazione spagnola. Ebbe così iniziò

una lunga guerra d'indipendenza che ricevette un impulso nel 1813 grazie al contributo di Simón Bolívar, passato alla storia come El Libertador, che ricopre ancora oggi un ruolo molto significativo nell’immaginario collettivo sudamericano.5

Tra il 1810 e il 1830, questa nuova nazione chiamata Venezuela uscì dalle viscere del mondo coloniale e cominciò la sua lotta per l'emancipazione e l'organizzazione di uno Stato nazionale. Separato dalla Gran Colombia dal 1830, furono redatte varie Costituzioni, tra le più notevoli quelle del 1830 e del 1864. Nonostante questo, la vita istituzionale fu caratterizzata da guerre civili, caudillismo e violenza, oltre a una notevole arretratezza economica, sociale e culturale. Questo periodo di ruralità, instabilità politica e analfabetismo non terminò con il XIX secolo. Anche nei primi decenni del Ventesimo secolo, sotto la tirannia di Cipriano Castro e Juan Vicente Gómez, continuarono questi aspetti negativi.

Quando i prezzi del caffè, importante risorsa del Paese, crollarono nel 1840, iniziò un ciclo di lotte per il predominio politico nella regione. La seconda metà del XIX e il XX secolo furono dominati da una serie di regimi dittatoriali dei numerosi caudillos locali e da lunghi periodi di instabilità politica, che spesso si tradussero in turbolenze sociali che costituirono un freno allo sviluppo del Paese. A partire dal 1870 il Venezuela subì una crescente centralizzazione economica e politica, prima con il presidente Antonio Guzmán Blanco (1870-1888) poi con Cipriano Castro

4 Ottorino Cappelli, Demokratizatsiya, la transizione fallita, Roma, Editore Guida, 2004. 5 Domínquez Freddy, Franceschi G. Napoleón, Historia General de Venezuela, Caracas, UCV, 2010.

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(1899-1908). Entrambi fondarono il proprio potere su una fitta rete di alleanze con i caudillos e i latifondisti locali.

In seguito, con un colpo di stato che lo portò al potere nel 1908, Juan Vicente Gómez governò sul Venezuela fino alla sua morte, avvenuta nel 1935, portando il Paese nel Ventesimo Secolo con grandi progetti di sviluppo economico.

Quello lungo governo tirannico liquidò il caudillismo e sconfisse molte insurrezioni ed invasioni. In questo periodo di feroce dittatura, la scoperta di enormi quantità di riserve petrolifere nella laguna di Maracaibo negli anni ‘10 non portò, come si potrebbe immaginare, un certo grado di ricchezza al Paese. Alla fine degli anni ‘20, il Venezuela era divenuto il maggior esportatore di petrolio del mondo, ma ciò non aveva migliorato di molto le condizioni economiche della gente comune. Durante l’epoca di Gómez, il Venezuela trasformò la sua economia basata sull’agricoltura in un’economia basata sulla produzione petrolifera, e questo portò un profondo cambiamento negli aspetti politici, economici e sociali. I tradizionali prodotti agricoli che il Venezuela aveva esportato per secoli verso il mercato estero (fondamentalmente caffè, cacao e bestiame) furono spodestati dal petrolio. La diffusione della povertà e l'inesistenza di progetti governativi relativi all'educazione e alla sanità condussero inoltre a una serie di rivolte popolari.

Questi cambiamenti portarono conseguenze importanti: il consolidamento delle Forze Armate Nazionali ed altre trasformazioni sociali e culturali di grande importanza storica, tra cui il passaggio da Paese rurale a Paese urbano.

I cambiamenti furono anche di tipo politico: a partire dal 1928 cominciarono a costituirsi, anche tra gruppi di esiliati venezuelani, le nuove organizzazioni politiche, con ideologie come il marxismo e la socialdemocrazia. Dietro rimanevano i vecchi partiti del secolo XIX, i conservatori e i liberali. Sempre in questo periodo nacque il Partito Rivoluzionario Venezuelano (PRV), alcuni dei cui dirigenti fondarono nel 1931 il Partito Comunista del Venezuela. Il primo manifesto del PCV infatti circolò a Caracas ed alcune città dell'interno del Paese il 1º maggio 1931, ed era intitolato "La Lotta per il Pane e per la Terra."

In seguito alla morte del generale Gómez, cominciò un processo che portò il Paese verso la formazione di governi moderni basati su elezioni popolari. Inoltre si rivendicò l'importanza della legge e si tentò di rompere con quella nefasta tradizione

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nazionale di accettare i capricci dei governanti di turno. Durante il periodo 1936-1958, tra avanzamenti e retrocessioni, ci fu una transizione verso la democrazia. Vi furono numerosi governi con una grande influenza militare come quegli capeggiati dai generali Eleazar López Contreras ed Isaías Medina Angarita, un breve periodo di governi civili, quello di Rómulo Betancourt e quello di Rómulo Galiziani, e infine, la dittatura di Marcos Pérez Jiménez che terminò il 23 gennaio 1958.

Nel luglio del 1936 fu approvata una nuova Costituzione che preservava il vecchio sistema gomecista in termini generali. L'elezione del Presidente della Repubblica era decisa dal Congresso, i senatori erano scelti dalle assemblee legislative degli stati ed i deputati dalle assemblee municipali. Il popolo rimaneva escluso dalla scelta dei suoi governanti, perché era un gruppo ridotto che prendeva le decisioni. Un altro elemento reazionario della Costituzione del 1936 era l’Inciso Sexto del Art. 32º, che dava al Presidente della Repubblica il potere di esiliare le persone se considerate comuniste o anarchiche, e pertanto traditori della patria. La maggioranza dei cittadini che avevano diritto al voto partecipava solamente all’elezione dei consiglieri comunali e dei deputati delle assemblee legislative. Ma erano considerati cittadini votanti soltanto gli uomini con più di 21 anni che sapessero leggere e scrivere.

Nel ’36 i lavoratori del petrolio, organizzati in sindacati, si costituirono nell'avanguardia operaia contro il regime esistente. Il 30 novembre i sindacati presentarono alle compagnie petrolifere un modesto fascicolo di rivendicazioni che non furono accettate. La rivolta continuò e il 26 dicembre si istallò nel Teatro Bolívar di Caracas il Primo Congresso dei Lavoratori del Venezuela.

La Seconda Guerra Mondiale ebbe importanti ripercussioni economiche e politiche. Benché il Venezuela mantenne una posizione neutrale davanti al conflitto, la guerra portò penurie e ridusse il commercio internazionale, con la conseguente diminuzione delle entrate fiscali e di molti programmi pubblici.

Tra il 1941 e il 1945 il Venezuela visse un'intensa attività politica: i partiti Azione Democratica, PDV e PCV si trasformarono in vere organizzazioni nazionali, dibattiti pubblici sui grandi problemi del Paese erano parte della vita quotidiana, ci fu un vero e proprio risveglio politico. Nel campo civile la figura più importante fu Rómulo Betancourt, massimo leader di AD. Dopo un lungo periodo

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di esilio infatti, Betancourt ritornò in Venezuela come giornalista e attraverso l'azione politica quotidiana riuscì a costituire un nucleo di intellettuali, operai, professionisti e studenti che fondarono nel 1941 il partito Azione Democratica.

Nel 1945 vi fu un colpo di stato che depose il Presidente in carica Medina. L’anno successivo si stabilì l'Assemblea Costituente con l’obiettivo fondamentale di dotare la Repubblica di una Costituzione democratica, che fu approvata e promulgata il 5 luglio 1947.

Nella Costituzione si garantirono, per la prima volta nella storia costituzionale del Paese, i diritti economici e sociali della classe operaia e dei contadini: si stabilì che il popolo era l'unico che potesse scegliere i suoi governanti e rappresentanti attraverso il voto diretto, universale e segreto di chi aveva un’età maggiore di 18 anni. Si garantì il diritto alla riunione sindacale, allo sciopero, al salario minimo e alle prestazioni sociali. Lo Stato si attribuì il diritto di pianificare l'economia e stipulò l'antimonopolio.6

Nonostante questo, la diffusione della povertà e l'inesistenza di progetti governativi relati alle problematiche sociali condussero a una serie di rivolte popolari che portarono il Venezuela alle sue prime elezioni democratiche. Dopo alcuni anni di lotte per il potere, nel 1951 furono indette le elezione, che proibivano la partecipazione di AD e del PCV. Nelle prigioni vi erano più di diecimila prigionieri politici. L’anno successivo fu promulgata una nuova Costituzione e il generale Marcos Pérez Jiménez si autoproclamò Presidente e assunse apertamente il potere.

Nel 1954, Caracas fu scelta dagli Stati Uniti come sede come della Decima Conferenza Interamericana che servì, tra le altre cose, per stringere i legami tra i dittatori latinoamericani. La censura alla stampa si intensificò notevolmente, non solo chiudendo e multando i giornali, ma anche espellendo dal Paese giornalisti e aggredendo fisicamente chi osasse lanciare critiche contro la dittatura. Anche i giornali stranieri come il New York Times, il Bohémien di Cuba ed Il Tempo di Bogotà erano vietati e venivano sequestrati dalla polizia. Diversi settori della

6 Blake, C.H., Politics in Latin America. Boston, Massachusetts: Houghton Mifflin Company, 2008.

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società incominciarono ad opporsi alla dittatura in maniera aperta, fino a portare alla caduta di Pérez Jiménez nel 1958.

Viene chiamato Régimen del Pacto de Punto Fijo il gruppo di governi che diressero il Venezuela tra il 1958 e il 1998. Nel "Quinto Punto Fijo", come si chiamava la casa che serviva da residenza familiare a Rafael Caldera, si discusse e firmò il 31 ottobre 1958 un accordo politico per governare il Paese. Rómulo Betancourt per Azione Democratica (AD), Rafael Caldera per il partito Cristiano Sociale (COPEI) e Jóvito Villalba per Unione Repubblicana Democratica (URD), si promisero di stabilizzare il regime democratico e governare operando congiuntamente, indipendentemente da chi di loro avesse vinto le elezioni.

Durante queste tre decadi, nel Paese si notarono grandi contrasti. Da un lato crebbero le città e le infrastrutture urbane, strade, acquedotti, energia elettrica, ospedali e scuole, dall'altra parte ci fu un notevole aumento della povertà, che in quegli anni affliggeva quasi l’80% della popolazione. La corruzione penetrò nel potere pubblico, anche nell'amministrazione della giustizia. I tre partiti del Punto Fijo controllavano il potere politico a tale punto che i loro avversari li accusarono di stabilire una vera "partitocrazia" o una democrazia deformata.

Nel 1969 il trionfo di Rafael Caldera mise fine alla prima decade di dominazione politica e governativa dell’AD. Nonostante la forte opposizione, il suo governo iniziò una politica di pacificazione, perdonando importanti dirigenti politici e guerriglieri.

Di notevole importanza fu il successivo governo di Carlos Andrés Pérez, che andò al potere nella primavera del 1974. Egli assunse il controllo assoluto del governo, del potere legislativo nazionale e regionale e dei consigli comunali municipali. Sollecitò ed ottenne poteri straordinari per promulgare decreti-legge sulle materie economiche e finanziarie più urgenti e nazionalizzò l’industria del ferro. Anche per questo motivo, iniziò un accelerato incremento dei prezzi del petrolio e le spese pubbliche e private furono sostenute dagli alti introiti petroliferi. Tutto questo trasformò il governo venezuelano in un ricco e potente imprenditore, proprietario del settore petrolifero, dell’industria del ferro, del gas e dell'acciaio e di molte altre attività economiche.

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Inoltre, a differenza dei presidenti precedenti che dovettero affrontare insurrezioni militari e continue azioni di guerriglia, il primo governo di Pérez fu caratterizzato da una gran stabilità e governabilità. Il Paese visse quindi alcuni anni di grande prosperità e abbondanza, in cui però proliferarono anche i casi di corruzione politica, che portarono alla non rielezione di Pérez nelle elezioni del 1979.

Gli anni successivi furono caratterizzati da un lento declino della situazione generale, con una nuova crisi economica che culminò nel viernes negro: il 18 febbraio 1983 il Presidente della Banca Centrale del Venezuela decise la svalutazione del bolivar e la creazione dell'ufficio di Regime di Cambiamento Differenziale, con lo scopo di controllare gli andamenti monetari. Inoltre in tutti i governi di quegli anni si segnalarono continui casi di corruzione.

Nel febbraio del 1989, durante il secondo governo di Pérez (1989-1993), si generò la maggiore crisi politica degli ultimi trent’anni. Le insurrezioni, i saccheggi e le manifestazioni contro il governo scoppiarono in ogni angolo del Paese. La fine degli anni Ottanta vide un deciso peggioramento della situazione economica del Venezuela, messa a dura prova dal crollo del petrolio nel 1988 e il conseguente aumento dei prezzi, che provocarono gravi disagi per la popolazione: le masse dei ranchitos attorno a Caracas scesero per le strade, provocando lo scoppio di tumulti che nel 1989 portarono il governo di Pérez a sospendere la Costituzione per ragioni di ordine pubblico. Questo avvenimento è passato alla storia come lo spaventoso dramma del caracazo.

Era il 4 febbraio 1992, quando il colonnello Hugo Chávez Frias comandò il golpe militare dal suo posto di comando improvvisato nel Museo Storico di La Planicie. Dopo sole dodici ore l’assalto fallì e Chávez si arrese, a condizione che anche a lui fosse permesso di parlare al popolo in televisione; immediatamente si precipitò negli studi di Venevisión per parlare al Paese e si assunse la responsabilità dei fatti. Scontò due anni di carcere, poi fu amnistiato dal presidente Caldera. Molti dei suoi sostenitori, come anche non pochi nemici, hanno definito il discorso della sconfitta come il primo di quella campagna elettorale che lo avrebbe portato alla Presidenza della Repubblica dopo appena sette anni. Nel 1993 Pérez fu accusato di corruzione e rimosso dal suo incarico. I severi provvedimenti riguardanti le speculazioni

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finanziarie e i diritti civili adottati nel 1994 dal presidente Caldera diedero impulso a rivendicazioni della corrente politica liberale, ma solo nel 1996 l'opinione pubblica si schierò apertamente contro di lui. Le drastiche misure attuate ebbero lo scopo di riportare sotto controllo l'inflazione galoppante e l'allarmante diminuzione del potere di acquisto della moneta locale, ma l'establishment politico e la burocrazia resistettero a questi tentativi di cambiamento.

Nel 1999 Chávez si insediò democraticamente al governo e smantellò prontamente il sistema politico del Venezuela, distruggendo il vecchio sistema bipartitico. La sua campagna elettorale era basata sul tentativo di combattere la disoccupazione imperante, la povertà, il servilismo nei confronti degli Stati Uniti e la corruzione, che a suo dire dominava il Venezuela sin dal 1958.

L’anno successivo alla sua elezione, Chávez riformò la Costituzione: un’Assemblea Costituente, presieduta da uomini di fiducia del Presidente, abbozzò una nuova Costituzione che fu firmata il 19 novembre 1999, dopo che fu approvata in un referendum popolare con il 71,78% dei consensi; da notare però che parteciparono al referendum meno del 45 % degli elettori. Il Congresso e la Corte Suprema si sciolsero dopo che fu approvata la Nuova Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, così ribattezzata in onore al rivoluzionario Simon Bolivar7.

Una grande differenza tra la nuova Costituzione e quella del 1961 è che la prima propone una democrazia rappresentativa, che avrebbe sicuramente aumentato la partecipazione politica della popolazione, attivando numerosi istituti di democrazia diretta. Essa prevedeva l’abolizione del Senato, trasformando così l’Assemblea Nazionale in un organo istituzionale unicamerale, l’aumento del potere presidenziale e l’istituzione della figura del vice-presidente; al Presidente (Capo di

7 Titolo 1 – art. 1 – Constitución vigente de Venezuela de 1999 con la Enmienda Nº 1 de fecha 15 de febrero de 2009 Gaceta Oficial Extraordinario Nº 5.908.

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Stato e di Governo) fu concesso il diritto di sciogliere il Congresso, si innalzò da 5 a 6 anni la durata del mandato presidenziale e si consentì la rielezione immediata (hanno fatto lo stesso l'argentino Menem, il peruviano Fujimori, il brasiliano Cardoso).

Il partito di Chávez controllava l’Assemblea Nazionale, come anche il Tribunale di Giustizia Suprema (TSJ) i cui membri sono eletti dalla stessa Assemblea Nazionale con un mandato di 12 anni. Attraverso l’adozione di varie misure, come la creazione di una camera legislativa e la progressiva limitazione dell’autonomia della Banca Centrale, che deve ora coordinare la politica monetaria assieme al potere esecutivo, furono aggirati gli istituti liberali tendenti ad imbrigliare il flusso democratico.

Lo stresso anno, Chávez iniziò l'attacco al potere giudiziario: designò la Commissione di Emergenza del Potere Giudiziario, che rimosse tutti i giudici, sostituendoli con giudici provvisori, controllabili e ricattabili dall'esecutivo.

Con l’approvazione della Costituzione, l’esercito diventò un attivo promotore dello sviluppo sociale della nazione, perchè gli venne assegnato un ruolo importante nello Stato, ma senza il controllo civile sulle spese militari. Un sistema separato di giudici militari detiene la giurisdizione sui membri militari accusati di crimini comuni.

L’intenzione del nuovo governo era quella di far si che donne e minoranze partecipassero attivamente nelle istituzioni di governo e più in generale nella politica, ma questo risultato non è stato raggiunto; nelle elezioni del 2000 furono elette solo 20 donne tra i 165 membri dell’assemblea nazionale e nel 2002 quattro donne lavoravano nel governo del Paese. Le loro opportunità politiche sono promosse attivamente dalla Commissione Donne e dal Comitato giovanile dell’assemblea nazionale.

La nuova Costituzione prevede anche che tre posti nell’assemblea nazionale siano riservati a persone indigene e provvede alla protezione delle loro comunità e la loro progressiva incorporazione nella vita della nazione. Nelle elezioni nazionali del luglio 2000, oltre ai tre candidati indigeni eletti alla riunione nazionale, altri otto sono stati eletti nei congressi legislativi regionali, e quattro furono eletti sindaci.

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Il 3 dicembre 2000 fu indetto un referendum popolare (che fece registrare un astensionismo pari al 76,50% secondo la Direzione Generale del Settore dell’Informazione Elettorale) convocato dal Presidente per decidere la realizzazione di nuove elezioni per tutti i rappresentanti sindacali: questo significò la destituzione dei dirigenti sindacali già in carica. Chávez intervenne attivamente, promuovendo la candidatura di Aristobulo Isturiz, ministro dell'Educazione e alla presidenza della CTV (Confederación de Trabajadores de Venezuela). Una volta concluse le elezioni con la vittoria del sindacalista dell'opposizione, Carlos Ortega, il presidente intimò pubblicamente al Consiglio Nazionale Elettorale di dichiarare nulle le stesse. Le conseguenze non si fecero attendere: con l’avvallo degli Usa, l’11 aprile 2002 l’opposizione interna, appellandosi all’articolo 350 della Costituzione8, che permette ai cittadini di disconoscere qualunque autorità contraria ai valori e alle garanzie democratiche, organizzò una manifestazione contro Chávez nella quale si calcola fossero presenti un milione di persone. I manifestanti si riunirono a Caracas per chiedere le dimissioni del Capo dello Stato e cercarono di raggiungere il palazzo presidenziale, dove intanto erano riuniti molti dei sostenitori di Chávez in una contromanifestazione.

Chávez fu deposto attraverso un golpe e imprigionato nell'isola caraibica de La Orchila, ma la nuova presidenza durò poco: i cittadini del Venezuela, dopo che Estanga tentò di cancellare la Costituzione del 1999 e sciogliere l'Assemblea Nazionale e la Corte Suprema di Giustizia, chiesero a gran voce il ritorno di Chávez, che fu scarcerato due giorni più tardi. Grazie all'insurrezione popolare ed all'appoggio della maggioranza dell'esercito, Chávez ritorna a Caracas sullo sfondo di un clima di euforia collettiva: forse per la prima volta nella storia latinoamericana, un colpo di Stato venne sconfitto dalla reazione immediata e spontanea della gente.

La Costituzione, come già accennato, promuove la democrazia diretta a scapito della democrazia rappresentativa e approfondisce la questione del referendum popolare9 che, assieme al presidenzialismo, costituisce un solido pilastro della democrazia diretta portata avanti dal governo populista di Chávez.

8 Titolo IX – capitolo III- art. 350 – op. cit. 9 Titolo III – capitolo IV- art. 71-74 – op. cit.

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L’opposizione interna (Coordinadora Democratica e CVT, elitè imprenditoriali e settori della compagnia petrolifera nazionale) appoggiata esternamente dagli USA e dall’OAS (Organization of American States), nel 2003 chiese la convocazione di un referendum revocativo contro Chávez, appellandosi all’articolo 72 della Costituzione, secondo cui tutti i funzionari pubblici possono essere rimossi mediante referendum a metà mandato, previa la firma di almeno il 20% del corpo elettorale10. Tale referendum è stato oggetto di particolare attenzione da parte dei mercati, timorosi degli eventuali effetti destabilizzanti dell’uscita di scena anticipata del Presidente in carica e delle conseguenze sulla produzione di petrolio. La scelta della data, il 15 agosto, ha assunto a sua volta un importante significato politico in quanto, secondo la Costituzione, qualora il referendum fosse stato condotto nella prima metà del mandato del Presidente (esattamente quanto accaduto) e l’esito del referendum avesse decretato la fine del suo mandato, si sarebbe dovuto ricorrere ad elezioni anticipate. Qualora, al contrario, la scelta della data fosse ricaduta nella seconda metà del mandato, indipendentemente dall’esito del referendum il vice presidente di Chávez avrebbe assunto i poteri e non si sarebbe verificato alcun cambiamento sostanziale della situazione politica. I risultati del referendum videro una netta riconferma di Chávez: il no ottenne il 59,09% dei voti; il sì il 40,63%. Nel 2005 il suo partito politico (Movimiento Quinta República, MVR) controllava tutti i seggi nell'Assemblea Nazionale.

Il 3 dicembre del 2006 si svolsero nuove elezioni presidenziali, considerate come un avvenimento cruciale per la storia del Venezuela, in quanto in gioco vi era il futuro stesso della Rivoluzione Bolivariana portata avanti da Chávez dall’inizio della sua presidenza. I risultati elettorali videro la sua rielezione: fu la seconda volta nella storia (dopo quella di Salvador Allende in Cile) che un candidato e un partito apertamente socialista trionfarono in elezioni libere e certificate da molteplici centri di osservazione internazionali, tra i quali l'Unione Europea e il Giappone, che fornì la tecnologia. Destò scalpore quando nel maggio 2006 Chávez propose di decretare un referendum per poter essere rieletto fino al 2031 se l'opposizione avesse urlato ai brogli alle elezioni di dicembre. Bisogna però ricordare che basta un referendum

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per destituire il Presidente eletto: questa modifica costituzionale fu voluta dallo stesso Chávez durante il suo primo mandato ed è già stata utilizzata dall'opposizione.

Nell’ottobre 2012 Chávez si riconfermò presidente con il 55,25% dei voti. L’8 dicembre dello stesso anno, in un discorso alla nazione, il Presidente annunciò un nuovo ricovero in un ospedale all’Avanza allo scopo di sottoporsi a ulteriori cure oncologiche a causa della malattia che lo colpì fin dal 2011. Chávez indicò come possibile successore, in caso di impossibilità a completare il mandato presidenziale, Nicolás Maduro. Dopo la morte di Chávez, avvenuta a Caracas il 5 marzo 2013, egli assunse quindi la Presidenza ad interim del Venezuela, anche se si trattò di un’azione illegale in quanto non prevista dalla Costituzione. Nell’aprile dello stesso anno furono indette nuove elezioni presidenziali, che Maduro vinse con largo consenso di voti.

I.2 ASPETTI POLITICI ED ECONOMICI

I quattordici anni di governo chavista hanno segnato una cesura profonda nel panorama politico latino-americano. Chávez ha svolto un indiscusso ruolo propulsivo nei processi di integrazione regionale volti a svincolare l’America Latina dalle ingerenze statunitensi, si è opposto fermamente alle politiche neoliberiste riaffermando il ruolo dello Stato nell’economia, portando avanti politiche sociali che hanno cercato di ridurre la povertà in un Paese duramente provato.

I fondamenti su cui si basò la politica di Chávez furono due: la Rivoluzione Bolivariana e il Socialismo del siglo XXI.

Per Rivoluzione Bolivariana si intende il progetto ideologico e sociale ideato a portato avanti da Chávez fin dai primi giorni di mandato, basato sull'ideologia di Simón Bolívar, le dottrine di Simón Rodríguez, che proponeva che l'America Latina inventasse il suo proprio sistema politico, e quelle del Generale Ezequiel Zamora, che difendeva il diritto di proprietà della terra da parte dei contadini che la lavorano.

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Le riforme ideate e realizzate nella cornice della Rivoluzione Bolivariana, incentrate sulla polarizzazione politica dalla società venezuelana, portarono in alcuni casi a situazioni di violenza.

Secondo il discorso pronunciato durante il XVI Festival de la Juventud y los Estudiantes e proposto dal governo come una definizione ufficiale, la Rivoluzione Bolivariana è il transito e l’evoluzione di tre macrodinamiche autoimposte:

 la rivoluzione antimperialista

 la rivoluzione democratico-borghese

 la controrivoluzione neoliberale

Gli aspetti che maggiormente caratterizzarono la situazione di questo periodo in Venezuela furono la bellicosità generata nella società dalla distribuzione delle risorse, la mancanza di diplomazia da parte del governo riguardo ai temi politici e agli interessi e le tendenze di gruppi sociali e nazionali, la questione delle decisioni del governo non accettate da gruppi sociali influenti e l'incremento della partecipazione del governo Venezuela nei temi di carattere regionale.

I punti centrali che la rivoluzione bolivariana adatta alla sua pratica sono:

 autonomia nazionale

 partecipazione del popolo alla vita politica attraverso elezioni popolari, referendum ed altri mezzi di democrazia partecipativa

 economia sostenibile

 distribuzione equa degli introiti petrolieri

 lotta contro la corruzione e la povertà.

Chávez ammise che prima del tentativo dell'oligarchia venezuelana di abbattere il suo governo nel 2002, la sua scelta non era ancora stata quella del socialismo. Fu proprio questo fatto che lo portò a pensare che non esista una terza via, che la rivoluzione debba essere anti-imperialista, incamminandosi, mediante la "democrazia rivoluzionaria", verso il socialismo del XXI secolo.

Per meglio raggiungere il suo scopo, il Presidente creò nel 2000 i cosiddetti Círculos Bolivarianos. Si tratta di un rete di organizzazioni di base costituite in maniera decentralizzata e autonoma nei quartieri per portare le idee bolivariane tra la popolazione. A differenza, per esempio, delle associazioni di vicini, la loro autonomia non rimaneva limitata alla politica locale, ma si esprimeva anche in

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questioni politiche nazionali. L'opposizione ha accusato i circoli di controllare il territorio e di compiere veri e propri atti di violenza

In occasione del World Social Forum del 2005 inoltre, Chávez rilanciò un progetto di trasformazione della società in senso socialista – il Socialismo del siglo XXI – definendo chiaramente la bussola politica della Rivoluzione Bolivariana.

Il concetto è stato ideato nel 1996 da Heinz Dieterich Steffan, sociologo e analista politico tedesco, e pone le sue radici nell’ideologia marxista. Dieterich parte infatti dalla visione di Karl Marx sulla dinamica sociale e la lotta di classe, rivedendola e aggiornarla al mondo di oggi. A essa unisce l’evoluzione della conoscenza e le esperienze dei tentativi socialisti per poi rivelarne i limiti e le debolezze e proporre, tanto nell'economia politica come nella partecipazione democratica della cittadinanza, azioni concrete per costruire una società libera dallo sfruttamento.

Dieterich non stabilisce un modello unico ed assoluto per riunire una società democratica, partecipativa, socialista e senza classi sociali. Piuttosto stabilisce una metodologia per elaborare quello che chiama Il Nuovo Progetto Storico i cui pilastri strategici sono il Blocco Regionale di Potere (BRP), cioè l'integrazione economica e politica degli Stati Progressisti della regione ed il Blocco Regionale di Potere Popolare (BRPP), che corrisponderebbe al coordinamento continentale dei movimenti sociali. A quello, si aggiunge la collaborazione ugualitaria e solidale tra gli Stati ed i movimenti sociali, cioè tra il BRP ed il BRPP.

I principi base su cui si fonda il concetto di Socialismo del XXI secolo sono quattro:

1. equivalenza economica, che si basa sulla teoria marxiana del valore ed è democraticamente determinata da coloro che creano direttamente il valore, anziché dai principi dell'economia di mercato;

2. democrazia della maggioranza, che fa uso dei plebisciti per decidere riguardo alle questioni importanti che interessano l'intera società;

3. democrazia di base, fondata su istituzioni democratiche come legittime rappresentanti dei comuni interessi della maggioranza dei cittadini, con un'appropriata tutela dei diritti delle minoranze;

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4. soggetto critico, responsabile, cittadino razionalmente, eticamente ed esteticamente autodeterminato.

Per quel che riguarda l’economia di equivalenze, Dieterich si allontana dal modello economico basato sul prezzo, fondamento dell'economia di mercato e del capitalismo, da lui considerate le cause delle asimmetrie sociali e dell’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. Egli infatti propone un'economia fondata sul valore del lavoro necessario per realizzare un prodotto o servizio, e non sulle leggi dell'offerta e della domanda. Questo valore del lavoro si misurerebbe semplicemente con il tempo di lavoro necessario per la produzione di un prodotto o un servizio; inoltre vanno aggiunti dei valori aggregati a questo lavoro, cioè, un ciclo complesso di tempi di lavoro sommato reciprocamente. Per risolvere il problema pratico che implica la teoria dell'economia di valori, Dieterich suggerisce di usare la rosa di Peters11.

11 José María Gallardo, “La “Rosa de Peters”: una crítica al pseudocientificismo del neomarxismo”, 1 dicembre 2011

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Per Dieterich, il modello di mercato ha posto in modo eccessivo la sua attenzione sul guadagno e la proprietà, sviando completamente il senso dell'economia a favore del concetto di crematistica, una perversione dell'economia in cui l'accento è posto appunto sul continuo accumulo di denaro. Secondo lui, l'economia politica non deve operare come un modello in cui pochi diventano ricchi, bensì con un criterio di produttività. In questo senso, il prezzo, come principio operativo e cibernetico dell'economia, determina dove investire, per quanto lavorare, quanto e che cosa comprare, quanto e quando risparmiare ed è, pertanto, il punto centrale del sistema. Affinché il mercato funzioni efficientemente quindi, sarebbero necessari un potere d'acquisto sufficiente per tutti, un prezzo che si formi liberamente, un mercato privo di monopoli ed uno stato di diritto efficiente e non corrotto.

Davanti all'efficienza schematica del sistema di libero mercato, la pianificazione di un modello socialista risulta insufficiente e non competitiva all’interno di un mondo globalizzato. Per questo motivo, gli incessanti tentativi storici per rimediare alle ingiustizie dell'economia di mercato sono falliti sistematicamente. I tentativi di cambiamento del sistema attraverso l'educazione, la ridistribuzione statale, l'espropriazione e la democrazia operaia non hanno risolto l'efficienza che il modello di libero mercato impone nelle reti globali.

Il modello del Socialismo del XXI Secolo dovrebbe essere basato su un'equazione in cui il valore del prodotto viene vincolato ai tempi di produzione ed alla democrazia partecipativa. In questo modo, la ridistribuzione ed i cambiamenti a livello di educazione dovrebbero rispecchiare gli interessi reali delle persone. Dieterich nella sua opera sottolinea l’importanza di un dibattito aperto e costruttivo, in constante evoluzione, per migliorare la sua idea di Socialismo del XXI Secolo, auspicandone una continua riformulazione.

Per quel che riguarda invece gli aspetti del Socialismo del XXI Secolo relativi alla democrazia, Dieterich sostiene che la rappresentazione della comunità in ogni livello (municipale, autonomistico o statale, nazionale o federale, etc.), è un problema complesso e che ha tre fonti, quella ideologica, quella sindacale e quella territoriale. Per risolverlo, l’autore propone la creazione di tre camere in ciascuno dei livelli citati (municipale, statale e nazionale o federale/confederale).

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Inoltre egli ridefinisce il concetto di sovranità nei suoi due versanti, indicando la sovranità politica come quella formata dei rappresentanti eletti dai cittadini negli organi abilitati, cioè Parlamenti e Partiti Politici; la sovranità sociale invece include anche i rappresentanti socio-economici, (i sindacati ed il consiglio economica sociale o patronale), ed il territoriale cittadino (senato).

L’obiettivo finale è quella di raggiungere la cosiddetta Democrazia di Qualità Totale, cioè una metodologia di miglioramento continuo del sistema democratico, unendo la democrazia rappresentativa e quella partecipativa.

I suoi principi sono l’orientamento al cittadino, che è visto come produttore di democrazia e costituisce quindi sia il mezzo che il fine, e il principio di autodeterminazione, secondo cui tutti partecipano all’individuazione e alla scelta degli obiettivi.

Come detto all’inizio, Chávez ha apertamente dichiarato di voler applicare e adattare questo concetto in Venezuela. Egli ha affermato che il Socialismo del XXI Secolo accetta la proprietà privata, a differenza della posizione marxista-leninista, ma la respinge quando degenera nell'accumulazione egoista. Inoltre nel suo programma di governo per il periodo 2013-2019, conosciuto come Piano della Patria, si definiscono diversi tipi di proprietà, compresa la privata, ma si dice che la nuova economia socialista deve costruirsi "sulla base di un ampio sostentamento pubblico, sociale e collettivo della proprietà sui mezzi di produzione e generare relazioni di produzione e scambio complementari e solidali”12. Inoltre il Presidente ha affermato che il Socialismo del XXI secolo deve nutrirsi delle correnti più autentiche del cristianesimo, all’interno di una democrazia partecipativa e protagonistica che deve coniugare uguaglianza e libertà. L'attuale presidente Nicolás Maturo si è impegnato a continuare il progetto del Socialismo del XXI secolo in Venezuela.

12 Hugo Chávez, “Continuar construyendo el Socialismo Bolivariano del siglo XXI en Venezuela, como alternativa al modelo salvaje del capitalismo y con ello asegurar la mayor suma de seguridad social, mayor suma de estabilidad política y la mayor suma de felicidad, para nuestro pueblo.”, Plan

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La maggioranza delle critiche al Socialismo del XXI secolo provengono da settori di destra, che lo accusano di difendere idee antiquate.13 Il concetto di

economia di equivalenza non tiene in considerazione il grado di complessità di determinati lavori che esigono specializzazioni scientifiche, ed il cui tempo non può essere stimato così come i lavori non specializzati. Inoltre non valuta il tasso di ritorno energetico, ovvero il valore fisico della produzione energetica sul consumo energetico di un determinato lavoro, che è fondamentale per lo sviluppo sociale, tecnologico ed umano di una società.

I suoi sostenitori mettono invece in evidenza gli sforzi realizzati dal governo per una più equa ripartizione del reddito a favore delle classi meno abbienti. I detrattori di Chávez lo accusano di essere un demagogo e di aver impoverito il Paese con una politica fortemente nazionalista che ha determinato l'allontanamento dei capitali stranieri dal Venezuela e l'isolamento internazionale. Pesanti accuse sono state inoltre rivolte al Presidente riguardo un utilizzo non corretto dei media del Paese (molti di sua proprietà) finalizzato ad alimentare un forte culto della sua personalità. Per esempio nel periodo di malattia, il parallelo fra Chávez e Cristo è stato sempre più frequente ed esplicito. Secondo il giornalista venezuelano di opposizione Francisco Toro14, l’ex Presidente sarebbe stato affetto da Disordini Narcisistici della

Personalità (DNP). Secondo le ricerche del giornalista, basate sul Manuale diagnostico e statistico dell'Associazione Americana di Psichiatria, in Chávez sarebbe stato possibile rintracciare tutti i nove criteri diagnostici che indicano la presenza di questa vera e propria malattia.

Per quel che riguarda la politica estera, Chávez si è sempre mosso seguendo due importanti direttrici: il consolidamento dell'OPEC e un'integrazione maggiore dell'America Latina da realizzarsi attraverso l'Alba (Alianza bolivariana para América Latina y el Caribe) e l'Unasur (Unión de Naciones Suramericanas).

Il Venezuela è infatti tra gli Stati fondatori dell’Organization of the Petroleum Exporting Countries, nata nel 1960 per formare un cartello economico per

13 Aníbal Romero, “Socialismo: fracaso y mito”, Analítica Semana, 25 gennaio 2007. 14 Francisco Toro, “Hugo Chávez: disturbi da personalità narcisista”, www.Vcrisis.com, 4 dicembre 2003

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coordinare e organizzare le politiche dei Paesi produttori di petrolio e quelle delle compagnie petrolifere. Attualmente l’OPEC è formata da 12 membri: Algeria, Angola, Libia, Nigeria, Iran, Iraq, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Ecuador e, naturalmente, Venezuela.

Nel periodo in cui Chávez salì al potere, l’OPEC aveva perso molta della sua influenza rispetto a quella che aveva inizialmente. Alcuni Paesi non aderenti all’OPEC, come Messico e Russia, avevano cominciato ad espandere le loro industrie petrolifere; questo diede luogo ad un abbassamento record del prezzo del petrolio, che naturalmente ebbe ripercussioni negative sull'economia venezuelana. Per questo Chávez si pose come obiettivo quello di combattere questo problema fortificando il ruolo dell’OPEC. Egli visitò quindi personalmente molti dei Paesi leader nella produzione di petrolio in tutto il mondo, e nel 2000 organizzò e ospitò a Caracas il primo summit dei Capi di Stato dei Paesi membri dell’OPEC degli ultimi 25 anni. Scopo di questo incontro era, oltre a quello di recuperando la credibilità del Venezuela all’interno dell’OPEC, quello di difendere i prezzi del petrolio, consolidare le relazioni tra il Venezuela e il mondo arabo e fortificare l’OPEC in generale.

Il meeting potrebbe essere considerato un successo, ma gli sforzi del Presidente venezuelano furono presto vanificati dall’attacco alle Torri Gemelle del 2001, la successiva Guerra in Iraq e il significativo aumento del ruolo in ambito petrolifero di economie in via di sviluppo come Cina ed India. Inoltre, lo sciopero del petrolio del dicembre 2002 in Venezuela diede luogo ad un’enorme perdita di produzione di greggio. Tutti questi eventi portarono ad un notevole aumento dei prezzi del petrolio.

Per rendere più chiara la sua scelta di campo, Chávez si allineò con il líder máximo della rivoluzione cubana Fidel Castro. I due fondarono nel 2004 l’Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América (ALBA). L’organizzazione si basa sui concetti di welfare e assistenza economica e si pone in antitesi all’Área de libre comercio de las Américas (ALCA), meccanismo di integrazione proposto dagli Stati Uniti e incentrati sul libero commercio. A Cuba e Venezuela negli ultimi

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anni si sono uniti Bolivia, Nicaragua, Ecuador e gli Stati insulari di Antigua y Barbuda, Dominica, Santa Lucía e San Vicente y las Granadinas.

L’ALBA si differenzia in modo sostanziale dall’ALCA: mentre quest’ultima risponde agli interessi del capitale transnazionale e persegue la liberalizzazione assoluta del commercio dei beni e dei servizi, l’alleanza voluta da Casto e Chávez pone enfasi sulla lotta contro la povertà e l'esclusione sociale. L’ALBA è basata sulla creazione di meccanismi con lo scopo di implementare i vantaggi cooperativi fra le nazioni coinvolte e che permettano di compensare le asimmetrie (sociali, tecnologiche, economiche, sanitarie, etc.) esistenti tra i Paesi. L’Alleanza è una proposta di costruzione del consenso per ripensare gli accordi di integrazione allo scopo di promuovere lo sviluppo nazionale e lo sviluppo regionale in maniera endogena e autonoma, con lo scopo finale di sradicare la povertà, correggere le disuguaglianze sociali ed assicurare una crescente qualità della vita per i popoli.

Dal punto di vista pratico, essa si basa su fondi di compensazione destinati alla correzione delle disparità che pongono in posizione di svantaggio i Paesi deboli rispetto alle potenze economiche. La proposta dell'ALBA dà priorità all'integrazione latinoamericana e privilegia la collaborazione tra i blocchi sub-regionali, aprendo nuovi spazi di consultazione con l'intento di approfondire la conoscenza della posizione dei Paesi membri e di identificare ambiti di interesse comune che consentano di costruire alleanze strategiche e assumere posizioni condivise nei processi di negoziazione. Inoltre si affianca alla rinascita della coscienza dell'urgenza di una nuova classe politica, economica, sociale e militare in America Latina e nei Caraibi e alla lotta dei movimenti, delle organizzazioni e delle campagne nazionali che vanno moltiplicandosi ed articolandosi nel continente contro l'ALCA. È, in definitiva, una manifestazione della decisione storica delle forze progressiste del Venezuela di dimostrare che "un'altra America è possibile".

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Alcuni anni dopo la nascita dell’ALBA, prende forma un’altra iniziativa: l’Unión de Naciones Suramericanas, (UNASUR), una comunità politica ed economica costituita il 23 maggio 2008 con il trattato di Brasilia. Essa è formata dai dodici Stati del Sud America (Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù, Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay, Venezuela, Cile, Guyana e Suriname) la cui somma della popolazione (circa 400 milioni) rappresenta il 68% degli abitanti dell'America Latina.

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La Comunità intende stabilire una zona di libero scambio delle merci fra i Paesi aderenti alla Comunità Andina e quelli aderenti al Mercosur. I dodici Paesi membri si sono dati alcuni obiettivi: eliminare tutti i dazi doganali per i prodotti comuni entro il 2014; eliminare tutti i dazi doganali per i prodotti "pericolosi" (armi, esplosivi...) entro il 2019; stabilire un Parlamento comune, una moneta comune e un passaporto unico entro il 2019; coordinare le politiche in campo agricolo, diplomatico, energetico, scientifico, culturale, sociale e in altri ambiti.

Altra iniziativa a cui ha dato vita Chávez è quella del Banco del Sur, un fondo monetario, banca di sviluppo e organizzazione di prestito nata con lo scopo di finanziare opere infrastrutturali e appoggiare le imprese pubbliche e private dei paesi firmatari. L'accordo per fondarla fu firmato il 9 dicembre 2007, mentre la creazione ufficiale è datata 26 settembre 2009, con un capitale di 20.000 milioni di dollari. Fino ad ora, oltre al Venezuela, vi hanno aderito al progetto Argentina, Brasile, Bolivia, Ecuador, Paraguay e Uruguay. Il Cile partecipa come osservatore mentre la richiesta di adesione della Colombia, avvenuta nel 2007, non è ancora stata accettata.

Piero Moltedo, direttore della Escuela de Negocios dell’Università di Viña del Mar, ha espresso alcune perplessità su questa iniziativa, affermando che

"el proyecto presenta una contradicción en cuanto a si se presta dinero a bajo interés en proyectos no necesariamente rentables, incluso desechados por los otros bancos, existe el alto riesgo de que esta política lleve al banco a la quiebra; y si por el contrario se procede con los resguardos y las tasas de interés normales, no tiene sentido su existencia. En el fondo, este proyecto es parte de una estrategia del Presidente Chávez de antagonismo con Estados Unidos".15

Altre critiche furono sollevate dal quotidiano cileno El Mercurio16, che sottolineò come il Banco sia animato da ragioni essenzialmente politiche e che dipenda significativamente dall'influenza di Chávez. Inoltre la restituzione dei suoi

15 Carroll Rory, “Nobel economist endorses Chávez regional bank plan”, The Guardian, 4 giugno 2011.

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prestiti risulta rischiosa per gli investitori in quanto non conterebbe su una classificazione internazionale di solvenza e non disporrebbe di accesso ai mercati mondiali di capitali. Infine, la sua creazione risulta ridondante davanti alla molteplicità di istituzioni finanziarie già esistenti.

Per quel che riguarda i rapporti del Venezuela con gli Stati Uniti, essi furono sempre tesi e portarono a un progressivo allontanamento del Paese dagli USA. Come risultato della continua ostilità con George W. Bush, nel 2005 i militari statunitensi presenti sul territorio venezuelano furono espulsi, con l’accusa di aver violato la sovranità nazionale e le leggi venezuelane e di aver commesso atti di cospirazione e spionaggio. Lo stesso avvenne con gli agenti della Drug Enforcement Administration (DEA), l’agenzia federale antidroga facente capo al Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti volta a combattere il traffico di sostanze stupefacenti e far rispettare la legge sul controllo delle sostanze. Rimasero solo i funzionari diplomatici statunitensi nell'Ambasciata di Caracas. Analogamente, ad alcuni funzionari venezuelani fu negato il visto di entrata negli USA.

Al personale più vicino all’ex Presidente fu negato inizialmente il visto per assistere all'assemblea generale dell'ONU a New York, nella quale Chávez fece un discorso molto duro e condannò la risoluzione imposta dagli Stati Uniti in maniera antidemocratica nell'assemblea, così come criticò la politica estera di Bush e lo definì “il diavolo in persona”, tanto da farsi il segno della croce17 parlando di lui.

Accusò inoltre la CIA di essere responsabile dell'assassinio del politico cileno Orlando Letelier, ex ministro di Salvador Allende, avvenuto a Washington nel 1976.

Il 10 settembre 2008 Evo Morales espulse l'ambasciatore statunitense dalla Bolivia, e il giorno successivo Chávez lo imitò, estromettendo il suo omologo venezuelano Patrick Duddy, In risposta, il governo degli Stati Uniti espulse a sua volta gli ambasciatore della Bolivia e del Venezuela dal Paese.

17 Paolo Manzo, “Quel Bush è come il diavolo, la sedia puzza ancora di zolfo”, La Stampa, 5 marzo 2014.

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Con l'elezione di Barack Obama iniziarono alcuni segnali di cauta distensione tra i due Stati, anche se Chávez ha insinuato che gli USA avrebbero messo a punto una tecnologia per provocare il cancro nei leader sudamericani come Fidel Castro, l’argentina Cristina Fernández e, naturalmente, se stesso.

Non va però dimenticata un’importante realtà: gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale del Venezuela, e Caracas ha bisogno di Washington molto più di quanto Washington abbia bisogno di Caracas.

In generale, la scelta dei partner internazionali del Venezuela rispecchia le esigenze ideologiche e materiali del Paese. Chávez infatti ha intessuto relazioni con tutti i leader o i paesi sgraditi agli Usa: Castro, Morales, Correa, Lukashenko, Putin, Bashir (presidente del Sudan), Mugabe (Zimbabwe), Assad (Siria), Gheddafi (Libia), Kim Jong-Il (Corea del Nord), Ahmadi-Nejad (Iran), la Repubblica Popolare Cinese. L'obiettivo era duplice: accreditare l'ascesa del Venezuela sullo scenario mondiale, conquistando al contempo l'ammirazione di una certa fetta dell'opinione pubblica occidentale, e procurarsi ulteriori risorse (armi dalla Russia, soldi e cooperazione dalla Cina e dall'Iran) per inseguire il sogno di diventare la potenza di riferimento in America Latina.

Dal punto di vista economico, il Venezuela “ha i piedi ben piantati nel petrolio” come ricorda Maurizio Chierici nel suo articolo “Black out venezuelano”. L’oro nero, scoperto negli anni ’10 del Novecento, è ben presto diventato la risorsa principale del Paese: un litro di benzina costa meno di un litro d’acqua, e questo porta notevoli scompensi a sfavore di tutti gli altri settori dell’economia. La pesca per esempio, nonostante i molti chilometri di costa, non svolge un ruolo significativo e l’agricoltura e l’industria occupano rispettivamente il 3,7% e il 35,5% delle produzioni. Gli 80 miliardidi barili di riserve di petrolio presenti nel sottosuolo, rendono il Venezuela il quinto paese al mondo come riserve provate di idrocarburi convenzionali, superando stati come l’Arabia Saudita.

Le riforme di Chávez furono tutte mirate all’ambito petrolifero e ad un maggiore controllo dello Stato nell’economia del Paese attraverso la nazionalizzazione della maggior parte delle industrie. Il 13 novembre 2011 venne infatti approvata dall’Assemblea Nazionale la nuova Legge degli Idrocarburi, che entrò in vigore

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nel gennaio 2002. Questa legge sostituì quella del 1943 e la Legge di Nazionalizzazione del 1975. Tra le altre cose, la nuova legge prevede che ogni attività di produzione e di distribuzione del petrolio sia sotto il controllo dello Stato venezuelano, con l'eccezione delle joint ventures che abbiano come scopo la produzione di petrolio grezzo ad addizionale pesante. Inoltre, gli investitori privati possono possedere fino al 49% di capitale in caso di joint ventures che riguardino attività concorrenziali e il 100% di capitale nel caso in cui rispettino gli accordi della produzione petrolifera.

Nello stesso periodo, l’ex Presidente iniziò ad apportare alcuni cambiamenti per esercitare più controllo sulla Petróleos de Venezuela, S.A. (PDVSA), la compagnia petrolifera statale venezuelana. Chávez stabilì alcuni limiti alle quote di capitale, per esempio il 10% del budget di investimento annuale doveva essere speso per programmi sociali. Queste ed altre nuove regole imposte dal governo non furono molto gradite dalla PDVSA, le cui politiche erano sempre state incentrate sulla massima produzione possibile. Questo portò, nel dicembre 2002, al già citato scioperò che aveva lo scopo di indurre Chávez a rassegnare le temporanee dimissioni e istituire nuove elezioni.

La produzione di petrolio cessò totalmente per più di due mesi. Oltre alla perdita economica si ebbero gravi danni alle complesse strutture di raffinazione ed estrazione petrolifera. Per porre fine a questa crisi, il governo licenziò in tronco 19.000 impiegati e ristabilì parzialmente la produzione con quadri e tecnici provenienti dall'esercito e da altri rami del governo venezuelano, fedeli a Chávez. I lavoratori accusarono il governo di aver attuato azioni di detenzione e tortura durante lo sciopero; per questo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) chiese al governo venezuelano di intraprendere un’indagine indipendente che accertasse tali accuse. Lo sciopero causò anche un danno macroeconomico sostanziale, facendo aumentare la disoccupazione fino a portandola ad un picco superiore al 20% nel marzo del 2003. Dopo lo sciopero, Chávez continuò nel suo intento di aumentare l’ingerenza statale all’interno della PDVSA.

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33 “Gli sforzi del presidente venezuelano di aumentare il controllo pubblico sull’economia, nazionalizzando l’agricoltura, i servizi finanziari, le costruzioni, il petrolio e l’acciaio, hanno danneggiato gli investimenti privati, ridotto la capacità produttiva e rallentato le esportazioni non petrolifere. Il Paese sta lottando con squilibri macroeconomici, una crisi degli alloggi e una crisi energetica.”18

L’economia venezuelana rimane quindi estremamente dipendente dai redditi derivati dal petrolio, che sono all’incirca il 96% dei guadagni dovuti alle esportazione, il 45% dei redditi di bilancio e 12% del PIL del Paese. Il deficit di bilancio pubblico ha raggiunto il 17% del PIL nel 2012. Nel 2013 il tasso di inflazione medio è stato del 56,2% (in Italia lo stesso anno è stato del 1,2%).

I.3 ASPETTI SOCIO-CULTURALI

La società venezuelana è molto giovane: l’età media è di 26,6 anni (in Italia di 44,2) e quasi metà della popolazione, il 47,4%, ha meno di 25 anni. L’aspettativa di vita è però piuttosto alta: 74,23 anni. Ha accesso alla sanità l’89% della popolazione, ma con una notevole differenza tra quella urbana (93%) e quella che vive fuori città (54%). Il 3,7% dei bambini sotto i cinque anni è sottopeso.19

Una delle peculiarità della società venezuelana è quella di avere una provenienza etnica e razziale molto variegata. Non vi sono dati ufficiali, ma generalmente si ritiene comunque che circa i due terzi della popolazione venezuelana siano meticci o mulatti, nati dalla fusione secolare fra "bianchi" e "indios" (meticci) o fra "bianchi e "neri" (mulatti). Numerosi sono anche gli zambos, coloro che sono nati dall’unione tra neri e indios e quelli nati, tempo addietro, da tutte e tre le razze che popolano il Paese. La componente bianca, piuttosto esigua in epoca coloniale e nel primo secolo di indipendenza, è stata potentemente rafforzata, a partire dagli anni quaranta del Novecento, con l'arrivo di circa 980.000 europei che per la maggior parte si stanziarono definitivamente nel paese andandosi ad aggiungere ad una popolazione che, secondo il censimento del1941, era inferiore ai quattro milioni di

18 Cia, op. cit. 19 Ibidem

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abitanti. I primi a immigrare in Venezuela furono alcune migliaia di esuli della Guerra Civile Spagnola, provenienti generalmente dalla Francia o da altri Paesi latinoamericani che li avevano inizialmente accolti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale iniziò un breve e intensissimo periodo di migrazioni dall’Italia verso il Venezuela che segnò gli anni Cinquanta e si interruppe, bruscamente così come si era avviato, con la caduta di Marcos Pérez Jiménez, il 23 gennaio 1958. In quel periodo entrano nel paese poco più di 220 mila italiani e rappresentano tra il 30 e il 35 per cento della popolazione straniera presente20. Insieme a loro giunsero un gran

numero di iberici (di origine galiziana e portoghese soprattutto) e a un limitato numero di francesi, tedeschi, europei dell'est, ecc. Ancora oggi la presenza di comunità europee nel Paese è, sia sotto il profilo demografico che economico, considerevole. Fra queste le principali sono la spagnola, l'italiana e la portoghese.

Questa mescolanza etnica fa sì che il razzismo non rientri tra i problemi del Venezuela.

Una delle piaghe sociali del Paese è invece quella della criminalità. Secondo il sito della Farnesina21

“la situazione di sicurezza nel Paese risulta molto precaria, con fenomeni di criminalità largamente diffusi (aggressioni, anche violente, a scopo di rapina). Particolarmente interessate da tali fenomeni sono la città di Caracas (dove è pericoloso anche il tragitto che conduce dall’aeroporto al centro città, che si sconsiglia di percorrere durante le ore notturne) e le principali città del Paese. Anche nell’isola di Margarita, importante meta turistica, si è registrato negli ultimi tempi un peggioramento delle condizioni di sicurezza con gravi episodi di criminalità che hanno visto coinvolti anche cittadini stranieri. Negli ultimi anni sono considerevolmente aumentati i sequestri di persona a scopo di estorsione, anche a danno di stranieri e di cittadini italiani residenti.”

20 Berglund Thompson, Susan A., Hernández Calimán, Humberto, Estudio analítico dela política inmigratoria en Venezuela, Caracas, Ministerio de Relacciones Interiores, 1977.

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La capitale è sicuramente il luogo in cui si riscontra maggiormente questo fenomeno: una statistica del 2010 afferma che il tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti per la città di Caracas è di 233; questo significa che con quasi 7.000 omicidi annui (19 al giorno di media) la città avrebbe il numero maggiore di omicidi al mondo, in assoluto e pro capite.

Nel corso degli ultimi anni Caracas avrebbe così superato in questo non lusinghiero primato altre città dell'America Latina protagoniste della cronaca nera, come Città del Messico o Rio de Janeiro, superando anche le più violente città degli Stati Uniti, come Detroit o New Orleans22. Queste statistiche includono ogni tipo di

crimine: omicidio passionale, rapine, sequestri falliti, lotta tra gang, crimine politico, atti terroristici, azioni maldestre della polizia e molto spesso non includono i decessi a lungo termine causati da atti violenti ed i crimini commessi in carcere. A titolo di raffronto, la città più violenta dell'Europa occidentale, Lisbona, ha un tasso di omicidi che nel 2003 non arrivava a 10 omicidi ogni 100.000 abitanti per anno. Dall'inizio del governo di Chávez, The Economist23 riporta che il tasso di

omicidi è quasi triplicato e che la polizia è spesso implicata in questi crimini. Amnesty International nel suo rapporto del 201224 ha denunciato episodi di

vessazioni contro i difensori dei diritti umani, sottolineato la gravità delle condizioni carcerarie (comune tra i Paesi in via di sviluppo), e evidenziando attacchi verbali di politici e aggressioni contro giornalisti. Venne denunciato il controllo della maggioranza chavista sui media25, ma le violenze per le strade e della polizia

erano comunque ad un livello simile al periodo precedente a Chávez.

Nel 2006, per tagliare simbolicamente con il passato, l'Assemblea Nazionale ha approvato la trasformazione della caserma di San Carlos, prigione politica e in

22 Deivis Ramírez Miranda, Caracas pasó a ser la ciudad más violenta del mundo,da “El Universal”, 25 agosto 2010.

23 The Economist, Venezuela: Crimes and misdemeanours, 20 aprile 2006.

24 Amnesty International, Rapporto 2012. La situazione dei diritti umani nel mondo. Americhe, Venezuela, 2013.

25 Eva Golinger, A Case Study of Media Concentration and Power in Venezuela, da Venezuelanalysis, 25 settembre 2004

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