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SULL’USO DELL’IMPERFETTO NELLA COMUNICAZIONE VIA TWITTER

10. Aspetto verbale e relazioni sociali

Qualcosa di analogo alla neutralizzazione deittica si verifica anche nell’uso dell’imperfetto in conversazioni fra adulti e bambini: «l'uso dell’imperfetto attenua la forza illocutiva di domande ed asserzioni fatte a bambini relativamente a eventi che li riguardano, funzionalizzandone la scarsa o nulla utilità informativa al mantenimento ritualizzato di relazioni di affetto col bambino»(57). Non sono in pochi a sostenere che il fondamento della nostra percezione del tempo sia modale – cioè concepibile nei termini di possibilità e necessità, di distanza epistemica dagli eventi(58) – ma ciò che trovo interessante in una prospettiva comunicativa è che l’allontanamento dall’origine dell’enunciazione porti ad un avvicinamento al destinatario. Nei casi di usi modali dell’imperfetto ciò avviene perché si attenua la forza illocutiva, cioè la soggettività dell’enunciatore viene espressa in modo meno forte perché è più debole la pretesa di ottenere informazioni o di persuadere l’interlocutore. Nei casi di discorso indiretto libero, perché avvicinandosi alle percezioni del

soggetto rappresentato si può aumentare la vicinanza emotiva del ricevente, il quale può empatizzare più facilmente con un soggetto di cui conosce direttamente pensieri e percezioni, piuttosto che tramite la mediazione della narrazione.

A tale proposito, un esempio interessante è il seguente:

(25)

Le prime due proposizioni al presente sembrano essere un monologo interiore, ma l’imperfetto di rottura della quarta proposizione sposta l’origo del racconto nel futuro rispetto a quei pensieri, rendendo quindi deitticamente anomalo l’uso del tempo presente. Nel momento in cui leggiamo l’ultima frase, quel «Devo andare a Troia» espresso al presente diventa un’urgenza con una forza che prima non aveva: l’avverbio «finalmente» esprime l’intensità del desiderio e il tempo imperfetto colloca quei pensieri nel passato, ma il fatto che essi siano espressi al presente ce li fa sentire più vicini, realizziamo che sono davanti a noi senza mediazione del narratore, perché percepiamo il contrasto con la minore distanza epistemica dell’imperfetto. Al contrario di ciò che è implicito in molte teorie narratologiche, credo che, in quanto esseri umani che comunicano per entrare in relazione con altri individui, ciò che notiamo con maggiore enfasi non è la mediazione o focalizzazione tramite un personaggio, quanto piuttosto l’assenza di mediazione del narratore. Ciò che ci interessa è comunicare, stabilire una relazione con l’altro, sia esso in carne e ossa o solo sulla pagina.

Concludendo, credo che le riflessioni fatte offrano degli spunti per continuare a studiare la CMC – ma anche altre forme di narrazione, letteratura e finzione – tenendo conto di tre aspetti pragmatici che nell’attuale panorama della comunicazione risultano difficilmente trascurabili:

1. i fattori in gioco nell’interpretazione dell’imperfetto sono tanti: sintassi, lessico, schemi cognitivi, atteggiamento dell’autore, usi figurati, impaginazione, ritmo, conoscenze culturali,

ecc., e sono tutti elementi che possono influenzare la nostra disposizione a leggere narrativamente e letterariamente, e quindi influenzare la nostra interpretazione dell’imperfetto;

2. nella comunicazione via social media emerge come dato fondamentale la relazione dei parlanti con quanto si sta dicendo e con i vari tipi di soggettività coinvolti, anche a scapito del dato informativo;

3. i social media ci stanno riportando verso una dimensione sociale e interattiva della narrazione e della letteratura che con la modernità letteraria e la lettura individuale era andata restringendosi a spazi e occasioni limitati (cantastorie, genitori che leggono ai bambini, teatro, ecc.).

«La funzione primigenia della letteratura è e continua ad essere quella di ancorarci alla realtà, incentivando l’intesa con i nostri simili; e questo avviene tramite l’esercizio della parola e il rafforzamento della presa del linguaggio sul mondo»(59). #imperfetti per qualcuno «non [sarà] letteratura ma ci sono molti spunti, idee, microtrame alla Kurt Vonnegut che fanno pensare a un’attività propedeutica alla scrittura professionale»(60).

Federico Pianzola

Note.

(1) «La nozione di “scritture brevi oggi” definisce in questa sede formazioni grafiche a marca sintetica introdotte negli ultimi decenni nella scrittura dalla cosiddetta Computer Mediated Communication (CMC), che è l’interscambio comunicativo a distanza promosso dall’uso delle moderne tecnologie informatiche» (F. Chiusaroli, “Scritture brevi oggi: tra convenzione e sistema”, pp. 4-5). «L’etichetta “scritture brevi” è proposta come categoria concettuale e metalinguistica per la classificazione di forme grafiche come abbreviazioni, acronimi, sigle, punteggiatura, segni, icone, indici e simboli, elementi figurativi, espressioni testuali e codici visivi per i quali risulti dirimente il principio della “brevità” connesso al criterio dell'”economia”» (F. Chiusaroli, “Scritture Brevi cosa?”).

(2) «Ma quanti tipi di proposizioni ci sono? Per esempio: asserzione, domanda e ordine? – Di tali tipi ne esistono innumerevoli: innumerevoli tipi differenti di impiego di tutto ciò che chiamiamo “segni”, “parole”, “proposizioni”. E questa molteplicità non è qualcosa di fisso, di dato una volta per tutte, ma nuovi tipi di linguaggio, nuovi giuochi linguistici, come potremmo dire, sorgono e altri invecchiano e vengono dimenticati. (Un'immagine approssimativa potrebbero darcela i mutamenti della matematica). Qui la parola “giuoco linguistico” è destinata a mettere in evidenza il fatto che il parlare un linguaggio fa parte di un'attività, o di una forma di vita» (L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, §23, p. 21).

(3) La SturmUndDrang, “Labirinti”.

(4) Non tanto perché esistano delle proprietà del testo che sono indice di letterarietà, piuttosto perché l’elevato tasso di figuralità è parte di un corpus di testi che viene tramandato con il nome di «letteratura» e quindi riconosciamo delle affinità con tali testi (cfr. F. Brioschi, “La mappa dell’impero”).

(5) Secondo Käte Hamburger (Die Logik der Dichtung) il tempo Präteritum del tedesco – in particolare nei suoi usi imperfettivi – può avere la funzione di segnalare un contesto narrativo, finzionale e letterario (Hamburger non fa distinzione fra queste tre qualità del testo poiché prende in considerazione principalmente narrazioni letterarie di finzione). Cfr. anche Harald Weinrich (Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo), per il quale l’imperfetto è un tempo che indica: un atteggiamento di tipo narrativo (in opposizione a un atteggiamento commentativo); una prospettiva per cui non è rilevante la relazione fra tempo dell’azione e tempo del testo; lo sfondo sul quale l’alternanza col passato remoto mette in rilievo gli eventi narrati.

(6) Sull’argomento si veda l’interessante lavoro di S. Ballerio, “Gioco, letteratura. Alcune riflessioni”. (7) Cfr. A.N. Whitehead e B. Russell, Introduzione ai Principia mathematica; G. Bateson, “Le categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione”, in Verso un’ecologia della mente, pp. 324-53.

(8) F. Brioschi e C. Di Girolamo, Elementi di teoria letteraria, p. 66.

(9) Per maggiori dettagli su questa impostazione cfr. F. Pianzola, “Looking at Narrative as a Complex System: the Proteus Principle”.

(11) In ambito italiano, qualcosa di simile è stato affermato da Francesco Orlando, il quale ha individuato nel «tasso di figuralità» del discorso il parametro per qualificare un testo come letterario. È opportuno sottolineare che la figuralità non è una proprietà immanente al testo, bensì è percepibile solo in relazione al contesto e alle persone coinvolte nella produzione/ricezione del discorso. Questo perché il concetto di «figura» è inteso da Orlando in senso molto ampio, esistono cioè «figure di tutte le dimensioni e di tutte le specie. Figure del significante, figure del significato, figure del metro e della rima, figure di grammatica, figure di sintassi, figure di logica, figure del rapporto coi dati di realtà, figure del racconto, figure della successione delle parti del testo, figure del destinatario e del destinatore come funzioni interne al testo, figure dei supporti fisici del linguaggio, figure di deroga dalle convenzioni figurali già stabilite ecc. In certi casi lo spazio di testo in cui la figura ha sede sarà un paio di righe; ma in certi altri le migliaia di pagine che formano la totalità di un’opera sterminata» (F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, p. 62). (12) F. Chiusaroli, “Facciamo che eravamo…? #imperfetti, un’idea di @iguanadan”.

(13) «Definisco così la narratività come il gioco della suspense, della curiosità e della sorpresa tra il tempo rappresentato ed il tempo comunicato (in qualsiasi combinazione, con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi forma, implicita o esplicita, sia espresso)» (M. Sternberg, “Raccontare nel tempo (II): cronologia, teleologia, narratività”, p. 194).

(14) Cfr. F. Brioschi, “La mappa dell’impero”; e M. Barenghi, “Cosa possiamo fare con il fuoco?”.

(15) Un testo non è di finzione in quanto rappresenta (o ci invita a costruire) mondi immaginari diversi dal mondo reale, quanto piuttosto perché ci induce a non utilizzare solo elementi del contesto o conoscenze pregresse per comprendere un testo, bensì anche ad immaginare alternative e possibilità del mondo reale per far sì che ciò che viene detto sia rilevante per la comunicazione in atto, quindi, in ultima istanza, rilevante per la nostra relazione con il mondo reale, quello nel quale avviene la comunicazione (cfr. R. Walsh, The

Rhetoric of Fictionality, pp. 13-37; H. Skov Nielsen, J. Phelan e R. Walsh, “Ten Theses about Fictionality” e

“Fictionality As Rhetoric: A Response to Paul Dawson”).

(16) M. Barenghi, “Cosa possiamo fare con il fuoco?”, pp. 22 e 20.

(17) Sull’interdipendenza di proprietà linguistiche e contesto nella costruzione di significati, cfr. la teoria della rilevanza di Sperber e Wilson (Relevance: Communication and Cognition) e la Default Semantics di Jaszczolt (“Default Semantics”). Per una prospettiva più esaustiva in merito alle interazioni sociali, si veda la teoria di Niklas Luhmann: la comunicazione non è un processo lineare, non riguarda la presenza di informazione trasmessa in modo sequenziale da un mittente ad un ricevente, essa è un fenomeno emergente dall'interazione tra più individui e non può essere attribuita alle intenzioni del singolo. Analiticamente, la comunicazione può essere vista come costituita da tre istanze – informazione, enunciazione e comprensione – le quali però sono inseparabili nella loro manifestazione fenomenica: la comunicazione avviene solamente grazie a questa «unità indivisibile». Non vi è comunicazione, e di conseguenza un sistema sociale, senza che si stabilisca una relazione fra due individui e, allo stesso tempo, la relazione emerge solo attraverso la comunicazione. La comunicazione è una proprietà emergente del sistema in cui avvengono questi tre processi, ed è la condizione di possibilità di ogni interazione sociale, indipendentemente dal linguaggio, mezzo o codice utilizzato nell'interazione (N. Luhmann, Sistemi Sociali).

(18) C. Bazzanella, Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, p. 23. (19) C. Bazzanella, “Contextual Constraints in CMC Narrative”, p. 14.

(20) V. Eisenlauer e C.R. Hoffmann, “Once upon a Blog ... Storytelling in Weblogs”, p. 79. (21) http://www.trytweetbook.com/home/search?q=%23imperfetti

(22) https://storify.com/search?q=%23imperfetti

(23) C. Bazzanella, “Contextual Constraints in CMC Narrative”, p. 14 (corsivi originali); cfr. E. Ochs e L. Capps, Living Narrative. Creating Lives in Everyday Storytelling.

(24) http://www.treccani.it/vocabolario/ludico/

(25) S. Ballerio, “Gioco, letteratura. Alcune riflessioni”, p. 17; cfr. J. Huizinga, Homo ludens, p. 13; e R. Caillois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, pp. 22-23.

(26) S. Ballerio, “Gioco, letteratura. Alcune riflessioni”, p. 18.

(27) Anche la letteratura e la finzione sono stati considerati contesti protetti (cfr. S. Ballerio, “Gioco, letteratura. Alcune riflessioni”; e M. Barenghi, “Cosa possiamo fare con il fuoco?”).

(28) L’aggregazione sociale istituita tramite giochi su Twitter è misurabile anche quantitativamente, basterebbe infatti analizzare la formazione di clique all’interno della rete di relazioni che si istituisce in correlazione a degli hashtag particolari.

(29) Sull’asimmetria autore-lettore si veda F. Brioschi, “La mappa dell’impero”.

(30) S. Ballerio, “Gioco, letteratura. Alcune riflessioni”, p. 22 (cfr. H. R. Jauss, Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria, pp. 285-287).

(31) Wittgenstein direbbe che la premessa avvia un gioco linguistico differente, ma è doveroso aggiungere che la premessa metacomunicativa introduce un gioco di tipo logico differente, cioè un gioco metalinguistico invece che linguistico (G. Bateson, “Le categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione”). Questo livello di astrazione però non viene percepito nel momento in cui giochiamo: nel gioco non siamo in grado di distinguere tipi logici. Il gioco è «un’interazione incorniciata tra due persone, in cui le regole sono implicite, ma suscettibili di cambiamento. Un tale cambiamento può essere proposto solo da un’azione sperimentale, ma una qualunque azione siffatta, in cui sia implicita una proposta di cambiamento delle regole, è essa stessa parte del gioco che si sta svolgendo» (G. Bateson, “Una teoria del gioco e della fantasia”, in Verso un’ecologia della mente, p. 234).

(32) Cfr. supra, nota 5.

(33) A. Bonomi e A. Zucchi, Tempo e linguaggio: Introduzione alla semantica del tempo e dell'aspetto verbale, p. 214.

(34) Ad esempio: «Nel giugno 2009 venivo chiamato dal dottor Turatto per dirmi di lasciare i locali dove avevo l’ufficio. Precisava che non sapeva chi fossi e cosa facessi, e nello spiegargli cosa facevo o, ancor meglio, cosa avevo fatto gli consegnavo il mio curriculum. Proprio per renderlo edotto del mio modo di lavorare rientravo nel mio ufficio, prendevo la mia copia della relazione ‘Consigli per il G8/G9’ nonché la busta sigillata, e risalivo dal capodipartimento. Essendosi questi allontanato consegnavo il tutto al capo della segreteria» (C.E. Roggia, “imperfetto storico”; corsivi miei). Elementi che suggeriscono una lettura perfettiva sono tipicamente la telicità del verbo e la presenza di avverbi e complementi di tempo che indicano una durata determinata dell’evento; ma cfr. infra le osservazioni sul ruolo dei contesti letterari e di finzione. (35) P.M. Bertinetto, “Metafore Tempo-Aspettuali”, p. 95.

(36) Comunicazione personale. Sul rapporto fra sequenzialità della narrazione ed effetti generati nel lettore, cfr. J. Pier, “The Configuration of Narrative Sequences”.

(37) M. Fludernik, “Narratology and Literary Linguistics”, p. 84.

(38) Per un approccio retorico alla questione del compimento narrativo, cfr. E. Segal, “Closure in Detective Fiction”; cfr. anche B. Herrnstein Smith, Poetic Closure; F. Kermode, The Sense of an Ending; P. Brooks,

Trame. Intenzionalità e progetto nel discorso narrativo.

(39)M. Fludernik, “Towards a ‘Natural’ Narratology: Frames and Pedagogy. A Reply to Nilli Diengott”, p. 235; cfr. M. Sternberg, “Raccontare nel tempo (II)”.

(40) G. Genette, Figure III. Discorso del racconto, pp. 127-134. Per altri usi notevoli dell’imperfetto in opere letterarie, si veda G. Philippe, “Il dibattito sullo stile indiretto libero”.

(41) Per gli scopi del presente lavoro non ritengo necessario distinguere fra «racconto» e «narrazione» come invece fa Genette.

(42) Vedi supra, nota 11. Per una spiegazione più approfondita dell’interesse narrativo che porta a colmare i gap, si veda M. Sternberg, “Telling in Time (II)”.

(43) Cfr. il concetto di Reliefgebung in H. Weinrich, Tempus e, per la distinzione figura/sfondo nella narrazione, T. Reinhart, “Principles of gestalt perception in the temporal organization of narrative texts”. (44) Per un’interessante distinzione fra imperfetto narrativo e imperfetto di rottura, cfr. J. Górnikiewicz, “Quelle rupture dans l’imparfait de rupture?”.

(45) In questo caso, anche la tematizzazione sintattica e la distinzione pragmatica «dato/nuovo» (cfr. R. Simone, Fondamenti di linguistica) hanno un ruolo nella messa in rilevo narrativa degli eventi.

(46) Su schemata e script cognitivi, si veda R. Schank e R.P. Abelson, Scripts, Plans, Goals and Understanding; per una contestualizzazione in ambito narratologico, cfr. M. Alexander e C. Emmott,

“Schemata”.

(47) È doveroso sottolineare che i testi presi inconsiderazione hanno tutti un tono abbastanza lirico e sono scritti dalla stessa autrice, la quale ha sicuramente una spiccata sensibilità letteraria e può quindi essere portata ad usi figurati della lingua. Si veda il sito internet in cui sono presentate le attività da lei svolte: http://www.erikaluna.net

(48) P.M. Bertinetto, “Metafore Tempo-Aspettuali”, p. 94. (49) A. Bonomi, Lo spirito della narrazione, p. 153. (50) P.M. Bertinetto, “Il verbo”, pp. 22-23.

(51) Si faccia attenzione che nel presente lavoro sto utilizzando la distinzione interno/esterno in relazione alla prospettiva adottata sugli eventi, cioè come pertinente alla relazione fra un soggetto e gli eventi, non alla relazione fra autore, narratore e personaggi. Potrebbero sorgere delle confusioni dal fatto che in narratologia la distinzione tra focalizzazione interna ed esterna è invece usata proprio in riferimento al rapporto fra narratore e personaggi (cfr. B. Niederhoff, “Focalization” e “Perspective – Point of View”).

(52) Cfr. G. Philippe, “Il dibattito sullo stile indiretto libero”, p. 29. È nota la teoria di Stanzel per cui la combinazione di tempi verbali è indicatore della focalizzazione attraverso un personaggio (F.K. Stanzel, A

Theory of Narrative, pp. 141-184).

(53) G. Herczeg, Lo stile indiretto libero in italiano, pp. 64-65.

(54) L. Baranzini e C. Ricci, “Semantic and Pragmatic Values of the Italian imperfetto. Towards a Common Interpretive Procedure”, p. 49.

(55) Ibid.

(56) Cfr. supra, paragrafo 5; su regole, convenzioni e gioco, cfr. D. Lewis, La convenzione. (57) L. Savoia, Grammatica e pragmatica del linguaggio bambinesco (Baby Talk), p. 190.

(58) Cfr. C. Bazzanella, “Modal uses of the Italian indicativo imperfetto in a pragmatic perspective”, pp. 450-454. L’intera proposta teorica di K. Jaszczolt (Representing Time. An Essay on Temporality as

Modality) è basata su questo assunto.

(59) M. Barenghi, “Cosa possiamo fare con il fuoco?”, p. 22.

(60) Sono parole di D. Bergesio, in L. Marchiori, “Con #imperfetti la nuova scrittura si fa su Twitter”.

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