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SULL’USO DELL’IMPERFETTO NELLA COMUNICAZIONE VIA TWITTER

7. Telicità e progressione del racconto

Monika Fludernik ha suggerito che fenomeni di questo tipo coi tempi verbali imperfettivi possono verificarsi nella narrazione grazie ad inferenze contestuali: «by imposing a storytelling frame on the text, the present tenses acquire plot-related telicity even where the verb in and by itself [azionalità] or the present tense as such [aspetto] would suggest duration, static existence in space, non-movement or a reference to the present situation»(37). In #imperfetti si verificano casi simili nell’uso dei tempi verbali, cioè percepiamo una telicità degli eventi presentati anche quando proprietà lessicali e aspettuali indicano altrimenti. È difficile stabilire se siano effettivamente i verbi ad acquisire telicità, direi piuttosto che percepiamo una senso di compimento (closure) correlato alla narratività del testo(38). D’altra parte, è stata proprio Fludernik – e prima di lei Sternberg – ad affermare che l’atteggiamento del lettore è fondamentale: «narrative texts are […], first and foremost, texts that are read narratively, whatever their formal make-up, although the fact that they

are read in a narrative manner may be largely determined by formal and, particularly, contextual factors»(39).

Attenzione, però, il fatto che vi siano degli eventi telici non vuol dire necessariamente che si abbia anche una progressione cronologica degli eventi, talvolta si ha esclusivamente una progressione della narrazione. Ne è esempio uno dei casi notevoli di uso dell’imperfetto in letteratura, À la recherche du temps perdu di Marcel Proust, il quale è stato studiato in ottica narratologica da Gérard Genette. In Figure III Genette propone di usare i concetti di «acronia» e «sillessi» per descrivere la temporalità anomala creata dal frequente uso di imperfetti nella Recherche(40). Solitamente sono i tempi perfettivi a far avanzare la narrazione, tuttavia Proust scrive intere pagine della Recherche utilizzando principalmente l'imperfetto, il quale viene interpretato dal lettore come tempo che fa progredire la narrazione grazie a inferenze contestuali. Ed è interessante che, nonostante in molti casi non sia possibili costruire un ordine cronologico degli eventi – cioè il «tempo della storia» viene percepito come «acronico» – vi sia comunque un avanzamento della narrazione («tempo del racconto»)(41).

Anche in #imperfetti si verificano situazioni analoghe ed è possibile individuare almeno due fattori contestuali che possono suggerire una lettura telica degli eventi: il primo è legato direttamente alle convenzioni del gioco, poiché sappiamo che uno degli intenti dei partecipanti è di creare microstorie, cioè discorsi in cui ci si aspetta una progressione; il secondo riguarda il mezzo: sappiamo che il discorso si conclude in 140 caratteri e non ci aspettiamo che prosegua, quindi tendiamo a dare un senso compiuto a quanto leggiamo. In un certo senso, adottiamo l’atteggiamento che abbiamo nel leggere una narrazione perché siamo portati a trovare un compimento per ciò che ci viene detto, facendo inferenze per colmare in modo plausibile eventuali gap. Se definiamo la predisposizione ad una lettura narrativa come un atteggiamento ricettivo ad un gioco fra piani temporali diversi – quello degli eventi e quello della comunicazione(42) – ciò significa che siamo disposti a comprimere il nostro orizzonte di attesa entro i vincoli testuali imposti dal mezzo: cerchiamo di colmare entro la fine del tweet i gap che generano suspense o curiosità. Per illustrare meglio tale dinamica si può prendere in considerazione uno dei modi in cui colmiamo questi gap: ad esempio, percepire qualcosa in primo piano rispetto allo sfondo ci porta a dare un ordine, e un senso, alle informazioni ricevute, soddisfacendo quindi la nostra curiosità su cosa preceda qualcosa che ci è stato comunicato o sciogliendo la suspense nata per ciò che sarebbe potuto succedere. Solitamente il contrasto fra eventi in primo piano e sfondo è generato dall’alternanza di tempi verbali perfettivi e imperfettivi o da altri segnali temporali che ci permettono di inferire una gerarchia prospettica(43), ma vi sono situazioni in cui non è possibile stabilire relazioni fra gli eventi né grazie a riferimenti temporali, né grazie ad un cambiamento di aspetto dei verbi. Ciò nonostante, in contesti in cui il lettore abbia un’aspettativa di narratività questo è sufficiente per alimentare una dinamica narrativa: la distinzione fra primo piano e sfondo della narrazione è percepibile anche solamente grazie ad inferenze, le quali ovviamente possono essere suggerite da altri elementi linguistici oltre al sistema tenso-aspettuale dei verbi (ad esempio, sintassi, proprietà lessicali come l’azionalità dei verbi, figure retoriche, ecc.). Vediamo alcuni esempi:

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In questo esempio l’incipit è un complemento di limitazione e l’utilizzo dei due punti ha la funzione di introdurre una specificazione alla proposizione precedente, ad uno sguardo narrativizzante questi indizi possono suggerire una differenziazione sufficientemente marcata per percepire uno sfondo ed un primo piano. Lo sfondo crea un effetto di suspense – grazie anche al tempo imperfettivo e nonostante la telicità del verbo «porre» – che viene in parte sciolta con l’amplificatio data dalle ultime due proposizioni e, soprattuto, grazie al cosiddetto «imperfetto di rottura» in posizione finale e alla telicità del verbo «fiorire»(44).

Un altro esempio di amplificatio che può suggerire un effetto di narratività è il seguente:

In questo testo vi sono quattro proposizioni e cinque verbi, solo uno dei quali è lessicalmente telico, e, paradossalmente, è proprio il verbo telico «farsi» ad essere percepito come sfondo. Al contrario dell’esempio precedente, il testo inizia con due eventi coordinati che, retrospettivamente, riconosciamo essere in primo piano, mentre dopo la virgola vi sono altre due proposizioni coordinate ma che percepiamo in un rapporto di sfondo e figura fra di loro. Ciò avviene perché la seconda «e» coordinante introduce una proposizione che riformula – tramite una figura retorica detta exergasia – quanto già detto coi verbi imperfetti: i «corpi scalpitanti» richiamano la protesta, l’avverbio «gioiosamente» è ricollegabile al sorriso. Inoltre, anche il pronome anaforico «lo» contribuisce a creare una relazione di primo piano e sfondo, poiché fa riferimento a qualcosa che è già stato tematizzato, e che quindi è un dato acquisito(45). Viene così suggerita una lettura del seguente tipo: è in atto un processo per cui la complicità si trasforma in gioco, e i corpi raccontano tale trasformazione. A mio avviso, contribuisce a questo tipo di dinamica anche il fatto che il verbo «raccontare» coinvolge in modo più diretto chi sta osservando e descrivendo questa scena – in quanto destinatario di ciò che è raccontato dai corpi – il quale percepisce tale evento come più vicino a sé, in primo piano, mentre non è partecipe del processo di trasformazione della complicità in gioco.

Un altro esempio è quello in cui l’imperfetto è alternato con un gerundio, un tempo verbale che ha un grado di imperfettività maggiore dell’imperfetto ed esprime inevitabilmente una durata:

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Il gerundio crea quindi lo sfondo, un’attività che dura anche mentre si compie l’azione in primo piano: concentrare i desideri. Anche se sembra impossibile guardare le stelle e contemporaneamente concentrarsi sugli occhi di una persona, una tale lettura risulta plausibile poiché il verbo all’imperfetto introduce un’azione mentale che è compatibile con l’attività di guardare le stelle, mentre il fuoco della concentrazione viene specificato solo dopo i due punti. È importante notare che in questo caso la percezione di narratività è subordinata anche all’intervento di uno script cognitivo, cioè al fatto di sapere che tipo di comportamenti e atteggiamento mettiamo in atto quando guardiamo le stelle cadenti: è un’attività che talvolta si fa in modo trasognante e romantico, esprimendo desideri(46). In questo caso percepiamo dunque anche una sequenza cronologica degli eventi, dato che sappiamo che prima si vede una stella cadere e in seguito si esprime un desiderio. In aggiunta a ciò, il fatto di ritardare la specificazione di quale sia l’«orizzonte» contribuisce ad aumentare la narratività del testo, poiché genera una suspense dovuta alla reticenza comunicativa. Ho mostrato come in questi esempi emerga un certo grado di narratività pur non essendo sempre possibile ricostruire una sequenza degli eventi. La narratività di un testo non è necessariamente legata ad una progressione dei riferimenti temporali, ciò che conta è la relazione fra la temporalità

degli eventi e la temporalità della comunicazione. E tale relazione può portare ad una progressione della narrazione anche per usi dell’imperfetto che non sono riconoscibili come imperfetti narrativi in senso stretto(47).