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(inediti 2015-16) il Buddha è grande

il Buddha non si sa se sia buono o cattivo è una divinità

di base il Buddha è fermo la staticità è una delle sua virtù non si dice fermo come un Buddha la fermezza di un Buddha

la grandezza di Buddha invece si dice

non si dice ha la fermezza di carattere di un Buddha o ha la caparbietà di un Buddha

quello che sappiamo di Buddha ci proviene spesso dalle immagini sui libri o dalle storie leggendarie rappresentate nei film

si dice adorato come un Buddha

a qualcuno preme di sapere quanto pesa la grande statua del Buddha qualcuno è curioso di conoscere la stazza del Buddha

l’immagine del Buddha è quello che sappiamo del Buddha se non approfondiamo le nostre conoscenze a riguardo tra il Buddha e noi che grado si separazione esiste immagiamo sia un grado di separazione molto alto

per questo a volte rinunciamo a comprendere chi fosse e cosa ha fatto se è esistito veramente

ci sono statuette molto piccole e ci sono grandi statue del Buddha ognuna di esse ha una funzione

molti pensano che possedere una statuetta del Buddha significhi qualcosa di buono

non si sa di preciso se porti influssi buoni ma è sempre rassicurante vederne una in un appartamento

in mezzo ad altri oggetti

si pensa subito legami misteriosi a storie avventurose

a decenni di vita passati a cercare

eravamo destinati a vedere la statuetta del Buddha proprio in quell’appartamento

di colpo il cerchio si chiude ce ne facciamo una ragione abbiamo trovato riparo siamo nel posto giusto

occorre fare un elenco di nomi estratti da un manuale

stenderli spalmarli

un lungo elenco in ordine alfabetico apri una pagina a caso e via

nomi rari e bizzarri una serie di parole una massa di parole un elenco lunghissimo

che sostituisca una passeggiata che riempia un’ora intera

che sia la metafora di una passeggiata che sia la metafora di un’intera giornata

del tempo che ci occorre per arrivare dal punto x al punto y

che serva alla memoria

che sostituisca un manifesto politico che aggiri un testo civile

un elenco che aggiri il soggetto che lo soverchi

che lo metta in primo piano che lo metta ai margini che lo aggiri

che sia l’oggetto del soggetto il soggetto sia l’oggetto dell’elenco che questo nominare le cose

che dirle assertivamente e non assertivamente abbia un valore politico

assuma valore consumi il valore

senza che questa pratica sia un modello che ci sia l’intenzione

che non ci sia alcuna intenzione che alla fine di detto elenco resti l’eco della voce

le immagini a massa delle parole le une sulle altre

le immagini le intenzioni le enunciazioni

ci si soffermi sulle intenzioni una intenzione sull’altra una folta schiera di intenzioni un rifugio piano

di luoghi comuni di sterpaglie di siepi di viali di vicoli non ciechi o anche ciechi

il rifugio è nella passeggiata al posto della passeggiata ai piedi del Buddha suddetto al cospetto del Buddha di cui sopra al centro dell’occhio del Buddha proprio al suo centro

all’interno del suo occhio fermo immobile remoto

che fissa un punto dello spazio come l’elenco spalmato di parole di termini fissati all’infinito su un piano

letteralmente liminale ai margini della statua del Buddha se il Buddha si spostasse impercettibilmente

se almeno fossimo in grado di percepirne il movimento per vedere scorrere l’infinito elenco di termini

i suoi pezzi uno sull’altro se fatto a pezzi il Buddha una volte per tutte

sostituire l’oggetto con il soggetto senza per questo essere l’oggetto autentico della nostra intenzione

tutto il tremore e la coscienza di stare nei pressi di quei pezzi franti dato che il Buddha è l’espediente e non è l’espediente

per esprimere questo tempo che ci attraversa

attraverso questo spazio che ci attraversa essere il rifugio del Buddha

che non cerca riparo

essere nel rifugio senza il Buddha siamo comunque al riparo

dalla massa di parole spalmate omesse intenzionalmente

che qui non si elencano i pezzi del Buddha fatto a pezzi perché quello che preme dire

va messo da parte

è come non sentirsi a casa propria

non siamo nell’appartamento dove c’è la statuetta del sacro Buddha un aggettivo basta e avanza a sovraccaricarci di una responsabilità quindi mettiamocela tutta

o lasciamo stare

descrivere asetticamente Buddha e pezzi farne un spartito ritmico

uno scarto

con tutto quello che ci sarebbe da dire che cosa salta in mente

nella testa di chi non è il Buddha pezzo dopo pezzo

io non sono il Buddha che cosa vi passa per la testa non vi voglio menare per il naso

sono un soggetto che dice assertivamente toglietemi il Buddha dalla testa

non offritemi riparo

non saldate il conto che vi presenta il senso comune preparate una serie di lastre

fatevi visitare fatevi fare a pezzi

da una serie di copie del Buddha

da una serie di elenchi camuffati da Buddha salitevi addosso l’uno sull’altro

toccatevi fatevi male datevi le forze dei vettori

senza lo slancio delle slavine *

quanti zombi ci sono dentro il film

gli zombi hanno passi lenti sono dei vegetali in pratica

non hanno la capacità di scavalcare i cancelli fanno vedere questi non morti

che si accalcano ai cancelli o dietro le staccionate che scalpitano e urlano

un modo per fare fuori uno zombi è di colpirlo alla testa con un oggetto fracassandogli il cranio

quando accade questo

un uomo si salva e si evita di diventare uno zombi a sua volta

non si sa perché esistano né come riescano a uscire fuori dalla terra

dalle fosse

si vedono sempre persone barricate nei supermarket nascoste che cercano di non fare rumore

per non farsi scoprire

è molto difficile non farsi accorgere da uno zombi quelli che ce la fanno

sono i bravi del film

i quasi sempre bravi nei film

i quasi sempre bravi nelle serie televisive che fanno una bella serie televisiva sugli zombi fatta bene girata bene come un film

dell’orrore che non fa spaventare troppo però c’è molto sangue e corpi a brandelli

bravi attori che fanno la parte principale l’attrice che recita la parte principale sembra che abbia un problema di base un problema relazionale

che traspare da alcuni dialoghi in alcune scene questo viene riportato come se fosse importante ai fini della riuscita del film

l’attrice accetta questa parte che è molto semplice dovrà lottare con gli zombi

contro una massa di mostri che la vogliono far fuori ci riuscirà malgrado in parallelo

i suoi problemi relazionali si faranno sempre più difficili è il bello della storia

fa parte della trama

c’è molta ansia nei corridoi deserti

con un incalzare di immagini spezzate montate apposta per fare più reali le scene degli inseguimenti

lo zombi si accorge dell’attrice che è una persona viva non ancora morsa

allora non bisogna assolutamente farsi mordere dallo zombi bisogna costruire una trama differente

a un certo punto della storia quando le forze vengono meno

e ci si accorge di avere le gambe pesanti e il sole non è abbastanza alto

per vedere le cose all’interno del supermarket quelli del film hanno spento le luci

vogliono davvero fare le cose credibili in modo che non ci siano contraddizioni scene ambigue passi maldestri

la mente di un uomo vacilla tra un passo e l’altro

il cranio è la parte più pesante del corpo fin dalla nascita

i muscoli si rafforzano

quelli dei gracili rimangono gracili quelli dei più atletici si irrobustiscono la testa dondola di qua e di là

lascia un mondo lontano

al di sopra del quale getta uno sguardo se si trova in alto

abbassandosi solo un poco in modo da non precipitare

teste molto pesanti si vedono dondolare altre stanno ben ferme molto salde sono alcuni crani di attori

che hanno studiato un modo per non farsi schiacciare dalle idee

quelli che dal basso hanno la testa davvero pesante che non possono in alcun modo risalire ai piani alti per via di alcune trappole tra un piano e l’altro tipo la porta che non si apre

e fa perdere del tempo prezioso alla testa che intanto corre di qua e di là

rimasti in basso quelli alzano lo sguardo

quel tanto che basta per capire che non ce la possono fare allora per velocizzare il tutto

si fa emettere un suono sinistro non identificabile e quelli che sono in basso sono spacciati

quanto buio occorre per fare una morte lenta per fare la costruzione di una scena

dove uno muore

è universale e cala a lenta tenebra

come una nebbia che avvolge le cose si cambia scena si restituisce il morso

restituisco il morso che mi aveva reso l’attore zombi per farne polpette in un prossimo film

mentre ci si immedesima attraverso una metafora un po’ banale

alla quale ci si affaccia bovinamente abbassando le ciglia scrutando per terra osservando i lati del discorso

scoscesi ai lati del discorso

quello del film o di quello che ti pare quello che mi pare è lontano ed è vicino è prossimo al morso simile alla morte diffusa

nelle metro che sono un’altra ambientazione tipica delle serie sugli zombi pare che il problema relazionale abbia la meglio

presso gli uffici dove si hanno colleghi

dove ci si rapporta giornalmente con persone che fanno il tuo stesso lavoro

allora la voce che senti nel film

torna a dondolare dentro la testa ben salda tutto è saldo e fermo

come il sole con getto straniante di calore al di là dei vetri una mattina che sei pieno di buone intenzioni

che sei leggero che sai che la sera giungerà alla stessa ora

in quel preciso momento senti che l’amore che provi è racchiuso in uno scricciolo o all’interno di una stanza lontana per metà giornata

allora prosegui estraneo e indifferente mentre il tuo amore passa e non passa pesante e leggero

acuto e molle come un mollusco

con tutta la forza che serve al mollusco per rimanere ben saldo allo scoglio

dimenticati gli zombi

il sapore della bocca è tutto dentro la bocca spesa a margine dei costi sociali

fare patto con il personale che ti gira intorno mentre te ne strafotti del tuo dovere

mentre pensi che il tempo a disposizione è poco o che è bene orchestrato

per farti credere che può bastare dal corridoio al morso

passano ombre lunghe che ti recano il sollievo della metafora che sai solo tu

senza mezzi termini per dire

ci pensi come fosse una parte del lavoro che ti pagano per fare ti hanno rovinato

vogliono rovinare occupando le teste più pesanti il loro spazio verde

gli spazi riservati quelli pubblici

una forma di vita che si tende da un’ora all’altra fa una forma dell’uomo che non vuole morire occupandosi di altra gente

facendo il suo dovere per fare una macchina ben oliata che articoli bene i rami della costituzione

che ti hanno illuso che le teste più leggere che ti hanno detto che quelle più pesanti ogni passo ogni parola detta

persa la metafora della luce

la bellezza della luce la sua particolare gradazione le luci che si accendono dentro le case

la morte di giocare senza il patema d’animo la vita e tutto il suo corpo

nel corso del tempo

che cade dentro un abbraccio si scambia la vista del giorno con un margine di cosa legandosi oggetti e amore al discorso che ti resta

all’altra metà del tempo che ti resta l’altra metà del tempo invece resta al di fuori dello scambio

fuori di metafora resta

a memoria la serialità scivolosa del patto che hai istituito con il mondo uno stupore meccanico ai piedi del Buddha una noia grave le spalle del Buddha

povero Buddha strumentalizzato

braccato dal soggetto bisognoso di scambi di oggettivare tutta la paura e le colline i corridoi le strade

gli interni degli appartamenti che non fanno testo

*

il regista di un film

decide di girare una scena in cui

una grande quantità di banconote viene gettata nella tazza del wc tutti quelli del film

compreso il regista

pensano che sia una delle scene fondamentali del film una scena forte dimostrativa

la scena dura quattro forse cinque minuti