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L’ASSETTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO DEI TERRITORI INTERESSATI DA INSEDIAMENT

DEL TERRITORIO MARIO PARISE

1. L’ASSETTO GEOLOGICO-GEOMORFOLOGICO DEI TERRITORI INTERESSATI DA INSEDIAMENT

RUPESTRI

L’uomo ha realizzato da sempre cavità artificiali, scavate con modalità differenti in dipendenza della funzione che l’ambiente ipogeo doveva rivestire, nonchè dei caratteri della roccia oggetto di scavo (Cappa, 1999). Specialmente quando venivano progettate numerose cavità, tra di esse collegate, o quantomeno interconnesse a costituire un unico sistema, le antiche popolazioni erano obbligate a fronteggiarsi con il territorio circostante, ed a operare scelte finalizzate al raggiungimento dell’obiettivo di realizzazione di un insediamento o una struttura fortificata (Bixio et al., 2002).

Gli elementi da tenere in conto nella realizzazione di cavità artificiali variano in funzione della tipologia di cavità e delle sue caratteristiche (dimensioni, profondità di scavo, ecc.), nonché delle tecniche costruttive. In ogni caso, il locale assetto geologico è fondamentale da considerare, intendendo con questo qualunque fattore di natura litologica, morfologica e idrogeologica che possa condizionare e vincolare l’attività di scavo e/o la successiva fruizione della cavità (Tabella 1).

Litologicamente, le rocce maggiormente oggetto di realizzazione di cavità artificiali sono i tufi vulcanici e le calcareniti recenti (in genere di età variabile dal Pliocene al Quaternario, e frequentemente indicate con il termine improprio di “tufi calcarei”). Ciò non significa che altri litotipi non possano essere oggetto di scavo, da depositi poco cementati (sabbie, conglomerati, e, più in generale, depositi alluvionali), a rocce dure come il calcare. Chiaramente, in funzione delle principali caratteristiche litologiche si realizzeranno cavità di dimensioni e tipologie diverse: ad esempio, in rocce a basso grado di cementazione le cavità non hanno in genere elevato sviluppo, essendo particolarmente propense a crolli e distacchi, mentre gli scavi in ammassi rocciosi particolarmente duri implicano maggiore fatica e quindi avvengono in genere con spechi di limitato diametro e altezza (De Marco et al., 2008).

1.1. SCELTA DELL’UBICAZIONE DELLE CAVITÀ ARTIFICIALI

La scelta del luogo dove realizzare cavità artificiali è la prima fase in cui è necessario conoscere, almeno per caratteri generali, la geologia del territorio. Ciò vale specialmente nel caso di complessi insediativi che prevedano un notevole numero di cavità, spesso in connessione diretta tra loro o su più livelli. I vincoli di natura geologica (sufficiente resistenza meccanica degli ammassi rocciosi, ai fini dell’auto-sostentamento delle volte) vanno poi considerati congiuntamente ad altri

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elementi, quali quelli connessi alla necessità di controllo del territorio, di inaccessibilità o quantomeno difficoltà nell’accedere ai luoghi, di disponibilità di acqua.

Profonde e strette valli risultano particolarmente utili in tal senso: la realizzazione di cavità artificiali sui fianchi delle valli, possibilmente dislocate a una certa altezza dal fondo delle stesse, soddisfa indubbiamente i criteri di difesa da eventuali attacchi e la necessità di controllo del territorio, garantendo allo stesso tempo sicurezza nel caso di verificarsi di eventi di piena (Parise, 2007). E’ ad esempio questo il caso delle gravine che caratterizzano l’arco jonico tarantino, costituendo il principale elemento di raccordo morfologico tra le Murge Tarantine e il Mar Jonio (Tropeano, 1992; Parise et al., 2003; Marangella & Parise, 2008, 2010; Parise, 2008a). In pratica tutte le gravine sono state occupate in varie epoche da insediamenti civili e/o da luoghi di culto, a testimonianza dell’enorme importanza storica di tali luoghi (Fonseca, 1970) ma, allo stesso tempo, della concomitanza di una serie di favorevoli elementi naturali e geologici che hanno indotto le antiche popolazioni a stabilirsi in tali ambienti. In maniera analoga, seppur non diffusamente come nel Tarantino, in altri settori del territorio pugliese si sono sviluppati ulteriori insediamenti: è il caso, ad esempio, del Salento leccese (Sammarco et al., 2008; Sammarco & Parise).

Una volta cessato il periodo di fruizione delle cavità artificiali (a sua volta dipendente dalla funzione dell’ipogeo, nonchè dalle vicende storiche dei luoghi), ha inizio una fase di abbandono delle stesse, talvolta con chiusura degli accessi, che inevitabilmente conduce nel tempo a un decadimento delle caratteristiche di resistenza del materiale roccioso. Fenomeni di degrado delle parti più esterne degli ammassi rocciosi, indeboliti dall’attacco degli agenti esogeni e dai processi di alterazione (weathering), sono tra i principali fattori che possono innescare dissesti locali o veri e propri crolli (Pecorella et al., 2004). Questi sono inoltre favoriti da azioni ad opera dell’uomo, quali manomissioni dell’originario assetto delle cavità (ad esempio, eliminazione di pilastri, approfondimento degli scavi, ecc.), o utilizzo degli ambienti ipogei per scaricare indebitamente rifiuti, sia di natura solida che liquida (De Giovanni et al. Parise). Cavità abbandonate possono, inoltre, essere soggette a intensi fenomeni di infiltrazione ad opera delle acque piovane, che a loro volta concorrono al generale degrado della roccia.

In definitiva, si vengono a creare condizioni sfavorevoli alla stabilità (Figg. 1 e 2), che di frequente determinano lo sviluppo di frane tipologicamente riconducibili a crolli, ribaltamenti e scorrimenti planari, con distruzione di importanti cavità artificiali. Anche laddove l’evoluzione del dissesto non è ancora giunta a determinare effettivi crolli, si possono aprire lesioni beanti, che caratterizzano specialmente le porzioni più esterne delle pareti rocciose,

Fig. 3. Fratture beanti negli ambienti della Farmacia del Mago Greguro (PU/ CA 827) a Massafra. Le fratture derivano da rilascio tensionale della parte più esterna della gravina, e si seguono con continuità all’interno di gran parte degli ambienti ipogei.

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a causa di fenomeni di rilascio tensionale (Figg. 3 e 4). Il tutto può anche determinare rischi per l’ambiente sovrastante, specie se quest’ultimo è oggetto di espansione urbanistica (Parise, 2008b; Barnaba et al.).

1.2. DISPONIBILITÀ DI RISORSE IDRICHE

In aggiunta agli elementi geologici e morfologici dei territori in cui si andavano a realizzare le cavità artificiali, un fattore fondamentale era costituito dalla disponibilità di risorse idriche, che dovevano far fronte alle necessità del costruendo insediamento. Sistemi di approvvigionamento d’acqua, intesi come costituiti da opere per la raccolta, l’incanalamento, il trasporto, la conservazione e l’utilizzo di acqua, furono quindi da sempre di fondamentale importanza per tutte le civiltà (Castellani, 1999; Laureano, 2001). Non a caso, tra le cavità di origine antropica di maggiore importanza e rilievo, con molteplici esempi giunti in ottimo stato di conservazione ed ancora funzionanti ai giorni nostri, vi sono gli antichi acquedotti ipogei, oggetto tra l’altro di uno specifico progetto di ricerca a cura della Commissione Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana (Parise et al., 2009; Del Prete & Parise, 2010).

Fig. 4. Evidenti fratture in cavità artificiali: a sinistra, una parete della Chiesa Rupestre della Candelora (PU/CA 301) a Massafra; le altre due immagini riguardano cavità all’interno della Gravina di Petruscio, in territorio di Mottola.

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Si tratta di opere anche di carattere monumentale, talora lunghe decine di chilometri, con gran parte del percorso sotterraneo, e che quindi hanno richiesto notevole perizia ed abilità tecnica da parte degli antichi, sia in fase di progettazione che nella realizzazione dell’opera stessa. A ciò va aggiunta la indubbia conoscenza idrogeologica dei territori, dato che di frequente le acque che andavano ad alimentare tali acquedotti derivavano da sorgenti di non facile reperibilità e captazione.

2. CONCLUSIONI

Insediamenti rupestri di varie epoche caratterizzano vasti territori dell’Italia meridionale. I molteplici interessi ad essi legati, da quello storico-archeologico, a quello religioso, a quello naturalistico, devono di frequente fare i conti con un generale stato di abbandono dell’ambiente naturale e, in tale contesto, delle stesse cavità artificiali che costituiscono gli insediamenti. Gli studiosi interessati, al pari dei turisti o dei semplici visitatori occasionali, si trovano pertanto a muoversi in situazioni che talora sono ai limiti della stabilità, e che quindi potrebbero potenzialmente non garantirne la sicurezza.

Risulta quindi fondamentale, anche al fine dello studio degli insediamenti rupestri, avvalersi di specifiche competenze speleologiche e geologico-applicative, al fine di poter appieno valutare le condizioni di stabilità dei luoghi, nonché la possibile evoluzione in senso negativo di eventuali lesioni o discontinuità presenti. In questa nota si è cercato di fornire un primo contributo su quegli elementi di natura geologica e morfologica alla base della scelta dei luoghi in cui ubicare gli insediamenti rupestri, allo stesso tempo evidenziando la necessità di uno specifico approccio di studio indirizzato alla valutazione della stabilità degli ambienti ipogei e delle strutture eventualmente presenti al di sopra di questi. Tali ricerche trovano pieno spazio all’interno di una completa analisi territoriale degli insediamenti rupestri e dei contesti naturali in cui questi si inseriscono.

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UNDERGROUND PASSAGES IN DEFENSIVE STRUCTURES OF EASTERN TURKEY: THE