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UNDERGROUND PASSAGES IN DEFENSIVE STRUCTURES OF EASTERN TURKEY: THE CASES OF BITLIS, AHLAT AND AN

3. I CAMMINAMENTI SOTTERRANEI DELLA CIT TÀ DI AN

Ani, situata nella provincia turca di Kars (Fig. 1.01), fu capitale del Regno di Armenia dal 961 al 1045. Successivamente passò sotto i Bizantini, nel 1064 venne distrutta dai Selgiuchidi di Alp Arslan, ma presto rifiorì con un periodo di fulgore che si estende dal 1099 al 1236, quando fu conquistata dai Mongoli. Fino al XIV secolo la città fu dominata da una successione di dinastie turche, tra le quali i Karakoyunlu, che ne fecero la loro capitale. Ani venne conquistata pure da Tamerlano (1380 circa) e poi dai Safavidi, fino a quando entrò nell’impero Turco-Ottomano nel 1579, ormai ridotta a un villaggio semi abbandonato (KEVORKIAN 2001a). Già a partire dal 1892 Ani fu oggetto di scavi archeologici, condotti dall’Accademia Imperiale delle Scienze di San Pietroburgo sotto la direzione di Nikolai Yakovlevich Marr (KEVORKIAN 2001b). La missione archeologica russa ha continuato a lavorare sul sito di Ani fino alla rivoluzione dell’ottobre del 1917 per studiare i resti

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monumentali della città che fu edificata su una sorta di piattaforma triangolare delimitata da profondi canyon che tagliano le rocce vulcaniche dell’altopiano. Nel corso di queste ricerche, nel 1915, David Kipshize, un membro della spedizione guidata da N.Y. Marr, indagò le cavità artificiali ubicate lungo le pareti dei canyon. Egli individuò, esplorò e classificò oltre 800 cavità, per la maggior parte delle quali disegnò delle mappe, anche se senza un preciso orientamento. La spedizione del 2004 del Centro Studi Sotterranei è stata finalizzata a verificare lo stato del patrimonio rupestre rispetto alle indagini di 90 anni prima (BIXIO et al. 2009b).

Di seguito sono presentati e discussi i risultati delle indagini in due ipogei che si sono rivelati tra i più interessanti tra quelli appartenenti ai tipi qui trattati (gallerie e camminamenti, ad uso civile e bellico).

Per quanto riguarda il primo ipogeo, Kipshize riporta la denominazione ‘Ghedan Ghyalmas’, la cui traduzione dovrebbe corrispondere a ‘a chi entra non è dato uscire’. Si tratta di un insieme di strutture (Fig. 3.01 e 3.02) sotterranee scavate nel tufo, costituite principalmente da un lungo passaggio, direzionato Est-Ovest, il cui ingresso rettangolare (punto 1), di circa 1x1.2 m, si apre nella falesia sottostante la chiesa di S. Grigor di Tigran Honents, all’estremità orientale della cinta urbana. Dopo alcuni metri dall’ingresso una breve diramazione (punto 2) sulla destra del cunicolo superiore (Fig. 3.03) conduce ad un pozzo di pochi metri che scende sulla volta di un vasto ambiente (camera) dal quale si diparte un ulteriore condotto (cunicolo inferiore). La morfologia e l’approssimativa esecuzione di questo breve tratto suggeriscono con forza di essere in presenza di un collegamento realizzato in tempi posteriori tra due sistemi ipogei originalmente indipendenti. Il cunicolo superiore ha uno sviluppo di 89m e termina intercettando (punto 12, bivio) un condotto con andamento ad esso ortogonale (cunicolo trasversale) lungo 14m. Questa diramazione da un lato è totalmente occlusa da un cospicuo deposito di pietrisco (tralasciamo le ipotesi sulla probabile congiunzione con la cavità A1, esterna alla cinta muraria). Dall’altro raggiunge, dopo 10m, la base di un pozzo (punto 13), largo circa 1m, che si innalza verso la superficie con andamento quasi, ma non perfettamente, verticale la cui altezza è valutabile, per la porzione visibile dal basso, attorno ai 15m. La risalita non è stata effettuta perchè, oltre ad essere molto difficoltosa, è anche assai pericolosa per l’incombente possibilità di caduta di massi dall’alto.

Il cunicolo superiore di cui stiamo trattando presenta una serie di rilevanti caratteristiche che meritano una dettagliata discussione. È innanzitutto da notare che anche in assenza di interramenti, l’altezza originaria del tunnel non supera circa 1.1m, consentendo il passaggio di essere umani solo a patto di procedere carponi.

Altra particolarità da notare è che il cunicolo a 30m circa dall’ingresso presenta, con quattro successive deviazioni ad angolo retto, un diverticolo (punti 3-4). Immediatamente dopo quest’ultimo, sulla volta del condotto si apre un breve camino ascendente cieco (punto 5): una cavità cilindrica di circa 60cm di diametro che raggiunge dal suolo un’altezza di circa 1.90m, tale cioè da ospitare un uomo in posizione eretta. Da qui il condotto svolta leggermente sulla sinistra, sino a raggiungere ancora una volta la base di un camino del tutto analogo a quello precedente (punto 6). Questa volta la cavità però sbocca in un piccolo ambiente, una camera semicircolare il cui suolo in forte pendenza riguadagna prontamente la quota originale del condotto (punti 6-6b). Tutto questo sistema appare ricavato in un banco di tufo omogeneo, talché si deve concludere che esso non derivi da necessità dettate da cambiamenti litologici, ma rappresenti una deliberata caratteristica progettuale, una sorta di ‘trappola’ (Fig. 3.04: vedi discussione e conclusioni). Più oltre, nel punto 11, prima del bivio, vi è un breve rialzo del soffitto che potrebbe essere un terzo camino.

Passando al cunicolo inferiore (punti 18-21), come mostrato nel rilievo, esso inizia con una grande camera quadrilatera sulla cui volta sbuca il pozzetto con cui termina la breve diramazione del condotto superiore. Il dislivello totale è di 5.50m. Il condotto, con ingresso a arco e poi a sezione rettangolare, largo circa 0.53m e alto circa 0.70m, ha uno sviluppo di 34m e termina per interruzione degli scavi (punto 21). Questa opera non venne mai completata e proprio per questo motivo la sua funzione è ben lungi dall’essere accertata.

La collocazione del tunnel ‘Ghedan Ghyalmas’ nel contesto del territorio circostante vede la verticale del pozzo (punto 13) posizionata ben all’interno del perimetro murario, circa 30m a ovest della chiesa di S. Grigor, e 80m in linea d’aria dall’ingresso del cunicolo superiore. Sulla corrispondente superficie del pendio non è possibile individuare tracce di un eventuale ingresso, in quanto l’area è attualmente ricoperta da una estesa massa di rovine degli antichi edifici esterni, completamente crollati, invasi da una fitta vegetazione erbacea. L’ingresso del cunicolo superiore (punto 1) è invece posizionato sotto il bordo esterno della falesia, in prossimità della posterla d’Aryuz (porta di emergenza mimetizzata nella cinta muraria). Difficile valutare la relazione tra la struttura sotterranea, la posterla e le tracce di una cortina muraria, ormai scomparsa, dinnanzi l’imbocco del cunicolo stesso, datata al periodo dei Principi Zakarian sotto il controllo georgiano (1199- 1236) (DANGLES, FAUCHERRE 2001: p. 197; BIXIO et al. 2009b: p. 46/75-76).

Il secondo passaggio - che abbiamo chiamato Tunnel degli Orti - si trova ai piedi della rupe del sito Tsagkotsazor D, in orografica sinistra, dove si apre

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l’imboccatura di un’ampia galleria che risale verso il lato occidentale della città.

L’estremità superiore è bloccata da un crollo e attualmente non si può entrare nell’area urbana, benché il passaggio arrivi proprio sotto le mura, presso il luogo che Kipshize chiamò Porte Segrete. Il toponimo sembrerebbe dunque attribuire particolare significato alla topografia.

Le Fig. 3.05 e 3.06 riportano pianta e sezione della galleria. Il passaggio è costituito da un corridoio lungo oltre 90m, ampio, alto, con un tratto gradinato (Fig. 3.07). La struttura presenta una prima parte con soffitto a volta (punti 1-6), successivamente una sezione nettamente quadrata. Su questa galleria, in parte crollata e interrotta, si possono compiere alcune considerazioni generali.

Pare innanzitutto evidente che la grande curva a gomito compiuta dal tunnel (punti 6-8) risponda con buona probabilità all’esigenza di superare l’altezza della rupe mantenendo la pendenza, già piuttosto ripida, entro limiti accettabili.

Il dislivello totale tra ingresso a valle e ingresso a monte è di 25m.