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PROBLEMS OF CATACOMBS PRESERVATION DANIELA CONCAS

1. LE CATACOMBE CRISTIANE DI ROMA E DEL LAZIO

1.1. BREVI CENNI SUI CARATTERI ARCHITETTO- NICI

Seppellire i defunti in ambienti sotterranei è un fenomeno noto fino dagli Etruschi, dai Sabini e dai Romani. Dalla fine del II sec. con il cristianesimo si sviluppano sepolcreti ipogei per ospitare tutta la comunità in un’unica necropoli. La realizzazione delle catacombe a Roma e nel Lazio è possibile grazie alla struttura geologica del sottosuolo, costituito da un terreno tufaceo o comunque solido e facilmente scavabile, ottimo per la tenuta statica dei vani tipici di questa tipologia monumentale. Talvolta vengono anche riutilizzate strutture esistenti e abbandonate, come cave di pozzolana o cisterne a cunicoli. L’impianto planimetrico peculiare di questi cimiteri collettivi, rispetto ai coevi sepolcreti sotterranei pagani, si sviluppa inizialmente su una lunga galleria, generalmente a una profondità di 7-8 m, alla quale si accede direttamente dal piano di campagna attraverso una scala. Su questa si imposta una rete di cunicoli disposti ortogonalmente e, poi, parallelamente alla matrice. Le gallerie (ambulacra) vengono scavate nel terreno seguendo l’andamento geologico degli strati della roccia vulcanica più tenera. Esse sono coperte con volta a botte a tutto sesto o ribassata oppure con una superficie piana. Spesso si articolano su livelli sovrapposti (catacomba catabatica) collegati da scale, arrivando in alcuni esempi fino a cinque piani. Questo schema aperto permette ulteriori ampliamenti, rendendo con il tempo le catacombe sempre più estese. Sulle superfici perimetrali si ricavano le sepolture ordinarie disposte in pile (loculi e arcolsoli) e le camere sepolcrali familiari (cubicoli). L’utilizzo degli spazi è di tipo intensivo e la forma dei vani risulta diversificata, derivando dalla facilità del terreno di essere scavato. Sia gli ambulacra che gli ambienti sono illuminati da una serie di lucernai, aperti nelle coperture, che raggiungono

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la superficie. Accanto alle tombe vengono sistemate delle lucerne di argilla o di terracotta, che bruciano olio vegetale o grasso animale. Questa architettura in negativo viene arricchita da brani di arte decorativa e narrativa in affresco, mosaico e marmo, secondo un linguaggio figurativo della ‘maniera del tempo’ con riferimenti simbolici alle espressioni della fede cristiana.

Il culto dei martiri e dei vescovi dalla seconda metà del IV sec. sviluppa un incremento di vani cultuali (tombe a mensa) e, di conseguenza, delle visite devozionali. Vengono così potenziate le scale d’ingresso. Con ulteriori pozzi di luce e lucerne viene indicato ai devoti un percorso monodirezionale verso la tomba del santo e vengono illuminate le decorazioni più significative, ricreando un’atmosfera fortemente suggestiva tramite dei giochi di luci e ombre. La consuetudine di tumulare i defunti all’interno delle catacombe si attesta fino ai primi decenni del V sec.. Da questo momento in poi si seppelliscono all’interno della città e le catacombe vengono frequentate solo per devozione verso i santi.

Nella prima metà del VI sec. si ricavano ulteriori cappelle cultuali di modeste dimensioni e di forma irregolare, ottenute dalla trasformazione o rifusione di vani preesistenti, dotate di altare con le reliquie dei martiri e illuminate da grandi lucernai. Entro i primi decenni dei VII sec., per volontà dei pontefici, vengono realizzate delle vere e proprie basiliche semipogee a tre navate con endonartece e, alle volte, matronei. Già dalla metà del VII sec. si comincia a traslare le spoglie dei santi all’interno delle chiese urbane a causa dei danneggiamenti avvenuti durante le vicende belliche tra il VI sec. e il IX sec. e della sempre più difficile manutenzione, che portano al progressivo e, alla fine, definitivo abbandono anche dei luoghi di culto.

1.2. ANALISI SUL RAPPORTO TRA LO SPAZIO ARCHITETTONICO E L’INSERIMENTO DEGLI IM- PIANTI TECNOLOGICI

Tutte le catacombe lungo il percorso di visita sono oggi provviste d’impianti tecnologici elettrici e, in particolare, di quello d’illuminazione e di sicurezza. I cavi dell’impianto elettrico vengono in tutti i casi sempre lasciati a vista. A volte, essi sono raccolti in gruppi per potere raggiungere le diverse zone da servire, ma si intuisce che sono il risultato di successive sovrapposizioni in quanto sono di spessore e di colore diverso.

Per la maggior parte del tragitto essi vengono ancorati direttamente alla parte superiore delle pareti perimetrali o alle coperture con cambrette di plastica o metallo e chiodini circa ogni 20-50 cm. In alcuni tratti, invece, per infilarli a livello con le superfici vengono eseguite delle lunghe incisioni di spessore circa di 2 cm. Oppure vengono realizzate delle piccole o medie brecce per ottenere dei passaggi più corti. Infine, raramente, vengono inseriti

sottotraccia nel pavimento, non visibili. Le scatole di derivazione per lo smistamento dei percorsi elettrici e le placche degli interruttori vengono fissate e, alle volte, un po’ incassate nelle pareti dei muri perimetrali. I quadri elettrici sono generalmente collocati in un locale tecnico appositamente predisposto al piano di campagna.

In passato il cammino negli ambulacra veniva illuminato naturalmente tramite i fasci di luce che penetravano dall’esterno attraverso i lucernai e artificialmente con il bagliore delle tremule fiammelle delle lucerne per rispondere sia alle esigenze cultuali verso i defunti sia a quelle devozionali verso i martiri.

Queste non differiscono sostanzialmente da quelle attuali di ordine museale in quanto il fine rimane quello di portare la luce nell’oscurità per illuminare un percorso di visita e alcuni punti focali, anche se per motivazioni differenti. Nel tempo si è solamente integrato il sistema naturale inserendo un impianto d’illuminazione a energia elettrica per agevolare le azioni proprie, individuali e collettive, come camminare, osservare e meditare. L’illuminazione viene suddivisa in generale per evidenziare distintamente le caratteristiche architettoniche delle gallerie con gli ambienti limitrofi e l’itinerario con il duplice scopo di salvaguardare l’incolumità dei visitatori e di segnalare il percorso museale; localizzata per esaltare le decorazioni o gli oggetti presenti. In alcuni casi le luci dei vani laterali vengono accese solo nel momento di visita. Nella scelta dei nuovi apparecchi illuminanti si sono riscontrate soluzioni estremamente varie a soffitto e a parete ancorate con cambrette. Si passa dai corpi luminosi tipo da cantiere dotati di griglia anteriore, ai proiettori, ai fari, alle plafoniere etc.. Anche la gamma delle lampadine risulta molteplice: a incandescenza, a fluorescenza, alogene, neon etc..

Non solo la legislazione civile, ma anche il Codice di Diritto Canonico (can. 1220, c. 2) indica che siano previsti «per proteggere i beni sacri e preziosi […] gli opportuni mezzi di sicurezza». L’impianto di sorveglianza e sicurezza prevede sistemi di allarme per monitorare e proteggere da eventuali danni o furti le cosiddette zone sensibili.

Anche nelle catacombe vengono inseriti i sistemi di allarme con sensori a infrarossi di tipo volumetrico, che segnalano la presenza di un volume in movimento in quell’area, e di tipo perimetrale, che difendono uno spazio o una decorazione di pregio.

Essi rilevano la presenza di estranei anche solo in determinati orari, ma non innescano un tempestivo intervento. Per questo motivo, in alcuni casi, vengono combinati con gli impianti di video-sorveglianza a telecamere, molto efficaci come strumenti di deterrenza, le quali permettono il controllo in tempo reale da parte di un operatore anche non specializzato. Le immagini trasmesse vengono visualizzate su degli schermi, che sono posizionati in ambienti al piano di campagna. Queste

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apparecchiature sono di ridotte dimensioni e vengono sistemate in punti strategici. Vengono sempre adoperati impianti con i cavi elettrici a vista ancorati con cambrette. Generalmente il pavimento del percorso di visita è quello originario scavato nel tufo, risultando una superficie con piccoli rilievi e scivolosa quando il livello di umidità è molto alto; pertanto poco agevole per anziani e bambini. Alle volte, viene delimitato il cammino con ringhiere in profilati metallici.

Lungo le pareti delle gallerie, in alcuni punti, vengono inserite le segnalazioni del percorso di visita con frecce e catarifrangenti circolari e quelle delle vie di fuga e delle uscite di emergenza tramite la cartellonistica in alluminio o elettrica. Tutti questi indicatori vengono ancorati con chiodini metallici. In alcuni casi si trovano anche dei sistemi antincendio per lo spegnimento dei fuochi e in particolare degli estintori appoggiati o appesi alle pareti laterali all’ingresso e all’uscita del percorso.

1.3. ANALISI DEI PROCESSI DI ALTERAZIONE E DI DEGRADO

Le problematiche sono quelle tipiche dei siti sotterranei in uso, nei quali, le alterazioni e il degrado dei materiali si imputano alle variazioni del microclima originario e al trascorrere del tempo, responsabile a volte, anche di dissesti strutturali. Queste vengono poi amplificate dall’inserimento degli impianti tecnologici, in particolare di quello d’illuminazione, che pongono una ulteriore serie di questioni di ordine conservativo della ‘materia’ storica, sia strutturale che decorativa.

Innanzi tutto bisogna sottolineare che i vecchi impianti elettrici, non più a norma, sono stati adeguati ai sensi della legislazione attuale, peraltro non obbligatoria, ma consigliata per gli edifici tutelati. Prevalentemente vengono scelti i cavi elettrici bianchi o grigi risultando ben visibili sulle superfici di tufo dalle nuance dell’ocra anche perché occupano spesso una massa considerevole. La realizzazione di lunghi solchi sottili, d’incavi e di forellini per l’ancoraggio alle superfici infierisce sulla ‘materia’ strutturale e costitutiva dell’immagine delle catacombe. Esse derivano dall’escavazione del terreno, che è stato plasmato diventando architettura portatrice di valori storico-artistici e di quelli relativi alle tecniche costruttive peculiari di questa tipologia monumentale. L’impianto d’illuminazione viene realizzato principalmente per rispondere alle esigenze di musealizzazione, tenendo in secondo piano quelle della conservazione della ‘materia’ storica strutturale e decorativa. Non sono presenti specifici livelli d’illuminazione a seconda che si tratti di sottolineare il percorso di visita o il partito architettonico e ornamentale. Generalmente i flussi di energia luminosa vengono calibrati in modo identico per gli ambienti e le decorazioni. Oppure grandi emissioni

vengono acriticamente rivolte a un singolo elemento, soddisfando più lo standard quantitativo che i parametri idonei alla conservazione. Lo stesso vale anche per i differenti materiali (tufo, affresco, mosaico, marmo, laterizio, etc.) che richiederebbero luminosità distinte per limitarne il degrado. L’allestimento del sistema d’illuminazione contribuisce a provocare attacchi biologici. Soprattutto si sviluppa l’alga verde, specie che vive in ambienti umidi e ad alte temperature. Infatti, se ne trovano estese colonie nelle zone raggiunte dalle sorgenti luminose. Le lunghezze d’onda corte, invece, provocano lo scolorimento o i fenomeni di polverizzazione dei dipinti murali.

La modifica dei parametri della temperatura e dell’umidità relativa viene provocata anche dall’ingresso dei visitatori, i quali aumentano la concentrazione di anidride carbonica. I prodotti inquinanti (anidride carbonica, anidride solforosa, ossidi di azoto e idrocarburi) in ambienti con un tasso molto alto di umidità producono acidi, accelerando i processi di degrado sulle superfici. L’acido solforico reagendo con il carbonato di calcio presente nell’intonaco forma il solfato di calcio biidrato (gesso). In questo modo nei dipinti murali vengono favorite le reazioni di dissoluzione del carbonato di calcio dell’intonaco, formando una patina bianco grigia. I mosaici appaiono già altamente compromessi per l’alto tasso di umidità, che non agevola la loro conservazione. In questi, inoltre, i fattori termoigrometrici provocano il distacco delle tessere per l’azione combinata delle correnti umide e dei raggi infrarossi.

Generalmente le superfici dei diversi materiali, essendo fredde, risultano velate da goccioline in quanto la temperatura dell’aria adiacente ha raggiunto il punto di rugiada (condensa) e l’umidità il 100% di umidità relativa (saturazione). La condensazione rappresenta un fenomeno dannoso soprattutto per le pitture murali. Inoltre quando la temperatura sale l’acqua all’interno del sottosuolo, struttura portante delle catacombe e che contiene materiali disciolti (sali solubili), evapora formando l’efflorescenze e le superfici fredde, saline. La presenza di acqua a causa delle infiltrazioni della pioggia, che penetra dai lucernai, contribuisce ad aumentare i deterioramenti. Inoltre sulle superfici limitrofe ai pozzi di luce si sviluppano delle piante superiori con un apparato radicale.

Il passaggio delle persone muove l’aria, che solleva polveri, spore e altre particelle presenti sul pavimento. Gli inquinanti esterni entrano sia attraverso gli ingressi ai cunicoli, sempre senza porte, sia attraverso i vestiti e le scarpe dei visitatori. Mentre le candele e gli incensi adoperati durante le celebrazioni liturgiche negli ambienti adibiti all’uopo rappresentano fonti interne di fumi. Tutto ciò, oltre ad essere tossico per gli esseri umani, provoca una maggiore polverosità dell’ambiente, i depositi neri sulle superfici, le variazioni cromatiche e le patine giallastre o bruno scuro sulle opere pittoriche. La

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velocità di adagiamento delle polveri viene incrementata dall’interazione tra i movimenti d’aria che generano condensa.

L’incidenza sincronica di tutti questi fattori provoca deterioramenti, talvolta irreversibili, ai diversi materiali, che, dopo essere stati restaurati, andrebbero monitorati sulla base di un piano di conservazione preventiva e programmata.