PARTE I - I reports sulla conflittualità nei singoli servizi pubblici essenziali
7. Igiene ambientale (a cura di Dario Andreutto e Tiziana Sorbello)
7.5. Attività consultiva e interpretativa
Alcune problematiche sono sorte in relazione all’applicazione del “Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, del 14 marzo 2020 (come integrato e raffinato dal Protocollo del 24 aprile 2020) e del “Protocollo ambiente” del 19 marzo 2020. In particolare, ha destato problematiche applicative la costituzione dei Comitati aziendali per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione, che prevede la partecipazione dei soggetti sindacali deputati alla contrattazione di II livello (R.S.U.) congiuntamente alle strutture territorialmente competenti delle OO.SS. nazionali stipulanti il C.C.N.L. applicato in azienda e sulla validità dei regolamenti di sicurezza non sottoposti alla verifica dei Comitati.
La Commissione, in varie occasioni e in risposta a specifici quesiti, ha fornito il proprio contributo interpretativo partendo dal presupposto che i Protocolli siglati da Governo e Parti sociali, improntati ad una filosofia partecipativa e concertativa, necessitavano, per svolgere al meglio la propria funzione, della collaborazione di tutti i soggetti coinvolti tanto nella predisposizione e successiva implementazione delle misure di salvaguardia della salute dei lavoratori, quanto per la verifica e controllo della loro corretta applicazione.
In particolare, la Commissione ha ritenuto fosse comunque necessaria l’inclusione delle strutture sindacali firmatarie del CCNL territorialmente competenti nel Comitato di sicurezza, in conformità con quanto stabilito dal Protocollo, anche nelle ipotesi in cui risultassero minoritarie rispetto alla composizione della R.S.U., in quanto necessario collegamento con le strutture nazionali firmatarie dei Protocolli e deputate a proporre eventuali affinamenti e implementazioni delle misure di salvaguardia adottate a livello nazionale.
Inoltre, la Commissione, con riferimento alle Aziende che operano a livello ultraprovinciale, ha considerato ragionevole che la struttura territoriale titolata a partecipare al Comitato fosse individuata nella Segreteria regionale dell’Organizzazione sindacale firmataria del CCNL applicato in Azienda.
Infine, in quelle situazioni in cui le misure di salvaguardia della salute dei lavoratori erano state adottate dall’Organizzazione aziendale prima che venissero sottoscritti i Protocolli tra Governo e parti sociali, e solo successivamente ratificate dalle RSU e RLSA dei diversi impianti, la Commissione ha espresso il parere che le stesse avrebbero dovuto essere nuovamente sottoposte alla verifica del Comitato aziendale una volta costituito coinvolgendo anche le strutture territoriali delle Organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL applicato.
In tema di definizione delle prestazioni indispensabili, un rilevante spunto di riflessione è stato offerto da una problematica sorta nell’impianto di trattamento dei rifiuti di Modena, di proprietà di Herambiente S.p.A. I lavoratori che operano presso l’impianto sono alle dipendenze non di Herambiente bensì di Gea Service S.r.l., titolare di un contratto di appalto affidato attraverso una procedura di gara ad evidenza pubblica e avente ad oggetto la conduzione operativa dell’impianto per il trattamento indistinto e integrale dei rifiuti urbani e speciali. L’interessamento della Commissione è stato sollecitato da alcune azioni di astensione collettiva poste in essere dai
dipendenti di Gea Service per protestare contro il dumping contrattuale risultante dall’applicazione nei loro confronti del CCNL Multiservizi anziché del CCNL Igiene ambientale. L’Azienda, preso atto della proclamazione dello sciopero, ha predisposto un Piano delle prestazioni indispensabili che prevedeva il comando di quote di personale notevolmente superiori ai massimi stabiliti dalla legge (1/3 del personale impiegato e/o il 50% del servizio normalmente reso). Chiamate in causa dalla Commissione Hera (titolare del servizio di raccolta) e Herambiente (concessionaria dell’impianto) precisavano che l’impianto di Modena, “per ragioni di
carattere ambientale e di sicurezza”, necessita di un “funzionamento pressoché continuo”, con la conseguenza inevitabile che, in occasione di uno
sciopero, il contingente di personale esonerato dovrebbe essere di entità tale da garantire valori prossimi al 100% della prestazione ordinariamente assicurata, tenuto conto che la prestazione indispensabile prevista dall’Accordo nazionale per questa tipologia di servizio consiste nel trattamento dei rifiuti provenienti dalle prestazioni indispensabili di cui alle lettere a), b), e c) dell’art.8 dell’Accordo nazionale del 1° marzo 2001 “e da
altri mezzi eventualmente in servizio”.
A tale proposito, la Commissione, pur nella consapevolezza che gli impianti per il trattamento dei rifiuti, occupando la parte centrale della filiera del ciclo dei rifiuti (raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento, recupero e smaltimento), assumono un ruolo particolarmente strategico e condizionano l’operatività degli altri segmenti del servizio, ha chiarito di non condividere un’interpretazione che, “neutralizzando” gli effetti dello sciopero, è di dubbia legittimità anche costituzionale. L’effetto paradossale di tale interpretazione sarebbe quello di privare i lavoratori di qualsiasi strumento di protesta nei confronti del fenomeno, oggi sempre più diffuso, del dumping contrattuale e dell’elevata disparità di trattamento economico e normativo all’interno delle filiere, che costituisce una tipica finalità contrattuale sottesa all’esercizio del diritto di sciopero, proprio negli impianti più esposti al fenomeno.
In proposito, va ricordato, da un lato, che l’art. 9 dell’Accordo sottolinea come alle prestazioni indispensabili vada adibito solo “il personale
strettamente necessario”, dall’altro che, questa Commissione e l’Autorità
giurisdizionale hanno riconosciuto, nel tempo, che soltanto in alcuni casi eccezionali la quota del personale da esonerare in caso di sciopero possa essere tale da garantire il 100% della prestazione, trovando giustificazione nella particolare natura del servizio erogato e nel rilievo preminente dei
diritti costituzionali in gioco, segnatamente il diritto alla vita e all’incolumità fisica della persona che sarebbe messa gravemente a repentaglio da un’interruzione anche minima del servizio.
Quando non sia in gioco tale fondamentale e primario diritto, i parametri individuati dalla legge, volti a garantire il contemperamento e la salvaguardia del nucleo essenziale sia del diritto di sciopero sia degli altri diritti costituzionali della persona, devono trovare sempre applicazione. In particolare, ai sensi dell’art. 13, co.1, lett. a), della legge n.146/90, occorre garantire che le prestazioni indispensabili individuate dalle regolamentazioni di settore, come pure nei piani dei servizi predisposti dalle imprese ai sensi dell’art. 9 dell’Accordo in materia di igiene ambientale, siano, in linea di principio, contenute in una misura non eccedente il 50 per cento delle prestazioni normalmente erogate e riguardare quote strettamente necessarie di personale, non superiori al terzo di quello normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio, tenuto conto delle condizioni tecniche e della sicurezza.
Peraltro, la Commissione, con Delibera n. 01/31 del 19 aprile 2001, nel valutare idoneo l’Accordo di regolamentazione del 1° marzo 2001, al punto 9 dei considerato, ha precisato che i limiti di cui all’art.13, co.1, lett. a) della legge n.146/90 debbono restare fermi anche nel caso in cui, in sede locale, si sottoscrivano accordi di maggior favore per l’utenza (cioè che comportino prestazioni aggiuntive da assicurare in caso di sciopero).
Di conseguenza, l’indirizzo della Commissione è che l’esonero dallo sciopero deve essere contenuto nei limiti indicati dalla legge e confermati nell’Accordo nazionale, con l’effetto che, nel caso in cui lo sciopero settoriale non consenta la completa effettuazione del servizio di raccolta dei rifiuti, questa dovrà essere ridotta della misura necessaria a garantire il trattamento dei rifiuti in sicurezza.
La Commissione si è anche espressa in merito alla riconducibilità di alcuni servizi al campo di applicazione della legge n. 146 del 1990.
Un primo caso riguardava una richiesta di intervento da parte di una azienda impegnata nel servizio di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi che denunciava la violazione, da parte sindacale, di alcune disposizioni contenute nell’Accordo nazionale. Nell’ambito dell’istruttoria avviata, gli Uffici accertavano che lo sciopero coinvolgeva, in via esclusiva, maestranze impiegate nell’ambito di servizi strumentali (e funzionali) dell’Area petrolifera dell’ENI, nell’ambito del così detto “indotto” dell’Area petrolifera della Val d’Agri. La Commissione si era già pronunciata su casi
analoghi (per tutti si veda il verbale n. 923 del 7.11.2011 consultabile sul sito web dell’Autorità) precisando che le attività di raccolta e trasporto dei rifiuti pericolosi "generati", a seguito di processi produttivi, da aziende non erogatrici di servizi pubblici essenziali, non è riconducibile al campo di applicazione della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni. In conseguenza, poiché l’estrazione e la lavorazione degli idrocarburi non sono un servizio pubblico essenziale, in conseguenza anche il trasporto dei rifiuti pericolosi generati da tale attività non può essere considerato un servizio pubblico essenziale, con l’effetto che la disciplina di regolazione sull’esercizio del diritto di sciopero non è applicabile al caso in esame.
In altra occasione, la Commissione, a seguito della indizione di un fermo della categoria dei trasportatori spurgo, rilevata l’afferenza delle problematiche lamentate all’attività di trasporto dei reflui fognari, domestici o assimilabili CER 200304, svolta da soggetti aderenti alla stessa Confcommercio, in ragione della organizzazione dell’attività, ha concluso che la stessa non fosse da ricomprendere nell’ambito di applicazione della legge n. 146 del 1990 e successive modificazioni, non essendo qualificabile come servizio pubblico essenziale.