PARTE I - I reports sulla conflittualità nei singoli servizi pubblici essenziali
7. Igiene ambientale (a cura di Dario Andreutto e Tiziana Sorbello)
7.4. Gli interventi della Commissione. Indicazioni immediate e valutazioni di
lettere c), d) e i), della legge n. 146 del 1990, e successive modificazioni
Nell’esercizio delle sue funzioni, la Commissione ha privilegiato forme di intervento preventive, in funzione dissuasiva di scioperi illegittimi, intervenendo ai sensi dell’art. 13, co. 1, lett. d), della legge n. 146/1990 e successive modificazioni (in tutto 44 provvedimenti adottati), a fronte di numerose proclamazioni non conformi alla disciplina generale e di settore sull’esercizio del diritto di sciopero ma anche attraverso l’invio di note che hanno richiamato le parti ad uno scrupoloso rispetto delle norme che regolamentano il conflitto nei servizi pubblici essenziali.
In particolare, anche nel periodo di riferimento, la maggior parte delle segnalazioni preventive ha riguardato la violazione della regola dell’intervallo, del preavviso e con specifico riferimento alle astensioni dal lavoro straordinario, della durata. Ancora critico è il rispetto alle disposizioni di legge e dell’Accordo di settore per quanto riguarda l’esperimento delle procedure di raffreddamento e di conciliazione e le franchigie stabilite dall’Accordo nazionale.
Il dato complessivo dimostra un’assoluta efficacia dell’azione della Commissione nel periodo considerato, infatti, l’adesione alle indicazioni immediate adottate è stata totale.
L’emergenza sanitaria, almeno durante la prima fase della pandemia, ha richiesto l’adozione di misure straordinarie da parte della Commissione; la moratoria degli scioperi nei servizi pubblici essenziali ha reso necessario (e doveroso) un approfondimento del ruolo svolto dalla Commissione anche in relazione alle cause d’insorgenza dei conflitti, con particolare riferimento al mancato puntuale pagamento degli stipendi ai lavoratori che, in alcune aree del Paese, ha raggiunto le sei mensilità. Il Settore ha ritenuto necessario assumere in modo formale l’impegno con le OO.SS. e loro rappresentanze di attivare approfondimenti istruttori a fronte di segnalazioni di significativi ritardi nel pagamento delle retribuzioni. L’invito è stato accolto con favore dalle OO.SS. e le segnalazioni pervenute hanno interessato i servizi di igiene ambientale di oltre 45 Comuni. Ricevuta l’informativa, la Commissione ha proceduto a richiedere alle aziende coinvolte, ai sensi di quanto stabilito dall’art.2, co.6, della legge n.146 del 1990, di indicare le ragioni e l’entità dei ritardi nel pagamento delle retribuzioni. Laddove i gestori del servizio hanno segnalato di vantare crediti significativi nei confronti delle stazioni
appaltanti, si è proceduto a richiedere agli enti locali responsabili del servizio pubblico di giustificare il mancato pagamento dei corrispettivi alle aziende per i servizi svolti, fornendo altresì informazioni circa le iniziative messe in campo per rientrare del debito. Tra i comuni di maggiore dimensione coinvolti nelle istruttorie della Commissione, si devono segnalare la città metropolitana di Reggio Calabria, Caserta e alcuni importanti comuni delle città metropolitane di Roma e Napoli con una popolazione complessivamente servita superiore a 1,5 milioni di abitanti. Nella maggioranza dei casi l’attività istruttoria ha avuto quale effetto il momentaneo sblocco delle retribuzioni, come nel caso di Reggio Calabria, ma si sono dovuti registrare anche comportamenti di scarsa collaborazione e mancate risposte a quanto richiesto dalla Commissione, circostanza che ha comportato l’apertura di procedimenti di valutazione del comportamento, soprattutto nei confronti degli Enti locali. Sono stati complessivamente 17 i procedimenti aperti per il mancato riscontro alla richiesta di informazioni della Commissione e in tre casi è stata comminata all’Ente locale una sanzione pecuniaria di settemila euro e reiterata la richiesta di informazioni. Sulla base di quanto acquisito dalle stesse stazioni appaltanti, laddove la Commissione ha rilevato comportamenti illegittimi che sono causa di insorgenza del conflitto o del suo aggravamento, ha proceduto ad avviare il procedimento di valutazione del comportamento dell’Ente locale ai sensi dell’art.13, co.1, lett. h) della legge n.146 del 1990, invitando le Amministrazioni interessate a desistere dal comportamento e ad osservare gli obblighi derivanti dalla legge. Sono stati in tutto nove gli Enti locali oggetto di richiami, tra i quali il Comune di Reggio Calabria (per l’eccessivo ritardo nel pagamento dei canoni del servizio), il Comune di Caserta (per il prolungarsi dell’affidamento temporaneo del servizio, con oltre 40 atti di proroga) e il Comune di Favara (come già detto per l’inefficace azione di esazione dei tributi a copertura del costo del servizio).
Di ciascuna attività istruttoria conclusa con una valutazione negativa del comportamento è stata inoltrata informativa alla Procura regionale della Corte dei Conti competente per territorio, affinché fosse valutato il possibile danno per l’Erario.
Nei confronti delle aziende, nel corso dell’anno, si sono conclusi quattro procedimenti di valutazione del comportamento; in un caso (Calabra Maceri S.r.l.) è stata comminata una sanzione pari a seimila euro per il reiterato mancato riscontro alla richiesta di informazioni da parte della Commissione.
Tra i procedimenti che si sono conclusi con un’archiviazione, si evidenzia il procedimento aperto a carico di Utilitalia, Fise-Assoambiente, Cisambiente, LegaCoop Produzione e Servizi, AGCI Servizi e Confcooperative Lavoro e Servizi, per la mancata partecipazione alle obbligatorie procedure di raffreddamento e conciliazione instaurate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in relazione ad uno stato di agitazione proclamato, a livello nazionale, dall’Organizzazione sindacale USB e poi sfociato nello sciopero nazionale di settore effettuato il 22 maggio 2020 nelle ultime due ore di ciascun turno di servizio. Per giustificare il proprio comportamento, le Associazioni datoriali si appellavano alla scarsa rappresentatività dell’Organizzazione sindacale, alla sua mancata adesione ai contratti e agli accordi sottoscritti da diverse e più rappresentative Organizzazioni sindacali e la sostanziale assenza di relazioni industriali.
Nell’ambito dell’istruttoria, peraltro, la Commissione ha rilevato che le rivendicazioni alla base dello stato di agitazione consistevano, in sintesi, nella richiesta che fosse garantita la massima tutela della salute dei lavoratori da realizzare con la fornitura a tutti i dipendenti impiegati nella raccolta e smaltimento dei rifiuti di mascherine FFP2 o FFP3, guanti e tute monouso ad alta visibilità e la sospensione della raccolta differenziata e della raccolta domiciliare (PAP), consentendo la sola raccolta indifferenziata stradale in forma meccanizzata; si richiedeva, inoltre, a garanzia dell’effettivo esercizio di diritti fondamentali quali le libertà sindacali e di sciopero, l’azzeramento di tutte le azioni sanzionatorie e disciplinari comminate ai lavoratori e alle lavoratrici che si sono astenuti dal servizio eccependo un rischio per la salute derivante dalla mancata applicazione del protocollo di sicurezza, un’efficace attività ispettiva sul territorio e l’adozione di provvedimenti a tutela dei lavoratori contro ogni azione repressiva o sanzionatoria e una indebita ingerenza nell’esercizio del diritto di autotutela della salute da parte della Commissione di Garanzia.
Peraltro, a fronte di tali rivendicazioni, occorre riconoscere che le Associazioni datoriali, pur esercitando un dovere di influenza nei confronti delle aziende associate, non possono essere considerate controparti su temi che investono in modo diretto ed esclusivo i poteri (e le valutazioni) del singolo datore di lavoro - quali l’azzeramento delle azioni disciplinari, l’adozione di D.P.I di maggiore protezione rispetto a quelli indicati dal Protocollo sottoscritto col Governo-, che investono i poteri degli Enti locali – a cui spetta stabilire le modalità di raccolta dei rifiuti - e, per finire, con riguardo ad una generica insoddisfazione da parte sindacale dell’attività
svolta dalle Autorità – in particolare Commissione di Garanzia e Prefetti-. In conseguenza, non essendo chiaramente individuabile una controparte della vertenza la contestazione della gestione complessiva dell’emergenza sanitaria da parte di aziende, sindacati firmatari dei Protocolli di sicurezza, istituzioni preposte alla vigilanza e al controllo, rivelano la natura eminentemente “politica” dello sciopero che non è vincolato all’obbligo di un preventivo esperimento delle procedure di raffreddamento e conciliazione (rif. cit. verb. n. 396 del 5.10.2000). Si deve, dunque, riconoscere il corrispondente diritto dei soggetti erroneamente individuati quali “controparti” del conflitto di astenersi dal partecipare al tentativo di conciliazione, fermo restando l’obbligo di giustificare il proprio comportamento (rif. cit. del. n.04/483 del 06.5.2004), dovere, quest’ultimo, assolto dalle Associazioni datoriali con la nota congiunta del 5 maggio 2020. Ciò premesso, la Commissione deliberava l’archiviazione del procedimento di valutazione del comportamento richiamando però le Associazioni datoriali sulla inopponibilità, al fine del corretto esperimento delle procedure a livello nazionale, di valutazioni attinenti alla scarsa rappresentatività di una Organizzazione sindacale, alla sua mancata adesione a contratti e accordi sottoscritti da altre e più rappresentative Organizzazioni sindacali o, comunque, riconducibili all’assenza di relazioni industriali.
Nei confronti delle Organizzazioni sindacali non sono stati aperti procedimenti di valutazione del comportamento nel corso del 2020.