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L’attività di misurazione delle performance negli Enti locali e nei Minister

legislativo 30 marzo 2001, n 165), dirette a perseguire obiettivi di diverso

3.2 L’attività di misurazione delle performance negli Enti locali e nei Minister

Il sistema di valutazione della performance amministrativa rappresenta una delle sfaccettature del principio del buon andamento e dell'economicità del sistema pubblico, la cui fondamentale importanza è stata avvertita dal legislatore sul finire degli anni novanta quando, attraverso il D.lgs. 30 luglio 1999, n. 286, di attuazione della L. delega 15 marzo 1997, n. 59, è stato imposto a ciascun Ente locale di organizzarsi per dotarsi di controlli di gestione interna e di apprezzamento della dirigenza nel rispetto della «distinzione tra funzioni di

indirizzo e compiti di gestione, come risulta dagli artt. 3, comma 1, lett. b) e c) e 14, D.lgs.. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, oltre che in coerenza con le previsioni di cui all'art. 147, D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, cd. TUEL, recante la riforma dell'ordinamento degli Enti locali”.

Difatti, proprio ai sensi dell’articolo 147 del Testo Unico è stato sancito che “gli

enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie per garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa.

Il sistema di controllo interno è diretto a:

a) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante

74 tempestivi interventi correttivi, il rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonchè tra risorse impiegate e risultati;

b) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti;

c) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica determinati dal patto di stabilità interno, mediante l'attività di coordinamento e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario, nonchè l'attività di controllo da parte dei responsabili dei servizi;

d) verificare, attraverso l'affidamento e il controllo dello stato di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali, anche in riferimento all'articolo 170, comma 6, la redazione del bilancio consolidato nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità degli organismi gestionali esterni dell'ente;

e) garantire il controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l'impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell'ente.”

Tale valutazione è stata poi devoluta nell'apparato Statale agli Organismi Indipendenti di Valutazione della performance, dal D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, resi alternativi per le Regioni e gli Enti locali, dall'art. 14 del Decreto legislativo n. 150 del 2009, secondo l'autonoma scelta della singola Amministrazione,

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potendo questa optare per la conservazione del sistema di valutazione già esistente.53

La scelta non può quindi che spettare alla singola amministrazione che, in sede regolamentare, potrà prevedere il mantenimento dei nuclei di valutazione già esistenti, sulla base dell’autonomia riconosciuta a tali enti.54 L’articolo 14 del già citato decreto non è, infatti, norma di diretta applicazione per le autonomie territoriali. A dirlo è stato lo stesso D.lgs. 150/2009 che, all’articolo 16 ed all’articolo 74, non fa esplicito riferimento alla disposizione che riguarda l’introduzione dell’OIV. Invero, agli Enti locali non si applica il sistema dei controlli interni di cui al D.lgs. 286/1999, bensì quello direttamente previsto all’interno del TUEL e, nello specifico, dall’articolo 147. È chiaro intento della riforma mantenere in vita tale sistema che, di fatto, non è stato né disapplicato né abrogato, ma soltanto riformato dal decreto legge n. 174/2012, lasciando piena autonomia alle amministrazioni locali.

Il tema è stato peraltro ben chiarito da una nota ricognitiva dell’ANCI55:

− qualora le amministrazioni optino per la costituzione ex novo di un organismo deputato alla valutazione oppure riformino i preesistenti nuclei di valutazione, istituendo organi espressamente qualificati come OIV, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lettera a), dotandoli espressamente, tramite il richiamo all’art.14 del d.lgs. 150/2009, delle funzioni ivi rassegnate, le stesse sono tenute ad applicare nel dettaglio le previsioni recate dall’art. 14 medesimo e a conformarsi alle indicazioni contenute nelle deliberazioni ANAC (n. 4/2010, n. 107/2010, n.

53 Delibera CIVIT n. 121/2010 54 Delibera ANAC n. 23/2012

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12/2013), nonché a richiedere il parere preventivo dell’Autorità, prima di procedere ad affidare l’incarico ai singoli componenti;

− qualora, invece, le amministrazioni riformino i preesistenti nuclei di valutazione o istituiscano ex novo i soggetti deputati, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, lettera a) del D.lgs. 150/2009 e, coerentemente, con la ratio complessiva del D.lgs. 150/2009 – nell’esercizio della propria autonomia organizzativa e regolamentare – non richiamino espressamente, in applicazione, l’art. 14 del d.lgs. 150/2009, optando, invece, per una diversa denominazione ed articolazione funzionale, non sono tenute ad applicare le previsioni di dettaglio recate dall’art. 14 e le relative indicazioni interpretative fornite nelle citate deliberazioni dell’ANAC.

Pertanto, l’ente locale è stato posto di fronte ad una scelta: continuare a mantenere o costituire ex novo il nucleo di valutazione, definendone autonomamente l’articolazione della composizione ed assegnandogli funzioni anche differenziate rispetto a quelle previste dal citato articolo 7, ma comunque nel rispetto dei principi da questo definiti, oppure nominare l’OIV, non potendo però, in tal caso, prescindere dall’applicazione in toto delle regole e delle condizioni previste dall’articolo 14.

Tale apparato tuttavia si è rivelato nel tempo inadeguato tanto da indurre il Governo, nelle more del riassetto di più ampio respiro poi delegato dalla L. 7

agosto 2015, n. 124, ad una rivisitazione della disciplina con il D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.

Come già ampiamente discusso nel primo capitolo, il nuovo ruolo ricoperto dal Dipartimento è stato meglio delineato di recente dal D.P.R. 9 maggio 2016, n.

105, mentre non vengono modificate né le funzioni di coordinamento del

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valutazione e controllo strategico nei confronti delle amministrazioni dello Stato né, altresì, i sistemi di valutazione vigenti nelle Regioni e negli Enti Locali sulla base del Decreto Brunetta.

Aldilà delle modifiche normative che si sono susseguite fino ai giorni nostri, si potrebbe fare un passo indietro, andando a focalizzare la disciplina prevista per gli Enti Locali dal Decreto Brunetta.

Il 9 ottobre 2009, prima dell’entrata in vigore del decreto, l’ANCI ha sottoscritto con il Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione un Protocollo d’Intesa per La valorizzazione del merito e della produttività del lavoro pubblico

locale, ovvero l’attuazione delle disposizioni del D.lgs. Brunetta nei Comuni.

Nell’ambito di tale protocollo l’ANCI, anche in collaborazione con il Dipartimento della Funzione pubblica, ha assunto un ruolo guida di supporto ai Comuni nella fase di attuazione del D.lgs. n. 150/2009, tutelando l’autonomia di ogni Ente e valorizzando le esperienze già maturate a livello locale.56

Contemporaneamente l’ANCI ha attivato il Progetto “Performance e Merito – Il

lavoro pubblico e la riforma”, finalizzato a supportare gli Enti in tutto il percorso

di adeguamento alla riforma e a definire più compiutamente i criteri per la misurazione della performance organizzativa dei Comuni. All’interno di tale progetto è inserita l’attività della Commissione Nazionale ANCI.57

56 MAIO P., Il confronto della performance di amministrazioni omogenee: i percorsi di ANCI e

Unioncamere, www.amministrativamente.com, Rivista di Diritto Amministrativo, fascicolo

2/2013

57 La Commissione Nazionale ANCI ha elaborato diversi documenti contenenti linee guida ai fini

dell’applicazione del decreto legislativo n. 150/2009, investendo vari ambiti. Innanzitutto l’ANCI ha fornito indirizzi interpretativi evidenziando nel decreto le norme di interesse delle amministrazioni locali. Essa ha infatti definito alcune linee guida cui i Comuni devono conformarsi a seguito dell’entrata in vigore del decreto Brunetta. Le linee guida emanate dall’ANCI hanno avuto per oggetto sia l’interpretazione della riforma nel suo complesso sia la descrizione, tra l’altro, degli ambiti in cui le norme del decreto vanno a condizionare le strutture esistenti negli enti locali, offrendo la possibilità di individuare i punti su cui operare per adeguare le strutture stesse.

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Pertanto, focalizzando meglio il ciclo di gestione della performance negli enti locali, è possibile indicare alcune delle fasi che caratterizzano il processo di implementazione del sistema che gestisce la performance.58

La prima fase mira a fornire una situazione realistica dell’ente locale rispetto ai principi di gestione della performance organizzativa e individuale indicati dal decreto. Questa attività di analisi deve essere svolta dalla dirigenza ed in particolare dal Servizio personale e organizzazione.

Si passa poi alla fase che mira alla ridefinizione del contesto strategico e delle priorità, nella quale è necessario verificare in che misura sono definite e sono rese esplicite le politiche, le priorità e gli obiettivi da perseguire nell’anno e nel medio periodo ed innanzitutto inserire in un quadro unitario i documenti strategici dell’ente locale (bilancio pluriennale, relazione previsionale e programmatica, politiche settoriali, ecc.), che, talvolta, non appaiono integrati tra loro.

La terza fase riguarda la predisposizione dei programmi di servizio, cioè ogni Servizio dell’ente locale deve elaborare i propri programmi annuali, tradurre le priorità in obiettivi organizzativi, evidenziare le principali aree di attività e rappresentare gli aspetti finanziari. Al termine dell’articolato del processo descritto sono stai fissati i Programmi di Servizio che confluiscono nel Piano esecutivo di gestione (PEG).

In particolare, il PEG è il documento di programmazione operativa, attraverso il quale, la Giunta comunale determina gli obiettivi gestionali e li affida, unitamente alle risorse necessarie, ai responsabili dei servizi.59 Nell’ottica, quindi, della

58 NUCCI G., Il ciclo di gestione della performance negli enti locali nella riforma “Brunetta”,

09/2010, Azienditalia

59 L’articolo 169 del TUEL stabilisce che sulla base del Bilancio di previsione annuale, deliberato

dal consiglio, l’organo esecutivo definisce prima dell’esercizio finanziario il Peg, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili di servizi.

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separazione tra competenze degli organi politici e quelle degli organi dirigenziali il PEG, insieme alla Relazione previsionale e programmatica, è lo strumento che collega gli indirizzi politici con la pianificazione operativa e rappresenta l’anello di congiunzione tra politica ed apparato burocratico.

Il PEG costituisce, pertanto, lo strumento operativo che dovrebbe governare la gestione dell’ente, nel periodo annuale di riferimento, sia sotto il profilo delle responsabilità politiche e tecniche: da un lato, la sua adozione consente di verificare la rispondenza degli indirizzi politico-amministrativi impartiti dal Sindaco e dalla giunta con quelli definiti dall’organo consiliare, dall’altro definisce gli obiettivi di gestione da affidare ai responsabili dei servizi.

Ritornando alle fasi relative al processo di implementazione della performance degli Enti Locali, in sequenza cronologica e consequenziale è necessario:

- monitorare l’andamento dell’attività e verificare i risultati dei Programmi di Servizio in termini di efficacia, efficienza ed economicità, con il supporto dell’amministrazione e del controllo di gestione;

- procedere alla valutazione della performance individuale, dei dirigenti e del personale, che ha il suo fondamentale riferimento negli obiettivi organizzativi e nelle aree evidenziate dal Peg annuale e, infine, procedere alla valutazione della performance organizzativa, intervenendo, se necessario, con gli opportuni interventi correttivi, analogamente a quanto previsto da qualsiasi sistema di controllo manageriale.

Due articoli del T.U.E.L. sono stati modificati dal Decreto Legislativo del 10 agosto 2014 n. 126, “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei

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loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”e sono quelli che vanno ad incidere sul ciclo di programmazione dell’ente locale: l’articolo 170, relativo al Documento Unico di Programmazione (DUP) e l’articolo 169 relativo al Piano Esecutivo di Gestione.60

Quanto al primo, le principali novità relative sono così sintetizzabili:

la Relazione Previsionale e Programmatica (RPP) è stata sostituita dal DUP, che costituisce la guida strategica ed operativa dell’ente locale ed è organizzato in due sezioni: quella strategica che ha come orizzonte temporale di riferimento il mandato amministrativo, quella operativa che concerne il bilancio di previsione. Il DUP deve essere presentato dalla Giunta al Consiglio Comunale entro il 31 luglio dell’anno precedente al primo esercizio di riferimento ed è propedeutico al bilancio finanziario di previsione. Contestualmente al bilancio di previsione la Giunta presenta al Consiglio una nota di aggiornamento del DUP.

Le amministrazioni che non hanno aderito alla sperimentazione dovranno elaborare il primo DUP con riferimento agli esercizi 2016 e successivi. Dal testo si evince, anche se l’enunciazione non è chiara, che le amministrazioni che hanno aderito alla sperimentazione dovranno elaborare il DUP nel 2014 con riferimento agli esercizi 2015 e successivi.

Un punto ancora da chiarire è se il DUP presentato al Consiglio Comunale entro il 31 luglio debba essere approvato o meno dal Consiglio stesso o se rimane uno strumento di programmazione per la Giunta fino all’approvazione del Bilancio di previsione.

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Tutti i Comuni sono tenuti a redigere il DUP e ad utilizzare il nuovo schema di bilancio, indipendentemente dal numero di abitanti. I comuni con un numero di abitanti inferiore alle 5000 unità possono predisporre un DUP semplificato. Per quanto riguarda l’articolo 169 (PEG), sono state introdotte alcune novità.

In primis, il PEG deve essere deliberato nella prima seduta di Giunta dopo

l’approvazione del bilancio da tenersi entro 20 giorni dall’approvazione da parte del Consiglio Comunale del bilancio di previsione ed ha lo stesso orizzonte temporale del bilancio di previsione.

Nel PEG sono indicati gli obiettivi della gestione che sono affidati, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi. Pertanto possiamo considerare il PEG come un documento che dettaglia ulteriormente quanto stabilito nel DUP, assegnando risorse e responsabilità ai responsabili dei servizi. E’ stata ampliata la platea dei comuni che devono adottare il PEG. Infatti l’adozione del PEG è facoltativa solo per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti (circa il 70% dei comuni). Precedentemente era stato stabilito che l’adozione del PEG fosse facoltativa per i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti (circa il 91% dei comuni).

Inoltre, risulta importante rilevare che l’art.169, modificato in relazione all’entrata in vigore del nuovo ordinamento contabile, ha unificato organicamente nel PEG il Piano dettagliato degli obiettivi, di cui all'art. 108, comma 1, del Testo unico degli EE.LL. e il Piano della performance, di cui all'art. 10 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

Sistemi formali di performance management sono stati introdotti, anche nei Ministeri, da norme di legge degli anni ’9061. Dopo più di un decennio dalle prime

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esperienze, nel 2009 una nuova legge (n. 15/2009 e successivo d.lgs. n. 150/2009) ha riordinato e rafforzato il sistema con la finalità di “assicurare elevati standards

qualitativi ed economici del servizio tramite la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale”.

I piani di performance sono stati elaborati e comunicati sui siti web da parte dei diversi Ministeri a partire dal 2011 e successivamente sono state pubblicate le previste relazioni sui risultati ottenuti. L’innovativa implementazione dei nuovi sistemi non ha tuttavia risposto efficacemente alle attese.62 Prima di tutto le

condizioni di applicazione la riforma non sono state ottimali63. Dal 2010, infatti, a seguito della crisi finanziaria ed economica, si sono susseguiti interventi di riduzione della spesa pubblica, che hanno limitato la possibilità di riconoscere premi ai dipendenti più meritevoli64. Più in generale, malgrado la riforma del 2009 si sviluppi proprio per modificare ed abbattere i limiti dei precedenti sistemi, le nuove disposizioni successivamente hanno incontrato le stesse difficoltà che avevano ostacolato i precedenti tentativi, proprio perché la riforma aveva imposto alle amministrazioni obblighi gestionali molto pesanti senza produrre benefici significativi.

Entrando più nello specifico, sono molti i difetti principali che è possibile evidenziare65:

- i piani elaborati non identificano in modo complessivo e convincente la performance attesa delle amministrazioni centrali, limitandosi spesso a indicazioni

62 REBORA G., RUFFINI R., TURRI M., Una partita difficile il performance management nei

Ministeri italiani, RU - Risorse umane nella P.A. - 2015 – 3, Maggioli Editore

63 Corte dei conti. 2012. Indagine sulla Riorganizzazione dei Controlli Interni ai Sensi del d.lgs.

150/2009: Ritardi Applicativi e Difficoltà Operative. Roma: Sezione Centrale di Controllo sulla

Gestione delle Amministrazioni dello Stato

64 Legge n. 122/2010: blocco del trattamento economico dei singoli dipendenti

65 REBORA G., RUFFINI R., TURRI M., Una partita difficile il performance management nei

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riferite solo ad alcune tipologie di attività, in genere quelle per cui è più semplice ottenere informazioni. Così Ministeri con ampie articolazioni territoriali, quali il Ministero degli Interni (prefetture, comandi di polizia e comandi dei vigili del fuoco), il Ministero dell’istruzione (scuole) e il Ministero degli esteri (ambasciate), hanno concentrato l’attenzione prevalentemente sulle attività svolte negli uffici centrali, senza rappresentare adeguatamente l’attività prevalente svolta sul territorio.

- le informazioni di performance riguardano più facilmente lo svolgimento di processi amministrativi interni (incontri effettuati, perfezionamento di atti, percentuale di spesa impegnata) o comunque meri dati di attività, piuttosto che riferirsi a indicatori di impatto o di outcome.66

-una forte continuità con le esperienze passate;

- si può evidenziare una debole elaborazione metodologica dei dati, in quanto, l’esame dei documenti relativi al ciclo della performance consente di rilevare che la gestione delle informazioni di performance si sviluppa nei Ministeri sulla base di indicazioni metodologiche uniformi, senza una considerazione specifica del tipo di attività svolta. Questo impone alle amministrazioni di adattare prescrizioni metodologiche standardizzate ad attività molto differenti tra loro, finendo per produrre indicatori e informazioni di performance molto generici e non riferibili agli scopi per cui le amministrazioni sono costituite.

Pertanto, si può sostenere che le prassi applicative relative alla misurazione e valutazione delle performance nelle pubbliche amministrazioni sono in generale insoddisfacenti, in quanto emerge un quadro fortemente critico per quanto

66 Scrive in proposito la CIVIT: “le amministrazioni si sono spesso assegnate obiettivi strategici di

basso profilo, indicatori non all’altezza dell’obiettivo da misurare o target poco sfidanti” (CIVIT, 2012).

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riguarda il sistema di valutazione dei Ministeri, sia in termini di ampiezza che di profondità della misurazione della performance, mentre negli enti locali e negli altri comparti della pubblica amministrazione la situazione è maggiormente diversificata perché si registrano casi di eccellenza e casi caratterizzati da un’estrema carenza e da difficoltà operative dal punto di vista, proprio, dell’applicazione di tali sistemi.67

3.3. Analisi comparativa del ciclo di gestione della performance tra