legislativo 30 marzo 2001, n 165), dirette a perseguire obiettivi di diverso
4.3. La valutazione della performance tra settore pubblico e settore privato
La valutazione della performance, introdotta dalle legge 150/2009, può essere considerata una delle tappe più importanti del processo di privatizzazione del pubblico impiego, attuato mediante l’introduzione di regole giuridiche e di condotta proprie degli operatori privati.82
82 AMATO G., Approfondimento della Riforma Brunetta (legge n 15/2009): analisi del sistema di
valutazione della performance del personale nelle pubbliche amministrazioni, Nuova Santelli sas,
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Invero, uno degli intenti più espliciti della Riforma è quello di imporre al datore di lavoro pubblico, per legge e nell’interesse del pubblico, l’approccio seguito dal datore di lavoro privato nel suo proprio interesse: valutare i dipendenti, e sulla base di questa operazione, assegnare selettivamente i premi od irrogare sanzioni, qualora lo ritenesse necessario.83
Il nodo cruciale della questione è rappresentato dal fatto che il contesto privato presenta delle peculiarità che non possono essere meccanicamente esportate nel pubblico e, viceversa, in quest’ultimo esistono delle caratteristiche specifiche che devono essere considerate come veri e propri punti di forza di questo sistema. Non è possibile attuare dei cambiamenti riformatori nel pubblico impiego che tendano ad introdurre modelli di gestione e valutazione del personale che non riconoscano, valorizzino e rispettino le differenze caratterizzanti dei due settori oggetto d’esame, che sono abbastanza evidenti. Il processo di “privatizzazione” delle amministrazioni pubbliche è stato realizzato considerando le peculiarità delle amministrazioni pubbliche rispetto alle imprese84:
- le finalità perseguite sono nettamente diverse poiché le imprese hanno come principale obiettivo la remunerazione dei conferenti capitali e dei prestatori di lavoro, mentre la Pubblica Amministrazione deve tutelare e soddisfare gli interessi di tutti i cittadini;
- mentre le imprese sono influenzate dalle dinamiche di mercato, le amministrazioni pubbliche sono influenzate dalle decisioni dell’autorità politica che rappresenta i cittadini;
83 PEREZ R., Il “Piano Brunetta” e la riforma della pubblica amministrazione, Maggioli Editore,
2010
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- tutte le amministrazioni devono operare all’interno di vincoli normativi più stringenti rispetto a quelli previsti per le imprese, in quanto limitano le scelte relative ai piani di azione attivabili in ogni circostanza;
- la necessità di rendere conto ai cittadini del proprio operato implica una maggiore formalizzazione dei processi decisionali ed operativi, che richiedono spesso il rispetto di parametri rigidi (in ossequio al principio di trasparenza e di responsabilizzazione dell’apparato amministrativo); - l’attività di contrattazione collettiva, con cui si esplica il confronto tra
datore di lavoro, inteso in senso lato, e rappresentanti dei lavoratori, che nel settore privato costituisce il motore della maggior parte delle innovazioni nel mondo del lavoro, nella pubblica amministrazione appare notevolmente depotenziata nel suo ruolo e nelle sue finalità a causa di alcuni fattori che hanno limitato negli ultimi anni fortemente il confronto tra le parti: ad esempio, le risorse per il rinnovo dei contratti a disposizione sono scarse e definite a priori, a differenza del mondo dell’impresa privata in cui l’attività negoziale si fonda proprio su tale allocazione;
- nel settore privato, i modelli di gestione del personale sono differenziati sulla base di più variabili tra le quali la dimensione dell’impresa, il suo posizionamento, il suo sviluppo, il settore produttivo di appartenenza; nelle amministrazioni pubbliche, invece, si tende ad utilizzare stili di gestione tendenzialmente uniformi ed omogenei per qualsivoglia settore di riferimento.
Un altro fattore che impedisce una convergenza tra i due ambiti è dato dall’insufficiente comprensione del settore pubblico nel suo complesso (sommatoria degli attori coinvolti ) in merito al valore aggiunto che un sistema
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di valutazione delle performance può avere se correttamente implementato, soprattutto con riferimento ai benefici che da esso possono derivare sia per i dirigenti che per i semplici dipendenti, e degli effetti positivi che esso può comportare sul clima organizzativo e sulla sfera motivazionale della singola risorsa, attraverso l’adozione di sistemi premianti che incidono sulla retribuzione e sulle progressioni di carriera.85
In definitiva, siamo ancora ben lontani dall’intravedere una convergenza tra i sistemi utilizzati nei due settori e lo siamo ancor più se facciamo riferimento ai risultati ed alle performance che essi raggiungono; pertanto, sarebbe auspicabile che nel futuro vi sia una maggiore omogeneità tra i due contesti, con i limiti ben noti derivanti dalle caratteristiche peculiari della Pubblica Amministrazione.
85 NUTI S., Misurazione e valutazione della performance: principi, strutture e metodi, 2010,
108 CONCLUSIONI
Da questa lunga trattazione sicuramente si può pervenire ad una chiara conclusione: le amministrazioni pubbliche hanno bisogno di essere valutate, per migliorare.
I dipendenti, appartenenti sia alla sfera pubblica che privata, hanno delle aspettative molto alte circa l’attuazione di un sistema di valutazione equo ed attento al proprio contributo personale, come riprova del lavoro svolto e come un’occasione di crescita professionale. La “qualità” dei dipendenti è la chiave del successo di ogni organizzazione.
Si è visto come il problema principale, non sia solo la definizione e la predisposizione di tecniche e di sistemi di valutazione adeguati, nonostante essi rappresentino una condizione minima necessaria, ma soprattutto, è fondamentale l’attenzione che le amministrazioni pubbliche prestano alle persone.
Questo deve essere il loro principale obiettivo, anche perché non si avrebbe alcuna valorizzazione delle metodologie e delle tecniche usate, se si procedesse soltanto ad una mera esecuzione, a livello normativo, delle regole sulla valutazione della
performance. Pertanto agli amministratori, alla dirigenza, ai responsabili delle
risorse umane è richiesto un maggiore sforzo per la messa a punto di tale sistemi, ovviamente sulla scia di un perfezionamento delle norme in tale ambito. Serve, in altri termini, una visione alta dell’organizzazione e del futuro, capace di disegnare obiettivi ambiziosi per le istituzioni e per i dipendenti.
Il d.lgs. 150 del 2009 ha, per la prima volta, ridefinito un quadro organico, entro il quale operare una vera riforma culturale della Pubblica Amministrazione, proprio
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perché le azioni di sviluppo organizzativo, fino ad allora caratterizzati da interventi sporadici ed in parte inadeguati, sono diventate obbligatorie e sanzionabili. L’innovazione normativa nel suo complesso tocca tutti gli aspetti dell’organizzazione e della gestione e impone l’implementazione di soluzione chiare e ben definite.
Nel decennio precedente sono stati prodotti risultati poco soddisfacenti, legati soprattutto alla quasi incapacità delle amministrazioni, sia a livello organizzativo che individuale, di soddisfare le istanze e creare valore per la collettività, dunque, di adempiere al proprio mandato. Infatti, i risultati parziali prodotti dalla precedente ondata di riforme in tema di innovazione manageriale, risalente alla fine degli anni ’90 e gli insoddisfacenti risultati effettivamente raggiunti dai programmi pubblici, frutto anche di un’ostilità alla misurazione degli stessi, hanno nel tempo condotto ad una sorta di pregiudizio nei confronti di organizzazioni considerate inefficienti ed inefficaci.
L’incapacità di queste ultime di migliorarsi e di modificarsi ha posto le basi della nuova struttura dei controlli interni delineati dalla Riforma Brunetta, portatrice di metodologie e definizioni che avevano ed hanno ancora l’intento di guidare l’attività di valutazione dell’amministrazione.
La Pubblica Amministrazione non può più limitarsi ad essere attore ininfluente, non coinvolto nei processi di riorganizzazione del Sistema Italia, ma deve essere un attore strategico per rilanciare il paese, con la revisione dei propri meccanismi interni e di relazioni del lavoro, verso un processo di crescita più solida e duratura.
Gli ostacoli non mancano. Basti pensare alla necessità di contenere il debito pubblico, che è oggi ai massimi storici ed alla graduale ed inesorabile perdita di
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competitività che caratterizza il Paese da diversi decenni. Sono fenomeni che hanno portato ad una serie di misure che impongono alle amministrazioni non solo stringenti vincoli di bilancio e tagli della spesa, ma anche e principalmente il miglioramento dei servizi essenziali per le famiglie e le imprese.
Certo riformare è difficile per diverse ragioni, quali le resistenze dei gruppi organizzati, l’applicazione spesso parziale e frammentata delle norme, gli effetti inattesi degli interventi, gli errori di impostazione e di implementazione, le distorsioni introdotte nei meccanismi istituzionali ed anche i passi indietro, i ripensamenti che spesso caratterizzano i cicli di riforma.
Efficacia ed efficienza sono le due modalità fondamentali con cui deve svolgersi l’attività amministrativa. L’efficacia è la capacità di soddisfare i bisogni della collettività con la fornitura di servizi appropriati. L’efficienza è la capacità di produrre i servizi al minor costo. Il tema della produttività, della sua misurazione e della valutazione dei risultati dell’organizzazione ed individuali costituisce, quindi, l’aspetto dirimente e non risolto dell’amministrazione pubblica in generale.
Occorre costruire una buona organizzazione, necessaria per uscire da quel
primitivismo organizzativo richiamato da Cassese e Torchia (2014): è questo il
prerequisito per un buon governo della valutazione delle prestazioni.
Una buona organizzazione costituisce la base strutturale del cosiddetto “cerchio magico” che include: produttività, valutazione delle prestazioni, politiche retributive, relazioni sindacali. La domanda di innovazione organizzativa nella P.A. potrebbe trovare una buona risposta nella sperimentazione di un percorso, che riesca ad unire la managerialità suggerita dalle riforme della dirigenza con la
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partecipazione, per rispondere al desiderio dei dipendenti migliori di essere protagonisti nella ricerca di maggiore efficienza e maggiore efficacia dei servizi.
La sfida, insomma, si è rivelata indubbiamente difficile. Infatti, nel suo “Rapporto
generale sull’avvio del ciclo di gestione della performance 2012”, la
Commissione Indipendente per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza delle amministrazioni pubbliche, nel periodo in cui ha operato, ha fornito un quadro sintetico desolante. Le risultanze dell’analisi condotta sui Sistemi di misurazione e valutazione della performance, sui Piani della performance, sui Programmi triennali per la trasparenza e l’integrità dei Ministeri Italiani e relativi all’anno 2011 hanno evidenziato l’esistenza di una situazione contraddistinta da elevate criticità relativamente a tutti gli ambiti oggetto della citata riforma: performance, trasparenza e qualità.
Nel rapporto relativo al livello di attuazione della riforma si legge: “per ciò che
attiene ai programmi triennali della trasparenza, risulta che il 40% delle Amministrazioni destinatarie del D.lgs. n.150/2009 non ha adempiuto gli obblighi minimi previsti dalla normativa. Per quanto riguarda gli standard di qualità la percentuale di amministrazioni inadempienti è pari al 54%. Inoltre, il numero delle amministrazioni inadempienti è sostanzialmente stabile nel tempo e questo indica che si tratta di una criticità di tipo strutturale. In secondo luogo, con riferimento alle amministrazioni che hanno adempiuto gli obblighi previsti, le evidenze dell’analisi indicano, mediamente, risultati poco soddisfacenti. In
generale, gli strumenti di avvio del ciclo delle performance sono ancora insufficienti nei contenuti e nel metodo.”
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Le difficoltà riscontrate dalle amministrazioni pongono in evidenza la necessità di ridefinire con maggiore chiarezza i ruoli, i compiti e le responsabilità di tutti gli attori coinvolti nel processo, affinché concorrano in maniera costruttiva al miglioramento del sistema di misurazione. Questi, infatti, sono i motivi della recentissime modifiche che sono intervenute all’interno di questo settore, in attuazione dell’art. 17 lettera r) della L. n.124/2015, nell’ottica di un riordino dell’intera disciplina del lavoro alle dipendenze della P.A.
L’argomento performance, come è facile comprendere, è molto vasto ed è stato sicuramente analizzato nelle sue diverse prospettive ma, ancora oggi, l’implementazione di sistemi di valutazione delle performance organizzative ed individuali nelle pubbliche amministrazioni rappresenta uno degli ambiti più complessi fra quelli che caratterizzano l’applicazione dei modelli di gestione manageriali.
Infatti, l’auspicato processo di aziendalizzazione della P.A. ha evidenziato proprio negli ultimi anni che non è sufficiente aggiungere una sovrastruttura di principi e sistemi aziendali importati dalla realtà di impresa per conseguire risultati soddisfacenti. La diffusione di un modello di gestione aziendale efficace ed efficiente si potrà conseguire solo mediante un approccio aperto nel quale il cambiamento riguarda le persone, i valori e la cultura organizzativa e tale processo deve essere governato consapevolmente verso fini prescelti.
In conclusione, possiamo dire che per percorrere con successo la strada della diffusione della cultura del risultato è ancora necessario stimolare il dibattito pubblico, dare maggiore rilievo alle attività del settore pubblico assicurandone la pubblicità ai cittadini, prevedere sedi di confronto tra pubbliche amministrazioni
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in un’ottica di competizione positiva tra le stesse e, non da ultimo, porre le basi per la creazione di una idonea base informativa e conoscitiva.
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RINGRAZIAMENTI
Con la fine di questo lavoro, è doveroso ringraziare la Prof.ssa Stefania Cantisani, per l’attenzione dedicata al mio lavoro e i per i suoi preziosi consigli dedicati a sostegno di questa tesi, e la Prof.ssa Luisa Azzena, per la cortesia e la
disponibilità sempre dimostrami durante tutto il periodo di stesura della tesi. Eccomi giunta alla fine di questo percorso di due anni e mezzo, che certamente mi ha segnato e mi ha fatto crescere, spero, sia professionalmente che umanamente. Per la prima volta mi sono catapultata in una realtà totalmente nuova, nella quale c’ero solo io, vista la distanza fisica dai miei cari, ma che sicuramente mi ha formato, spero facendomi diventare una persona più matura e migliore.
Sicuramente, non avrei mai retto se non avessi avuto la mia famiglia accanto. In primis, i miei genitori: so bene i sacrifici che hanno fatto per me, quindi un grazie non basterebbe, ma per adesso vi dovrete accontentare.
Grazie Papà, tu mi hai dato lo spunto per questa tesi e te ne sono grata, ma non è di certo l’unica cosa che hai fatto per me, perché sei la persona più disponibile che