sfumature, ma che non può non risultare determinata da quel «maggio-re sviluppo culturale delle classi socialmente più elevate della popola-zione sarda nel Cinquecento», «soprattutto nel campo giuridico» 57, re-stò tuttavia limitata al solo Braccio militare e si concretò, dopo un se-mestre di lavoro della commissione dei tractadors, in tre distinti atti, de-cretati separatamente nella solenne seduta conclusiva del Parlamento, 1'8 marzo 1594 58, e appunto su sola istanza del Braccio militare («ab voluntat i consentiment del spectable Stament militar»). Il primo provvedi-mento, articolato in 14 capitoli, era inteso ad una migliore applicazione della prammatica reale sopra i furti («per a que millor se observe la pragmatica real dels lladres»), e conteneva norme di procedura e ten-denti a limitare l'arbitrio degli ufficiali di giustizia nell'applicazione e nella esecuzione delle pene; il capo 7 stabiliva le sanzioni penali da ap-plicarsi contro i vagabondi e quanti, sotto pretesto della caccia, procu-rassero danno al bestiame 59
:55 A. MARONGIU, I Parlamenti sardi cit., pp. 149-150.
56 L'espressione è ancora di A. MARONGIU, Il Parlamento in Italia nel Medio Evo e nel-l'Età Moderna cit, pp. 326-327.
57 Ibid., p. 327.
58 Tempestivamente ne forniva un'edizione lo stampatore Giovanni Maria Galcerino, che due anni prima aveva pubblicato la Pragmatica Rea4 sobre la conservacio dels bestiars, y pu-nicio dels lladres de aquells (cfr. E. TODA Y GULL, Bibliografla espariola de Cerdeiia, cit., n. 436, p. 164); la nuova edizione, di 58 pagine in 4°, usciva dai torchi del tipografo bresciano col titolo immutato ma con un preciso riferimento ai capitoli votati in Parlamento (y alguns nous apuntaments sobre asso fets en lo Real generai Parlament, celebrat en dit Regne per lo Illustris-sim Selior Don Gaston de Moncada Virrey, Lloctinent y Capita generai del dit Regne, y President en dit Parlament) e con la precisazione: Ab voluntat y consentiment del espectable Stament Militar del predit Regne, tot en una sola Pragmatica reduit, y en sos llochs enxerit, perque ab major claritat se entenga y ah mes facilitat se guarda, duradora per espay de deu anys En Callar. Per Joan Maria Galcerin, 1594. Cfr. ancora E. TODA Y GUÚLL, Bibliografta espariola de Cerdeiia cit., n. 438, p.
165; da confrontarsi con i nn. 310-312, pp. 140-141.
59 In questo volume, Verbale delle riunioni, n. 311 (A, c. 443v). Richiama questo passo dalla compilazione del Dexart (I, 237) B. ANATRA, Dall'unificazione aragonese ai Savoia cit., p.
489; cfr. anche A. MARONGIU, Il Parlamento o Corti del vecchio Regno Sardo cit., p. 63.
Item per quant alguns viciosos y vagabundos, no volentse occupar en co-sas de agricultura ni en altre virtuos exercissi, sots color de ser cassadors ab numero i multitut de gossos que mantenere, matan ab aquells bous, vaccas, ca-bras, ovellas i altres animals i mengiant dells lo qui volen i lis appai, guardan lo demes per a sustentar dits gossos; que de assi avant ningu governe, en me-dados ni fora dells, mes de un gos o dos, sots pena de vint y sinch lliures y de-sterro de la matexa encontrada per espai de un ariy.
Seguiva poi la reformatio della prammatica sui furti, divisa in 77 ca-pi 60. Terzo atto, e ca-più importante, fu il decreto di riforma dei caca-pitoli penali della Carta de Logu, concepito come atto di declaratio, cioè di in-terpretazione correttiva della Carta de Logu medesima («Moderaci°, re-ductio y declaracio de alguns capitols de Carta de Lloch, necessaria per al bon us i observantia de aquella, feta per lo illustrissim setior don Ga-ston de Moncada, virrei, lloctinent y capita generai del present Regne y president en lo present real generai Parlament, ab voluntat i consenti-ment del spectable Staconsenti-ment militar del dit Regne») 61. Furono riformati i capitoli V, IX, XXI, XXVI, XLVI, LXXVI e CXCII, relativi rispettiva-mente al veneficio, alle lesioni personali, al ratto e violenza carnale, al furto sacrilego, all'incendio, alla falsa testimonianza e all'ingiuria a pub-blico ufficiale.
Il capitolo V della Carta de Logu (De venenu), che differenziava la pe-na per il reo di veneficio a seconda del sesso, disponendo per l'uomo la morte per impiccagione e per la donna l'abbruciamento sul rogo 62, cioè
60 Cfr. in questo volume, Verbale delle riunioni, n. 312.
61 Ibid., n. 313 (A, c. 457v). Sembra superfluo ricordare che nel 1567 il giurista e avvo-cato fiscale Girolamo Olives aveva pubbliavvo-cato i suoi Commentarla et glossa in Cartam de Logu,
«prima edizione commentata e glossata della carta de Logu» (A. MATTONE, Centralismo mo-narchico e resistenze stamentarie cit., p. 161).
62 Carta de Logu, cap. V: «Item ordinamus qui si alcuna persona maschiu: o femina da-rit ad mandigare: ouer a biere alcuno venenu malu: o tosighu dessu quali poderet morri su homini: o ver sa femina o a qui esseret dadu sindi esseret confessu: o ver qui illi esseret pro-uadu legittimamenti et morret inde su homini. ouer sa femina ad qui esseret dadu. Si est homini cussu qui adi fattu su dictu mali: siat infurcadu quindi morgiat. Et si esseret femina siat arsida et non campit pro dinari alcuno». Cito dall'incunabolo si, a. et n.t. (ma Barcello-na, Pere Miguel, 1492?), conservato presso la Biblioteca Universitaria di Cagliari (GW 9285; IGI 3671; cfr. F. Corvi, Elenco descrittivo degli incunaboli della Biblioteca Universitaria di Cagliari e di altre biblioteche sarde, Cagliari 1954, n. 82), ora disponibile in ed. anast. a c. di A.
Scanu, Sassari 1991 (c. 2v). Si tenga comunque presente l'edizione moderna di E. BESTA e P.E. GUARNERIO, Carta del Logu de Arborea. Testo con Prefazioni illustrative, «Studi sassaresi», III (1905), pp. 3-72. Per i temi qui toccati cfr. A. MARONGIU, Delitto e pena nella «Carta de Lo-gu» d'Arborea, in In., Saggi di storia giuridica e politica sarda, Padova 1975, pp. 75-93; e si veda-no gli ampi cenni recenti di E. CORTESE, Il diritto nella storia medievale, Il, Il Basso Medioevo, Roma 1995, pp. 348-355.
la pena capitale 'qualificata', fu mitigato abolendo la pena del rogo per la donna («la pena [...] del cremar las donas») e riducendola all'impicca-gione: «a la de penjar als homens per lo matex cas imposada, de manera que en asso de ssi avant no.s falsa differentia de homens a dones, sino que uns y altres que.s trobaran haver mort ad algu ab veri sian
pen-jats» 63. Quanto al cap. IX (De feridas), la mitigazione delle pene previste dalla Carta de Logu in caso di insolvenza del condannato a pena pecu-niaria, consistette nella soppressione della ritorsione (eguale ferita con effusione di sangue o mutilazione di membra) 64, in luogo della quale fu-rono stabilite pene carcerarie o corporali di diversa entità, in proporzio-ne alla gravità della ferita e a seconda del suo carattere intenzionale o meno (cinque anni nelle galere per lo sfregio in volto procurato inten-zionalmente, il pubblico inchiodamento della mano per la stessa ferita inferta casu fortuito; dieci anni nelle galere per la mutilazione o perdita di membra nel primo caso, inchiodamento della mano e lavori forzati da due a cinque anni in una torre o alle galere, a discrezione del viceré, nel secondo) 65.
Il cap. XXI della Carta de Logu (Qui levarit mulieri) puniva il ratto o la violenza carnale con una pena pecuniaria, non pagando la quale en-tro il termine prescritto il reo era condannato al taglio di un piede 66; la riforma parlamentare prevedeva invece oltre la pena pecuniaria la gale-ra per dieci anni, e per quindici in caso di insolvenza («vaja lo tal gale-raptor a galera per deu ariys, i no podent pagar la maquissia hi vaja per quinze ariys») 67. Parimenti il cap. XXVI (Ordinamentos de furas), che disponeva si cavasse un occhio al reo di un primo furto sacrilego in caso d'insol-
63 In questo volume, Verbale delle riunioni, n. 313 (A, c. 468).
64 Carta de Logu, cap. IX, ed. cit., c. 3v: «et si non paghat fazat sillu su simili signu cat auiri factu in su simili loghu». La ferita procurata involontariamente era però punita ad ar-bitrio dei boni homines- «Et si alcunu delictu a vennet per dixastro et qui non esseret statu a pensadamente bolemus qui fiat in arbitriu nostru-et per bonos homines per nos depuda-dos».
65 In questo volume, Verbale delle riunioni, n. 313 (A, cc. 468-468v): «Que per qualse-vol nafra feta en la cara acordadament, del qual reste sefiyal notable, no pagant lo delin-quent les cinquanta lliures se trameta a galera per sinch afiys, y si sera cas fortuit se li clave la ma en la plassa; y per qualsevol membre principal que.s rompa o affolle de modo que reste inutil, sent cas acordat, se trameta lo reo en galera per deu afiys, y no sentho sino for-tuit, que ultra clavarli la ma en la plassa, com se ha dit, servesca de dos fins en sinch afiys en una de les torres del Regne, donantli a menjar, o en galera a albitre de Sa Sefioria illu-strissima».
66 Carta de Logu, cap. XXI, ed. cit., c. 7r: «Et si cussas causas issu non podet faghire: a dies .xv. decat essere iuygadu siat illu segado suno pee per modu que lu perdat».
67 In questo volume, Verbale delle riunioni; n. 313 (A, c. 468v).
venza della pena pecuniaria (cinque volte il valore delle cose sottratte alla Chiesa, e cinquanta lire «assu rennu prossa maquicia») 68, fu rifor-mato mitigando «la dita pena del hull en tallar al tal lladre una orella y darli vent avots, sempre que no puga pagar lo cap y la maquissia», ma aggravando contemporaneamente la pena pecuniaria con l'aggiunta di cento frustate («que se li donen vent avots»)69. Quanto poi al cap. XLVI (Qui ponne fogu in domo), invece della pena 'qualificata' della morte sul rogo 70, per l'incendiario fu riformata la pena «en mort natural sola-ment», con la precisazione: «y asso sempre que.s posara foch en casa ha-bitada o en la qual hi haja alguna persona al temps que sera posat lo foch» 71.
Gli ultimi due capitoli della Carta de Logu, il LXXVI (Qui iurat pro te-stimonio) ed il CXCII (Qui narrit iniuria ad officiali), furono riformati co-me segue: il reo convinto di falsa testimonianza, che avrebbe dovuto es-ser punito con pena pecuniaria e, in caso d'insolvenza, al taglio della lin-gua e all'esclusione perpetua dalla testimonianza in giudizio 72, fu colpito da pena pecuniaria con annessa pena dell'infamia; si stabilì inoltre che in caso di giudizio criminale si sarebbe applicata a lui la pena che avrebbe dovuto subire l'accusato contro il quale era data la falsa testimonianza (retorquutio), e nel caso egli avesse testimoniato a difesa si prevedeva «la pena de vent avots y de galera per deu afiys» ad arbitrio del vicerè n. In-fine le pene per l'ingiuria e la resistenza a pubblico ufficiale, in caso d'in-solvenza della pena pecuniaria, furono mitigate nel primo caso dal taglio
68 Carta de Logu, cap. XXVI, ed. cit., c. 7v: «Volemus et ordinamus: qui si alcuna per-sona furarit alcuna causa sagrada dae alcuna ecclesia: o de domo de clesia cio est paramen-tus libros et chalighis o attera causa sagrada et est indi binchidu per testimongios: o ver quillu confessarit: paghit prossa fura primarga assa ecclesia: prossunu .v. et assu rennu pros-sa maquicia libras .1. Et si non paghat pros-sas libras .1. et pro sunu .v. secundu quest naradu de subra: boghet silli sunu ogui. Et daessa fura primargia inantes siat impicadu quindi morgiat et non campit pro dinari».
69 In questo volume, Verbale delle riunioni, n. 313 (A, c. 469).
70 Carta de Logu, cap. XLVI, ed. cit., c. 11r: «Constituimus et ordinamus: qui si alcuna persona ponneret foghu ad domo de persona alcuna istodiosamente et fagherit damnu o non et est inde binchidu: siant tenudos sos iuradus et hominis de sa villa de prouare et de tenne su homini qui ad auiri postu su dictu foghu: et dellu battiri tentu assa Corte nostra. et siat iuighadu dellu ligare ad vnu palu et fagherellu arder».
71 In questo volume, Verbale delle riunioni, n. 313 (A, c. 469).
72 Carta de Logu, cap. LXXVI, ed. cit., c. 16v: «Item ordinamus: qui alcuno homini cat iurare pro testimongio falzu sindi est binchidu paghit libras quimbanta infra dies .xv. decat esser iuyghadu et si non paghat siat illu missidu vnu ammu in sa limba et iughat si affru-standu per totu sa terra infini assu montonargiu et Mie silli tagit sa limba et lassint illu an-dare et plus non si siat dadu fidi pro testimongiu».
73 In questo volume, Verbale delle riunioni, n. 313 (A, c. 469v).
della lingua «en correr la vila solament», nel secondo dal taglio della ma-no destra «en cent aQots» 74.
Come si vede, se la Carta de Logu stabilisce pene che rispecchiano generalmente le sanzioni previste dagli statuti criminali di quasi tutto il resto d'Italia, anche la reformatio posta in essere nel Parlamento Aytona e ispirata dal giureconsulto Monserrato Rossellò non sembra sfuggire ai canoni della criminalistica d'antico regime, basandosi ancora, com'è ov-vio, non certo su criteri di umanità e proporzionalità delle pene, ma sul loro carattere esemplare e deterrente 75.
Ibid, n. 313 (A, c. 469v). Carta de Logu, cap. CXCII, ed. cit., c. 40v: «Constituimus et ordinamus: qui si alchuna persone narrit alcuna paraula iniuriosa ad alcuno officiali nostru faguendo los factos nostros ouer quilli leuarit sa prea dae manus cussa tali personi qui at fa-gheri secundu de supra pagit a sa Corte nostra pro maquicia si legitimamenti indest bintu libras xxv. et si non paghat infra dies .xv. de qui at esser iuygadu prossa paraula iniuriosa silli seguit sa limba et pro leuari sa prea dae manus segint illi sa manu dresta».
' F. Lonno CANEPA, La Sardegna dal 1478 al 1793, cit., I, p. 243 e nota 195, traendo le notizie sulla riforma dal Dexart e dal Codex diplomaticus Sardiniae del Tola (II, Torino 1861, p. 231), scriveva che «con capitolo di Corte del parlamento d'Aytona omesso dall'Angius e con ordinanza regia si modificarono e mitigarono le pene crudeli della carta de Logu sosti-tuendole con la galera e con altre più miti», aggiungendo: «Però sopravvissero non poche crudeli esemplarità fino al codice feliciano...».
6.
I capitoli presentati congiuntamente dagli Stamenti
I progetti di capitoli elaborati congiuntamente da due o da tutti e tre gli Stamenti risultano redatti entro il mese di settembre del 1593: pri-ma ad esser presentata, nella seduta del 1° di ottobre, fu la petizione congiunta dei tre Bracci; nella giornata successiva toccò alle richieste congiunte dei Bracci ecclesiastico e militare da una parte, e dei Bracci militare e reale dall'altra; tutti i progetti furono esaminati dal viceré e dai suoi officiali nei termini di un mese, e provvisoriamente approvati alla data del 4 novembre 76.
La richiesta congiunta dei tre ordini, prodotta presso il viceré da Niccolò Bonato, Salvatore Bellit e Francesco Tola, era in gran parte, co-me normalco-mente accadeva, ripetizione e riproposizione dí altre già pre-sentate, in una caratteristica commistione di istanze di carattere ammini-strativo e pubblicistico con altre di natura eminentemente privatistica (è superfluo sottolineare l'importanza della richiesta al primo capo, con la quale si rinnovava la battaglia parlamentare per l'esclusività delle cari-che). Gli Stamenti in particolare chiedevano 77: 1) che prelature e dignità vacanti si riservassero ai regnicoli, anche al fine di stimolarli agli studi giuridici («que fentho axi sera causa que los regnicols se donen y habili-ten en studiar, com se veu que de alguns atiys a esta part se son dats mes a las lletras he y a molt bons subjectes en dit Regne»); 2) che i beni dota-li fossero esclusi dalla vendita dei beni maritadota-li, per debiti o morte del
76 Cfr. in questo volume, Verbale delle riunioni, nn. 101 e 103, 104-105 e 106. Una par-ziale sintesi, ricavata dal Dexart e dall'Angius, è in F. LODDO CANEPA, La Sardegna dal 1478 al 1793, cit., I, pp. 239-243.
" Cfr. Ibid., n. 103. Intorno alla battaglia parlamentare per l'esclusività delle cariche,
«il problema certamente più complesso e, se vogliamo, più ambiguo della storia istituziona-le sarda nell'età spagnola», istituziona-le cui prime avvisaglie si colgono già nel Parlamento del 1481 e che «inizia a prendere consistenza e rilievo» nel Parlamento Heredia (1553), si vedano le considerazioni di A. MATTONE, Problemi di storia del Parlamento sardo, cit., pp. 173-176. Sulla richiesta al capo 19, relativa al Consell de guerra, «organo collegiale con funzioni meramente consultive che i viceré avevano ben presto lasciato cadere in disuso, come venne la- mentato nel parlamento Aytona», cfr. B. ANATRA, Dall'unificazione aragonese ai Savoia, cit., p.
480. Si ricorderà anche che, tra i provvedimenti emanati dal viceré col consenso e l'appro-vazione dei tre Stamenti, c'è la prammatica del 15 novembre, decisa al fine di provvedere alla protezione e all'incremento dell'allevamento del bestiame bovino e ovino nel Regno, stabilendo il prezzo dei capi a seconda della taglia e dell'età (cfr. n. 148).
coniuge; 3) che si salvaguardassero i beni dei monasteri; 4) che le delimi-tazioni dei terreni si facessero con minor spesa e concorso di pubblici ufficiali; 5) che si proibisse, tanto ai forestieri quanto ai locali, la vendita a credito di mercanzie varie, sotto pena della perdita del prezzo; 6) che sulle istanze presentate alla Reale Udienza si provvedesse in forma di re-scritto; 7) che i notai non potessero rogare atti di obbligazione senza ac-certamento dell'identità dell'obbligato; 8) che si moderassero i salari ec-cessivi praticati presso il tribunale d'appello; 9) che si istituisse, come nei Regni di Aragona e di Sicilia, un terzo inquisitore «sens salari algu»; 10) che si proibisse ai notai di rogare atti in frode alle norme in materia di rapporti patrimoniali fra coniugi, sotto pena di nullità e di privazione dell'ufficio; 11) che si riducesse il numero degli officiali regi; 12) che
«per evitar alguns abusos que se fan pesant axi formatges y altres coses»
si vietasse l'uso di pesi di pietra; 13) che i diritti dovuti ai vicari regi per l'esecuzione dell'esazione non pregiudicassero i creditori; 14) che si ef-fettuasse un controllo periodico sui farmaci in vendita nelle botteghe degli speziali («attent se veu que en las botigues dels apothecaris hi a moltes drogues, ruines y velles, lo que es causa de gran danny a la sa-lut»); 15) che non si procedesse a sequestro senza aver udito le parti, pe-na la nullità degli atti; 16) che nelle città del Regno vi fosse un numero adeguato di procuratori; 17) che si revocasse la prammatica che vietava agli abitanti delle ville reali di trasferire il domicilio nelle terre dei baro-ni; 18) che si aumentasse il salario degli amministratori del patrimonio regio, impegnati a munire le torri («per les moltes torres hi haja en lo present Regne fetes, sens les demes que.s van fent, en les quals se han de provehir de alcaits, soldats y les demes coses a sos offiOs pertanyents»);
19) che si rinnovasse l'uso di convocare nel Consiglio di guerra i prelati e i consiglieri in capo; 20) che si punissero con la galera i vagabondi e i sobillatori; 21) che nella Reale Udienza, ad eccezione del reggente, fosse-ro nominati esclusivamente regnicoli «pratichs en los negoOs del Re-gne»; 22) che i querelanti fossero obbligati a pagare le spese; 23) che si fissassero una volta per tutte le precedenze nel Parlamento; 24) che si in-crementasse l'allevamento dei cavalli; 25) che si procedesse a compro-messo per dirimere le liti fra congiunti; 26) che gli abilitati nel preceden-te Parlamento si considerassero abilitati in perpetuo («que sempre sian tinguts per habilitats»); 27) che i dottori provenienti dagli Studi, «tant los de lleys com de medisina», non potessero praticare prima di essere esa-minati; 28) che almeno un sardo fosse nominato nel Consiglio Supremo della Corona, così come già supplicato nei Parlamenti presieduti dai vi-ceré Martin Cabrero e Alvaro de Madrigal; 29) che si portasse a due an-
ni il termine per l'introduzione delle cause d'appello; 30) che nella ven-dita di proprietà obbligate a censo perpetuo, laddove nell'atto di venven-dita non fosse fatta menzione dí questo, si defalcasse tale censo nella misura del tre per cento, sì che l'acquirente non venisse ingiustamente gravato.
Il viceré approvò simpliciter con la formula di rito (que's falsa com se supplica) i capi 7, 10, 12, 13, 18, 23 e 27, condizionando invece con varie clausole l'approvazione delle richieste ai capi 2, 4, 5, 6, 8, 14, 15, 16, 20, 22, 26 e 30, rinviando all'osservanza delle norme vigenti i capi 19 e 25, e dichiarando infine i capi 1, 3, 9, 11, 17, 21, 24, 28 e 29 di esclusiva com-petenza del sovrano (que ho suppliquen a Sa Magestat). In particolare, quanto al punto 26, si disponeva che gli 'abilitati' in due Parlamenti
Il viceré approvò simpliciter con la formula di rito (que's falsa com se supplica) i capi 7, 10, 12, 13, 18, 23 e 27, condizionando invece con varie clausole l'approvazione delle richieste ai capi 2, 4, 5, 6, 8, 14, 15, 16, 20, 22, 26 e 30, rinviando all'osservanza delle norme vigenti i capi 19 e 25, e dichiarando infine i capi 1, 3, 9, 11, 17, 21, 24, 28 e 29 di esclusiva com-petenza del sovrano (que ho suppliquen a Sa Magestat). In particolare, quanto al punto 26, si disponeva che gli 'abilitati' in due Parlamenti