GLI STRUMENT
3.3 Una definizione gender-sensitive di rifugiato
3.3.2 Attori di persecuzione e attori di protezione
La Convenzione di Ginevra non definisce esplicitamente quali devono essere le caratteristiche del soggetto che ha compiuto o minaccia di compiere gli atti persecutori. La questione principale a questo riguardo è quella del riconoscimento delle violazioni commesse da attori non statali. Per lungo tempo il concetto di “persecuzione” è stato riferito ad azioni, leggi e politiche attuate dal governo del Paese di origine, e vari Paesi lo hanno applicato secondo questo indirizzo restrittivo, riconoscendo invece la persecuzione non statale in modo disomogeneo: alcuni esempi europei sono Francia, Italia, e Germania.41 Questo approccio si basa sulla cosiddetta “teoria dell’imputabilità” o della “responsabilità”, che è appunto basata sul principio della responsabilità o corresponsabilità dello Stato nelle azioni persecutorie: secondo questa prospettiva, lo Stato è da ritenersi coinvolto solo se i suoi agenti hanno essi stessi commesso tali azioni, o se ha volontariamente tollerato quelle commesse da soggetti di altro tipo trascurando intenzionalmente di proteggere le vittime42. L’Alto Commissariato tuttavia ha sostenuto e favorito l’approccio che riconosce anche la persecuzione non statale, se essa è “tollerata dalle autorità o se le autorità rifiutano o si dimostrano incapaci di offrire protezione effettiva”:43 in questa prospettiva protezione e persecuzione vengono equiparate, nel senso che ad essere centrale non è la volontà di protezione dei propri cittadini, ma la possibilità e capacità effettiva di metterla in atto. Uno Stato che non sa predisporre o implementare strumenti adeguati a tale scopo è tanto responsabile quanto uno stato che omette volontariamente di farlo44 . Nell’esprimersi sulla questione l’Unhcr ha esemplificato gli attori non statali con “frazioni della popolazione locale e di individui”,45e la giurisprudenza internazionale ha riconosciuto gruppi familiari, gruppi clanici, sette. Oggi questo approccio è prevalente, e a livello regionale è sancito dall’art.6 della Direttiva Qualifiche, secondo il quale possono essere responsabili della persecuzione o del danno grave:
a) “lo Stato;
b) i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio;
41 Come illustrerò nel quinto capitolo, la Germania ha ampliato in modo sostanziale il suo approccio alla questione
solo con il recepimento della Direttiva Qualifiche.
42 TURK, Volker, Non-state agents of persecution, in Switzerland and the International Protection of Refugees,
Chetail and Gowlland-Debbas Kluwer Law International, pp.95-109.
43 UNHCR, Handbook on procedures, cit., par.65.
44 BRUNELLO, Marzia, Udara Jayasinghe, Donne – non più una minoranza dimenticata con la legge sul diritto
d’asilo australiana, in DEP – Deportate, esuli, profughe, n.5/6, Dicembre 2006.
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c) soggetti internazionali, se può essere dimostrato che i respon- sabili di cui alle lettere a) e b), comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi come definito all'articolo 7.”
Come illustrato nel capitolo precedeente, la Direttiva prevede infatti al primo comma dell’art.7 che la protezione possa essere offerta non solo dallo Stato, ma anche dai “partiti o le organizzazioni, comprese le organizzazioni internazionali, che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio.”46 Secondo il secondo comma dello stesso articolo, la protezione sarebbe da ritenersi presente se esistono “adeguate misure” per impedire gli atti persecutori e i danni gravi, tra cui un sistema giuridico a cui il richiedente possa accedere e che permetta di individuarli, perseguirli e punirli, ma, come anticipato, non è chiaro come esso possa essere fornito da un’organizzazione internazionale. Il rischio è che questa disposizione venga utilizzata per diniegare la protezione internazionale sulla base della presenza di progetti di intervento da parte di organizzazioni internazionali che in realtà hanno portata circoscritta.
Il riconoscimento degli attori non statali è spesso di particolare importanza nella valutazione delle domande di asilo presentate da donne. In molti contesti, la relazione delle donne con lo Stato è meno diretta di quella degli uomini47, ed è molto più probabile che le violazioni che subiscono vengano compiute da soggetti individuali o collettivi, come nel caso frequente dei conflitti interni che non coinvolgono agenti istituzionali. Inoltre, le violazioni cui sono soggette per mano dei rappresentanti dello Stato hanno a lungo rischiato di essere considerate estranee alla sfera di competenza della Convenzione di Ginevra come atti considerati individuali, a prescindere dal fatto che fossero compiute da pubblici ufficiali o membri dell’esercito e indice di tendenze più ampie. Si tratta ad esempio della violenza sessuale in carcere, dell’uso dello stupro come arma di guerra, di gravi discriminazioni ad opera di ufficiali di polizia che possono impedire l’accesso agli strumenti di ricorso e protezione contro atti di violenza, di ufficiali di frontiera corrotti dai trafficanti di esseri umani. E’ ancora più frequente che la violenza gender-
based avvenga per mano di soggetti individuali o collettivi: mariti, padri, fidanzati, famiglia
acquisita, rete sociale, comunità locale48, in situazioni familiari o di gruppo nelle quali lo Stato
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Come illustrato nel capitol precedente, questa disposizione è stata ampliata nella nuova Direttiva Qualifiche con un elenco non esaustivo dei possibili attori non statali di protezione, diventando secondo l’Unhcr non “legalmente chiaro”.
47 CRAWLEY, Heaven, LESTER, Trine, Comparative analysis of gender-related persecution in national asylum
legislation and practice in Europe, UNHCR survey, 2004, disponibile su http://www.jrseurope.org/accompanydetainees/docs/Crawley%20Report%20on%20EU%20Gender%20and%20Asyl um.pdf [consultato il 30 settembre 2013].
48 CRAWLEY, Heaven, Refugees and gender: law and process, Jordan Publishing, London, 2001; TURK, Volker,
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non può o non vuole fornire protezione effettiva. In questi casi la valutazione è complicata dalla possibilità di valutare adeguatamente la possibilità di ricevere protezione, dal momento che molti Paesi, anche in relazione ai loro obblighi internazionali riguardanti la protezione dei diritti umani delle donne, hanno ratificato degli strumenti internazionali e si sono dotati di legislazione formalmente tutelante, ma non possono o non vogliono implementarne un’applicazione sistematica; oppure, il Paese di origine può aver messo in atto azioni preventive basate sull’informazione, ma non essersi ancora dotato di strumenti normativi che ne permettano il perseguimento penale, come nel caso della Nigeria per quanto riguarda le mutilazioni genitali femminili. Inoltre, la possibilità prevista dalla Direttiva Qualifiche di trovare protezione nell’azione di organizzazioni internazionali può far individuare come possibile fonte di protezione anche interventi che in realtà hanno azione circoscritta nello spazio e nel tempo, come progetti di supporto per donne vittime di tratta o violenza che però senza adeguata collaborazione con lo Stato una volta conclusi possono lasciare la donna al punto di partenza. A questo riguardo è necessario osservare che la nuova Direttiva Qualifiche preciserà al comma 2 dell’art.7 che la protezione deve essere “effettiva e non temporanea”, ai fini di una maggiore chiarezza applicativa.