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GLI STRUMENT

5. LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DALLA PERSECUZIONE DI GENERE: ANALISI DI CINQUE PAESI EUROPE

5.1.2 Procedure e genere

A differenza di alcuni Paesi, ma affinemente alla maggioranza, la Francia non ha recepito formalmente le linee guida sul genere o sul trattamento delle richiedenti asilo dell’Unhcr, nè si è dotata di linee guida nazionali in materia. Secondo delle interviste condotte all’interno di un’inchiesta europea17, questo tipo di approccio è considerato in un certo senso contrario al principio di eguaglianza, e ci si affida quindi al “buonsenso” per un’applicazione della normativa equa e sensibile alle specificità dei richiedenti. Questo però non sembra verificarsi in modo

16 Office français de protection des réfugiés et apatrides, cit., pag.20 e 28.

17 CHEIKH ALI, Hana, QUERTON, Christel, SOULARD, Elodie, Gender-related Asylum Claims in Europe. A

comparative analysis of law policies and practice focusing on women in nine EU Member States, Asylum Aid, CEAR,

CIR, France Terre d’Asile, Hungarian Helsinki Committee, 2012, disponibile su http://helsinki.hu/wp- content/uploads/GENSEN-Report-FINAL.pdf [consultato il 30 settembre 2013].

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regolare nella pratica: varie richiedenti si sono scontrate con la reticenza del personale competente alla raccolta delle domande di protezione, sia per quanto riguarda la registrazione delle stesse che nel fornire informazioni rispetto alla procedura. In particolare, sembra che raramente le donne vengano informate della possibilità di avere un interprete e un intervistatore donna, sia da parte degli ufficiali competenti che degli stakeholder che si occupano di accoglienza e assistenza sociale e legale; inoltre, se la lingua madre della richiedente non è molto diffusa non sempre è disponibile un interprete di sesso femminile18. E’ anche stato registrato che le donne che arrivano nel Paese ospite insieme al marito o alla famiglia non vengono sempre informate della possibilità di presentare domanda autonomamente: questo può non avere a che fare con alcuni tipi di persecuzione di genere (la violenza coniugale o familiare ad esempio continuerà ad avere luogo), ma ha comunque a che vedere con il grado di autonomia della richiedente asilo nel Paese ospite, ad esempio in caso di separazione dal marito, e, più ampiamente, dal momento che l’eventuale dipendenza socio-economica può essere rafforzata dal vincolo legale. Questo si associa alla tendenza a considerare l’uomo (in caso di richiesta di asilo di una coppia o una famiglia) come il richiedente principale. E’ previsto il colloquio individuale per le donne, anche se non è associata a servizi di affidamento dei bambini: essa può quindi avvenire in presenza dei figli della richiedente, ostacolandone così una libera testimonianza. Il colloquio individuale non ha inoltre luogo in caso di ricorso alla CNDA. Per quanto riguarda l’informazione, è stata pubblicata solo una guida mirata per le donne, non dagli attori istituzionali ma dal Groupe Asile ed Femmes (di cui parlerò più avanti); nonostante si tratti di un’iniziativa valida essa è disponibile solo in francese e ha diffusione limitata. E’ stata quindi registrata una scarsità di informazione gender-sensitive, che sarebbe necessaria per chiarire dall’inizio la possibilità di chiedere protezione sulla base del genere; ciononostante, le domande presentate dopo un periodo di permanenza sul territorio nazionale possono venire considerate poco credibili, ed eventuali elementi collegati al genere, se aggiunti alla domanda di protezione in un secondo momento, non vengono spesso considerati adeguatamente.19 Questi due aspetti fanno immaginare che, per una donna che arriva in Francia senza sapere anticipatamente che eventuali violazioni temute o subite nel Paese di origine possono essere alla base di una richiesta

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Il Comité Médical pour les Exilés ha dedicato al ruolo dell’interprete nella procedura di asilo un dossier nel 2008; i contributi che lo compongono trattano del ruolo integrativo dell’interprete nel corso della procedura di asilo e della sua funzione all’interno del più ampio problema dell’accesso ai servizi sanitari e di integrazione. Si veda COMEDE, Maux d’Exil, Dossier: L’interpretariat, pour en finir avec les malentendus, 24, Semptembre 2008.

19 ECRE, The Impact of the EU Qualification Directive on International Protection, ELENA, 2008, disponibile su

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di asilo, sia particolarmente complesso sia arrivare a presentare la domanda che ad ottenere la protezione.

Gli ufficiali incaricati dell’esame delle domande sono suddivisi in dipartimenti specializzati per regioni geografiche o Paese di provenienza. La loro expertise non comprende però necessariamente conoscenze relative alle questioni di genere; sono previsti dei training non obbligatori le cui tematiche variano di anno in anno; negli ultimi tre anni esse anno incluso l’intervista delle persone vulnerabili, vittime di trauma e tratta e le linee guida sul genere dell’Unhcr. Esistevano dei training costanti riguardo alle mutilazioni genitali femminili che sono però stati sospesi; in compenso, alcuni dipartimenti geografici costituiscono gruppi di lavoro riguardo a fenomeni di particolare interesse in sinergia con associazioni o organizzazioni esterne all’OFPRA. Nel 2011, ad esempio, un progetto di collaborazione tra il distaccamento africano e l’associazione GAMS (Groupe femmes pour l’abolition des mutilations sexuelles) per approfondire la questione delle mgf.

Per quanto riguarda le informazioni sui Paesi d’origine, il Centro di informazione geopolitica dell’Ofpra elabora report e schede riassuntive sui Paesi e approfondimenti interamente dedicati a problematiche di particolare rilievo. Secondo alcune analisi esse però non sono aggiornate con grande frequenza, complici le piccole dimensioni del Centro e la grande varietà di Paesi di provenienza, e non sempre includono informazioni precise rispetto al genere. Ciononostante, secondo il report annuale il 2011 ha visto un aumento degli studi completati annualmente (da 17 a 24), sulla base delle necessità presentate dalle divisioni geografiche. Il sito dell’OFPRA rende consultabili alcuni dei report: in circa un terzo non è presente una sezione riguardante le donne, seppure si tratti di Paesi come lo Sri Lanka ed il Bangladesh le cui perccntuali di richiedenti donne in Francia sono molto basse. Quelli che che approfondiscono la situazione femminile non sempre lo fanno in modo esaustivo, dedicandovi un numero limitato di pagine e concentrandosi sulle problematiche più facilmente riconoscibili come persecutorie o dannose, mentre quasi assenti sono le considerazioni rispetto a fattori quali la condizione sociale e familiare della donna, inclusa l’incidenza della violenza domestica e familiare, la possibile indipendenza economica, la possibilità di vivere da sole, il diritto di famiglia e le consuetudini in relazione a divorzi, separazioni e delitti d’onore, o accessibilità effettiva alla giustizia. Da questi documenti sembra insomma che il Centro tenda a documentarsi rispetto a fenomeni già consolidati come fondamento di protezione internazionale, quali mgf e matrimoni forzati, tralasciando le informazioni contestuali che permetterebbero di dare peso ad eventuali domande basate su questioni di più difficile valutazione, quali violenza domestica o discriminazione

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economica, forse proprio in virtù della loro ampia diffusione. Sempre rispetto alle informazioni sui Paesi di origine, è inoltre utile citare la partecipazione della Francia al progetto “European Contry of Origin Sponsorship”, sulla base del quale alcuni Paesi europei si assumono la responsabilità di divenire referenti dell’elaborazione di informazioni riguardo ad alcuni Paesi di origine. La Francia ad esempio è insieme a Germania e Regno Unito il Paese referente riguardo allo Sri Lanka, ma ciononostante il consistente report sullo Sri Lanka del 2010 accessibile dal sito dell’ufficio non dedica nessuno spazio particolare alla condizione femminile nel Paese. Altra funzione del Centro di informazione è costituita dalle missioni di ricerca sul campo (tre nel 2011), per raccogliere dati relativi alle caratteristiche generali del Paese o a tematiche specifiche, e come forma di training per gli ufficiali e di creazione di una rete di contatti che va ad arricchire la gamma di fonti di informazione diretta.

La rilocazione interna non sembra costituire un problema particolare per la Francia, che secondo una valutazione di ECRE la applica raramente, in genere nel caso in cui il richiedente, prima di lasciare il suo Paese, già risiedeva in una zona sicura diversa da quella in cui correrebbe il rischio di persecuzione. D’altro canto, l’applicazione del concetto di Paese sicuro risulta problematica nel senso che che in questo caso la domanda segue una procedura speciale, accelerata e senza possibilità di ricorso, con i rischi che ne conseguono per le richiedenti di sesso femminile se la valutazione di sicurezza non tiene dovuto conto delle peculiarità della loro condizione nel Paese di origine, il che, a guidicare dalla qualità delle informazioni gendered disponibili, non sempre può avvenire. Questo punto critico è in parte controbilanciato dal fatto che la Francia si è dotata di liste di Paesi sicuri differenziate per genere: il Mali, ad esempio, tra il 2010 e il 2011 era annoverato nella lista dei Paesi sicuri20, ma solo per gli uomini, mentre per le donne era richiesta l’applicazione di una procedura standard con esame individuale della domanda, sulla base della grande quantità di domande pervenute in relazione al problema delle mutilazioni genitali femminili e all’alto tasso incidenza di questa pratica.

Varie analisi denunciano la frequenza di casi respinti perchè giudicati poco credibili a causa dell’assenza di prove concrete e documentali dei fatti denunciati21; ad esempio, in alcuni casi legati a matrimonio forzato sono stati richiesti certificati matrimoniali, senza tenere conto che il legame potrebbe essere stato celebrato solo in forma religiosa o consuetudinaria. Allo stesso modo, sembrerebbe che in vari casi i riferimenti ad eventuali legami con persone della propria

20 Nel 2012 è stato eliminato dalla lista alla luce dell’instabilità politica e degli scontri in corso a livello civile.

21 CHEIKH ALI, Hana, QUERTON, Christel, SOULARD, Elodie, Gender-related Asylum Claims in Europe. A

comparative analysis of law policies and practice focusing on women in nine EU Member States, Asylum Aid, CEAR,

CIR, France Terre d’Asile, Hungarian Helsinki Committee, 2012, disponibile su http://helsinki.hu/wp- content/uploads/GENSEN-Report-FINAL.pdf [consultato il 30 settembre 2013].

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nazionalità siano stati giudicati contraddittori del denunciato timore di persecuzione, favorendo una valutazione di scarsa credibilità. Lo stesso può accadere alle richiedenti vittime di tratta,22 sulla base dell’utilizzo di nome falso, o dell’incapacità di fornire informazioni dettagliate sulle reti criminali in cui erano coinvolte. Questi atteggiamenti denunciano una preparazione non sempre adeguata rispetto al Paese d’origine e alle dinamiche migratorie con i cambiamenti culturali che essi comportano, e fanno sì che al colloquio venga richiesto un grado di precisione che può non coincidere con quella permessa dalla traumaticità di eventi e forme di violenza subite o temute23.

Tra tema della giurisprudenza e quello delle procedure si situa la pratica della compilazione e utilizzo di dossier trimestrali di argomento giurisprudenziale: una divisione ad hoc dell’OFPRA costruisce delle sintesi rispetto agli sviluppi rilevanti della giurisprudenza nazionale sull’asilo e delle principali tendenze decisionali rispetto ai singoli Paesi, e talvolta elabora dei focus riguardo all’atteggiamento interpretativo rispetto a fenomeni particolari, ad esempio, come menzioneremo oltre, alle mutilazioni genitali femminili. Questi dossier sono consultabili da parte degli ufficiali competenti alla decisione delle domande, al fine di supportare il processo decisionale e di armonizzare l’applicazione nazionale della normativa sull’asilo.

Non mi sono occupata in questa indagine delle condizioni di accoglienza e integrazione, ma è opportuno menzionare l’insufficienza del sostegno medico e psicologico nella prima accoglienza. Si tratta infatti del personale più formato per riconoscere e rispettare adeguatamente le esigenze specifiche delle donne soggette a violenza, nonchè eventualmente a segnalarle a chi si occupa di seguirle nel processo di presentazione della domanda in modo da poter identificare fattori a sostegno di una domanda basata sul genere. D’altra parte, come già accennato, gli stessi operatori sociali e le associazioni private che si occupano dell’accoglienza possono risultare poco preparati a riguardo.

22 ADFEM, Droit d’asile et femmes: quelle situation en France aujourd’hui?, 2012, disponibile su

http://doubleviolence.free.fr/spip/IMG/pdf/Femmes_asile_ADFEM_ecran.pdf [consultato il 7 settembre].

23 Alcuni esempi di mancata considerazione del trauma e dei fattori socioculturali influenti sulla qualità dell’intervista

sono forniti nello studio di SOULARD, Elodie, Le droit d’asil au féminin. Cadre legislative et pratiques, Observatoire de l’asile et des réfugiés, 2011, disponibile su http://www.france-terre- asile.org/images/stories/publications/cahiersdusocial/franceterredasile-cahierdusocial32-droitasileaufeminin.pdf

[consultato il 6 settembre].. A questo riguardo si veda anche AGRALI Sibel, MOREL Eleonore, Prendre soin. Sensibiliser les déciseurs in COMEDE, Maux d’Exil, Dossier: Santé des exilés: quel accès aux soins?, 36, Marzo- Aprile 2012, pag.3.

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