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Ruolo di organizzazioni non governative e associazion

GLI STRUMENT

5. LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DALLA PERSECUZIONE DI GENERE: ANALISI DI CINQUE PAESI EUROPE

5.1.3 Ruolo di organizzazioni non governative e associazion

La Francia ha visto nascere vari gruppi di rifugiate, alcuni attivi da vari decenni e associati in gruppi di media portata sia nazionali che accomunati dal solo genere24, ma il ruolo di associazioni ed ong rispetto alle donne e al tema della persecuzione di genere sembra poco consistente. Le grandi organizzazioni che operano con richiedenti asilo e rifugiati a livello nazionale non sembrano essersi dedicate alle donne come categoria dalle esigenze specifiche, aver elaborato dei servizi mirati o aver condotto delle ricerche riguardo ai temi connessi all’asilo e alle donne, o alla persecuzione di genere. Questa mancanza si associa a quanto osservato rispetto alla inaccuratezza delle informazioni fornite alle richiedenti asilo e del tipo di assistenza offerta, presentando un quadro in cui alla crisi più generale del sistema di accoglienza si somma una fragilità specifica per quanto riguarda le donne.

Il tema della persecuzione di genere, portato avanti dagli anni ’90 da alcuni gruppi di donne rifugiate, insieme alla crescente attenzione per la violenza di genere e le esigenze specifiche delle richiedenti di sesso femminile, hanno piuttosto riscosso l’attenzione di soggetti di media dimensione, o sono stati al centro di progetti su scala locale elaborati da soggetti già esistenti ma operanti più in generale con gli immigrati, o da piccole organizzazioni specializzate istituite ad

hoc25. Femmes de la Terre, ad esempio, è stata creata nel 1992 e RAJFIRE nel 1998, ed entrambe si occupani di donne immigrate e rifugiate con un centro di accoglienza, attività di accompagnamento alla domanda di asilo e di sensibilizzazione, operando però sulla sola area di Parigi città; Amnesty Tolosa ha avviato da qualche anno un progetto di accompagnamento delle vittime di tratta alla richiesta di protezione internazionale; alcuni gruppi locali del FASTI (Federation des associations de solidarité avec les travailleur-euse-s immigré-e-s) hanno attivato operazioni di sensibilizzazione rispetto alla persecuzione di genere. Sebbene si tratti di iniziative interessanti e positive, il loro raggio d’azione è ristretto, anche dal punto di vista geografico, e si sta ancora consolidando. Lascia però ben sperare il moltiplicarsi di questo tipo di contributi, e il fatto che i principali soggetti interessati da questa evoluzione (quelli appena menzionati, insieme a Cimade e Comede) si sono messi in rete tra il 2004 e il 2005 con un gruppo di lavoro (il sopra

24 Per un’approfondimento rispetto allo sviluppo di tali gruppi e al modo in cui nella loro attività si sono associate la

riflessione sull’asilo e una progressiva presa di coscienza femminista si veda LESSELIER, Claudie, Femmes, exils et

politique en France depuis 1970, 2009, disponibile su http://rajfire.free.fr/spip.php?article157 [consultato il 30 agosto

2013]. Lo studio di Lesselier colloca l’emigrazione femminile indipendente nella prospettiva duale di migrazione come esilio da un lato, spazio di libertà, emancipazione e cambiamento dall’altro.

25 Alcuni dei progetti specifici che hanno contribuito alla mobilitazione di campagne di sensibilizzazione e alla

creazione di progetti mirati, e il modo in cui si sono intrecciati, sono stati descritti in FREEDMAN, Jane, VALLUY, Jérome, Pérsecutions des femmes – Savoirs, mobilisations et protections, Editions Du Croquant, 2007.

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menzionato GRAF) incentrato proprio sul riconoscimento della persecuzione di genere. I membri del GRAF si propongono di mettere in campo attività di sensibilizzazione, pressione, ed informazione per le donne, per ora costituite nel concreto da alcuni report, documenti di lavoro e una guida per le richiedenti asilo26; dal 2008 tali attività sono state proseguite dalla più ampia rete ADFEM (Action et Droits des Femmes Exilées et Migrantes). Come ha osservato Jane Freedman nel suo rapporto del 2009 per conto dell’Unhcr27, la portata positiva ma ancora limitata di questo tipo di iniziative beneficierebbe anche dal punto di vista simbolico di un più ampio supporto e attenzione da parte degli attori istituzionali. Esiste anche l’esempio di France Terre d’Asile, grande ong attivatasi recentemente rispetto alle tematiche del genere; è interessante osservare tuttavia che essa ha scelto di far parte di partenariati europei (ad esempio con il CIR italiano, la CEAD spagnola o Asylum Aid inglese con i quali ha intrapreso progetti di ricerca e sensibilizzazione) ma non risulta far parte di alcun network a livello nazionale.

5.1.4 Giurisprudenza

Possiamo fare solo alcune considerazioni rispetto alle tedenze giurisprudenziali francesi, sulla base delle fonti secondarie disponibili. Uno dei pochi casi legati al genere citato a più riprese è anche uno dei primi ad aver aperto il dibattito sulla persecuzione di genere, in concomitanza con le esistenti o nascenti relative linee guida in alcuni Paesi: si tratta del caso Diop del 1991, in cui una giovane donna proveniente dal Mali ha fondato la sua domanda sul timore di escissione28. Si fa anche spesso riferimento al caso Sissoko, del 2001, in cui una coppia di genitori proveniente dal Mali ha invece ottenuto asilo nell’intento di proteggere la figlia dallo stesso tipo di pratica. Secondo l’Unhcr la Francia è uno dei Paesi che più ha riconosciuto una forma di protezione internazionale sulla base del genere; proprio come osservato per quanto riguarda le procedure, anche a livello interpretativo essa non si è però dotata di linee guida nazionali né ha adottato quelle dell’Unhcr del 2002. Le autorità competenti sostengono di farvi riferimento e di applicarne le indicazioni, ma le decisioni positive non vengono motivate, e quindi anche i ricercatori che vi hanno avuto accesso sostengono di non aver potuto trovare

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GRAF, Droit d’asile et femmes. Guide pratique, 2007.

27 FREEDMAN, Jane, Les femmes en quête d’asile et réfugiées en France, UNHCR Legal and Protection Policy

Research Series – Division des services de protection international, 2009, disponibile su http://www.refworld.org/docid/4a535d9a2.html [consultato il 30 settembre 2013].

28 Aminata Diop si vide negare lo status di rifugiata perchè non aveva cercato la protezione statale prima di lasciare il

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riscontro del modo in cui la violenza di genere viene valutata, se viene riconosciuta come persecuzione o sulla base di quale motivazione.

Per quanto riguarda gli attori di persecuzione, la Francia in un primo momento riconosceva solo la persecuzione statale; con il tempo la giurisprudenza ha riconosciuto anche varie forme di gruppi o soggetti non statali, ad esempio i membri della famiglia o della comunità locale e i clan o tribù di appartenenza. La legislazione francese non definisce la protezione statale in modo chiaro; nel valutarne la sussistenza ed effettività, sembra basarsi sulla condizione generale di sicurezza nel Paese di origine piuttosto che il sistema legale vigente; dà inoltre particolare peso, in caso di persecuzione non statale, alla richiesta di protezione effettuata dal richiedente asilo, all’accessibilità di eventuali mezzi di ricorso, e richiede motivazioni plausibili e coerenti nel caso in cui essa non abbia avuto luogo. Ha inoltre recepito l’art.7 della Direttiva Qualifiche e ne ha applicato talvolta le disposizioni riconoscendo come attori di protezione non statali delle missioni delle Nazioni Unite in Bosnia e Kosovo.

Per quanto riguarda il “particolare gruppo sociale”, la Francia ha recepito la definizione cumulativa introdotta dalla Direttiva Qualifiche. Inoltre, il sito dell’OFPRA lo definisce in relazione alla rivendicazione dell’appartenenza, e come “un insieme circoscritto e sufficientemente identificabile di persone”, segnalando una tendenza a concepire questa motivazione in modo più articolato e restrittivo rispetto alle indicazioni dell’Alto Commissariato29. Questo si riflette nella pratica sul fatto che varie sentenze che a partire dal 2005 hanno considerato il matrimonio forzato come persecuzione ne hanno condizionato il riconoscimento al fatto che presso la società di origine il sottrarsi ad esso venisse considerato come una trasgressione delle norme consuetudinarie e che fosse stata attivamente ricercata e negata la protezione dello stato. A questa ipotesi si aggiungono le indicazioni dei già citati report di ECRE e Unhcr, secondo i quali è stato applicato con la richiesta che fosse anche perseguitato in quanto gruppo. Ricordando che il particolare gruppo sociale è il più frequentemente impiegato nel riconoscimento della persecuzione di genere in quanto tale, questi aspetti costituiscono un fattore particolarmente critico30. Questo ground viene utilizzato in casi di questo tipo fin dalla alla fine degli anni ’90 in relazione alla persecuzione fondata sull’orientamento sessuale, seguiti da alcune decisioni positive nei primi anni 2000 rispetto al rischio di escissione e alla violazione di norme sociali. Le decisioni favorevoli su queste basi sono aumentate a partire dalla metà degli

29 Questa tendenza è descritta anche in GRAF, Droit d’asile et persecution visant spécifiquement les femmes, 2005,

reperibile su http://www.gisti.org/doc/actions/2006/graf/graf_asile_femmes_200507.pdf [consultato il 15 settembre 2013].

30 Questa interpretazione del particolare gruppo sociale richiama in parte il test della “visibilità sociale” osservato presso

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anni 2000, in concomitanza con il recepimento delle prime direttive europee, in particolare la Direttiva Qualifiche che secondo alcune fonti avrebbe favorito una sua interpretazione meno restrittiva che in passato in quanto non più necessariamente legata ad una persecuzione mirata31. Ad oggi, i gruppi sociali riconosciuti dalla giurisprudenza francese sono legati alla trasgressione dei costumi (ad esempio in caso di abbigliamento religioso), all’orientamento sessuale, alla fuga da mutilazioni genitali femminili da parte di donne o di genitori che vogliono sottrarre le figlie a tale pratica, crimini d’onore, riti di vedovanza umilianti o degradanti, matrimoni forzati, più alcuni casi legati alle violenze familiari e coniugali. E’ inoltre stato riconosciuto come particolare gruppo sociale quello delle madri di bambini albini che temono per le violenze e l’ostracismo che ne conseguono.

Confrontando analisi e commenti32 riguardo alla giurisprudenza francese è possibile dedurre che le forme di violenza di genere le cui vittime sono più protette sono i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali femminili e la tratta per prostituzione33. Le stesse fonti, però, confermano anche la spiccata tendenza a riconoscere alle richiedenti in queste situazioni la protezione sussidiaria piuttosto che lo status di rifugiata. Questo accade ad esempio in relazione alla tratta a scopo di prostituzione: l’articolo precedentemente citato di ADFEM sostiene di aver individuato solo un caso in cui una richiedente ha ottenuto su questa base lo status di rifugiata34, ma che in genere i rischi di ostracismo, ritorsione da parte del circuito criminale, re-trafficking che le richiedenti corrono in caso di rientro nel Paese di origine vengono considerati come danni gravi piuttosto che come persecuzione. Come già ipotizzato, la protezione sussidiaria sembra venire riconosciuta quasi routinariamente anche nei casi di violenza domestica. E’ particolarmente problematico che la stessa tendenza sia evidente per quanto riguarda le mutilazioni genitali femminili, dal momento che la Francia, fino alla metà degli anni 2000, aveva visto lo sviluppo di una giurisprudenza significativa che riconosceva queste pratiche come persecuzione: già nel 1991 il CRR35 aveva deciso positivamente di un caso di fuga da mgf per la prima volta in Europa, sostenendo la possibilità di riconocere l’asilo alle donne sottoposte a mutilazione

31 “Dal 1997, il Consiglio di Stato legava l’appartenenza ad un gruppo sociale ad una persecuzione specifica e la CNDA

l’aveva seguito in questa logica. [...] Per conformarsi alla direttiva qualifiche del 2004, questo legame è divenuto molto attenuato, se non completamente scomparso”. CIMADE, Droit d’asile: l’assemblée du contentieux du Conseil d’Etat

reconnaȋt que les fillettes risquant l’excision sont un groupe social, 2012, disponibile su http://www.lacimade.org/poles/defense-des-droits/nouvelles/4214-Droit-d-asile---l-assembl-e-du-contentieux-du- Conseil-d-Etat-reconna-t-que-les-fillettes-risquant-l-excision-sont-un-groupe-social [consultato il 10 settembre 2013].

32 Si vedano i report già citati e il materiale informativo reperibile sui siti web di associazioni francesi citati in

bibliografia.

33 Una panoramica aggiornata al 2012 delle tendenze dell’OFPRA rispetto alle principali forme di persecuzione di

genere è stata compilata dalla rete ADFEM in ADFEM, op.cit.

34 La richiedente era una donna nigeriana proveniente dallo stato dell’Edo, dal quale proviene la maggioranza delle

donne nigeriane vittime di tratta in Francia.

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genitale contro il loro volere dove esse sono ufficialmente prescritte, incoraggiate o tollerate. Approfondiremo in una sezione a parte il caso delle richieste di asilo su queste basi da parte di cittadini del Mali, che conferma una tendenza all’abbassamento dei livelli di accettazione e protezione come reazione all’aumento delle domande. Per quanto riguarda la tratta, essa costituisce una delle forme di violenza di genere oggi al centro della discussione sull’asilo, in cui sono stati evidenziati come punti critici il suo carattere di esperienza conclusa e il fatto che necessita di una comprensione ampia per poter essere considerata come fondata sul genere36, conformemente alle indicazioni dell’Unhcr37.

Sono individuabili alcuni ulteriori punti analitici rispetto alle tendenze valutative dei soggetti competenti francesi. Innanzitutto, è preferibile ai fini dell’ottenimento della protezione che violenze di genere, subite o temute, siano associate ad altre forme di persecuzione o danno. Ad esempio, due sentenze della metà degli anni 2000 hanno riconosciuto lo status di rifugiate a due donne (Pakistan e Turchia orientale rurale) i cui casi presentavano situazioni di fuga da matrimonio forzato e rischio di crimini d’onore; due donne curde turche nel 2006 hanno ottenuto la protezione sussidiaria sulla base del rischio di crimini d’onore in relazione all’imputazione della gravidanza all’adulterio. In secondo luogo, come già menzionato, sono reperibili vari esempi in cui alle richiedenti è stato richiesto di presentare le prove di comportamenti o legami non necessariamente dimostrabili, in mancanza delle quali le loro affermazioni non sono state ritenute credibili: ad esempio, l’essersi opposte al matrimonio forzato in modo attivo, la prova documentale dello stesso matrimonio (che non sempre esiste), o l’aver ricevuto minacce personali in relazione al rischio di sterilizzazione forzata. Anche il denunciare atti di violenza sessuale “ormai” sembra avere poco effetto sull’esito della richiesta di protezione, dato che essi ricorrono in un grande numero di domande; è cioè riscontrabile, come per la violenza domestica, un paradosso per cui più una pratica violenta è diffusa meno chi la denuncia viene considerato credibile, complice naturalmente la difficoltà di provare quanto affermato. D’altro canto, le informazioni sul Paese di origine e la giurisprudenza possono anche venire impiegati per stabilire una sorta di presunzione di credibilità: ad esempio, negli ultimi anni determinate provenienze etniche e religiose sono state riconosciute come problematiche per l’alta frequenza di matirmoni forzati, e le donne di alcune zone di Guinea, Togo, Mauritania, Pakistan e Nigeria considerate più credibili in caso di domande su tale base. Il rovescio della medaglia è che il basso tasso di

36 MREKAJOVA, Eva, Recognizing victims of human trafficking as a “particular social group” per se, Tilburg

University working paper, 2012.

37 UNHCR, Guidelines on international protection: the application of Article 1A(2) of the 1951 Convention and/or

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incidenza di queste pratiche in altri Paesi influenza invece la decisione in senso opposto, rischiando di compromettere il principio di analisi delle circostanze individuali del richiedente. Infine, alcune forme di violenza vengono ritenute a volte non comprensibili nella protezione internazionale sulla base della loro appartenenza alla sfera “privata”. Questo avviene principalmente in relazione alla violenza domestica, in genere considerata poco rilevante se non associata a un’altra forma di violenza di genere38; questa logica è stata inoltre applicata ad un caso del 2011 relativo al matrimonio forzato, definendolo come un conflitto familiare privato e indicando forse nuovi spazi di evoluzione nel senso della diminuzione del riconoscimento del matrimonio forzato come persecuzione o almeno danno grave39.

Per quanto riguarda infine l’utilizzo di altre motivazioni in caso di ottenimento dell’asilo, è interessante osservare come in un primo momento (tra gli anni ’90 e i primi 2000) opinione politica e religiosa siano state utilizzate per casi che comprendevano scelte considerabili come una manifestazione di opinione contraria alle pratiche di violenza, ad esempio il sottrarre la propria figlia a mutilazione genitale o il sottoporsi a chirurgia ricostruttiva, il rifiutare il matrimonio forzato, oltre che agli stili di vita “occidentali” e le più classiche forme di militanza per i diritti umani femminili. Il loro impiego è però calato cedendo il passo al particolare gruppo sociale, come se il crescere del dibattito su questa motivazione e sul suo potenziale per i casi relativi al genere ne avesse fatto lievitare l’impiego, nonostante si tratti del più controverso e contrariamente alle indicazioni dell’Alto Commissariato.