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Attraverso la generazione, dentro l’universo di ciascun poeta: la proposta di Di Pinto

Nel documento Silenzi contigui e lezione di Spagna (pagine 162-172)

Silenzi contigui e lezione di Spagna

V. Sarebbe inopportuno proporre delle conclusioni per un lavo-

4. Attraverso la generazione, dentro l’universo di ciascun poeta: la proposta di Di Pinto

È il 1964 quando, nella prefazione all’edizione delle Poesie di Cres po, che ha curato per i tipi di Sciascia, Di Pinto parla di quel- la «certa difficoltà» a cui il critico va incontro se, mosso da un in- tento di bilancio e di classificazione storiografica, prova ad ‘aggiu- stare’ la voce poetica di un contemporaneo, «ai canoni di una poe- tica di gruppo che dovrebbe definirla»79. Da quello «sturm di poe-

ti, amici e coetanei, che nell’antologia di Castellet hanno trovato un punto di confluenza, programmandosi una unità di intenti estetici e politici, fino a dichiararsi una “generazione”»80, Crespo

si distacca non solo per «la sua pungente e complessa personali- tà»81, ma anche per una particolare maniera di declinare nella sua

esperienza di uomo e di poeta la riflessione sul presente:

Non vogliamo, s’intende, istituire improbabili scale di va- lori né isolarlo da un sodalizio, che nella sua stessa coesio- ne vuol fare una ragione poetica. E del resto ogni poeta,

77 «La cultura spagnola si avviava in tal modo ad acquistare quella funzione di unificatrice della vita che è la funzione specifica della cultura, quella che la cultura ebbe per un breve periodo nella Grecia antica e, per un altro breve periodo, nel medioevo cristiano» (ivi, p. 31).

78 O, sempre citando dal critico, sarebbe più corretto dire «nel più drammati- co contatto e scontro con la realtà profonda» (ivi, p. 63).

79 Mario Di Pinto, Prefazione, in Ángel Crespo, Poesie, a cura di Mario Di Pin- to, Caltanissetta-Roma, Sciascia, 1964, pp. 5-31, a p. 5.

80 Ibidem. 81 Ibidem.

quando di poeta si tratti (ai posteri l’ardua sentenza), pre- so nella sua singola storia, presenta una peculiare e incon- fondibile fisionomia. Ma ci pare che in Crespo sia forse più perspicua la meditazione di quei problemi e la neces- sità di riviverli sulla propria esperienza, comparandoli con la tradizione letteraria spagnola ed europea; più reciso il rifiuto a circoscriversi in un programmatico ‘impegno’, che gli precluderebbe le vie dell’espressione lirica82.

Come si vede dalle citazioni riportate, sin dalle prime battute del suo studio introduttivo, il critico è attento a prendere le di- stanze da un criterio di eccessiva uniformità generazionale: Crespo, autore certamente in dialogo con i poeti del proprio tempo e con la linea dei maestri, è però anche, e soprattutto, un indipendente; la sua originalità rende infruttuoso il filtro genera- zionale.

Rispetto a quest’ultimo, per la verità, lo stesso critico manife- sta non poche riserve chiarendo subito di trovare incongruo l’e- piteto generazionale scelto da Castellet per inquadrare il poeta nella lista di quegli «scrittori che, bambini durante la guerra civi- le, cominciarono a fare la loro apparizione nella vita letteraria pa- recchi anni dopo la fine della guerra»83. Per Di Pinto l’«errore sta

[…] nel voler comporre la complessità vitale e disordinata della storia in rigidi schemi dialettici»84giacché «una classificazione del

genere, valida per disegnare una carta alla scala appunto delle “ge- nerazioni” non basta a rendere conto delle singole unità, intima- mente contraddittorie, che compongono il quadro»85.

Se proprio si fosse costretti a individuare un criterio per isti- tuire una generazione di poeti (pur nella consapevolezza piena dei limiti connessi ad un tipo di operazione come questa, nonché dei rischi propri dei ragionamenti svolti sul filo della diacronia), eb- bene, quel criterio andrebbe ricercato per il critico non nelle af-

82 Ivi, pp. 5-6. 83 Ivi, p 66. 84 Ivi, p. 8. 85 Ibidem.

finità estetiche, ma piuttosto nella ‘tenacia’ delle «affinità d’ordine morale»86.

Ma subito Di Pinto avverte che «un discorso del genere vale soltanto quando si propone la valutazione di un momento di cul- tura, può prestare cioè qualche ausilio all’intelligenza della poesia, ma non deve pretendere di farsi metro di giudizio». E continua osservando che «ogni volta che le velleitarie aspirazioni diventino espressione felice e personale di un mondo compiuto, e cioè ‘sti- le’ – come avviene appunto per ciascuno dei poeti del ’27 –, non ha alcun significato parlare di generazioni».

Come per Puccini (ma in un senso assai differente), anche per Di Pinto l’introduzione all’edizione italiana delle poesie di un au- tore contemporaneo diventa il luogo privilegiato per condurre una riflessione militante sul presente della lirica e della prassi in- terpretativa. Alle prime pagine dello studio è infatti affidata, anche se in forma di generica avvertenza metodologica, la preoccupa- zione del critico, che vede nel criterio stilistico una pesante mi- naccia ad un tentativo di discorso compiuto che intenda dispie- garsi sulla lirica spagnola dell’oggi.

Possiamo seguire le tracce di questo ragionamento in un altro suo studio, incentrato sull’analisi di Aspetti e problemi della poesia

spagnola oggi87. Il saggio esula dai limiti cronologici che abbiamo

imposto alla nostra indagine; tuttavia, se vi facciamo ricorso è per due motivi strettamente vincolati: il primo riguarda l’oggetto del saggio, incentrato appunto sul genere poetico in età contempora- nea; il secondo riguarda il nesso che intercorre tra esso e le pagi- ne dell’introduzione all’edizione poetica del ’64. In alcuni passag-

86 «Le affinità di ordine morale sono più tenaci, e certamente più idonee a le- gittimare una ‘generazione’, che non quelle veramente estetiche. E si po- trebbe affermare […] che le penultime generazioni non siano riuscite a esprimere una poetica unitaria proprio perché non fondavano su una coin- cidenza ideologica, ma su una vaga volontà di stile» (ivi, p. 12).

87 Mario Di Pinto, Aspetti e problemi della poesia spagnola oggi, in La cultura spa- gnola durante e dopo il franchismo, Atti del Convegno internazionale (Palermo, 4-6 maggio 1979), a cura di Maria Caterina Ruta - Otello Lottini, Cadmo, Fi- renze, 1982, pp. 195-209.

gi illuminanti del saggio del 1982 infatti sono sviluppate in ma- niera più estesa ed organica le questioni relative al modello gene- razionale che sono solo accennate nelle Poesie di Crespo. Quelle questioni sono adesso intrecciate a riflessioni sul genere letterario (l’antologia) e ripensate alla luce di nuovi paradigmi comunicati- vi. Per il critico una delle principali insidie del modello genera- zionale, o per lo meno dell’impiego che si fa di tale categoria in- terpretativa, è nascosta nel collegamento con il genere antologico. Lo «spazio fittizio» dell’antologia induce l’interprete a «creare l’il- lusione di un comune linguaggio interno», volto a «sottolineare le coincidenze stilistiche più che le divergenze fra i vari testi»88. Il ri-

sultato è un’interpretazione verosimile e non veritiera, arbitraria, ingannevole e falsa:

Non si vuol negare con questo l’esistenza o la legittimità di un linguaggio generazionale, e sia pure a livello lettera- rio, cioè a un grado quanto si voglia superiore allo zero. Ma sì riconoscere che in esso coincidono tutti i contem- poranei da diverse provenienze di luogo e di tempo: è dunque uno spaccato diacronico nel quale si ritrovano va- ne generazioni. Il problema è più complesso di quel che appare. È che il metodo storico delle generazioni è insuf- ficiente o andrebbe rivisto secondo le moderne teorie del linguaggio e della comunicazione. Specialmente se appli- cato alla poesia, quel metodo non spiega nulla: non spiega in particolare la poesia. È solo un elemento fra gli altri uti- le all’analisi, una pietra di paragone per saggiare il lin- guaggio dei singoli poeti, anzi del testo particolare e uni- co che ci interessa in un momento dato. E perciò funzio- na come un contesto puro e semplice, non di più89.

Quanto ai problemi delineati, la proposta del critico è sempli- ce e funzionale: rispetto al contesto istituito dall’inaggirabile mo- dello generazionale occorre porsi in maniera critica al fine di «iso-

88 Ivi, p. 201. 89 Ivi, p. 202.

lare ancora ed esplorare ciascun testo poetico come un universo linguistico autonomo»90. Ciascun autore è del resto di per sé un

continente che va affrontato articolando plurimi discorsi di natu- ra storica e letteraria sul senso particolare e universale della poesia:

Si potrebbe scrivere la storia della poesia, delle differenze e delle coincidenze, restando nell’universo di ciascun poe- ta, come mi pare corretto. La generazione storica insom- ma è una referenza utile per studiare orizzontalmente cia- scuno degli spaccati diacronici, ma ogni poeta partecipa, mentre è creativamente operante, a ciascuno dei momen- ti che di volta in volta si assuma come campo di cono- scenza91.

Il ragionamento di Di Pinto, qui come nelle pagine introdut- tive alle liriche di Crespo, tutt’altro che teso a sancire conclusioni definitive sul presente della lirica spagnola, muove da una chiara polemica contro la mancanza di «rigore metodologico» riscontra- ta nelle pretesa di ricostruzione retrospettiva da parte degli anto- logisti della sua generazione. Questi ultimi, spinti da criteri di uni- formità sacrificano (che ‘tradotto’ nel linguaggio antologico sta per eliminano) poetiche e autori che sembrano «atipici» (perché incongrui con i loro criteri di selezione), e che invece si rivelano semmai «i più vitali, i più capaci di sviluppi futuri»92. Ai poeti

esclusi (Celaya) e a quelli fraintesi (Crespo), insomma, agli ‘indi- pendenti’, va la sua attenzione di critico e di divulgatore, convin- to della necessità che per bilanci e valutazioni oggettive sia neces- sario, piuttosto che affidarsi a ricostruzioni a posteriori, «calarsi in ciascun autonomo universo poetico»93. Non a caso le poetiche

degli autori da lui tradotti, risultano decisive per attraversare gli anni contemporanei della Spagna franchista. A Celaya «leader» della generazione formatasi dopo la guerra civile, a Crespo impe-

90 Ibidem. 91 Ivi, p. 203. 92 Ibidem. 93 Ivi, p. 207.

gnato «in una lotta sorda, pertinace e non eclatante contro la dit- tatura», alla loro lirica ‘eroica e quotidiana’94 va il merito di un

racconto serio, problematico e acuto sui problemi della Spagna del presente.

5. Conclusione

Nella breve rassegna svolta per campioni si sono potute osservare differenti modalità di discussione critica sul modello generaziona- le. È evidente che il discorso ha dovuto tagliar fuori l’ampia bi- bliografia, soprattutto d’ambito iberico, relativa a tale modello for- male, indispensabile per orientarsi nelle coordinate storico-lette- rarie di cui si sta parlando e di cui ovviamente pure si è dovuto tener conto. Finalità dello studio voleva essere ripercorrere poco più di un ventennio (1952-1974) del panorama della ricezione italiana della poesia spagnola del Novecento alla luce della cate- goria generazionale, per ricavarne qualche osservazione più siste- matica sul senso complessivo della divulgazione lirica negli anni pieni della dittatura franchista.

Quando Di Pinto parlava di «avvenimento straordinario»95per

riferirsi all’apparizione presso il pubblico italiano della Poesia spa-

gnola del Novecento alludeva al grande merito dell’indagine macri-

niana, che per la prima volta veniva a colmare «un vuoto e una fa- me di conoscenza della letteratura spagnola contemporanea, po- chissimo conosciuta allora a causa delle strane coincidenze della censura fascista prima della guerra e di un’ingiustificata riluttanza dopo, quando tutto ciò che si riferisse alla Spagna veniva erro- neamente associato al franchismo»96. Sull’articolato significato di

questa operazione collettiva, sul fronte interno della cultura italia- na, il rimando non può che essere agli scritti del medesimo criti-

94 Cfr. Mario Di Pinto, Premessa, in Ángel Crespo, Poesie, cit., p. 30.

95 Mario Di Pinto, La Spagna contemporanea nell’ispanismo di Oreste Macrì, in Per Oreste Macrì, cit., p. 286.

co di Maglie nonché a quelli degli altri appartenenti alla gloriosa Terza Generazione. Per questi raffinati intellettuali la pratica della traduzione e della ricostruzione storica, attraversata da una pro- fonda «vocazione etica», avveniva nel segno «di una profonda e sofferta ricerca di compensazione spiritualistica alla crisi morale e politica dei valori occidentali prodotti e seguiti dal conflitto bel- lico mondiale»97, come volontà di ricostruzione di un’unità in-

franta e perduta.

Se, osserva Grilli, con uno sguardo attento alla cronologia di composizione dell’opera, la prima edizione dell’antologia di Ma- crì può leggersi come una risposta alla «rottura traumatica» se- gnata del 1939, rilanciata, nella seconda, sul versante della «me- moria storica del confronto tra le due Spagne», la terza edizione di essa coincide invece «con la fine della dittatura e il desiderio grande borghese di rileggere in chiave postsimbolista la poesia eu- ropea […] e di rileggerla come classico»98. Secondo il critico,

dunque, nelle tappe progressive di composizione dell’antologia sa- rebbe possibile registrare un venir meno di quell’«ossessione del presente»99(che Macrì legge come la prima tensione alla base di

ogni discorso di natura antologica), in favore di un racconto uni- tario, svolto da una prospettiva di ricostruzione letteraria in cui la «costellazione generazionale» è interpretata come entità imma- nente nelle pieghe della Storia. Nelle diverse tappe segnate dalle edizioni dell’antologia, Macrì segue l’evoluzione di una parabola poetica che si vuole conclusa con l’edizione del 1974, giacché lo stesso critico avverte che il suo intento di critica militante si svol- ge «sul terreno storico di valori accertati anche da noi stessi, nel- la nostra condizione di stranieri»100.

97 Giovanna Calabrò, La poesia spagnola del Novecento, in Gli Spagnoli e l’Italia, a cura di Dario Puccini, Milano, Scheiwiller, 1997, pp. 139-140, a p. 139. 98 Giuseppe Grilli, Modelli e caratteri dell’ispanismo italiano, cit., pp. 170-171. 99 Oreste Macrì, Un’antologia generazionale, in La teoria letteraria delle generazio-

ni, cit., p. 55.

100 Oreste Macrì, Sulla presente edizione, in Poesia spagnola del Novecento, cit., p. 8.

Più mobile e aperto, è il modello generazionale per Puccini e per Di Pinto che lo considerano insufficiente per incoraggiare discorsi di natura sistematica. Il primo propone di ampliarlo al- l’incontro con altre discipline, il secondo, semplicemente, di eva- derne. Eppure, queste due differenti posizioni critiche, si concilia- no nella loro attualità. Entrambi i critici riflettono a partire dal presente, convinti di potervi incidere. La loro postura militante si rivela innanzitutto nelle criticità che riscontrano nel modello ge- nerazionale, che vorrebbero più aderente al piano storico. Se, in- fatti, Di Pinto, descrivendo il panorama della lirica spagnola a lui coeva si rifiuta di fornire uno schema interpretativo già definiti- vo e concluso, convinto che per l’interprete sia «necessario e do- veroso» condurre ogni esperienza ad un confronto con la realtà101,

Puccini auspica che il suo Romancero induca nel pubblico dei let- tori domande e suggestioni di «bruciante attualità»102. Da un lato,

dunque, il presente della lirica, dall’altro, il presente della politica, sono i due versanti su cui si misura per Di Pinto e per Puccini, nei suoi esiti estremi, il modello generazionale.

Se è indubbio che i quattro studiosi richiamati in questo stu- dio si volgono ad esso come categoria interpretativa con cui de- scrivere il processo continuo e coeso della lirica spagnola con- temporanea, tuttavia rispetto all’equilibrato sistema di Macrì, in cui storia e poetica convivono in perfetta armonia (sistema che Bodini conferma, ma in una chiave trascesa, più sbilanciata sul fronte di un racconto idealizzato a posteriori), Puccini e Di Pinto rincarano ora in una direzione (storia) ora in un’altra (poetica), dimostrando la problematicità legata ad ogni operazione di rico- struzione storiografica, che è sempre tentativo di mediazione tra storia collettiva e stile individuale.

L’affresco unitario di poeti e di stili tracciato da Macrì nelle tre edizioni dell’antologia diventa, praticamente negli stessi anni, sfondo problematico per interrogativi più ampi, che solo in parte

101 Mario Di Pinto, Premessa, cit., p. 18.

102 Siamo nella Premessa alla terza edizione del Romancero (1970), che leggia- mo alla p. 10 dell’edizione Laterza già richiamata.

investono il destino specifico della lirica ispanica. Nella Premessa al Romancero Puccini osserva che nonostante la sua specificità di terra ancora imbrigliata nelle «maglie d’una struttura di regime sempre fascistica» la Spagna non è diversa da qualunque altra na- zione sorella europea, parimenti condannata e piegata da altri non meno drammatici ‘regimi’, rintracciabili «vuoi nella […] fonda- mentale dipendenza dagli Stati Uniti, vuoi nel […] contradditto- rio cammino neocapitalistico»103. Riflettere sulla poesia spagnola

in una chiave corale significa allora riflettere sul destino moderno dell’Europa, e addirittura del mondo, se si è concordi nel ritene- re che «la guerra di Spagna può essere veduta come il primo Viet- nam della storia contemporanea»104.

Più estremo di Puccini, Di Pinto accetta di risolvere il limite segnato dal modello generazionale nel campo stesso della lirica105.

Qui l’efficacia propria della storicizzazione diacronica della cate- goria è destinata a fallire quando, primo di condizionamenti let- terari, l’interprete decide di penetrare coraggiosamente nei ‘cam- pi di conoscenza’ attraversati dalla coscienza poetante.

Rinunciando a rassicuranti schemi storiografici, e volgendo lo sguardo alla complessità del presente, con un atto di fiducia enor- me nelle possibilità della pratica ermeneutica, il critico, dunque, al pari del poeta, è chiamato a schiudere universi estetici di senso e di pienezza.

103 Ibidem. 104 Ibidem.

105 «Specialmente se applicato alla poesia, quel metodo non spiega nulla: non spiega in particolare la poesia. È solo un elemento fra gli altri utile all’ana- lisi, una pietra di paragone per saggiare il linguaggio dei singoli poeti, anzi del testo particolare e unico che ci interessa in un momento dato. E per- ciò funziona come un contesto puro e semplice, non di più» (Mario Di Pinto, Aspetti e problemi della poesia spagnola oggi, cit., p. 202).

«L’ispanismo è una missione»

(Giuseppe Mazzocchi) In memoriam.

«En realidad poesía e historia, pues que la poesía procede y engendra también historia. Y ello, que la poesía engendra historia, es lo más decisivo e inquietante de ella, lo que es sabido, sospechado o presentido a la historia, ya que allí donde la poe- sía no está, historia propiamente no hay. La histo- ria nace cuando se cuenta y se canta. [...] Y em- pieza así la historia del alma y del hombre al par»1.

(María Zambrano)

Il pensiero sempre lucido e affilato di María Zambrano – che co- nobbe dall’interno prima e dall’esilio poi le insanabili lacerazioni provocate dalla Guerra Civile spagnola – ci conduce direttamen- te al senso profondo di una delle opere miliari dell’ispanismo no- vecentesco, il Romancero della Resistenza Spagnola, antologia poeti- ca fortemente voluta e rigorosamente curata e divulgata da Dario Puccini2.

Poetiche resistenze:

Nel documento Silenzi contigui e lezione di Spagna (pagine 162-172)