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In un recente contributo sulle traduzioni poetiche novecente-

Nel documento Silenzi contigui e lezione di Spagna (pagine 120-125)

Silenzi contigui e lezione di Spagna

II. In un recente contributo sulle traduzioni poetiche novecente-

sche in italiano, Pier Vincenzo Mengaldo si sofferma su

quelle che a me sembrano due vere e proprie costanti del tradurre poesia in Italia, specie da parte di traduttori che siano a loro volta poeti. Una è l’orrore della ripetizione, lessicale ma anche sintagmatica, e la tendenza dunque alla variazione. L’altra è la scarsa propensione per il verso-fra- se, che si conclude con una pausa forte o media; meglio, per la sequela di versi-frase: e il pendant ne è ovviamente il gusto pronunciato per le inarcature o enjambements13.

Lo studioso avvalora la sua acuta osservazione con alcuni esempi14e, dopo aver fatto notare en passant anche una maggio-

re tendenza all’iperbato e all’inversione15, conclude: «Ma perché

12 Oreste Macrì, La traduzione poetica negli anni Trenta (e seguenti), p. 60, in La traduzione del testo poetico, a cura di Franco Buffoni, Milano, Marcos y Mar- cos, 2004. Benché si citi, per comodità, dalla riedizione ampliata e riveduta del 2004, la prima pubblicazione del volume è datata 1989 (Milano, Gueri- ni e Associati. Il saggio di Macrì si trova lì alle pp. 243-256).

13 PierVincenzo Mengaldo, Traduzioni moderne in italiano: qualche aspetto, p. 27, in Idem, La tradizione del Novecento. Quinta serie, Roma, Carocci, 2017, pp. 11-33.

14 In particolare, con esempi da Montale/Eliot, Montale/Hardy, Sereni/Apol- linaire, Solmi/Spender per la variatio lessicale (pp. 28-29) e da Montale/Sha- kespeare, Solmi/Hardy, Caproni/Frénaud, Luzi/Louis Labé, Orelli/Goethe per il rifiuto del verso-frase (pp. 30-31).

15 Tendenza così motivata da Mengaldo: «Ancora fino a ieri la lingua poetica italiana godeva di una più ampia libertà delle maggiori straniere nella col- locazione delle parole (inversioni, iperbati, etc.)». Ivi, p. 31.

queste costanti delle traduzioni poetiche italiane? […] Perché so- no altrettante costanti storiche della poesia italiana, col crisma del- l’inevitabilità»16.

Accanto a quelle suggerite da Mengaldo, sembra di poter ri- conoscere perlomeno un altro paio di tendenze (non necessaria- mente «déformantes», benché il riferimento a Berman sia obbli- gato17) ricorrenti nella traduzione poetica italiana: la ‘perdita del

corpo’ (lo slittamento semantico dal concreto verso l’astratto, in specie per quanto concerne il lessico della corporeità) e la ‘nobi- litazione’ (che determina un più o meno accentuato, a seconda dei casi, innalzamento del registro, con predilezione per le voci colte rispetto a quelle della lingua standard). Anche in questi due casi, i costumi della tradizione letteraria nazionale paiono propor- si come verosimili moventi per tali presunte tendenze. Dico ‘pre- sunte’, prudentemente, perché si tratta pur sempre di impressioni di lettura, suffragate da esempi cursori, sondaggi certo indicativi ma inevitabilmente non sistematici. Volendo invece provare a es- sere più sistematici, la linguistica dei corpora potrebbe aiutare.

Nell’ultimo ventennio, a partire dagli studi pionieristici di Mona Baker18, le cosiddette digital humanities si sono proficua-

mente misurate sul campo della traduzione19. Proporre però di

16 Ibidem.

17 Cfr. Antoine Berman, La Traduction et la lettre ou l’Auberge du lointain, Paris, Seuil, 1999, pp. 49-68 («L’analytique de la traduction et la systématique de la déformation»).

18 Tra i suoi primi lavori dedicati al tema, si ricordano in particolare: Mona Baker, Corpora in Translation Studies. An Overview and Suggestions for Future Research, «Target», VII, 2 (1995), pp. 223-43; Eadem, The Role of Corpora in Investigating the Linguistic Behaviour of Professional Translators, «International Journal of Corpus Linguistics», IV, 2 (1999), pp. 281-98.

19 Alcuni saggi di riferimento sul tema: Maeve Olohan, Introducing Corpora in Translation Studies, London/New York, Routledge, 2004; Sara Laviosa, Cor- pus-based Translation Study Theory, Findings, Application, Amsterdam, Rodopi, 2002; Eadem, The Corpus-based Approach to Translation Studies, «Special Issue of Meta», 43, 1998, pp. 4-7. Un utile bilancio ragionato su pratiche e im- plicazioni teoriche connesse all’incrocio tra linguistica dei corpora e studio della traduzione si trova in: Gang Shen, Corpus-based Approaches to Translation

applicare l’informatica all’analisi della poesia (delle traduzioni di poesia, nel nostro caso) suole destare in prima battuta soprattutto sospetti e perplessità, non senza qualche ragione20. Tuttavia, come

opportunamente osservato da Hoover, l’umanistica digitale porta con sé innanzitutto il salutare richiamo a un ritorno al testo: «there have been signs of a resurgence of interest in scholarly edi- tions, corpora, text-analysis, stylistics, and authorship that suggest that the electronic text may finally reach its full potential […]: the reestablishment of the text as the central focus of inquiry»21. Per

cavarsela con una formula un po’ semplicistica, si potrà dire che il

mechanic reader22è, almeno potenzialmente, fautore di pratiche di

close reading che, per l’analisi del testo tradotto, appaiono più fun-

zionali rispetto a morettiane letture distanti23.

La linguistica dei corpora applicata alla traduzione, al di là dei suoi notevoli apporti pragmatici, apre orizzonti di ricerca frut- tuosi anche per l’ambito d’indagine che si intende esplorare qui: le relazioni tra ‘lingua e stile’ della letteratura tradotta e delle let- terature nazionali, nel loro rapporto biunivoco, osmotico, nel lo- ro duplice e ambivalente influenzarsi a vicenda. In tal senso, una

Studies, «Cross-cultural Communication», VI, 4 (2010), pp. 181-87, <http://www.cscanada.net/index.php/ccc/article/view/j.ccc.1923670020 100604.010>.

20 In effetti, gli studi in tal senso applicati alla poesia risultano minoritari per quantità e non sempre soddisfacenti dal punto di vista dei risultati. Tra i con- tributi più recenti (oltre al progetto SPARSAR di Rodolfo Delmonte, su cui ci si soffermerà più avanti): David L. Hoover, Jonathan Culpeper, Kie- ran O’Halloran, Digital Literary Studies. Corpus Approaches to Poetry, Prose, and Drama, New York/London, Routledge, 2014 e Ioan-Iovitz Popescu, Mi- haiela Lupea, Doina Tatar, Gabriel Altmann, Quantitative Analysis of Poetic Texts, Berlin, De Gruyter Mouton, 2015.

21 David L. Hoover, The End of the Irrelevant Text: Electronic Texts, Linguistics, and Lit- erary Theory, «DHQ: Digital Humanities Quarterly», 1, 2 (2007), <http://www.digitalhumanities.org/dhq/vol/1/2/000012/000012.html#p16> 22 Riprendo l’espressione dal titolo dell’ottimo fascicolo monografico curato

da Francesco Stella e Fabio Ciotti: The Mechanic Reader. Digital Methods for Literary Criticism, «Semicerchio. Rivista di poesia comparata», LIII, 2 (2015). 23 Franco Moretti, Distant reading, London/New York, Verso books, 2013.

recente pubblicazione di Eleonora Gallitelli sembra inaugurare un nuovo fronte negli studi sulla traduzione in ambito italiano. Nel suo Il ruolo delle traduzioni in Italia dall’Unità alla globalizzazione24,

Gallitelli si è proposta infatti – con un modello ancora da perfe- zionare e un corpus già rilevante, ma certamente da ampliare25

di indagare in parallelo, comparativamente, l’italiano delle tradu- zioni di alcuni romanzi di lingua inglese e quello della narrativa italiana coeva, in tre distinte epoche (l’età post-unitaria, il venten- nio fascista, il quindicennio globalizzato a cavallo del passaggio di millennio), tramite un approccio di tipo quantitativo (e il ricorso a un software per l’analisi di corpora digitali, WordSmith Tools) che le ha permesso di riscontrare fenomeni per certi versi sor- prendenti. Non è possibile in questa sede dilungarsi sui risultati del suo lavoro e su come essi in parte sfatino alcuni luoghi co- muni sul rapporto tra lingua letteraria e lingua delle traduzioni ma, almeno, varrà la pena segnalare qualcuno dei parametri da lei adottati nell’interrogazione dei due corpora:

– Lunghezza media dei periodi; – Indice di ricchezza lessicale;

– Pronomi relativi [Computo occorrenze di che/il cui/il quale]; – Rapporto proporzionale [ratio] indicativo/congiuntivo; – Rapporto proporzionale [ratio] p. remoto/imperfetto; – Rapporto occorrenze egli/lui/esso, ella/lei/essa;

– Computo occorrenze di ‘esso’ preceduto da preposizione.

24 Eleonora Gallitelli, Il ruolo delle traduzioni in Italia dall’Unità alla globalizza- zione, Roma, Aracne, 2016.

25 La stessa autrice ha ragionato sulle potenzialità di approfondimento del pro- prio lavoro all’interno di una più ampia riflessione sulle applicazioni delle di- gital humanities agli studi sulla traduzione: Eleonora Gallitelli, Digital Humani- ties come risorsa per i translation studies, «Status Quaestionis», 10 (2016), <http://statusquaestionis.uniroma1.it/index.php/statusquaestionis/article/vi ew/13781/13554>. Si veda al riguardo anche un’acuta recensione al volume: Stefano Ondelli, Alcune osservazioni a un progetto ambizioso e meritorio, in «tra- durre», 12 (primavera 2017), <https://rivistatradurre.it/2017/05/la-recensio- ne-1-un-progetto-ambizioso-e-meritorio-ma-pieno-di-trappole/>

Proporre una ricerca del tutto analoga che abbia come og- getto la lingua delle traduzioni poetiche non appare un’ipotesi facilmente percorribile. Il mero criterio quantitativo, che già per lo studio di testi letterari in prosa necessita di essere ampiamen- te integrato, se applicato alla poesia mostra evidenti limiti – an- che perché, per testi in versi più che per il romanzo, soluzioni traduttive diverse derivano anche da sollecitazioni di partenza diverse, innanzitutto metrico-formali (è chiaro a ognuno che la traduzione di un sonetto, o di una décima, impone vincoli speci- fici che impattano anche su tutti gli altri livelli testuali). Al cri- terio quantitativo, allora, andrà affiancato quello qualitativo: la valutazione non si darà solo a partire dai dati forniti dallo spo- glio (oltre che nella determinazione preventiva dei parametri di ricerca); non interverrà a posteriori bensì procederà di pari pas- so, sarà parte integrante della stessa raccolta dei dati. La commi- surazione di alcuni parametri potrà essere affidata in toto al me-

chanic reader; per altri, sarà indispensabile affiancarvi un lettore in

carne e ossa, armato di matita. Tuttavia, da ricerche come quella di Gallitelli si potrà trarre utilmente non solo la necessità inelu- dibile del supporto di corpora digitalizzati e di una sistematici- tà dello spoglio, ma anche quella della determinazione di para- metri il più possibile stringenti, obiettivi e verificabili, a partire dai quali intraprendere l’esame dei testi.

L’intento di queste pagine corrisponde al tentativo di co- struire un metodo per esaminare la lingua delle traduzioni ita- liane della poesia spagnola, in sé e in rapporto con la coeva pro- duzione poetica italiana. Ho provato – sto provando – a co- struirlo integrando linguistica dei corpora e supporto digitale con un’analisi del testo vecchia maniera. Trattandosi di un pro- getto davvero ancora embrionale, o forse solo di un artigianale discorso sul metodo, lo offro innanzitutto al confronto e alla di - scussione, ben consapevole dei limiti di una proposta critica in via di definizione.

Nel documento Silenzi contigui e lezione di Spagna (pagine 120-125)