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PER LA PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI IL QUADRO ISTITUZIONALE A CONFRONTO

2.2 Il sistema europeo: nascita, struttura ed evoluzione

2.2.2 L’attuale assetto convenzionale

La riforma avviata col Protocollo n. 11 ha dato un volto nuovo alla Cedu, rendendo tale sistema più vicino agli standard giuridici degli ordinamenti nazionali. L’apertura ai ricorsi individuali diretti, prodotta dall’abolizione del meccanismo di filtro, e la piena competenza giurisdizionale della Corte a valutare le domande in tutte le fasi procedurali rappresentano la chiave di volta che ha permesso alla Cedu di distaccarsi dal modello dei sistemi internazionali trasformandosi, invece, in un organismo sovranazionale con ampie influenze sugli Stati.

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Si esprime così A. Bultrini, Il meccanismo di protezione dei diritti fondamentali istituito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Cenni introduttivi, in B. Nascimbene (a cura di), La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Milano, 2002, pag. 21.

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Nell’arco di un decennio erano state avanzate varie proposte tra cui quella svizzera di istituire due gradi di giudizio, il primo in capo alla Commissione, le cui decisioni divenivano vincolanti, il secondo in capo alla Corte, che avrebbe funzionato come giudice di appello.

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Come si dirà in seguito, questa rappresenta una differenza sostanziale rispetto al sistema convenzionale interamericano in cui i giudici sono appena 7 su un totale di 21 paesi aderenti.

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Con il ricorso diretto si è fatta strada l’idea, nell’opinione pubblica, dell’esistenza di una valida seconda chance al di fuori delle mura domestiche per ottenere ‘giustizia’ a una lesione subita; conseguentemente, ciò ha accresciuto la fiducia riposta nei giudici europei, legittimando questi ultimi a prendere decisioni che non deludano le aspettative dei singoli. Vero è che il principio di sussidiarietà che contraddistingue la Cedu rimane un principio ben saldo, almeno da un punto di vista formale; questo non impedisce tuttavia ai privati cittadini di tentare un’altra via, qualora ritengano di non essere sufficientemente protetti dalle proprie autorità.

Tralasciando per ora le considerazioni che possono svolgersi in relazione ai cambiamenti sostanziali della Cedu156, si vogliono in questa sede esaminare i criteri organizzativi, funzionali e procedurali che spiegano il meccanismo di funzionamento della Convenzione europea.

La Corte è composta da un numero di giudici pari a quello dei paesi aderenti alla Cedu; sono nominati a maggioranza dall’Assemblea parlamentare sulla base di una lista di tre candidati proposta da ciascuno Stato membro157. Per esercitare la carica di giudice europeo essi “devono godere della più alta considerazione morale e possedere i requisiti richiesti per l'esercizio delle più alte funzioni giudiziarie, o essere dei giurisconsulti di riconosciuta competenza”158. Inoltre “per tutta la durata del loro mandato, i giudici non possono esercitare alcuna attività incompatibile con le esigenze di indipendenza, di imparzialità o di disponibilità richieste da una attività esercitata a tempo pieno”159. La durata del mandato è di sei anni con la possibilità di essere rieletti fino al compimento del settantesimo anno, raggiunto il quale si decade dalla carica160.

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Nella seconda parte del cap. 4 si apriranno una serie di riflessioni riguardo alla connotazione odierna della Cedu in ordine alla legittimazione dei giudici, al loro rapporto stretto con quelli nazionali e coi Parlamenti, e più in generale sugli equilibri del sistema costituzionale, traendo le conclusioni da quanto detto nell’intero lavoro grazie all’applicazione della disciplina dei rimedi a livello europeo.

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Art. 22 della Cedu: “1. I giudici sono eletti dall'Assemblea parlamentare a titolo di ciascuna Alta Parte Contraente, a maggioranza dei voti espressi, su una lista di tre candidati presentata dall'Alta Parte Contraente. 2. La stessa procedura è seguita per completare la Corte nel caso in cui altre Alti Parti Contraenti aderiscano e per provvedere ai seggi divenuti vacanti”.

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V. §1 dell’art. 21 della Cedu. 159

Ibidem, §3. 160

Art. 23 della Cedu che oltre a quanto riferito nel testo regola nello specifico la possibilità di rielezione dei giudici e le loro sostituzioni . Esso infatti nel testo integrale dispone che: 1.I giudici sono eletti per un periodo di sei anni. Essi sono rieleggibili. Tuttavia, per quanto concerne i giudici designati alla prima elezione, i mandati di una metà di essi scadranno al termine di tre anni. 2. I giudici il cui mandato scade al termine dei periodo iniziale di tre anni sono estratti a sorte dal Segretario Generale del Consiglio d'Europa, immediatamente dopo la loro elezione. 3. Al fine di assicurare, nella misura del possibile, il

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Il plenum della Corte, qualora lo ritenga necessario, può revocare un giudice a maggioranza dei due terzi161. Tale regola non è stata pienamente condivisa dalla stessa Corte, in parte propensa ad evitare la sua reale applicazione. Questa posizione si fa imbarazzante nell’eventualità di un’espulsione di un giudice, portando il collegio a richiederne il coinvolgimento nella fase della rielezione dei componenti attraverso pareri consultivi ma non obbligatori. Poiché nella maggior parte dei casi essi vengono rieletti, sarebbe opportuno che la stessa Corte potesse porre una sorta di veto qualora l’inadeguatezza di alcuni sia manifesta. La questione, nonostante le diverse pressioni della Corte, è ancora aperta e ad oggi non si prevedono cambiamenti162.

La struttura della Corte si articola in cinque sezioni, al cui interno vi sono Camere e Comitati composte rispettivamente da sette e tre giudici i quali decidono la gran parte dei ricorsi. Più in particolare, i Comitati hanno il compito di rigettare i ricorsi palesemente irricevibili all’unanimità; le Camere invece discutono sull’ammissibilità delle petizioni trasmesse dal Comitato e, nel caso, decidono nel merito. Qualora tra le stesse sezioni si manifestino divergenze relative alle conclusioni cui le Camere sono giunte, sia perché il caso sottoposto appare giuridicamente rilevante, sia perchè si teme che abbia ripercussioni significative sul diritto interno agli Stati, i giudici delle sezioni, entro tre mesi dalla pubblicazione della sentenza, possono ricorre alla Grande Camera, i cui diciassette giudici si esprimeranno definitivamente sul caso.

Per assicurare una composizione rappresentativa dell’intera Corte, sono previste due formazioni della Grande Camera che si alternano nell’esame dei ricorsi

rinnovo dei mandati di una metà dei giudici ogni tre anni, l'Assemblea parlamentare puó, prima di procedere ad ogni ulteriore elezione, decidere che uno o più mandati dei giudici da eleggere abbiano una durata diversa da quella di sei anni, senza tuttavia che questa durata possa eccedere nove anni o essere inferiore a tre anni. 4. Nel caso in cui si debbano conferire più mandati e l'Assemblea parlamentare applichi il paragrafo precedente, la ripartizione dei mandati avviene mediante estrazione a sorte effettuata dal Segretario generale del Consiglio d'Europa immediatamente dopo l'elezione. 5. Il giudice eletto in sostituzione di un giudice che non abbia completato il periodo delle sue funzioni, rimane in carica fino alla scadenza del periodo di mandato del suo predecessore. 6. Il mandato dei giudici termina quando essi raggiungono l'età di 70 anni. 7.I giudici restano in funzione fino a che i loro posti non siano ricoperti. Tuttavia essi continuano a trattare le cause di cui sono già stati investiti”.

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Art. 24 della Cedu che specificamente stabilisce: “Un giudice può essere sollevato dalle sue funzioni solo se gli altri giudici decidono, a maggioranza dei due terzi, che ha cessato di rispondere ai requisiti richiesti”.

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Si ricorda ad es. il discorso dell’ex Presidente della Corte Luzius Wildhaber del 2000 alla Conferenza ministeriale sui diritti umani in cui egli insite sul punto. Parte del discorso può reperirsi in A. Mowbray, Cases and materials on the European Convention on Human rights, Oxford, 2006, pag.18.

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sottoposti163. Particolarmente rilevante risulta la regola secondo la quale è assicurata la presenza del giudice cittadino dello Stato accusato164; essa, come detto, rappresenta il compromesso per aver eliminato il filtro della Commissione. Nonostante i giudici siedono alla Corte a titolo individuale165, essi garantiscono il raggiungimento di una risoluzione obiettiva perchè esperti conoscitori del sistema giuridico e delle condizioni sociali ed economiche del proprio paese. È una norma che, a parere di chi scrive, si giustifica alla luce dei principi ispiratori della Cedu; lo scopo della Convenzione europea non è quello di sostituirsi alle Carte costituzionali dei singoli Stati contraenti in tema di tutela dei diritti fondamentali, bensì quello di assicurarne un ‘minimo standard’ di protezione, intendendo questo come l’equivalente delle condizioni basilari necessarie per il corretto funzionamento di uno stato democratico. Come si legge nel Preambolo, l’intento è realizzare un’unione più stretta tra “quei popoli animati da uno stesso spirito e forti di un patrimonio comune di tradizioni e di ideali politici, di rispetto della libertà e di preminenza del diritto” attraverso la salvaguardia dei diritti universali166. Tuttavia, come si avrà modo di spiegare più diffusamente in seguito, tale principio inizia a vacillare a causa dell’elaborazione di una disciplina dei rimedi che si discosta di criteri fissati a livello internazionale.

Entrando nel merito della procedura, i ricorsi possono essere interstatali o individuali. I primi possono essere presentati da tutti i paesi aderenti alla Convenzione qualora ritengono che un altro Stato si comporti contrariamente a quanto la Cedu dispone167. Tali ricorsi sono rari in quanto i rapporti politici ed economici intercorrenti tra gli Stati li scoraggiano a mettersi l’uno contro l’altro con la procedura di

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L’art. 27 della Cedu disciplina nel dettaglio l’organizzazione della Corte stabilendo che: “1. Per la trattazione di ogni caso che le viene sottoposto, la Corte si costituisce in un comitato di tre giudici, in una Camera composta da sette giudici ed in una Grande Camera di diciassette giudici. Le Camere della Corte istituiscono i comitati per un periodo determinato. 2. Il giudice eletto a titolo di uno Stato parte alla controversia è membro di diritto della Camera e della Grande Camera; in caso di assenza di questo giudice, o se egli non è in grado di svolgere la sua funzione, lo Stato parte nomina una persona che siede in qualità di giudice. 3. Fanno altresì parte della Grande Camera il presidente dalla Corte, i vice- presidenti, i presidenti delle Camere e altri giudici designati in conformità con il regolamento della Corte, Se la controversia è deferita alla Grande Camera ai sensi dell'articolo 43, nessun giudice della Camera che ha pronunciato la sentenza può essere presente nella grande Camera, ad eccezione del presidente della Camera e del giudice che siede a titolo dello Stato parte interessato”.

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Ibidem, nello specifico v. §2. 165

V. §2 dell’art. 21 della Cedu. 166

Corsivo nostro. 167

L’art. 33 della Cedu dispone che: “Ogni Alta Parte Contraente può deferire alla Corte ogni inosservanza delle disposizioni della Convenzione e dei suoi protocolli che essa ritenga possa essere imputata ad un’altra Alta Parte Contraente”.

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accertamento della responsabilità internazionale; in cinquant’anni di attività della Corte i ricorsi interstatali presentati sono stati, infatti, soltanto due in relazione a vicende alquanto serie168. Al contrario, i ricorsi individuali sono numerosi e possono essere presentati da ogni singolo, gruppo di individui o associazioni non governative che si ritengono vittime di una violazione dei diritti garantiti dalla Cedu169. La procedura prevede semplicemente l’invio di un format prestampato alla Cancelleria della Corte, che può essere compilato o dalla stessa vittima o dal suo rappresentante legale. Diversamente da quanto disposto nel sistema interamericano170, in quello europeo non è previsto l’istituto dell’actio popularis, in quanto requisito fondamentale per proporre ricorso è la qualità di ‘vittima’ diretta della violazione. È bene segnalare tuttavia che molti ricorsi sono stati accettati dalla Corte anche se presentati dai parenti delle vittime qualora queste siano decedute. In tal caso, è necessario comunque dimostrare di aver subito, seppur indirettamente, conseguenze dalla lesione171.

Affinché i ricorsi individuali possano essere esaminati nel merito, questi devono rispettare alcuni criteri di ricevibilità così come stabilisce l’art. 35 della Cedu172. Innanzitutto, secondo la logica sussidiaria del sistema europeo, bisogna dimostrare di aver esperito tutte le vie interne173. Gli Stati membri infatti sono quelli su cui ricade la

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Caso Irlanda c. Regno Unito del 10 gennaio 1978; caso Cipro c. Turchia del 10 gennaio 2001. 169

L’art. 34 della Cedu stabilisce che: “La Corte può essere investita di un ricorso fatto pervenire da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda d'essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti Contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l'effettivo esercizio efficace di tale diritto”.

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V. infra § 2.3. 171

Tra i tanti casi che si possono citare v. ad es. Karner c. Austria del 24 luglio 2003; caso McCann e altri c. Regno Unito del 27 settembre 1995.

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In particolare l’art. 35 della Cedu dispone: “1. La Corte non può essere adita se non dopo l'esaurimento delle vie di ricorso interne, qual è inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva. 2. La Corte non accoglie nessun ricorso avanzato sulla base dell'articolo 34, se: a. è anonimo; oppure b. è essenzialmente identico ad uno precedentemente esaminato dalla Corte o già sottoposto ad un'altra istanza internazionale d'inchiesta o di regolamentazione e non contiene fatti nuovi. 3. La Corte dichiara irricevibile ogni ricorso avanzato in base all'articolo 34 quand'essa giudichi tale ricorso incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi protocolli, manifestamente infondato o abusivo. 4. La Corte respinge ogni ricorso che consideri irricevibile in applicazione dei presente articolo. Essa può procedere in tal modo in ogni fase della procedura”.

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Per approfondimenti sul funzionamento di tale regola v. R. Pisillo Mazzeschi, Art. 35, condizioni di ricevibilità, in S. Bartole, B. Conforti., G. Raimondi (a cura di), Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001, pp. 579-602; dello stesso A. v. Esaurimento dei ricorsi interni e diritti umani, Torino, 2004.

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responsabilità primaria per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali; soltanto se essi risultano inadeguati, si può ricorrere a Strasburgo.

Tale idea, pur essendo pienamente in linea coi principi classici del diritto internazionale elaborati in difesa degli interessi statali, col tempo ha assunto una connotazione diversa. Rispetto alla protezione dei diritti umani, questa regola impedisce di prevenirne la violazione in quanto la Corte europea può intervenire solo successivamente. Nel momento in cui è acclarato che l’ordinamento interno non sarà in grado di dare risposte soddisfacenti sulla tutela di un determinato diritto, per deficit strutturali o perché nella giurisprudenza nazionale sussistano principi che non permettono il rispetto interno di alcune disposizioni della Cedu, la Corte accetta il ricorso seppure non siano stati esperiti tutti i gradi di giudizio interni. È quanto è capitato in Italia per il risarcimento danni conseguenti l’irragionevole durata dei processi o per la lunghezza della custodia cautelare174; la Corte europea ha ritenuto ricevibili alcuni di questi ricorsi senza il previo esame della Cassazione italiana. Ciò denota una grande trasformazione del principio di sussidiarietà che presta il fianco a un mutamento generale delle natura della Corte, certamente ormai non considerata come giudice internazionale tout court.

Gli ulteriori requisiti di ricevibilità, oltre al rispetto del termine di sei mesi dalla data della pubblicazione della sentenza definitiva interna175 - strettamente connessa alla regola dell’esperimento delle vie interne – sono legati ai classici criteri internazionali

rationae personae, temporis, loci, materiae. I ricorsi infatti non possono essere anonimi;

non possono avere ad oggetto materie che esulano dal campo di applicazione della Cedu; non devono avere un carattere ‘abusivo’, ovvero sia non devono essere strumentale per il raggiungimento di altri fini; non devono essere già stati esaminati dalla stessa Corte o da altri organismi internazionali; infine i fatti lamentati devono essere accaduti dopo la ratifica della Convenzione da parte dello Stato accusato.

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Caso Sardinas Albo c. Italia del 17 febbraio 2005. In questo caso la Corte europea ha respinto le eccezioni del governo italiano sul mancato esaurimento delle vie interne in quanto la Cassazione italiana aveva dichiarato in molti casi che il § 3 dell’art. 5 della Cedu rappresentava solo una norma programmatica, non direttamente applicabile in Italia.

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Questa regola una regola varia a seconda dell’ordinamento interno di riferimento. In Italia ad es. per i procedimenti penali la data decorre dal giorno del deposito della sentenza e non dalla pubblicazione della motivazione. Per ulteriori approfondimenti sul tema v. A. Bultrini, Il meccanismo di protezione dei diritti fondamentali istituito dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cit., pp. 14-18.

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Superato lo scoglio della ricevibilità, il ricorso viene valutato nel merito attraverso udienze pubbliche e private in cui vengono ascoltate le parti. In un primo momento, la Corte tenta di far raggiungere una constatazione amichevole tra queste, diversamente prosegue col giudizio esprimendo una sentenza che diventa definitiva se entro tre mesi la stessa Corte o le parti non richiedano l’esame del caso alla Grande Camera. A questo punto, se lo Stato venisse condannato è obbligato a conformarsi al contenuto della decisione con l’ausilio del Comitato dei ministri che ne controlla l’esecuzione176.