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I RIMEDI NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA E INTERAMERICANA

3.2 La giurisprudenza della Corte europea

3.2.1 Il ruolo rilevante del Comitato dei ministri europeo

L’odierna giurisprudenza della Corte europea è impegnata costantemente ad affinare tecniche per migliorare il rispetto delle sentenze pronunciate, grazie anche al fondamentale supporto del Comitato dei ministri. Quest’ultimo ha sottolineato per

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La dottrina internazionalistica è abbastanza uniforme nell’affermare che tra la Cedu e gli ordinamenti interni esiste un rapporto circolare nel senso che sono in primis gli Stati a dover applicare la Convenzione mentre la Corte europea interverrebbe solo in un secondo momento, nel caso di inottemperanza statale. Alla pronuncia dei giudici di Strasburgo deve quindi necessariamente seguire l’azione statale che, in sede di applicazione di quanto stabilito, chiude il cerchio. Per una più precisa specificazione sul punto A. Bultrini, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo: considerazioni introduttive, in Il Corriere giuridico, n. 5, 1999, 642-655 e P. H. Imbert, L’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e delle decisioni del Comitato dei ministri, in Documenti e Giustizia, n. 1-2, 2000, 233-257.

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primo la necessità di cambiare approccio in tema di enforcement, evidenziando come fosse opportuno suggerire con maggior incisività i rimedi da adottare, onde evitare che ricorsi simili congestionassero il lavoro della Corte. In tal senso, esso ha adottato risoluzioni importanti per le misure individuali e generali, condizionando la modalità di stesura delle sentenze della stessa Corte.

La prassi del Comitato dei ministri ha iniziato a mutare alla fine degli anni ottanta, sfociando nelle modifiche al proprio regolamento del 2001 e del 2006287. I motivi di tale cambiamento si possono imputare, come detto, a precisi eventi quali la riforma del Protocollo n. 11, che ha consentito l’accesso diretto alla Corte, e l’allargamento ai paesi dell’Est. Il crescente numero di ricorsi proposti a Strasburgo, molti dei quali hanno ad oggetto situazioni simili tra loro, ha portato gli organi europei a schierarsi, riguardo ai rimedi, su posizioni alquanto diverse rispetto alle fasi iniziali. Vale la pena allora ripercorre le diverse tappe evolutive che vedono come protagonista il Comitato dei ministri288.

In una primissima fase, tale organo si limitava alla constatazione del pagamento, da parte del paese responsabile, dell’equa soddisfazione stabilita dalla Corte e, tutt’al più, prendeva atto, nella risoluzione finale, delle misure individuali e generali che lo Stato adottava spontaneamente. Un atteggiamento questo che iniziò a mutare con

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Sul quadro istituzionale di riferimento in ordine ai poteri del Comitato dei ministri sul controllo dell’esecuzione delle sentenza europee v. supra cap. 2, §2.4.1.

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L’argomento è stato ampiamente affrontato in dottrina. Tra i diversi contributi si rinvia a G. Raimondi, L’obbligo degli Stati di conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti umani negli affari nei quali essi sono parti: l’art. 46, primo comma, della Cedu, in La Corte europea dei diritti umani e l’esecuzione delle sue sentenze, Napoli, editoriale scientifica, 2003, pp. 39-50; P. H. Inbert, L’exécution des arrêts de la Cour Europeénne des Droits de l’Homme. Le rôle du Comité des Ministres du Conseil de l’Europe , in La Corte europea dei diritti umani e l’esecuzione delle sue sentenze, cit., pp. 20-39; B. Randazzo, Le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo: effetti ed esecuzione nell’ordinamento italiano, in N. Zanon (a cura di), Le Corti dell’integrazione europea e la Corte costituzionale italiana, Napoli, Esi, 2006, pp. 295-317; M. de Salvia, Execution of the judgments of the European Court of Human Rights: legal nature of the obligations of the States and european supervision of national legislative choices, in The status of international treaties of human rights, cit., pp. 87-103; E. Bates, Supervising the executionof judgments delivered by the European Court of Human RIghts. The challenges facing the Committee of Ministers, in T. A. Christou e J. P. Raymnd (a cura di), European Court of Human Rights, Remedies and Execution of judgments, London, BIICl, 2005, pp. 49-106; F. G. E. Sundberg, Control of execution of decision under the ECHR – some remarks on the Committee of Ministers’control of the proper implementation of decisions finding violations of the Convention, in, G. Alfredsson, J. Grimheden, B. G. Ramcharan and A.de Zayas (a cura di), International Human rights monitoring mechanisms Martinus Nijhoff Publishers, The Hague/Boston/London, 2001, pp.561-585; J. Harman, Perspectives of the Committee of Ministers, in H.R.L.J., vol. 1, n. 8, 2000, pp.296-297; P. Pirrone, L’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, Milano, Giuffrè, 2004, pp. 173-210.

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gradualità anche se non uniformemente: sempre più frequentemente il caso veniva chiuso solo dopo aver accertato che lo Stato interessato avesse adottato le misure preannunciate al Comitato oppure al Direttore generale dei diritti umani o, ancora, non appena le autorità nazionali avessero presentato un progetto di legge al vaglio del proprio Parlamento289.

A questa iniziale rottura rispetto al passato è seguita la fase odierna in cui il Comitato pretende provvedimenti statali per una rapida attuazione delle sentenze. Attraverso le risoluzioni interlocutorie, esso ha intrapreso un monitoraggio più dettagliato sulle azioni attuate dallo Stato responsabile, suggerendogli, qualora inerte, le misure individuali o generali più adeguate290. Ciò ha permesso al Comitato di formulare azioni concrete nei confronti dei singoli paesi inadempienti e, tramite raccomandazioni rilevanti, a tutti gli Stati.

Gli esempi in merito alle risoluzioni indirizzate agli Stati responsabili sono molteplici e possono rientrare in tre specifiche categorie: le risoluzioni in cui si verifica il pagamento dell’equa soddisfazione, quelle dove il controllo riguarda l’esecuzione della sentenza per rimediare a lesioni causate alle vittime e, infine, le risoluzioni in cui si accerta la conformità dello Stato alla sentenza europea attraverso misure generali.

In ordine al primo gruppo, il Comitato non ha incontrato ostacoli significativi; gli Stati, a parte alcune eccezioni, si sono sempre prontamente adoperati per risarcire i danni pecuniari291. Più controversi sono i casi in cui il Comitato suggerisce specifiche misure individuali, finalizzate a ripristinare la situazione precedente alla violazione. I maggiori problemi riguardano gli effetti che tali risoluzioni hanno nell’ordinamento interno. Le riparazioni che meglio soddisfano la restitutio in integrum consistono nell’attuazione di provvedimenti che contrastano le decisioni delle autorità statali competenti, secondo i principi della sovranità e della separazione dei poteri. Ben si

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Esempi del genere possono rinvenirsi in ordine all’esecuzione del caso Marckx c. Belgio del 13 giugno 1979, la cui risoluzione finale è stata adottata solo nel 1988 quando il Belgio aveva approvato una nuova legislazione in tema di diritto di famiglia.

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Sulla prassi delle risoluzioni interinali e la loro relativa codificazione v. supra cap. 2, § 2.4.4. 291

Da quando la Convenzione europea è entrata in vigore si possono segnalare solo due casi in cui gli Stati hanno opposto resistenza al pagamento dei danni, si tratta delle sentenze Stran greek refineries and Stratis Andreadis c. Grecia del 9 dicembre 1994, Loizidou c. Turchia del 18 dicembre 1996. In entrambe le occasioni il Comitato ha dovuto ricorrere all’emanazione di svariate risoluzioni in cui nelle ultime minacciava la procedura d’infrazione prevista dallo Statuto del Consiglio d’Europa che nello specifico prevede la sospensione o l’espulsione del paese inadempiente dal Consiglio (art. 3 e 9 dello Statuto).

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comprende allora come si possano verificare situazioni in cui gli Stati manifestano la loro reticenza, come nei casi in cui è necessario riaprire un procedimento per la violazione del diritto all’equo processo292 oppure quando, in violazione del diritto di proprietà, l’unico rimedio possibile è la restituzione del bene sottratto illecitamente293. In tali circostanze, il Comitato ha recentemente mostrato un forte attivismo, senza indietreggiare di fronte ad espliciti rifiuti dello Stato. L’organo europeo insiste, infatti, sull’esecuzione della sentenza con la pubblicazione di risoluzioni interinali fino a quando il paese responsabile non adotta le misure necessarie294.

Per quanto riguarda il controllo sull’adozione delle misure generali, per casi simili e ripetitivi, risultano necessari cambiamenti strutturali dell’ordinamento, al fine di

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Si ricorda che l’art. 6 della Cedu stabilisce che: “1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità può pregiudicare gli interessi della giustizia. 2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. 3. In particolare, ogni accusato ha diritto a: a. essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; b. disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa; c. difendersi personalmente o avere l'assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia; d. esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico; e. farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata all'udienza”.

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Il diritto di proprietà è garantito nell’art. 1 del Protocollo 1 della Cedu il quale nello specifico sancisce: “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di mettere in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l'uso dei beni in modo conforme all'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”. 294

Tra le risoluzioni in cui il Comitato adotta tale ‘linea dura’ circa l’adozione di misure individuali vi sono molti casi inerenti l’Italia tra cui Scozzari e Giunta del 13 luglio 2000, Dorigo del 9 settembre 1998 e FCB del 28 agosto 1991. Deve mettersi in evidenza che il caso Scozzari, sulla violazione del rispetto alla vita privata e familiare, e quello FCB, sulla violazione del diritto all’equo processo per la celebrazione del giudizio in contumacia non sono stati ancora chiusi nonostante le molteplici misure generali che l’ordinamento italiano ha adottato. Queste infatti, in base al principio dell’irretroattività delle leggi, riguardano i casi futuri e non possono essere applicate per quelli già chiusi, motivo per cui l’Italia risulta inadempiente dal punto di vista della restitutio in integrum che potrebbe realizzarsi nel primo caso permettendo il trasferimento dei minori in Belgio dove attualmente risiede la mamma mentre nel secondo nella ricelebrazione del processo a carico del ricorrente. Il caso Dorigo invece, dopo svariate fasi interlocutorie, è stato chiuso solo alla fine del 2007 avendo il Comitato constatato l’impegno dei giudici ordinari a dare diretta esecuzione alla sentenza europea concedendo la restituzione in termini. I dettagli dei casi appena citati saranno trattati nel cap. 5, §5.3 che verterà sugli effetti della Cedu nell’ordinamento italiano.

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evitare future violazioni. In tali circostanze il Comitato indica dunque le riforme legislative o amministrative da intraprendere. A questo proposito è bene distinguere fra situazioni in cui le continue violazioni dipendono dalla natura stessa della disposizione legislativa interna e, al contrario, altre dove il mancato rispetto della Cedu ha origine per la cattiva applicazione della norma statale.

Nella prima ipotesi, l’adozione di misure generali dipende dalla modifica o abrogazione della legge o anche dall’approvazione di una nuova normativa; nella seconda ipotesi, invece, l’adempimento si ottiene con l’interpretazione ‘conforme a Convenzione’. Come per le misure individuali, in entrambi i casi suddetti il Comitato ha dimostrato un certo vigore, convincendo gli Stati a sviluppare le misure suggerite295.

Dal 2000 in poi il Comitato sviluppa una prassi che va al di là del caso concreto, rivolgendosi a tutti gli Stati e persino alla stessa Corte europea. Oltre alle risoluzioni che redige per controllare l’esecuzione di decisioni specifiche, esso infatti si pronuncia con raccomandazioni generiche indirizzate indistintamente agli Stati del Consiglio d’Europa296. Insieme con l’Assemblea parlamentare il Comitato ha inoltre adottato risoluzioni nei confronti della Corte, suggerendole tecniche di giudizio che evidenzino come i paesi responsabili siano tenuti ad adempiere ai propri obblighi.

Anche le raccomandazioni rivolte agli Stati si distinguono in quelle che contengono suggerimenti sulle misure individuali e quelle che indicano misure generali, di modo che si rendi evidente il tipo di problema che impedisce ai paesi membri il pieno rispetto della Cedu.

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In relazione all’indicazione di modifiche o abrogazioni di legge il Comitato ha fortemente contribuito a risolvere problemi strutturali in Turchia derivanti dalle continue violazioni della Cedu a causa delle azioni di forza di sicurezza. Esso ha spinto lo Stato turco ad adottare una nuova legge a riguardo. Altri esempi riguardano l’Italia, come i casi inerenti il controllo della corrispondenza dei detenuti, i processi in contumacia, o la ragionevole durata dei processi che hanno portato il nostro paese a riformare la materia. Rimane invece una sfida aperta la riforma della revisione dei processi, almeno in campo penale. Sul punto si rimanda alla lettura del cap. 5.

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Oltre all’incessante lavoro del Comitato dei ministri va messo in rilevo anche l’impegno dell’Assemblea parlamentare che ha adottato diverse risoluzioni proprio al fine di assicurare l’efficacia a lungo termine della Cedu puntando tutto sull’esecuzione delle sentenza. Tra tali documenti si possono segnalare la Raccomandazione 1477 (2000) del 28 settembre 2000; la Raccomandazione 1546 (2000) del 22 gennaio sull’implementazione dei giudizi della Corte europea; la risposta del Comitato dei ministri alla raccomandazione dell’Assemblea parlamentare n. 1477 del 9 gennaio 2002; il report Jurgens Execution of judgments of the European Court of Human Rights (Doc. 8808) del Committee on Legal Affairs and Human Rights in cui si fa una scrupolosa analisi sugli obblighi giuridici statali e sull’importanza di dare una celere e pronta attuazione alle decisioni, cercando così di sensibilizzare gli Stati sul problema.

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In tema di rimedi individuali, va segnalata la raccomandazione relativa all’opportunità di riaprire i processi penali a seguito della violazione dell’art. 6 della Cedu297. Nelle sue linee essenziali tale documento contiene un elenco di ipotesi specifiche, al verificarsi delle quali gli Stati dovrebbero considerare seriamente di mettere in discussione il giudizio nazionale, riaprendo o revisionando il procedimento. La raccomandazione in sé rappresenta evidentemente una semplice esortazione che il Comitato fa alle autorità interne, limitando il suo oggetto alla sussistenza di precise condizioni. Si tratta dunque di un approccio molto cauto dell’organo, che rivela la consapevolezza di non detenere competenze specifiche per sostituirsi ai paesi nell’esecuzione della sentenza. In definitiva, nel documento in questione, il Comitato pone le basi per riconoscere la piena autonomia degli Stati nella scelta dei mezzi per adempiere agli obblighi presi; allo stesso tempo però persegue l’intento di ribadire la necessità di adottare forme concrete di rimedi, come la riapertura dei processi in ossequio all’art. 41 della Cedu, il quale antepone la restitutio in integrum alle forme di rimedio compensative.

Più nello specifico il Comitato suggerisce che la revisione del giudizio interno appare indispensabile, qualora si verifichi una delle seguenti ipotesi:

i. la parte offesa, a causa dell’esito della decisione interna, continua a subire serie conseguenze negative, le quali non sono adeguatamente riparate con l’equa soddisfazione e che possono essere eliminate solo attraverso il riesame;

ii. la sentenza della Corte induce a ritenere che a) la decisione interna impugnata è nel merito contraria alla Convenzione o b) la violazione riscontrata è rappresentata da errori procedurali o da mancanze talmente gravi da far sorgere seri dubbi sull’esito del procedimento nazionale considerato.

A questa raccomandazione ne sono seguite altre numerose che, a differenza di quella esaminata, indicano la necessità di adottare misure generali per la risoluzione di problemi sistematici. Si possono citare a riguardo gli atti inerenti la verifica del Comitato sulla compatibilità dei disegni di legge e delle norme già esistenti con gli

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Cfr. Rec(2000)2E del 19 gennaio 2000 consultabile sul sito del Consiglio d’Europa alla pagina

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standard fissati dalla Convenzione europea298; la raccomandazione sul miglioramento dei rimedi domestici che insiste sulla loro concreta effettività299; la raccomandazione relativa alla necessità di istituire corsi universitari e training per gli operatori giuridici300; quella sulla pubblicazione e diffusione del testo della Convenzione e delle decisioni della Corte europea301.

Tra quelle citate, risulta fondamentale la raccomandazione n. 6 del 2004 che ritorna sul miglioramento dei rimedi domestici. In essa il Comitato punta l’attenzione sull’importanza di applicare la Convenzione direttamente negli Stati membri in via preventiva, onde evitare i ricorsi alla Corte. Più che sulle forme di riparazione successive alla violazione, il documento in questione si sofferma sull’adeguata applicazione del diritto al rimedio, chiamando a raccolta soprattutto i giudici nazionali, i quali in sede di giudizio devono applicare le norme interne conformemente alla Cedu302. In tal modo il Comitato, rilevando che tutti gli Stati membri hanno reso la Convenzione parte integrante dei sistemi interni, fa della sua internalizzazione a livello legislativo e giudiziario un obiettivo da raggiungere.

Nello specifico, la raccomandazione incoraggia gli Stati membri a valutare i propri rispettivi ordinamenti alla luce della giurisprudenza europea, adottando misure appropriate per assicurare rimedi effettivi attraverso riforme legislative o interpretazioni giurisprudenziali303. Così facendo, il Comitato ha dato avvio e promosso una prassi che solo di recente si sta consolidando nella Corte europea. I giudici europei infatti sempre più spesso si rivolgono direttamente a quelli interni al fine di forzare, per quanto possibile, l’interpretazione di una disposizione nazionale in modo conforme a

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Cfr. Rec(2004)5E del 12 maggio 2004. 299

Rec(2004)6E del 12 maggio 2004. 300

Rec(2004)4E del 12 maggio 2004. 301

Rec(2002)13E del 18 dicembre 2002. 302

Si ricorda che la Cedu prevede espressamente all’art. 13 il diritto al rimedio effettivo inteso come diritto a ricorrere a un’istanza nazionale per una violazione subita. Tale disposizione è sempre stata considerata insieme all’art. 1 e all’art. 35 l’esplicitazione del principio di sussidiarietà a cui si conforma la Cedu. Essa infatti, stabilendo che i ricorrenti devono poter avvalersi di un giudice interno qualora si ritenga lesa una libertà della Cedu, antepone l’applicazione della Convenzione negli Stati lasciando intervenire la Corte europea in un momento successivo, esperiti i ricorsi interni. Nello specifico l’art. 13 della Cedu dispone: “Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali”.

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Convenzione304. Ciò potrebbe avere un effetto di maggiore persuasione sugli organi interni, affinché questi conoscano approfonditamente e si adeguino alla giurisprudenza europea, per porre fine a violazioni di uno stesso tipo, anche quando non direttamente coinvolti. Una novità assoluta questa destinata a sortire effetti finora non calcolati, visto che da sempre le sentenze della Corte europea sono state considerate vincolanti solo nei confronti dei paesi condannati. Ben si comprende quindi come il ruolo del Comitato dei ministri si fa sempre più pressante, orientando gli Stati e la Corte verso un adeguamento incondizionato dei primi al sistema europeo.

Un altro segnale che mostra l’atteggiamento espansivo dell’attività di controllo e di indirizzo del Comitato dei ministri è l’irrobustimento della sua posizione dinanzi alla stessa Corte, attraverso risoluzioni ad essa rivolete direttamente. Nell’ultimo decennio il Comitato, con l’ausilio dell’Assembla parlamentare, ha aggiunto al controllo sull’esecuzione statale delle sentenze europee, l’elaborazione di atti che spingono i giudici europei a prendere posizioni nette in relazione alla disciplina dei rimedi. La