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PER LA PROTEZIONE DEI DIRITTI UMANI IL QUADRO ISTITUZIONALE A CONFRONTO

2.4 Le disposizioni della Cedu e della Convenzione americana sul potere vincolante delle decisioni e sui rimed

2.4.2 Il testo della Convenzione americana

Al contrario di quella europea, la Convenzione americana attribuisce alla Corte di San Josè una giurisdizione piuttosto ampia in tema di rimedi. Oltre alla generica affermazione della natura vincolante e definitiva delle decisioni dei giudici contenuta

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Il testo dell’art. 46 risulterà allora di questo tenore: “1. The High Contracting Parties undertake to abide by the final judgment of the Court in any case to which they are parties. 2. The final judgment of the Court shall be transmitted to the Committee of Ministers, which shall supervise its execution. 3. If the Committee of Ministers considers that the supervision of the execution of a final judgment is hindered by a problem of interpretation of the judgment, it may refer the matter to the Court for a ruling on the question of interpretation. A referral decision shall require a majority vote of two thirds of the representatives entitled to sit on the Committee. 4. If the Committee of Ministers considers that a High Contracting Party refuses to abide by a final judgment in a case to which it is a party, it may, after serving formal notice on that Party and by decision adopted by a majority vote of two thirds of the representatives entitled to sit on the Committee, refer to the Court the question whether that Party has failed to fulfil its obligation under paragraph 1. 5. If the Court finds a violation of paragraph 1, it shall refer the case to the Committee of Ministers for consideration of the measures to be taken. If the Court finds no violation of paragraph 1, it shall refer the case to the Committee of Ministers, which shall close its examination of the case.”

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nell’art. 67270, supportata dal comma 1 dell’art. 68 che prescrive l’obbligo per gli Stati membri di conformarsi alle sentenze271, nel comma 1 dell’art. 63 si stabiliscono i poteri della Corte in tema di rimedi, estendendo esplicitamente la propria competenza al di là della semplice previsione dell’equa soddisfazione.

Rispetto all’art. 41 della Cedu che, come si è visto, nella sua interpretazione letterale non consente alla Corte di Strasburgo di indicare direttamente le forme di riparazione che ritiene più adeguate, l’art. 63 della Carta americana ha un raggio d’azione maggiore consentendo ai giudici di indicare il rimedio opportuno. In esso infatti si dispone che:

“Se la Corte ritiene che vi sia stata una violazione di un uno dei diritti o libertà protette dalla presente Convenzione, essa dispone che alla parte offesa sia assicurato il godimento del diritto o libertà violato. Se del caso la Corte dispone la riparazione delle conseguenze del provvedimento o della situazione costituente violazione di tale diritto o libertà e che alla parte offesa sia corrisposto un giusto indennizzo”.

Affermare, come ha fatto anche la Corte interamericana, che uno Stato incorre in una responsabilità internazionale per atti compiuti illecitamente è pacifico, così come non è controverso sostenere che in tali casi le istituzioni interne sono tenute a porre fine alla violazione e a rimediare ai danni272. È diverso asserire che la stessa Corte latina possa indicare le forme di riparazione agli Stati, lasciando a questi un limitato margine decisionale. L’art. 63 della Convenzione rappresenta tuttavia un testo innovativo non solo rispetto alla Cedu273 ma anche verso la neonata Carta africana274 che, sebbene

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La prima parte dell’art. 67 della Convenzione americana afferma infatti che: “La sentenza della Corte è definitiva e non soggetta ad appello”.

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Più precisamente il comma 1 dell’art. 68 stabilisce che: “Gli Stati Parti alla Convenzione si impegnano a dare esecuzione alla sentenza della Corte in tutti i casi in cui siano parti”.

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V. caso Blake c. Guatemala (Reparations) del 22 gennaio 1999, §33. 273

Un riconoscimento che gli stessi rappresentanti del Consiglio d’Europa hanno fatto in occasione della Conferenza sui lavori preparatori della Convenzione americana. Cfr. Council of Europe Report, il cui testo è riportato in T. Buergenthal e R. Norris (a cura di), Human rights: The inter-American System, Booklet 15, vol. 3, NY, 1982, pag. 81 ss..

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Il comma 1 dell’art. 27 del Protocollo della Carta africana dei diritti degli uomini e dei popoli che istituisce la Corte africana stabilisce infatti che: The Court shall make appropriate orders to remedy the violation, including the payment of fair compensation or reparation”.

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possa essere soggetta a una interpretazione estensiva, corre il rischio di rimanere lettera morta qualora la Corte concepisca il proprio ruolo in modo restrittivo275.

Codificando un canone del diritto consuetudinario internazionale276, l’art. 63 garantisce quindi alla Corte poteri ampi già da un punto di vista formale, senza la necessità di avventurarsi in interpretazioni palesemente forzate. La disposizione in esame è infatti il frutto di un emendamento al testo originario proposto dai rappresentanti del Guatemala con l’intento di attribuire alla Corte competenze maggiori in tema di rimedi. Se la prima bozza conferiva solo il potere di stabilire una compensazione pecuniaria per i danni causati, il disegno guatemalteco, sostanzialmente recepito nel testo definitivo, si spingeva in numerosi dettagli stabilendo principalmente:

“che si deve porre fine alle conseguenze negative della decisione o alle misure che hanno delegittimato i diritti della Convenzione; che deve essere garantita alla parte lesa il godimento del diritto o della libertà violati e il pagamento di una giusta compensazione277”.

La ragione di ciò non si evince dalle discussioni dei lavori preparatori, ma è presumibile che le particolari circostanze storiche e sociali in cui versavano gli stati dell’estremo occidente abbiano convinto gli esperti ad adottare un testo che, viste le gravi violazioni di diritti, permettesse alla Corte di intervenire anche in tema di rimedi. In definitiva, l’art. 63 conferisce ai giudici interamericani i tre poteri fondamentali in ordine alla riparazione di un danno: 1) assicurare alla vittima il futuro godimento del diritto violato; 2) rimediare alle conseguenze della violazione; 3) compensare i danni subiti278. Come la stessa Corte ha affermato, l’intento non è arricchire o impoverire la vittima attraverso il risarcimento pecuniario, bensì cancellare gli effetti della violazione

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Di tale avviso, J. Pasqualucci, The practice and procedure of the Inter-american Court of human rights, op. cit., pag. 235.

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Ovvero il principio che a ogni violazione di un obbligo internazionale deve corrispondere un adeguato rimedio. Cfr. il casoFactory at Chorzòw, cit. di cui si è ampiamente riferito nel cap. 1, §1.2.1.

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Corsivo nostro. Osservazioni dei Governi degli Stati membri sul Draft Inter-American Convention on Protection of Human rights; Guatemala, OEA/Ser. K/ XVI/1.1 doc. (English) dell’8 novembre 1969, riportate in T. Buergenthal e R. Norris (a cura di), Human rights: The inter-American System, op. cit. Booklet 13, vol. 2, pp. 119-132.

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statale commessa, ripristinando quando possibile lo status quo ante279. Un’impostazione che recepisce pienamente i principi del diritto internazionale consuetudinario ma che risulta estranea, almeno nel testo legislativo, al sistema europeo.

Ulteriori aspetti innovativi contenuti nella Convenzione americana riguardano l’esclusiva competenza della Corte a monitorare l’esecuzione delle sentenze e la relativa procedura. Se, come detto, nella Cedu tale potere è affidato all’organo politico del Comitato dei ministri, nell’organizzazione americana invece non si prevedono altre istituzioni, conferendo alla Corte più margine nel determinare i rimedi senza lasciare molto spazio agli Stati, in virtù del carattere giuridicamente vincolante delle proprie decisioni.

Secondo una prassi consolidata, i giudici sovranazionali americani si pronunciano sulle riparazioni successivamente alla sentenza di merito, solitamente al decorrere di sei mesi da questa. In tale lasso di tempo si lascia modo alla Stato e alle vittime di raggiungere spontaneamente un accordo sulle misure da adottare, concedendo agli individui un potere ‘contrattuale’ elevato. Il caso potrebbe rapidamente chiudersi solo se le parti stipulano tale accordo, opportunamente valutato dalla stessa Corte, la quale in caso contrario, al decorrere del termine indicato, si pronuncia anche in tema di riparazioni.

Oltre alle sentenze di merito e a quelle riparatorie, è consuetudine recente che la Corte emetta i cosiddetti orders con cui essa monitora lo stato di esecuzione da parte del paese incriminato e archivia completamente il caso nel momento in cui esso si è adeguato280.

Le sentenze riparatorie e gli orders non sono previsti né nella Convenzione, né nello Statuto della Corte. L’apertura del testo convenzionale, in particolare l’art. 63, e la mancanza di un organo corrispondente al Comitato dei ministri europeo hanno fatto sì

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V. i casi Cesti Hurtado c. Perù (Reparations) del 31 maggio 2001, §34; The “Street Children” (Villagrán Morales et al.) c. Guatemala (Reparations), del 26 maggio 2001, § 61; The “White Van” (Paniagua Morales e altri.) c. Guatemala (Reparations), del 25 maggio 2001, § 77; Cantoral Benavides (Reparations) del 3 dicembre 2001, §40-41.

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Tali orders possono essere paragonati alle risoluzioni interinali del Comitato dei ministri a livello europeo con le quali esso constata se e quali misure lo Stato sta approntando per eseguire le sentenze della Corte di Strasburgo, indicando, qualora lo Stato sia inerte, le vie migliori. Tale giurisprudenza è stata inaugurata in tempi davvero recenti. Il primo caso di risoluzioni in termini di supervisione delle sentenze della Corte risale infatti all’1 giugno del 2001.

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che i giudici americani abbiano allargato le proprie competenze anche nel monitoraggio delle esecuzioni delle sentenze. In un certo qual modo, la Corte si è autolegittimata stabilendo il potere di supervisionare le decisioni precedentemente emesse.

Nella sentenza storica sul tema, Baena Ricardo e altri c. Panama281, la Corte si è basata su due constatazioni di fondo: innanzitutto l’assenza nel sistema interamericano di un organo corrispettivo al Comitato dei ministri europeo. In secondo luogo, l’esclusione di affidare all’Assemblea generale o al Consiglio permanente dell’OAS il compito di visionare la conformità alle sentenze. Sulla base dell’interpretazione dei lavori preparatori della Convenzione, la Corte ha messo in evidenza che, durante le discussioni, era emersa la necessità di introdurre una norma che garantisse alla Corte un’effettiva protezione giurisdizionale dei diritti umani. Tale posizione è stata recepita nell’art. 65282, la cui lettura estensiva è stata accettata persino dall’Assemblea generale dell’OAS. In base a tale disposizione, la Corte riferisce all’Assemblea i casi in cui uno Stato non si è conformato alle proprie decisioni col potere di formulare delle raccomandazioni. Con gli orders, questa prerogativa è stata estesa ad una fase precedente, evitando l’invasione della politica nel rispetto dei diritti convenzionali, ovvero nell’esecuzione della sentenza sovranazionale.

Grazie al testo della Convenzione americana, la giurisprudenza della Corte ha potuto svilupparsi secondo modalità inedite rispetto agli altri tribunali internazionali, non limitandosi a denunciare la violazione di un diritto ma indicando precisamente i rimedi da adottare. Gli Stati, dal canto loro, non possono sottrarsi a tali obblighi data la natura vincolante delle decisioni della Corte. Le sue pronunce sono ormai considerate strumenti di hard law 283, a differenza delle raccomandazioni e delle risoluzioni degli organi politici come quelle del Comitato dei ministri europeo. Questi ultimi hanno solo un potere persuasivo sugli Stati ma sono ben lontani dall’avere una forza vincolante di una sentenza emanata da un giudice legittimamente autorizzato. In tal modo si mette in

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Decisione del 28 novembre 2003, §87-90. 282

L’art. 65 dispone nello specifico che: “In occasione delle sessioni dell’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani, la Corte sottopone alla considerazione dell’Assemblea un rapporto sul lavoro svolto nell’anno precedente. In esso vengono precisati, in particolare, i casi in cui uno Stato non ha dato esecuzione alle sentenze della Corte, avanzando in materia le opportune raccomandazioni”.

283

Così M. Tan, Member state compliance with the judgments of the Inter-American Court of Human rights, in Int’l J. Legal Info., vol. 33, pag.343.

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discussione il potere discrezionale degli ordinamenti interni sulle forme di riparazione assicurato dal sistema internazionale e da quello regionale europeo.

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CAPITOLO 3

I RIMEDI NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE