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Riflessioni per un sistema integrato di gestione del rischio per l’agricoltura italiana

3.1 Attuali strumenti e politiche sul rischio in Italia

Nel quadro internazionale descritto, l’Italia si colloca tra i Paesi con più lunga tradizione sulla gestione del rischio, in particolare per le caratteristiche geografiche e morfologiche, climatiche e produttive del territorio, che determinano elevata eterogeneità e quindi complessità delle variabili, maggiore esposizione e vulnerabilità al rischio.

Sin dagli anni settanta il mercato assicurativo offriva polizze monorischio grandine, ma la gestione del rischio avveniva fondamentalmente attraverso il Fondo di solidarietà nazionale per le calamità naturali in agricoltura.

Un elemento fortemente caratterizzante la realtà italiana era già da allora la presenza sul territorio nazionale di un gran numero di Consorzi di difesa, radicati soprattutto nella parte centro settentrionale del Paese. I Consorzi svolgono un ruolo di intermediazione tra le imprese assicuratrici e gli agricoltori attraverso vari servizi agli associati: contrattazione con le compagnie assicuratrici per conto degli associati, svolgimento degli adempimenti per l’erogazione del contributo pubblico, studio di nuove soluzioni assicurative adeguate alle esigenze e alle richieste degli imprenditori agricoli, relazione con il Ministero delle politiche agricole e forestali, le Regioni e le Province Autonome per l’elaborazione delle politiche di settore26. Ad oggi operano sul territorio oltre 60 Consorzi di difesa operanti in tutte le

Regioni italiane, che associano la maggioranza degli imprenditori agricoli italiani che assicurano le loro produzioni contro i rischi atmosferici. Il risultato principale dell’azione di tali Consorzi sul territorio è stata sicuramente la maggiore capacità di contrattazione sulle polizze, con conseguente miglioramento per gli imprenditori agricoli delle condizioni (riduzione dei premi negli anni e introduzione di polizze a più ampio raggio).

Una svolta storica al sistema di gestione del rischio in Italia si è avuta con la riforma del 2004 (D.Lgs.102/04), con cui il Fondo, che rappresenta l’espressione della politica di indirizzo e di sostegno sul rischio, è stato ripensato nei principi e negli strumenti economici. La finalità del fondo è ora promuovere interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi e alle infrastrutture agricole, nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali. Le tipologie di intervento previste, il cui ammontare finanziario complessivo dipende dalle disponibilità di bilancio dello Stato, sono:

a) misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi;

b) interventi compensativi per danni a produzioni, strutture e impianti produttivi.

48 Gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi consiste in un contributo statale fino all’80% dei premi per i contratti assicurativi con soglia di danno superiore al 30%. La sottoscrizione delle polizze assicurative è volontaria e può avvenire in forma individuale o collettiva, attraverso consorzi di difesa, cooperative agricole e loro consorzi (la riforma ha quindi inteso dare maggior risalto e forza alle forme associative dei Consorzi di difesa). Gli interventi compensativi sono finalizzati a favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole e delle cooperative che abbiano subito danni superiori al 30% della produzione lorda vendibile. Gli aiuti intervengono nei casi di danni: alla produzione agricola; alle strutture aziendali e alle scorte; a imprese zootecniche (infezioni epizootiche che determinano l’abbattimento del bestiame e il divieto di ogni attività commerciale oppure da vaccinazioni o altre misure).

È importante evidenziare che nell’uso dei due tipi di strumenti è previsto il principio di esclusione, non sempre applicato in altri Paesi: non possono essere dati contributi compensativi per tipologie di danni inserite nel Piano assicurativo agricolo nazionale (di seguito PAAN), approvato con decreto del MIPAAF, riportante l’entità del contributo pubblico sui premi assicurativi, i parametri per il calcolo del contributo e le tipologie di polizze ammesse a contributo.

La riforma del 2004 e la sua evoluzione negli anni 2005-2009 evidenziano la scelta politica di dare maggiore impulso agli interventi ex ante (contributi ai premi assicurativi), che oggi coprono l’80% circa delle disponibilità complessive del fondo, rispetto agli ex post (compensativi). Nel corso di questi anni, inoltre, si è assistito all’ampliamento della base assicurativa e a una maggiore diversificazione della domanda e dell’offerta. L’introduzione di nuove tipologie assicurative (pluririschio e multirischio) in aggiunta a quelle tradizionali (monorischio grandine) ha sicuramente coadiuvato tale incremento, così come quello del numero di colture assicurate, permettendo la diffusione delle assicurazioni in agricoltura in aree dove tale pratica era poco radicata. Si è avuto negli anni un aumento costante delle polizze pluririschio, che ad oggi coprono circa il 46% del mercato assicurativo agricolo (Razeto, 2011), una riduzione tendenziale dei premi. Una buona performance hanno le polizze pluririschio legate alle avversità atmosferiche (siccità, grandine, alluvioni, ecc.).

Per quanto riguarda il rischio sanitario zootecnico, sono inserite nel PAANpolizze agevolate per gli allevamenti italiani, riguardanti l’abbattimento forzoso, lo smaltimento carcasse e il mancato reddito per le specie bovine, bufaline, ovine e caprine, suine, avicole, apistiche, equine e cunicole, per i rischi derivanti da epizoozie. Ad oggi, dai dati disponibili emerge che le polizze di settore hanno poca presa sugli allevatori.

A livello normativo, associando la normativa comunitaria descritta nel paragrafo 2.2 e quella italiana, emergono una serie di opportunità già presenti, non tutte ritenute ad oggi attuabili o di interesse in Italia (Tabella 5). Come si evidenzia, contributi per i premi assicurativi possono, arrivare anche dalle OCM Vino e Ortofrutta (cfr. par. 2.2), anche se ad oggi sono attivati e utilizzati solo quello relativi all’OCM Vino.

Dal 2010, inoltre, i contributi ai premi assicurativi arrivano anche dal I pilastro della PAC, precisamente sul sostegno specifico come rivisto con il reg. (CE) 73/2009. Precisamente, l’Italia ha attivato la misura d) dell’art. 68 relativa ai contributi ai premi, considerandola una importante

49 opportunità per la gestione del rischio nel Paese, anzi ponendosi come Stato Membro tra i più attivi per porre all’attenzione delle politiche comunitarie la gestione del rischio in agricoltura.

Tabella 5 – Strumenti ammessi e tipologie di rischio coperte nella normativa comunitaria e italiana

Tipologie di rischio

Strumenti di gestione ammessi

quadro nazionale quadro europeo

FSN Reg. 73/09 OCM

avversità atmosferiche assicurazioni/fondi

compensativi assicurazioni assicurazioni

fitopatie, attacchi

patogeni assicurazioni fondi mutualistici/assicurazioni assicurazioni

epizoozie assicurazioni assicurazioni/fondi mutualistici

ambientale fondi mutualistici

mercato fondi comuni di investimento in OCM Ortofrutta; fondi mutualisti in OCM Vino

In merito ai primi dati sulla campagna assicurativa 2010 (Razeto, 2011), anno di prima applicazione del contributo comunitario al pagamento dei premi assicurativi, il sistema di utilizzo dei fondi (art. 68 a copertura massima del 65% dei premi e integrazione con le risorse del FSN) ha funzionato. Precisamente, nel complesso i trend assicurativi in agricoltura si attestano sulla media degli anni immediatamente precedenti e si riscontra un crescente abbandono delle polizze monorischio a favore delle pluririschio, le monorischio sono passate negli ultimi anni ad attestarsi su un valore di circa il 50% del totale.

Il bilancio economico della gestione del rischio in campo vitivinicolo e successivamente per l’applicazione dell’art. 68 lascia intendere che la scelta italiana di adesione al sistema ed applicazione della misura sia stata positiva, anche nell’ottica del buon utilizzo dei fondi comunitari. Inoltre, sono state dirottate sulle misure relative alle assicurazioni le economie delle altre misure: nell’OCM Vino hanno permesso di alzare il budget da dedicare alla gestione del rischio dai 20 milioni stanziati inizialmente a quasi 36 milioni erogati in via definitiva.

Sull’art. 68, le economie derivate dall’applicazione delle altre misure (circa 11 milioni di euro) si sono aggiunte al plafond già stabilito (93,3 milioni di euro). Va comunque detto che le disponibilità finanziarie risultano ancora inferiori ai fabbisogni emersi: gli importi complessivi dei premi ammissibili ad aiuto sono pari a 211 milioni di euro, per un contributo da erogarsi di 137 milioni di euro (65%); il fabbisogno rimanente rispetto al plafond della misura comunitaria è stato coperto da risorse nazionali (circa 32 milioni di euro) (Frascarelli, 2011).

50 Oggetto di discussione è, ovviamente, la performance del sistema e delle varie tipologie di polizze disponibili sul mercato, al di la del grado di innovazione legato a continui correttivi e miglioramenti anche tecnici dei contenuti dei contratti. Un tema discusso è la necessità di un passaggio da polizze particellari a polizze complessive sulla produzione aziendale, anche perché le nuove regole vigenti a livello europeo parlano di una soglia di danno calcolata sulla produzione aziendale complessiva.

Inoltre, sempre per il nuovo contesto regolamentare, sarà importante evitare situazioni in cui con la stessa compagnia si stipulano polizze agevolate con soglia di danno e polizze integrative per il sottosoglia: in questi casi, la scelta di stipulare polizze agevolate potrebbe costituire un modo per scaricare il costo dei premi sottosoglia, che interessano maggiormente l’agricoltore; ci sono agevolazioni statali per le polizze sottosoglia, che però sono incompatibili e alternative alle agevolazioni del soprasoglia per la stessa produzione. Ci si riferisce, in particolare, alle situazioni in cui l’agricoltore che abbia maggiore interesse per il sottosoglia, anziché chiedere l’agevolazione prevista (50%), stipuli polizze con soglia che godono di maggiore contributo (fino all’80%) e contestualmente stipuli con la stessa compagnia assicurativa polizze integrative per il sottosoglia “più convenienti del dovuto”. Simili comportamenti sarebbero puniti dalla Commissione europea, pena l’esclusione dai fondi comunitari, perché in contrasto con il principio di responsabilizzazione: al capitolo V degli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato si auspica che la normativa di pertinenza applichi degli aggiustamenti ai vecchi regimi di aiuti, facendo sì che i danni al di sotto della soglia del 30% siano a totale carico dell’agricoltore, per incoraggiare gli agricoltori ad adoperarsi e impegnarsi alla limitazione dei danni.

Sulla base dello studio del funzionamento del Fondo di solidarietà, dell’applicazione dell’art. 68 e del sistema assicurativo, emergono alcune criticità sulla gestione del rischio in Italia, le maggiori così schematizzabili:

 mancanza di strumenti, anche innovativi, che siano complementari o integrativi alle assicurazioni e ai fondi compensativi, cioè che gestiscano rischi su altri livelli, con altre strategie (in particolare la strategia di riduzione) e per tipologie di rischio attualmente non coperte (ad esempio di mercato, fitopatie, prezzi dei fattori di produzione);

 la base assicurativa è considerata ancora troppo bassa (circa 18% della produzione nazionale complessiva27), nonostante gli importanti contributi pubblici;

 la disparità di distribuzione geografica con predominanza delle polizze al Nord (70-80%) e aziende e compagnie assicurative del Centro e del Sud poco propense all’uso dello strumento assicurativo.

Da un’analisi svolta in merito ai fondi mutualistici presenti in Italia è emerso che gran parte delle cooperative agricole si sia già da tempo dotata di fondi mutualistici a scopo principale di produzione e commercializzazione dei prodotti. Poche realtà associative, anche se più di quante ci si aspettava all’inizio dell’analisi, hanno attivato fondi per la gestione del rischio.

Nella normativa italiana si inizia a parlare di fondi mutualistici nel 2000 con la Legge finanziaria 2001 (Legge 23 dicembre 2000 n. 388), che aveva un doppio obiettivo: regolarizzare situazioni di natura mutualistica che si stavano realizzando in Italia; attivare contributi pubblici sui fondi. La legge

51 prevedeva la realizzazione di fondi rischi di mutualità da parte dei consorzi di difesa, delle cooperative e dei consorzi di cooperative, da attivare in caso di danni alle produzioni degli associati; la stessa norma prevedeva il contributo pubblico sia per l’attivazione di detti fondi sia una quota contributiva annua a favore degli stessi. I fondi potevano assumere il rischio, derivante da attività atmosferica a carico delle produzioni dei propri associati, tramite quota contributiva o cederlo a compagnie assicuratrici (in toto o in quota parte). Correttivi furono apportati con la successiva Legge 28 dicembre 2001 n. 448 (Finanziaria 2002), sui parametri contributivi e si stabilì che l’intervento pubblico non dovesse superare la quota versata da ciascun socio aderente.

Ma fu con il D.M. 101.604 del 31 luglio 2002 del Ministero delle politiche agricole e forestali che vennero fissate le norme operative dei fondi e venne quantificata l’entità del contributo statale agli stessi. Secondo il decreto, gli “organismi associativi, previo adeguamento degli statuti e su autorizzazione della Regione in cui essi hanno sede, possono istituire fondi rischi di mutualità e assumere iniziative per azioni di mutualità e solidarietà, per il risarcimento dei danni di avversità atmosferiche sulle produzioni agricole degli associati”; era quindi necessario che i gestori del fondo creassero un apposito regolamento.

Il fondo, che poteva essere cofinanziato tramite partecipazione regionale o nazionale, manteneva per la gestione una contabilità separata rispetto a quella dell’ente/consorzio/cooperativa istituente. La partecipazione era considerata volontaria e accessibile a tutti gli aderenti all’ente/consorzio/cooperativa che ne avessero fatto richiesta. La possibilità che veniva data agli aderenti al fondo era la protezione delle produzioni dal rischio, anche in quota parte della intera produzione aziendale, purché non si presentassero casi di sovrapposizione di differenti forme di difesa per le stesse produzioni o sul medesimo appezzamento (principio di esclusione).

Il fondo avrebbe dovuto mantenersi tramite:

 contributo dei consorziati;

 contributo dello Stato;

 contributo di eventuali altri enti e privati;

 risarcimenti assicurativi;

 rientri di compartecipazione al rischio.

Le spese ammesse sarebbero state imputabili a:

 pagamento dei risarcimenti agli associati;

 spese di assicurazione per la copertura dell'eventuale quota di rischio non garantita direttamente dal fondo;

 spese di perizie;

 compensi per l'acquisizione delle adesioni;

52 Il contributo statale per la “la costituzione e la dotazione annuale del fondo” sarebbe stato calcolato “applicando ai valori delle produzioni garantite dal fondo, i parametri stabiliti per la copertura assicurativa”. In caso di inattività del fondo per oltre 2 anni o di scioglimento volontario dello stesso, le eventuali riserve del fondo sarebbero state ripartite tra i soci aderenti in misura proporzionale alla contribuzione annuale degli stessi. Si è usato il condizionale per descrivere il decreto in quanto non ottenne mai il parere di competenza da parte della Commissione europea, lasciando di fatto inattivabili le disposizioni in esso contenute.

Ciononostante, dei fondi non agevolati in Italia sono nati in quegli anni e alcuni sono tuttora attivi, mentre altri sono di più recente costituzione. Uno dei primi tentativi di istituzione di fondo mutualistico fu del Consorzio di difesa di Alessandria, con il Fondo multirischio per il pomodoro da Industria - Alessandria, costituito nel 2003 con lo scopo di affiancare alla polizza antigrandine, normalmente stipulata, anche la protezione della coltura di pomodoro da industria nei confronti degli altri eventi climatici avversi. Il mancato parere di competenza in sede CE del decreto ministeriale non consentì le attivazioni delle disposizioni e, venuto meno il prospettato contributo, il Consorzio optò per la continuazione in virtù del sostegno conferito ai fondi da parte degli agricoltori aderenti. Furono fissate le norme operative del fondo, che ha garantito la maggior parte (86%) delle produzioni di pomodoro assicurate contro la grandine nel 2003, andando a coprire di fatto le produzioni contro altri eventi climatici. Il fondo fu sempre meno utilizzato con gli anni e ad oggi risulta solo formalmente attivo. Il motivo della minor utilizzazione e utilità del fondo col passare degli anni è dovuto all’introduzione nel mercato delle polizze pluri e multirischio agevolate, che andavano a coprire i rischi previsti dal regolamento del fondo. Inoltre, le tariffe assicurative passarono nello stesso periodo dall’8 al 4%, permettendo l’accesso a coloro i quali, all’epoca di costituzione del fondo, ritenevano le stesse troppo esose. Interesse, invece, potrebbe esserci in futuro sull’uso di fondi mutualistici per la copertura del rischio legato a fitopatie e attacchi patogeni. In particolare, nelle aree dell’Alessandrino è sentito il problema della Flavescenza dorata, malattia epidemica che colpisce la vite, causata da un fitoplasma, parassita dei vegetali e la cui diffusione è causata da un insetto vettore (Scaphoideus titanus) e dal materiale vivaistico infetto. La costituzione di un fondo di mutualizzazione potrebbe contribuire a sgravare i viticoltori di una parte dei costi che sono chiamati a sostenere per controllare il diffondersi della malattia e per risarcire le perdite economiche subite. Il Fondo potrebbe coprire i costi per i trattamenti aggiuntivi, per la sostituzione delle viti da estirpare e per il mancato reddito prodotto (la perdita di impianti implica il mancato prodotto per 3 anni). Il contributo comunitario sarebbe giustificato sia per l’endemicità della patologia, sia per la specificità e l’entità dei danni della produzione colpita. In Piemonte un interesse analogo potrebbe esserci per un fondo sulla diabrotica del mais e in particolare uno per la batteriosi del kiwi, che sta seriamente compromettendo la importante produzione di actinidia a livello regionale.

Un altro fondo di mutualizzazione, attivato già nel 1991 è quello di Parma, messo in atto per la difesa dalle epizoozie. Il fondo è accessibile ai soci tramite versamento di una quota di ammissione e in percentuale del valore della produzione denunciata o dei contributi deliberati dall'assemblea. Tali somme vanno a creare un monte utilizzabile per l’indennizzo dei produttori a fronte del calo di reddito dovuto ad abbattimento forzoso dei capi, quindi di epizoozia o malattia infettiva (la TBC, la brucellosi,

53 la leucosi e la BSE). L’integrazione per mancato reddito, per la durata variabile dai 3 ai 6 mesi, a seconda della categoria produttiva, copre una quota proporzionale a quella versata dal produttore, fino al 100% del risarcimento, inteso come 50% della produzione mancata (PLV). Dalle informazioni disponibili non è chiaro se e come il fondo sia attualmente gestito, sembrerebbe però che la diffusione delle assicurazioni agevolate sulle epizoozie a seguito dell’emanazione del D.Lgs.102/04 abbia ridimensionato il fondo.

Gli agricoltori della provincia di Trento risultano avere un grado di sensibilità e di predisposizione all’aggregazione molto alto e un consolidato spirito cooperativo anche per quanto riguarda i Consorzi di difesa; tale spirito è favorito dagli interessi comuni degli agricoltori, i quali possono essere distinti sostanzialmente in base alle 2 tipologie di produzioni (mele e uva da vino). Il Consorzio di difesa associa oltre il 90% dei produttori ed è rappresentativo di tutti i settori agricoli e di tutte le organizzazioni agricole trentine; questo determina un elevato potere contrattuale nei confronti delle compagnie assicurative. Il Consorzio risulta ad oggi gestire un Fondo di mutualità consortile per la gestione dei danni sotto soglia, e una polizza d’area per i fruttiferi gestita tramite un ulteriore fondo mutualistico. Il fondo risarcisce i produttori per i danni da eventi atmosferici avversi non risarciti dall’assicurazione. Il Consorzio gestisce un ulteriore fondo comune per il pagamento dei danni causati da avversità atmosferiche alla produzione di frutta, per gli agricoltori associati in cooperative aderenti; il rischio è assunto dal fondo per la sua totalità o per la quota risarcibile e la parte eventualmente eccedente le capacità di risarcimento del fondo viene, invece, trasferita a compagnie assicuratrici.

Di recente è stato costituito l’Agrifondo Mutualistico Veneto e Friuli, già utilizzato nel 2010 per anticipare le quote dei premi assicurativi degli agricoltori, che potranno versarle con un anno di ritardo; tale meccanismo è stato messo in atto per garantire agli agricoltori il risarcimento per le aziende danneggiate nella campagna 2010 dall’alluvione che ha colpito entrambe le regioni. Il fondo, andando a coprire danni previsti all’interno del PAAN, non potrebbe ad oggi essere agevolato.

Il Consorzio di difesa della Toscana ha costituito nel 1996 un Fondo mutualistico consortile per dare copertura alle produzioni che non avevano la possibilità di essere assicurate contro gelo e brina, che con una certa periodicità procurano danni ingenti alle produzioni toscane. Il fondo mutualistico ha permesso di coprire il rischio da gelo e brina a favore degli aderenti che avessero stipulato per l’annata agraria una polizza grandine. L’adesione è stata dell’85% dei produttori consorziati e il fondo ha risarcito circa il 20% dei danni arrecati alle produzioni da gelo e brina. L’ingresso sul mercato di polizze gelo e brina con adeguate condizioni negli anni successivi ha ridotto e sostanzialmente sostituito il fondo.

L’interesse per la creazione di un fondo mutualistico sembra emergere anche nel settore zootecnico, per il quale non sono reperibili sul mercato polizze a copertura dei rischi per epizoozie che siano valide anche per le zone di sorveglianza, dove non vi è copertura delle perdite e dei danni rappresentati dalla immobilizzazione dei capi e dal blocco delle attività. Sembra esserci, quindi, l’interesse per la ricerca sui fondi mutualistici complementari alle assicurazioni, per dare un buon grado di protezione alle aziende zootecniche nelle aree di sorveglianza in caso di epizoozia.

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