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Dall’ “auge economico” alla cris

Debito estero totale tra il 1970 e

2. Dall’ “auge economico” alla cris

Dopo turbolenze ventennali, alternate a modesti periodi di ripresa, l’America Latina attraversò dal 2003 al 2008 un lustro di crescita senza precedenti, interrotto solo dagli eventi statunitensi del settembre 2008, che per connotazioni, profondità e durata, rappresenta il periodo di maggiore boom economico della Regione.

L’America Latina subì le conseguenze dell’instabilità finanziaria internazionale che dopo l’ ‚efecto tequila‛, si accentuò a partire dal 1997 e culminò tra il 2001 e il 2002. Il dato medio del PIL registrò una contrazione dell’0,1% mentre quello pro-capite, dal 1997 al 2002, decrebbe dello 0,2%, dati questi che nella loro criticità risultarono di minore portata rispetto a quelli della ‚decada perdida‛.

A partire dal 2003 la Regione inizia a vivere un contesto di miglioramento generalizzato, favorito da una performance internazionale in continua evoluzione. Il PIL cresce ad un media annuale del 4,8% e quello pro-capite del 3%.73 L’inconfutabile dato della crescita ha fatto seguito ad un miglioramento delle variabili macroeconomiche fondamentali, sia ‚quantitativamente che qualitativamente‛. Diminuì la disoccupazione grazie ad un costante aumento della domanda di manodopera (il dato passò dall’11% del 2003 al 7,4% del 2008), di conseguenza si registrò un aumento del reddito medio e una riduzione della povertà, grazie anche a politiche sociali più efficaci. La crescita, inoltre, è stata conseguenza diretta di una variazione nella bilancia dei pagamenti e nei conti pubblici. Da un lato il miglior andamento delle ragioni di scambio e le rimesse dei lavoratori emigrati consentirono di rilevare consistenti surplus di partite correnti, dall’altro lato, una politica fiscale più prudente e il perfezionamento dei conti pubblici favorirono un avanzo

72 CEPAL, Estudio económico de América Latina y el Caribe 2007-2008, op. cit., p 103. 73

37 primario e la riduzione del deficit complessivo che permise una graduale riduzione del debito pubblico.74

Se di buon risultato si può parlare, questo fu possibile non solo grazie a dinamiche interne, ma anche grazie ad un panorama globale favorevole che era caratterizzato da una crescita complessiva elevata (≌ 4,4% annuale), e trainata in particolare dalle economie emergenti. Una precisazione si rende necessaria; se si compara il dato della Regione latinoamericana con quello mondiale si riscontra, sì una crescita ineguale rispetto altri periodi storici vissuti dalla Regione, ma in ogni caso moderata rispetto alla media globale. L’andamento latinoamericano, per il periodo in analisi, è costituito da multiple sfaccettature che oltre a comprendere un contesto esterno molto favorevole, abbraccia anche miglioramenti nella produzione, nel comportamento dei consumatori, nelle politiche commerciali e del lavoro, in quelle cambiarie ed economiche che, con una non indifferente eterogeneità, favorirono in termini generali un miglioramento della situazione macroeconomica e sociale della Regione.

Come precedentemente riportato, il contesto internazionale per il periodo 2003-2008 registrò una crescita media del 4,4%, molto al di sopra di quella registrata fra il 1990 e il 2002, quando il dato non superò il 3%. C’è da sottolineare che tale crescita fu sostenuta dal buon andamento delle economie emergenti, specialmente quelle asiatiche piuttosto che dai Paesi industrializzati. Da soli i mercati emergenti erano artefici del 65% della crescita economica mondiale di questo lustro e, in particolare, Cina e India coprivano rispettivamente il 23,1% e l’8,4%. Vista l’abbondante liquidità del mercato internazionale dei capitali e l’enorme dinamismo dell’economia mondiale, con il peso sempre maggiore di Cina e India, la domanda mondiale di beni subì una modifica soprattutto per quanto riguarda le materie prime e i beni alimentari, merci che tipicamente l’America Latina esporta.75

«Le favorevoli condizioni esterne permisero che, in maniera inedita nella storia della Regione, la crescita fosse accompagnata da un surplus delle partite correnti con l’unica eccezione per l’anno 2008. Due furono i fattori che spiegano l’evoluzione delle partite

74J.L.M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, in «Documento de trabajo IELAT», n. 15, 2010, pp. 6-7. O. KACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del

auge a la crisis: desafíos de política macroeconómica, in «Textos para Discussão CEPAL-IPEA», n. 21,

2010, p.9.

75 J.L.M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit., p. 9.

38 correnti della Regione: le ragioni di scambio e le rimesse dei lavoratori emigrati *<+ entrambi interesseranno i Paesi della Regione ma in modo diverso.»76 Sono i Paesi dell’America del Sud che formano la percentuale più grossa del surplus; non a caso, sono gli stessi che registrano un aumento delle ragioni di scambio superiore al 25%77 e di oltre 15 punti percentuali maggiori rispetto allo stesso dato per il decennio precedente.

Le ragioni di questo miglioramento sono spiegate dall’aumento del prezzo delle commodities, vista l’accelerata crescita asiatica. I Paesi specializzati nell’esportazione di petrolio e derivati, come pure i Paesi esportatori di metalli e minerali, sono quelli che beneficiarono maggiormente dell’aumento delle ragioni di scambio. In particolare, furono soprattutto Venezuela e Cile, compensato in quest’ultimo Paese come in Perù, dal trasferimento all’estero degli utili provenienti dal settore minerario, mentre Paesi come Argentina, Bolivia, Brasile, Perù e Uruguay furono avvantaggiati dall’aumento sempre maggiore del volume delle esportazioni. Altro è il discorso per i Paesi centroamericani. Se si esclude il Messico, dove la riduzione del volume netto delle merci esportate fu compensato dall’incremento del prezzo del petrolio che fece registrare un aumento delle ragioni di scambio, gli altri Paesi, relativamente piccoli, non furono influenzati significativamente dalle prestazioni medie delle ragioni di scambio della Regione. Questi ultimi, sono Stati importatori di petrolio ed esportatori di merci soprattutto nel mercato statunitense che è fortemente influenzato dalle merci cinesi. Proprio per questo soffrirono del deterioramento delle ragioni di scambio e della riduzione della quantità di merci che riuscivano ad esportare, vista la concorrenza dei manufatti asiatici. L’elemento di positività che registrano questi Paesi, incluso il Messico, nel periodo di crescita, si riscontra nelle ingenti risorse che arrivarono nell’area sottoforma di rimesse dei lavoratori emigrati all’estero. Nel suo insieme, la Regione ha ricevuto, mediamente, rimesse per un totale dell’1,6% del PIL. Se si scinde il dato per macro aree, il solo Centroamerica registra, in rimesse, l’11,3% e il Messico il 2,3%. Prima dello scoppio della crisi, Paesi come Honduras, El Salvador e Nicaragua, registravano ingressi di rimesse tra il 15% e il 20% del

76 O. K

ACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

macroeconómica, op. cit., p.11. [traduzione mia]

77 Infatti, quattro Paesi - Argentina, Brasile, Cile e Venezuela - spiegano da soli il surplus delle partite

39 PIL.78 Come conseguenza dello scoppio della crisi, da metà 2008, tale fenomeno subì una decelerazione.

«Per valutare la sensibilità del settore esterno alla variazione dei prezzi relativi al commercio estero, stimiamo quale sarebbe il saldo delle partite correnti se le ragioni di scambio fossero equivalenti a quelle degli anni novanta, ponderando anche l’andamento del PIL nella misura in cui questo dipende dalle ragioni di scambio. *<+ La Regione passerebbe da un surplus dello 0,7% del PIL a prezzi correnti, ad un deficit del 2%, considerando la relazione fra ragioni di scambio degli anni novanta e la tendenza alla crescita del periodo 2003-2008. *<+ Aumenterebbe il deficit delle partite correnti di Messico e Colombia e nel caso di Venezuela, Cile ed Ecuador, il saldo delle partite correnti

78 J. L. M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit. pp. 10-11; O. KACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

40 diventerebbe deficitario, dato il minor prezzo vigente negli anni novanta, per il petrolio e i metalli. Nei Paesi del Mercosur, ad eccezione del Brasile, il surplus di partite correnti aumenterebbe, non a causa della variazione delle ragioni di scambio, ma per la minore domanda di importazioni conseguente alla minore crescita. Da parte loro, i Paesi centroamericani, ridurrebbero significativamente il deficit di partite correnti, eliminando l’impatto del deterioramento delle loro ragioni di scambio negli ultimi sei anni.»79

In un contesto esterno favorevole con bassi tassi di interrese e abbondante liquidità, che favorì la propensione al rischio e diventerà una delle cause della crisi internazionale, la corsa per l’ottenimento di finanziamenti sul mercato finanziario permise una riduzione del Rischio Paese per le economie emergenti e, in special modo, per quelle latinoamericane viste le esperienze degli anni passati. Un Rischio Paese ridotto, unito ad un livellamento del tasso di inflazione, permise alle Banche Centrali latinoamericane di agire in maniera da espandere il credito e di conseguenza il livello di attività economica.80 Se negli anni ottanta e novanta questi fattori esterni avevano determinato le turbolenze che caratterizzarono la Regione, nel periodo in analisi, gli stessi fattori hanno favorito la buona performance dell’area. Non bisogna, però, cadere in inganno; i Paesi latinoamericani hanno (o almeno sembra) imparato la lezione, e se i fattori esterni non hanno pregiudicato i buoni risultati è perché si sono messe in campo politiche pubbliche più responsabili, fondamentali per una migliore stabilità macroeconomica e migliori condizioni sociali.

Una caratteristica saliente del periodo in analisi fu l’evoluzione del Reddito Nazionale Lordo, che consentì un’espansione dei consumi. Se il PIL cresceva a un ritmo medio del 4,8% il Reddito Nazionale Lordo superava il 5,7% medio; a beneficiarne maggiormente furono soprattutto i Paesi dell’America del Sud, esportatori netti di idrocarburi, metalli e minerali - Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela – dove l’incremento del reddito nazionale fu direttamente proporzionale a quello delle ragioni di scambio. Nei Paesi Centroamericani, a permettere un’espansione del reddito nazionale furono le rimesse dei lavoratori emigranti che resero possibile in alcuni Paesi - Guatemala e Honduras – una crescita superiore al PIL, mentre per il caso del Messico l’aumento del

79 O. K

ACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

macroeconómica, op. cit. p.15.

80 J. L. M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit., pp. 12 e 13.

41 Reddito Nazionale Lordo fu possibile grazie ad un combinato di ragioni di scambio e trasferimenti correnti netti (in particolare rimesse).81 A risentire maggiormente di questo buon andamento del reddito sono stati, come si anticipava, i consumi, la cui variazione è stata superiore rispetto a quella registrata per la crescita del PIL. Come conseguenza di ciò si osservò un aumento del risparmio nazionale lordo nella maggior parte dei Paesi, con una media del 22% del PIL dal 2003 al 2008, il dato più alto dal 1990, quando i consumi aumentarono in misura maggiore del reddito e con una maggior importanza per il risparmio estero (capitali stranieri) piuttosto che quello nazionale.82

In relazione al periodo di crescita, Kacef e Lopez-Monti hanno individuato due tappe distinte ma relazionate fra loro. La prima, che va dal 2002 al 2005 e che è caratterizzata da una crescita media della domanda aggregata del 5% annuo, risentendo del dinamismo delle esportazioni di beni e servizi e degli investimenti fissi lordi, soprattutto nell’America del Sud. La seconda tappa, quella che va dal 2006 al 2008, spinta da un aumento degli investimenti (il dato passa dal 7,7% all’11,2% medio annuo) e in misura minore dall’aumento dei consumi, registra un’espansione della domanda interna di tutta la Regione al 6,6% medio annuo. Il miglioramento delle variabili interne, insieme al generalizzato apprezzamento delle valute locali, permise un aumento delle importazioni in termini reali di tutta la Regione con un dato del +12,5% negli anni della seconda tappa. Allo stesso tempo, le scelte di politica monetaria determinarono una decelerazione dei volumi delle esportazioni di beni e servizi a livello regionale; il dato complessivo è influenzato dalla brusca frenata delle esportazioni dell’America del Sud, che nel periodo 2006-2008 diminuirono di 8 punti percentuali rispetto al 2003-2005, con un dato medio del 2,6%.83

Per tutto il periodo 2003-2008, gli investimenti fissi lordi hanno mantenuto un andamento dinamico, crescendo ad un ritmo del 9,5% annuo, soprattutto nei Paesi dell’America del Sud. A beneficiarne maggiormente furono il settore delle costruzioni, ma anche gli investimenti in macchinari e attrezzature industriali. Tutto questo rappresentava i due

81 Le rimesse furono più efficaci delle ragioni di scambio per la soluzione di problemi annosi per la Regione

come ad esempio la povertà e in misura minore, favorirono una perequativa distribuzione del reddito.

82

J. L. MACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit., pp. 13 e ss.; O. KACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

macroeconómica, op. cit., p. 16.

83 O. K

ACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

42 terzi del totale degli investimenti fissi lordi.84 È importante evidenziare come in questo periodo la vulnerabilità esterna della Regione si è ridotta grazie ad un potenziamento della sua posizione verso l’esterno e questo perché gli investimenti diretti esteri netti verso la Regione furono maggiori rispetto ai flussi finanziari; quest’ultimi sono maggiormente volatili e tendono a sottrarsi rapidamente in situazioni di criticità, mentre gli IDE - almeno nel breve periodo - non possono svincolarsi. Il dato registrato è dell’1,9% medio del PIL, per il periodo in analisi, con un ritmo medio del 14,6% annuo, che in termini assoluti equivale a 55.000 milioni di dollari. La Regione, tuttavia, registrò una fuoriuscita di capitale85 che risulta più netta rispetto a periodi precedenti, se si considera i capitali eccedenti dai proventi delle esportazioni di petrolio venezuelano e quelli cileni del rame, quest’ultimi investiti nel ‚Fondo de Estabilización de los Ingresos del Cobre‛ - poi trasformato in ‚Fondo de Estabilización Económica y Social‛ (FEES).86 La fuoriuscita di capitali inoltre, si inserisce in un contesto di recuperata fiducia dell’area, con la riduzione del Rischio Paese e minori tassi di interesse interni che favorirono una preferenza all’indebitamento interno piuttosto che estero. In questo modo i flussi finanziari hanno assunto minore rilevanza negli anni precedenti la crisi, non costituendo quell’elemento di turbolenza che invece era stato nei decenni precedenti. Dunque, i flussi finanziari stranieri verso la Regione hanno avuto poca rilevanza per il periodo 2003-2008 nel suo complesso, non avendo più quell’utilità storica per la Regione, cioè quella di finanziare i deficit delle partite correnti, bensì quello di accumulo di riserva in valuta straniera87. Questo nuovo orientamento si rivelerà estremamente utile in seguito alla crisi internazionale, rappresentando una sorta di fonte di riparo.88

Nel lustro in analisi, le condizioni di miglioramento furono rese possibili anche da un progressivo risanamento dei conti pubblici, sia in riferimento alla riduzione del disavanzo

84 Ibidem

85 Ad esempio, nel 2006 la società brasiliana Vale do Rio Doce, acquista per oltre 16000 milioni di dollari la

compagnia mineraria canadese Inco, mentre nel 2007 la messicana Cemex compra per oltre 14000 milioni di dollari la multinazionale australiana Rinker.

86 O. K

ACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

macroeconómica, op. cit., pp. 20 e 21.

87 Prendendo ad esempio gli anni immediatamente prima della crisi, il ―Banco de la República‖ (Colombia)

raddoppiò le riserve in valuta straniera; Perù e Uruguay, che registrarono importanti ingressi di capitali straniero, comprarono valuta straniera per più del doppio dell‘ammontare di tale valuta; il Brasile, invece, intervenne sul tipo di cambio comprando dollari per un totale di oltre 105.000 milioni di dollari.

88 J. L. M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit., pp. 21-26.

43 complessivo, sia in riferimento all’avanzo primario. La riduzione del conto interessi fra il 2005 e il 2008 ha fatto seguito alla politica di riduzione del debito, adottata dalla Regione nel periodo in considerazione, e può considerarsi come uno dei motivi del miglioramento dei conti pubblici. L’avanzo primario medio dei Paesi latinoamericani rifletteva scelte di buona gestione - o quantomeno prudente, più del passato – del bilancio statale. Il saldo positivo dei conti pubblici evidenzia un dato generalmente omogeneo, se si considera che dal 2003 al 2008 la percentuale dei Paesi che registravano avanzi primari passò dal 35% ad oltre il 70%; però il solo dato di Argentina, Brasile, Cile e Venezuela era sufficiente a spiegare la quasi totalità dell’avanzo dei conti pubblici della Regione. Naturalmente, la connessione fra crescita e conti pubblici migliorati incise sul rapporto debito/PIL che passò da oltre il 50% del 2002 a meno del 30% nel 2008.89

Analizzando più nel dettaglio la situazione dei conti pubblici della Regione nel suo complesso, possiamo individuare due periodi distinti per andamento. Dal 2003 a 2004 l’avanzo primario crebbe di 1,8 punti del PIL come conseguenza di maggiori entrate fiscali

89 J. L. M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit., pp. 29 e 30; O. KACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

44 e di spese pubbliche che crescevano in misura minore rispetto al PIL, con un 1,3 punti percentuali. Dal 2004 al 2007 è l’aumento delle risorse a disposizione dei governi che bilancia il conseguente della spesa pubblica nello stesso periodo. A partire dal 2007 decelera il ritmo a cui erano cresciuti i conti fiscali, diminuisce il dato delle entrate in relazione al PIL e aumenta quello della spesa pubblica. Il miglioramento dei conti pubblici fu il risultato, come si anticipava, di un aumento delle entrate con un forte incremento della riscossione delle imposte che raggiunse livelli record considerando l’andamento della Regione. Oltre alla riscossione, le risorse straordinarie che arrivarono in questi anni, contribuirono ad incrementare le entrate; come già più volte evidenziato, per il Centroamerica, l’incremento delle rimesse dei lavoratori emigrati, mentre per l’America del Sud le migliorate ragioni di scambio, per il Messico entrambe.90

In ogni caso, è doveroso precisare che nonostante il complessivo miglioramento nella riscossione dei tributi, quest’ultima risulta ancora «molto bassa in America Latina. Infatti, nel 2007 la Regione riscuoteva attraverso la tassazione l’equivalente del 18,2% del PIL, posizionandosi ben al di sotto, non solo dei Paesi sviluppati come l’Unione Europea (39,5%), i Paesi OCSE (35,7%) o gli Stati Uniti (28%), ma addirittura dei Paesi in via di sviluppo come quelli africani (20,1%).»91 Però, tale evoluzione dei conti pubblici permise di rivolgere l’attenzione verso politiche di riduzione del debito pubblico generale, aumentando, rispetto ai decenni precedenti, quello denominato in moneta locale. In questo modo diminuì la vulnerabilità esterna della Regione.92

Come ogni economia in fase di crescita, e in particolar modo per ragioni storiche quella latinoamericana, le preoccupazioni si spostarono, sul finire del lustro, sulle aspettative inflattive alimentate dall’aumento di alcune materie prime, e in particolar modo, quelle energetiche e alimentari. Come ben mostra il seguente grafico, dopo un periodo (2003- 2006) di diminuzione, l’inflazione torna a crescere a partire dal 2008. Fra il 2004 e il 2006, circa il 45% dei Paesi latinoamericani registrava un tasso di inflazione superiore al 6%; in riferimento allo stesso dato per il 2008, i Paesi interessati erano diventati circa l’85%. Tali preoccupazioni erano dettate, inoltre, dall’andamento del tasso di cambio reale. A partire

90

O. KACEF e R. M. LÓPEZ-MONT, América Latina del auge a la crisis: desafíos de política

macroeconómica, op. cit., pp. 26 e 27.

91 J. L. M

ACHINEA e G. ZACK, Progresos y falencias de América Latina en los años previos a la crisis, op. cit., p. 34.

92

45 dal 2002, in seguito al deprezzamento che caratterizzò gli anni novanta, si assiste a forti

apprezzamenti delle monete locali, in special modo nei Paesi dell’America del Sud; per evitare eccessivi apprezzamenti, le Banche Centrali aumentarono l’acquisto di valuta straniera, per un totale di quasi 300 mila milioni di dollari fra il 2003 e il 2008. Inoltre, il contesto era reso ancora più difficile dal fatto che il dollaro subiva continui deprezzamenti rispetto alle monete locali e questo rendeva più arduo il compito delle Banche Centrali. 93 L’analisi del quadro generale molte volte nasconde i dettagli e le metodologie adottate dai diversi Stati. Se, ad esempio, il Cile ha preferito adottare un tasso di cambio totalmente fluttuante, la maggior parte dei Paesi ha preferito mantenere una politica di intervento opportuno sulle scelte monetarie; di questi Paesi il Brasile è l’esempio di scelte a metà, fra