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Debito estero totale tra il 1970 e

3. L’impatto della crisi e lo sviluppo della Regione latinoamericana

3.2 La tendenza dei conti pubblic

A partire dalla crisi finanziaria molti Paesi hanno iniziato a soffrire di un crollo significativo delle entrate in seguito al raffreddamento dell’attività economica e al deteriorarsi delle finanze pubbliche. Alla fine del periodo di ‚auge‛ economico, però, l’America Latina disponeva di un quadro più solido rispetto ad altre circostanze di criticità che gli ha permesso di affrontare la contrazione economica con uno spazio fiscale più ampio rispetto al passato. La preoccupazione dei governi è diventata quella di mettere in campo misure adeguate in un contesto di riduzione del gettito fiscale, cercando di non toccare alcune spese essenziali, per evitare una crescita della povertà e per preparare la strada della ripresa economica. «In questo contesto, la politica fiscale dell’America Latina affronta una duplice sfida. Da una parte, è necessario dare risposte ai nuovi pericoli associati alla crisi e ai suoi effetti; però, dall’altra parte, è opportuno dare tali risposte senza compromettere i progressi realizzati finora.»125

L’impoverimento dei conti pubblici in seguito alla crisi è stato differente nei Paesi della Regione, in base alla diversa struttura impositiva, ai diversi livelli di gettito fiscale e alle fonti di finanziamento utilizzate. In generale, però, la crisi ha interrotto il risanamento dei conti pubblici iniziato nella fase 2003-2008 e le motivazioni sono riscontrabili fondamentalmente in tre fattori: la caduta dell’attività economica, l’andamento dei prezzi delle materie prime (che ha ridotto le entrate provenienti dalle esportazioni) e l’aumento

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OMISIÓN ECONÓMICA PARA AMÉRICA LATINA Y EL CARIBE (CEPAL), Estudio económico de América

Latina y el Caribe 2014, Publicación de las Naciones Unidas, Santiago de Chile, 2014, p. 53.

125 J.P.J

IMÉNEZ, Política fiscal y crisis en América Latina, in «Revista Asturiana de Economía», n. 42, 2008, p.82, http://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=3680492 [traduzione mia].

61 della spesa pubblica che ha fatto seguito all’attuazione delle misure scelte per affrontare la crisi.126

L’immediata reazione dei governi è stata quella di mettere in atto misure anticicliche come palliativo agli eventuali effetti recessivi. Sono stati preferiti programmi che hanno comportato un aumento della spesa ma con effetti positivi relativamente alla riduzione delle tasse, a un aumento dei programmi rivolti al sociale e al mercato del lavoro, oltre che ad un aumento delle risorse per progetti di investimento.

Durante il 2009 la politica fiscale ha permesso di assorbire l’impatto della crisi in diversi Paesi della Regione. Nonostante tutto ciò abbia pesato sull’equilibrio di bilancio, che ne è uscito indebolito, la maggior parte dei Paesi si è orientata verso scelte che hanno comportato un aumento generale della spesa pubblica. Se nel 2008 il saldo primario ha registrato un surplus dell’1,2%, nel 2009 si è passati ad un deficit dell’1,1% del PIL. Anche se, come si anticipava, la maggior parte delle misure adottate ha maggiormente interessato la spesa, non sono mancate altre tipologie di risposta come, ad esempio, le minori detrazioni sul reddito e la ridotta tassazione delle esportazioni, adottate temporaneamente in Argentina, o le maggiori riduzioni tributarie, adottate soprattutto in Brasile e Cile e che hanno comportato un costo in termini di PIL di 0,8 punti percentuali. In America Latina è possibile effettuare una distinzione fra Paesi che contano su risorse fiscali provenienti soprattutto dai ricavati delle esportazioni di petrolio, rame, gas e altre risorse naturali e gli altri Paesi che invece non dispongono di tali risorse naturali e trovano la fonte delle proprie entrate nell’attività economica e impositiva interna. Del primo gruppo fanno parte principalmente i Paesi dell’America del Sud più il Messico, (Venezuela, Ecuador, Colombia e Messico possono contare sulla produzione di petrolio, Bolivia su quella di gas naturale, Cile e Perù sul settore minerario e Argentina su quello agricolo). Del secondo gruppo invece, fanno parte i Paesi del Centroamerica che hanno sofferto negli anni precedenti di minori entrate tributarie. I Paesi del primo gruppo, per loro natura sono più sensibili alla volatilità dei mercati, e hanno sofferto maggiormente la crisi a causa dell’instabilità dei prezzi delle materie prime e della minore richiesta proveniente dai Paesi sviluppati.127

126 Ivi, pp. 81-86.

127 O. K

ACEF e J. P. JIMÉNEZ (a cura di), Políticas macroeconómicas en tiempos de crisis: opciones y

62 Molte misure fiscali pensate per affrontare la crisi sono state solo annunciate e mai messe in atto; altre invece applicate, hanno contribuito ad attutire gli effetti distorsivi delle turbolenze internazionali. In Brasile sono diminuite le imposte sui prodotti industriali (IPI) e quelle sulle transazioni finanziarie, è stata ridotta l’aliquota sul reddito delle persone fisiche (per i redditi più bassi passò al 7,25% mentre per quelli più alti al 22,5%), favorendo i redditi inferiori a 875 dollari mensili. In Cile, invece, sono stati ridotti provvisoriamente i pagamenti scadenzali dell’imposta sul reddito delle persone ed eliminata per tutto il 2009 l’imposta di bollo per le operazioni creditizie, oltre ad estendere alcuni incentivi fiscali a imprese e famiglie; inoltre, nel ‚Plan de Estímulo Fiscal‛ è stata prevista una dotazione di 700 milioni di dollari per gli investimenti pubblici per la sanità, le politiche abitative e l’educazione. Il Messico, invece, oltre alle misure anticicliche approvò il ‚Acuerdo Nacional a Favor de la Economía Familiar y el Empleo para Vivir Mejor‛con 27.000 milioni di pesos per il sistema sociale, sanitario, educativo e tutti gli altri settori più vulnerabili. Inoltre, Paesi che contano di regole che limitano i bilanci al rispetto di determinati parametri (come Cile , Brasile, Colombia, Perù e altri), si sono visti costretti a riconsiderare tali parametri. Cile e Brasile diminuirono i criteri di saldo primario riducendo gli obiettivi di surplus dal 4,25% al 2,5%, per il caso del Brasile e dall’1% all’0,5% per il Cile. In Argentina, invece, si è preferita la strada dell’investimento pubblico diretto attraverso una aumento delle risorse destinate dal governo soprattutto ai settori infrastrutturale ed energetico; a livello di governo territoriale, invece, si è preferito imporre da Buenos Aires tetti massimi di spesa e di indebitamento per le entità ‚provinciali‛.128

Tutto ciò ha influito sul rapporto debito/PIL, che dopo un andamento decrescente, iniziato nel 2004, era tornato a salire di 2 punti percentuali rispetto al 2008, passando dal 28% al 30,2%. La caduta del saldo primario e quella del livello di attività economica hanno giocato a sfavore di questo aumento. Nonostante la Regione abbia affrontato la crisi in condizioni fiscali migliorate rispetto al passato, i governi si sono trovati costretti, oltre che ad aumentare il debito, a riallargare il gap tra risorse fiscali e spesa pubblica per cercare di dare risposte più efficaci ai cambiamenti che stavano avvenendo.

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OMISIÓN ECONÓMICA PARA AMÉRICA LATINA Y EL CARIBE (CEPAL), Balance preliminar de las

economías de América Latina y el Caribe 2009, Publicación de las Naciones Unidas, Santiago de Chile,

63 A partire dal momento della ripresa economica, che coincide grosso modo con il 2010, l’America Latina ha registrato un miglioramento, soprattutto i Paesi esportatori di beni primari che con l’aumento dei volumi esportati hanno visto incrementare le entrate. Le politiche di stimolo fiscale iniziate nel 2009 sono poi proseguite anche l’anno successivo. Il miglioramento generale della situazione fiscale è riscontrabile dai dati registrati; se nel 2009 il deficit primario si attestava intorno all’1%, nel 2010 il dato si è ridotto fino allo 0,6% del PIL. Ma ciò non è stato sufficiente per equiparare i dati positivi del periodo 2003- 2008. Infatti solo il 30% dei Paesi ha registrato surplus primari mentre nel periodo di ‚auge‛ lo stesso dato interessava circa l’80% dei Paesi. A caratterizzare il 2010 sono stati due orientamenti. Se da un lato si è osservato un incremento delle risorse, come conseguenza della migliorata attività economica e per la ripresa dei prezzi delle materie prime, dall’altro la tendenza della spesa è stata quella della ponderazione sulle scelte di politica pubblica, cercando in questo modo di migliorare i bilanci. Inoltre i conti pubblici hanno beneficiato di un miglioramento delle entrate tributarie (fatta eccezione per Venezuela, Colombia, Bolivia e Uruguay), sia nei Paesi dell’America del Sud sia in Messico e Centroamerica, con un dato del 14,9% del PIL, di poco inferiore al record storico del 2007 (15,1%).129 Nel caso argentino, l’incremento delle attività ha comportato un aumento delle entrate tributarie di quasi il 2% del PIL mentre continuavano a crescere le risorse in campo sociale. In Cile, invece, l’aumento delle risorse è stato motivato da un

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economías de América Latina y el Caribe 2010, Publicación de las Naciones Unidas, Santiago de Chile,

64 duplice fattore: l’aumento del prezzo del rame, che ha comportato un aumento dei ricavi e delle imposte pagate sia dalla ‚Corporación Nacional del Cobre de Chile130‛ che dagli estrattori privati, e l’aumento della domanda interna, fattore questo che ha contribuito a livello regionale alla ripresa economica. Colombia e Venezuela, invece, non hanno risentito del miglioramento generalizzato e hanno dovuto affrontare una caduta delle risorse fiscali dovuta principalmente agli effetti negativi che la crisi propagava sul settore petrolifero; inoltre, in Venezuela si è registrata una riduzione della riscossione dell’imposta sul reddito. La situazione del Brasile, invece, ha visto in questo periodo il graduale ritiro di alcuni incentivi adottati l’anno precedente, soprattutto quelli di carattere transitorio. In generale, però, dopo il peggioramento dei conti pubblici osservato nel 2009, i Paesi della Regione hanno cercato nel 2010 di ricomporre i tasselli di uno spazio fiscale che era migliorato rispetto ai 30 anni precedenti ma che andava adesso mantenuto, cercando di migliorare il gettito fiscale o le opzioni di spesa.131

Il miglioramento generalizzato della Regione ha consentito di chiudere il 2011 con un lieve surplus primario dello 0,1% del PIL e una variazione nell’aumento delle entrate dello 0,4% del PIL, mentre le voci per la spesa sono rimaste costanti. Dopo la crisi del 2008 che ha colpito profondamente l’andamento fiscale degli Stati latinoamericani, la tendenza che si è imposta nel 2011 è stata quella di una moderata ricomposizione dei conti pubblici; in un contesto esterno ancora incerto, con l’acuirsi della crisi europea, lo sforzo dei governi si è concentrato sull’ampliamento degli spazi di manovra per continuare nella strada delle politiche anticicliche. Il buon andamento del biennio 2010-2011 è stato dunque conseguenza diretta delle recuperate ragioni di scambio (in Paesi in cui il peso delle entrate è determinato dall’utilizzo delle risorse naturali) e di un migliorato gettito fiscale che ha fatto seguito alla buona performance della domanda interna; quest’ultima è stata fondamentale per la Regione latinoamericana in quanto ha trainato la ripresa nel periodo successivo alla crisi.132

Com’è accaduto per l’attività economica, a partire dall’ultimo trimestre dell’anno anche i conti pubblici hanno subito un peggioramento, proprio in seguito al raffreddamento del

130 La CODELCO è l‘impresa mineraria del Cile, di proprietà dello Stato. Si occupa dell‘estrazione del rame

ed è considerata il primo produttore di rame al mondo, con il controllo di quasi il 9% dei giacimenti globali.

131 CEPAL, Balance preliminar de las economías de América Latina y el Caribe 2010, op. cit., pp.34-36. 132 C

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economías de América Latina y el Caribe 2011, Publicación de las Naciones Unidas, Santiago de Chile,

65 dinamismo economico e di conseguenza alle minori entrate. Se l’aumento delle entrate è stato particolarmente moderato in tutta la Regione, la spesa ha registrato un aumento superiore ad un punto di PIL (ad esempio, Cile 1,1%, Ecuador 3,3%). Il dato del Brasile è in controtendenza. Il Paese ha segnato una diminuzione delle entrate dell’1,3% rispetto all’anno precedente (purtroppo sul dato va a inficiare la somma di 74.807,6 milioni di reales che il governo ha ricevuto nel settembre del 2010 per le concessioni sull’estrazioni di petrolio). Il Messico ha invece preferito continuare sulla riga del ‚Programa Nacional de Reducción de Gasto Público‛ effettuando ulteriori sforzi di austerità, con il fine di ridurre la spesa amministrativa così come definito dal 2010. L’Argentina, invece, rientra nei Paesi che hanno aumentato il livello generale della spesa, come conseguenza dell’incremento delle risorse per la previdenza e i sussidi sociali. A partire da questa fase, le sfide che attendevano i Paesi della Regione erano legate alla decelerazione economica che dal 2012 ad oggi l’America Latina ha iniziato ad affrontare. Le autorità hanno cercato di amministrare i conti pubblici con maggiore prudenza rispetto a quella già adottata in precedenza, per cercare di continuare a dare risposte ai settori educativi, infrastrutturali e sociali in generale, in un contesto internazionale in cui le criticità e le turbolenze stentavano a dissipare.133

La decelerazione dell’economia, unita a una limitata crescita della domanda aggregata, ha comportato oltre ad una diminuzione delle entrate, un correlato aumento della spesa come conseguenza (soprattutto nei Paesi che contano di risorse naturali) di una

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66 decelerazione della ragione di scambio. Le entrate tributarie, invece, hanno avuto un andamento più dinamico dovuto al fatto che nell’anno precedente si era registrato un aumento dei consumi e degli investimenti privati, soprattutto nel settore delle costruzioni, che fu uno dei settori che permise di mantenere un ‚buon andamento‛ nel periodo post- crisi. Per cercare di favorire la domanda interna, in un contesto di contrazione di quella esterna, il dato della spesa è aumentato, passando dal 21,9% al 22,9% del PIL nel 2012. La tendenza al rialzo della spesa si è mantenuta anche l’anno successivo nella maggior parte dei Paesi della Regione, soprattutto in Argentina, Bolivia, Guatemala, Ecuador e Perù. Tale aumento era dovuto principalmente alla voce ‚investimenti‛, soprattutto in infrastrutture, per cercare di riattivare la domanda interna come stimolo alla crescita regionale. Il gettito fiscale ha registrato mediamente un aumento dello 0,8% del PIL nel 2013, dovuto soprattutto alle entrate tributarie dei Paesi esportatori di idrocarburi e di alcuni Paesi centroamericani. In ogni caso, dove aumenti si sono registrati, questi sono comunque risultati moderati. Uguale è il trend per l’anno in corso (almeno analizzando i primi dati e per quanto sia complicato valutare il comportamento di conti pubblici su dati non definitivi). Il dato probabile del saldo primario di questo anno dovrebbe essere deficitario di 0,8 punti percentuali del PIL con un lieve decremento delle entrate fiscali e un aumento della spesa pubblica. Nel contesto di decelerazione si sta preferendo mantenere adeguati livelli di spesa e di investimenti pubblici in una situazione internazionale che pesa sui Paesi esportatori di beni primari, che hanno registrato un rallentamento delle entrate.134

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OMISIÓN ECONÓMICA PARA AMÉRICA LATINA Y EL CARIBE (CEPAL), Balance preliminar de las

economías de América Latina y el Caribe 2013, Publicación de las Naciones Unidas, Santiago de Chile,

67 Valutando il dato generale, a partire dal 2009, la Regione presenta un deficit fiscale costante che ha comportato un aumento del debito pubblico (nel 2013 passò dal 31,2% al 31,9% del PIL), aumento non preoccupante come in fasi precedenti, soprattutto perché la componente straniera si attesta intorno al 14,7% del PIL mentre quella interna è aumentata intorno al 17,2% (come visibile dal grafico); tutto ciò è stato possibile grazie alle condizioni più favorevole nel periodo 2003-2008 che hanno consentito che sia la struttura che i costi del debito migliorassero negli ultimi tempi.135