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Il processo di formazione delle politiche di risposta

L’ ESPERIENZA C ILENA

3. Il processo di formazione delle politiche di risposta

L’economia cilena è contraddistinta da un alto grado di apertura. Nonostante con gli anni abbia accumulato delle ‚barriere‛ ai momenti di criticità internazionale, non è rimasta immune alle turbolenze del 2008; i miglioramenti conquistati negli anni precedenti e la messa in campo di misure adeguate per affrontare la crisi, hanno agevolato un più repentina ripresa.

È opportuno menzionare, in questo contesto, le elevate riserve in valuta straniera accumulate dal Cile (come dal resto dei Paesi latinoamericani) nel periodo di ‚auge‛, che avevano raggiunto gli oltre 20 mila milioni di dollari nel momento dello scoppio della crisi; in un regime di cambio flessibile, le riserve accumulate hanno sostenuto l’adozione di politiche fiscali espansive, di carattere anticiclico, piuttosto che influire sul tasso di

cambio. Inoltre, il basso livello di debito estero (33,4% nel 2008) ha permesso che il cd ‚servizio del debito‛ facesse sorgere meno preoccupazioni, rispetto al passato, ai creditori stranieri soprattutto in circostanze di risorse più scarse. Infine, un importante scudo è stato anche il livello di risorse accumulate dai due fondi sovrani che fanno capo al Ministerio de Hacienda, il Fondo de Reserva de Pensiones e il Fondo de Estabilización Económica y Social, che allo scoppio della crisi possedevano rispettivamente 2447 milioni di

98 dollari e 17980 milioni di dollari, risorse che hanno rappresentato un buono scudo dell’economia cilena per affrontare le turbolenze del 2008 e che hanno permesso di finanziare le politiche anticicliche.178

Come in altri Paesi della Regione, anche il Cile allo scoppio della crisi ha dovuto affrontare il duplice dilemma di stabilizzare l’incertezza del mercato finanziario e allo stesso tempo impedire una brusca contrazione della crescita economica, evitando il deteriorarsi degli indicatori sociali. Lo sforzo della politica monetaria e fiscale ha permesso di non danneggiare eccessivamente l’economia cilena, in un contesto di criticità globale. Entrambe, infatti, hanno implementato le misure idonee a provvedere alla liquidità necessaria immediatamente dopo lo scoppio della crisi, per tranquillizzare i mercati, attivare la domanda interna, evitare il crollo dell’occupazione e prevenire l’aumento della povertà. Sono stati predisposti sussidi sia per l’acquisto di abitazioni che per la creazione di nuovi alloggi popolari e sono state iniettate risorse per ampliare le possibilità della Corporación de Fomento de la Producción e del Fondo de Garantía para Pequeños Empresarios e garantirne i crediti concessi dalle banche commerciali, così come l’aumento della capacità di credito del BancoEstado 179 attraverso una sua

ricapitalizzazione. Inoltre, sono state sussidiate, con 40 mila pesos, le famiglie più disagiate e altri 40 mila pesos sono stati assegnati a chi già era beneficiario del programma Chile Solidario. All’inizio del 2009 quasi un milione e mezzo di persone erano state oggetto di sussidi governativi. A Gennaio 2009 il governo ha deciso di adottare un programma anticiclico per tentare di uscire dalla crisi, che ha coinvolto oltre 400 milioni di dollari, corrispondendo a circa il 2,8% del PIL, il quinto più grande a livello mondiale se relazionato al PIL, denominandolo ‚Plan de Estímulo Fiscal‛. Con tale programma il governo si prefiggeva l’obiettivo di mitigare gli effetti recessivi della crisi e i rischi sull’occupazione, vista la contrazione sia della domanda esterna che interna. Si è preferito doppiare la spesa pubblica che è passata dal 5,7% al 10,7%, e rimodulare la politica del surplus strutturale passando dallo 0,5% allo 0% del PIL. In questo modo si è preferito non

178 P.B

USTOS (a cura di), Consenso progresista. Las politicas económicas de los gobiernos del cono sur:

elementos comunes, diferencias y aprendizajes, op. cit., pp. 135-136.

179 É l'unica banca commerciale statale del Cile, giuridicamente creata nel 1953. Essa fornisce servizi

finanziari a privati e imprese. Le sue attività principali si rivolgono a risparmio, mutui, per le PMI e le imprese in generale. Inoltre, attraverso la Cuenta Única Fiscal, amministrata dalla Tesoreria Generale della Repubblica, è l'istituzione che svolge tutte le attività finanziarie del Tesoro cileno. Alla fine del 2009, il

BancoEstado era la terza più grande banca del Paese. La banca è al 100% di proprietà dello Stato cileno e le

99 far ricadere il peso della crisi sui più poveri e si e cercato di stimolare i consumi e gli investimenti. Fra le misure previste figuravano l’eliminazione dell’imposta di bollo per tutto il 2009, in modo da ridurre il costo del credito, cercando di favorire soprattutto le

imprese; quest’ultime, inoltre, sono state oggetto di un altro ausilio previsto dal Plan: è stata ridotta la percentuale del pagamento mensile che le imprese devono rendere al fisco in base ai propri guadagni, nella misura del 15% in meno per le piccole e medio imprese e del 7% per le imprese più grandi. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici, il Plan de Estímulo Fiscal comprendeva un programma infrastrutturale da 700 milioni di dollari, la ricapitalizzazione della Corporación Nacional del Cobre (CODELCO) per circa 1000 milioni di dollari, in modo da finanziarne gli investimenti. Nella maggior parte dei casi, la parte del Plan che riguardava gli investimenti pubblici, piuttosto che prevedere la programmazione di nuovi progetti si è preferito optare per l’ampliamento di progetti e programmi già esistenti. In aggiunta, si sono intensificati gli sforzi per migliorare il sistema pensionistico attraverso una riforma che ha aperto la strada alle pensioni di solidarietà per vecchiaia o invalidità (rivolta ai cittadini cileni sopra i 65 anni che non percepiscono altre tipologie di pensione); nel pieno della recessione il governo ha anticipato la copertura finanziaria per queste pensioni, passando dal 40% al 50% dei

100 cittadini aventi diritto nel settembre 2009. In ambito lavorativo, particolarmente incisive sono state le politiche rivolte all’inclusione dei giovani, prevedendo sussidi per l’assunzione di giovani lavoratori con ridotte possibilità economiche. A questi lavoratori fra i 18 e i 24 anni, se assunti, sarebbe toccato un sussidio corrispondente al 20% della remunerazione mentre all’imprenditore che assumeva un equivalente sussidio del 10%. L’obiettivo era quello di proteggere una delle fasce della popolazione maggiormente vulnerabile alla crisi, sottoposta a maggiori ostacoli nella ricerca del lavoro per la ridotta esperienza. Inoltre, è stato incentivato un accordo nazionale per l’occupazione, la formazione e la tutela del lavoro, con un programma che prevede sussidi o dotazioni per le spese di formazione dei lavoratori che le imprese devono sostenere. Altre misure, invece, hanno interessato il credito, l’accesso e l’incentivazione soprattutto per le piccole e medie imprese; alcune di queste misure hanno riguardato (attraverso il Servicio de Cooperación Técnica) l’aumento delle risorse sia da utilizzare come capitale iniziale per avviare un’impresa o una attività sia per sostenere chi già usufruiva di precedenti programmi di sostegno all’imprenditoria. Inoltre sono state significativamente aumentate le risorse del Fondo de Solidaridad e Inversión Social (FOIS) per facilitare l’accesso al credito per le imprese più piccole e maggiormente vulnerabili.180

Un punto centrale della politica anti-crisi cilena ruota intorno all’esistenza della regola del saldo strutturale e del fondo anticiclico. Questi due elementi hanno munito il Cile di una sorta di meccanismo di stabilizzazione automatico dell’economia. Considerato che durante la crisi economica le entrate sono risultate inferiori rispetto al trend prospettato, la presenza di una regola del saldo strutturale ha permesso di risparmiare nel periodo precedente e di utilizzare queste risorse nella fase successiva, quella di raffreddamento dell’economia. Nel corso del 2009, tali scelte operate dal Cile hanno permesso di finanziare la politica anticiclica grazie alle risorse provenienti dal Fondo de Estabilización Económica y Social. Un particolare delle scelte cilene, per quanto riguarda le risposte istituzionali alla crisi, ha mostrato la nascita di comitati (controllati dai rispettivi ministeri) che hanno coordinato l’evoluzione, l’attuazione e il controllo delle misure messe in atto,

180 P.B

USTOS (a cura di), Consenso progresista. Las politicas económicas de los gobiernos del cono sur:

elementos comunes, diferencias y aprendizajes, op. cit., p. 137; R. FFRENCH-DAVIS eR.HERESI, La economía

chilena frente a la crisis financiera: respuestas contra-cíclicas y desafios pendientes, in «Serie de

documentos de trabajos», op. cit., pp. 16-19; L,RONCONI F. MARONGIU D.DBORKIN G.FILC, América

Latina frente a la crisis internacional: características institucionales y respuestas de política, op. cit, pp. 52-

101 soprattutto per quanto riguarda l’ambito degli investimenti pubblici previsti dal Plan de Estímulo Fiscal. Inoltre, a differenza degli altri Paesi della Regione latinoamericana, le politiche anti-crisi adottate sono state approvate soprattutto tramite legge ordinaria e non con decreti presidenziali, evidenziando una maggiore partecipazione del Congresso nelle scelte da contrapporre alla crisi. Questo non significa che l’esecutivo sia rimasto in secondo piano, in quanto l’impulso e la rapidità per l’approvazione sono provenuti proprio da questo potere dello Stato. Fra le tipologie di misure messe in campo spiccano particolarmente, come si anticipava, quelle destinate a incentivare l’accesso al credito per le imprese, specialmente medie e piccole. La motivazione di tali adozioni è giustificabile con quanto era accaduto in crisi passate, quando non si disponeva di un piano e di una strategia esplicita in tale ambito. In questo quadro si inserisce la scelta di destinare oltre il 25% delle misure adottate al settore chiave dell’economia cilena, incentivando le aziende private che si occupano di rame e ricapitalizzando la Corporación Nacional del Cobre. Inoltre, la maggior parte di queste misure ha riguardato idee, programmi e progetti preesistenti, che allo scoppio della crisi si è deciso di dare immediata attuazione. Sul piano delle politiche sociali attuate dopo la crisi, anche se di minore ampiezza rispetto a quelle riguardanti l’attività economica, queste hanno assunto un carattere di novità; basti pensare al ‚bono solidario‛, ai sussidi per l’assunzione di giovani lavoratori, agli incentivi per la formazione dei lavoratori, tutte azioni sorte esclusivamente in seguito alla crisi. In aggiunta, si può evidenziare come i provvedimenti messi in campo hanno prospettato un raggio d’azione di breve periodo e una durata transitoria, mentre poche sono state le politiche e le riforme che hanno cercato di ridefinire e correggere l’architettura distorta di alcuni elementi dell’economia cilena, che la crisi aveva evidenziato. In generale, le politiche messe in atto per affrontare la crisi globale hanno evidenziato una sorta di adeguatezza nelle risposte iniziali, mitigandone gli effetti. Quello che ha mostrato con chiarezza la crisi è che le politiche proposte e attuate dai governi cileni, proprio per il loro carattere transitorio sono risultate insufficienti o inadeguate per prospettare la strada di riforme strutturali e durature. Inoltre, il Cile, nonostante i progressi degli ultimi anni e il grado di apertura della sua economia, non ha ancora quel peso economico e politico che le permette di inserirsi nel dibattito e nel processo di revisione dell’economia globale. «Il Cile non ha nemmeno una posizione chiara su come affrontare la governabilità dei

102 mercati finanziari, questione basilare per costruire un ordine internazionale più equo e sostenibile.»181 Le uniche possibilità potrebbero essere quelle di far sentire la sua voce negli organismi di cui è membro, sia a livello regionale che internazionale. Per quanto riguarda i primi, per ragioni descritte nel penultimo paragrafo del precedente capitolo, difficilmente la discussione in questi fori potrà incidere sulla costruzione di una nuova architettura internazionale. Sul versante delle organizzazioni internazionali considerato, ad esempio, il suo recente ingresso come membro a pieno titolo dell’OECD (2010), il Cile potrebbe sfruttare questo foro nel quale si discute sull’avvenire dell’economia mondiale, ma che vede molte volte gli interessi delle economie emergenti, Cile compreso, non combaciare con gli interessi e la volontà delle economie sviluppate.182

181 P.B

USTOS (a cura di), Consenso progresista. Las politicas económicas de los gobiernos del cono sur:

elementos comunes, diferencias y aprendizajes, op. cit., p. 143. [traduzione mia]

182 P.B

USTOS (a cura di), Consenso progresista. Las politicas económicas de los gobiernos del cono sur:

elementos comunes, diferencias y aprendizajes, op. cit., pp. 142-144; L, RONCONI F.MARONGIU D.DBORKIN

G.FILC, América Latina frente a la crisis internacional: características institucionales y respuestas de

política, op. cit, pp. 54-57; R. FFRENCH-DAVIS eR.HERESI, La economía chilena frente a la crisis financiera:

respuestas contra-cíclicas y desafios pendientes, in «Serie de documentos de trabajos», op. cit., pp. 23-26;

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C

ONCLUSIONI

La crisi economica mondiale scoppiata nel 2008 ha rivelato che la Regione ha rafforzato, più del passato, le sue fondamenta economiche e le sue capacità di resistenza agli shock esterni. Di conseguenza, l’impatto della crisi è stato in molti casi meno forte e di minore durata rispetto alle drammaticità sofferte dalla Regione in altri episodi di turbolenze internazionali. Tale maggiore resistenza è il prodotto dei risultati economici che la maggior parte dei Paesi latinoamericani ha registrato a partire dal 2003, confermando che il ciclo economico di crescita, definito ‚auge‛, è servito per ridurre la vulnerabilità esterna della Regione. Se negli anni ottanta e novanta l’America Latina si distingueva per una attività economica mediocre e un’alta vulnerabilità esterna, a partire dal 2003, attuando le giuste politiche macroeconomiche, è stato possibile ridurre tale vulnerabilità oltre che il ‚rischio Paese‛.

Quando è scoppiata la crisi, nonostante l’epicentro fosse il settore finanziario, gli effetti principali in America Latina si sono fatti sentire attraverso il canale commerciale; le esportazioni sono crollate tanto nei volumi quanto nel valore, dovuta alla caduta della domanda e dei prezzi internazionali. Inizialmente sono stati soprattutto i Paesi esportatori di manufatti (specialmente Centroamerica e Messico) a risentire maggiormente dell’instabilità del loro principale destinatario, gli Stati Uniti. I Paesi esportatori di materie prime, principalmente i Paesi dell’America del Sud, invece, hanno risentito con un po’ di ritardo degli effetti della crisi, grazie alla permanenza della richiesta cinese. Tale dinamica si è andata modificando a partire dal 2009, quando il perdurare del crollo del prezzo delle materie prime e una sempre minore domanda internazionale di beni che la Regione esporta, ha significato per l’intera America Latina la caduta dell’attività economica. Inoltre, lo shock sulle esportazioni ha compromesso la generazione delle entrate provenienti dalle esportazioni, soprattutto per quelle economie che dipendono finanziariamente da tale settore. Questo ci permette di affermare che la crisi in America Latina è stata più commerciale che finanziaria.

La crescita economica del periodo 2003-2008 e l’aumento delle entrate in seguito all’incremento del prezzo delle materie prime, sempre nello stesso periodo, ha permesso ai diversi Paesi della Regione di attuare misure anticicliche cercando di rafforzare la

104 domanda interna e attenuare le tensioni recessive scaturite dallo shock commerciale che aveva fatto seguito alla crisi. Le misure hanno compreso, tra le altre, quelle che avevano come obiettivo principale di stimolare la domanda interna, tanto in termini di consumo che di investimenti e quelle volte ad incrementare i sussidi, le prestazioni sociali e gli incentivi transitori ai settori più vulnerabili. Come si è avuto modo di osservare nel corso del presente lavoro, queste misure dimostrano come per affrontare la crisi si sia preferito orientarsi su politiche fiscali anticicliche che hanno comportato un aumento della spesa. Allo stesso tempo, in un contesto di grande incertezza internazionale, diverse banche centrali hanno messo in campo azioni che hanno provveduto alla liquidità necessaria per i mercati finanziari nazionali. Inoltre, sempre sul fronte della politica monetaria, l’aver scelto in passato la flessibilità del cambio si è tradotto in un elemento fondamentale per affrontare lo shock esterno, permettendo un’azione più incisiva delle politiche anticicliche dato che quando non si può regolare il tipo di cambio il peso delle turbolenze si riflette negativamente sull’occupazione, sui salari e sull’attività interna. Tutte queste misure unite al livello delle riserve in valuta straniera accumulate e alla riduzione del debito estero, hanno dotato la Regione di ulteriori elementi per reagire alla crisi. In questo modo si è centrato l’obiettivo di evitare una recessione profonda e far fronte alle criticità internazionali senza dover affrontare crisi monetarie e finanziarie drammatiche, come invece era accaduto in passato.

Come si è cercato di delineare nello spazio di questa trattazione, a partire dal 2010 l’America Latina è riuscita ad incanalare il sentiero del recupero economico, grazie anche al dinamismo di alcune economie emergenti, soprattutto Cina e India, e all’ulteriore dinamismo della domanda interna. La ritrovata crescita, che si è mantenuta anche nel 2011, ha permesso ai Paesi latinoamericani di sospendere alcune misure orientate a contenere l’emergenza del 2008-2009, altre, invece, con obiettivi più a lungo termine, sono state lasciate, come ad esempio i programmi di sostegno alle piccole e medie imprese, i programmi di investimento pubblici e altri investimenti in campo sociale. Grazie all’incremento dei volumi esportati e all’aumento dei prezzi, inoltre, alcuni Paesi sono riusciti a recuperare un maggiore spazio fiscale, approfittando delle maggiori entrate generate dalla riattivazione economica e dalle entrate provenienti dalle esportazioni.

105 Questa nuova fase di crescita della Regione si è accompagnata con una maggiore incertezza intorno alla sostenibilità debitoria di alcuni Paesi europei. Quando si è iniziata a propagare la crisi europea, questa ha avuto un effetto diretto limitato per le economie latinoamericane; quello che ha maggiormente preoccupato è stato l’effetto indiretto, le implicazioni che la recessione europea ha avuto sul commercio internazionale e sull’attività economica di alcune zone del mondo, in particolare sulla Cina, principale mercato di destinazione dei Paesi dell’America Latina, principalmente del Sud. Di fronte a questo scenario caratterizzato da una esigua crescita mondiale, una moderazione dell’attività economica cinese e l’inasprirsi delle incertezze europee, il 2012 ha segnato per l’America Latina una perdita di velocità rispetto al biennio precedente, l’inizio di una fase di moderazione dell’attività economica. Ancora una volta è stato il settore esterno ad esserne maggiormente colpito, che con la graduale riduzione della richiesta di esportazioni ha provocato un’uguale riduzione degli spazi fiscali dovuta al fatto che i prezzi più bassi delle esportazioni comportano entrate minori. Tale raffreddamento del contorno interno ed esterno ha posto in evidenza una questione non troppo nuova per la Regione, ma a volte obliata. Per molti Paesi latinoamericani lo sfruttamento delle risorse naturali rappresenta il principale motore delle loro economie, possedendo l’America Latina abbondanti giacimenti di tali risorse (ad esempio, il Cile vanta una delle più grandi riserve mondiali di rame e litio, il Brasile conta su grosse riserve di stagno e ferro, altri Paesi fanno perno sulle riserve di gas naturali e sulla produzione di idrocarburi); questo tipo di specializzazione porta con sé non solo pro ma anche contro. Aver tralasciato con gli anni la possibilità di dedicarsi ad una diversificazione produttiva ha inchiodato i Paesi della Regione e la loro crescita, sempre più alle dipendenze delle esportazioni e all’andamento del prezzo internazionale delle materie prime. Data tale premessa, gli shock e gli episodi di instabilità diventano un corollario di questa situazione, non solo nel presente ma anche nel futuro e indicano che l’America Latina è ancora molto dipendente dalle evoluzioni dell’economia globale; anche se, va precisato, gli shock e le instabilità recenti hanno colpito la Regione in misura minore rispetto a crisi passate, questo non significa che la Regione in futuro sia immune da instabilità provenienti dall’esterno. Inoltre, nonostante si possa elogiare il buon comportamento macroeconomico e le consistenti misure adottate, molti elementi dimostrano che se di ‚buon andamento‛ si è

106 parlato questo è stato particolarmente dovuto all’ ‛irruzione‛ cinese, specialmente nei Paesi dell’America del Sud, che hanno beneficiato di una, quasi sempre, costante domanda di beni che questi Paesi esportano. In aggiunta, molto del futuro dell’America Latina, come di molte economie emergenti, dipenderà da come reagiranno alla normalizzazione monetaria in atto negli Stati Uniti ad opera della Fed; anche in questa occasione, diversi sono i fattori che hanno fatto sperare bene sulla possibilità di non radicali cambiamenti. Infatti, l’esistenza di cambi flessibili, gli elevati livelli di riserva in valuta straniera, una situazione debitoria ridotta hanno permesso di registrare, in questi due primi mesi di esperienza, dati diversi rispetto alle aspettative pessimistiche.