• Non ci sono risultati.

PROGETTAZIONE ARCHITETTONICA (1963-1976)

CITTÀ SOCIALISTA

2.2.5 AUTONOMIA DELL’ARCHITETTURA

Nel complesso saggio pubblicato su «Controspazio» nel 1969, Ezio Bonfanti297 si

concentra sul ruolo e sul senso dell’autonomia per l’arte e per l’architettura, e spiega le ragioni per cui l’autonomia dell’architettura, la sua libera espressione, sono quan- to di meno facile sia oggi possibile perseguire.

«In verità l’arte ha sempre testimoniato di sé del suo contenuto intrinse- camente liberatore, solo malgrado ostacoli gravissimi; e la società in cui ci troviamo ad agire, se in generale, come Marx ha scritto, “è nemica di certe branche di produzione intellettuale, per esempio dell’arte e della poesia”298, lo

è in modo particolare dell’architettura. Dove alle varie possibili forme di di- storsione indiretta sovrappone, con la sua schiacciante preliminarità, l’azione diretta della negazione pura e semplice, la sottrazione all’architettura del suo oggetto specifico, la città: sia nella possibilità del suo controllo generale e sin- tetico, nell’urbanistica, sia in quella della sua costituzione additiva - quando l’architettura è sistematicamente sommersa dalla speculazione»299.

Tale discorso si inserisce in un dibattito aperto nell’ambito dell’arte e dell’architet- tura e mira a sostanziare con grande sapienza il senso del discorso che Rossi (che a tutti gli effetti non viene mai citato nell’articolo) sta conducendo. Bonfanti prose- gue nella sua lucida lettura e ne conclude che

«quella verifica profonda sulla “supposta” autonomia [...] non è certo, giusto il carattere sotterraneo dell’ideologia, un problema senza senso. Esso riguarda appunto il nostro tentativo quotidiano di essere autonomi, nella condizione che rasenta l’impotenza in cui ci troviamo. Ma non riguarda affatto l’afferma- zione dell’autonomia come valore, che sta, come si è visto, al di sopra delle motivazioni e delle verifiche empiriche - che è un programma, non un fatto. 297 Ezio Bonfanti (1937-1973) si laurea in Architettura a Milano nel 1963 e l’anno successivo collabora con Ernesto Nathan Rogers e Paolo Portoghesi ai corsi di Storia dell’Arte, Storia e Sti- li dell’Architettura, Elementi di Composizione e Letteratura Italiana. Ha collaborato alla rivista «Casabella-Continuità», sotto la direzione di Ernesto Rogers. È stato in seguito caporedattore della rivista «Controspazio».

298 Karl Marx, Teorie sul plusvalore, in Karl Marx e Friedrich Engels, Scritti sull’arte, Laterza, Roma, Bari 1967, p.215.

Se il discorso si chiude su di un’apparente tautologia, la ragione è questa: che non si trattava di vedere se l’architettura è libera, ma d’invocare la liberazione della città all’architettura»300.

La questione dell’autonomia disciplinare, o dell’autonomia del progetto, può essere letta dunque, ancora una volta, come un atto politico. L’autonomia è interpretata da Rossi come l’ipotesi che permette all’architetto di liberarsi dell’ideologia delle classi dominanti: come aveva fatto Boullée a suo tempo, staccato da interessi e gruppi di potere, l’architetto deve, secondo Rossi, condurre una ricerca sull’architettura che trovi in se stessa il proprio carattere rivoluzionario e quindi l’impegno con la storia. Dentro all’autonomia dell’architettura, un progetto può essere portatore o addirit- tura manifesto di idee contrapposte a quelle dominanti. In questo senso

«Le Corbusier non pensa a una forma che possa nascere dalla realtà politica e sociale, e tanto meno a una forma che sia in sé elemento redentore dei conflitti sociali. Ma la sua autonomia della architettura è un’autonomia che, accettando tutta la problematica dell’architettura, finisce per affrontare e ri- solvere i problemi della nuova città»301.

I saggi di Rossi dedicati al Neoclassicismo milanese, all’architettura dell’Illumini- smo, ad Alessandro Antonelli, ad Adolf Loos, a Peter Behrens e a Le Corbusier o ancora i suoi scritti su città come Amburgo, Berlino, Vienna e Milano, rivendicano allo studio dei fenomeni urbani e all’architettura una dimensione del tutto autono- ma. Per Rossi “autonomia dell’architettura” significa semplicemente la possibilità di un’architettura razionale, cioè pubblica. L’architettura razionale deve dunque essere un’architettura che, ispirata ai valori della modernità dell’Illuminismo, è investita di un grande significato civile, anziché un semplice repertorio di forme ideologica- mente neutre.

Nel pensiero di Rossi, l’autonomia non è affatto un’ideologia aprioristica - una di- stanza disciplinare dalla cultura contemporanea - ma semplicemente una posizione politica e formale, un’economia del discorso preliminare anziché la ricerca di un’au- todifesa disciplinare indifferente al proprio quadro politico e sociale302.

300 Ibidem, p.29

301 Aldo Rossi, L’idea di città socialista in architettura, cit., p.44 302 Pier Vittorio Aureli, The difficult whole, cit., p.41

REALISMO

Dall’inizio degli anni Quaranta, la scoperta e la rappresentazione del paesaggio urbano come indice della realtà attuale vissuta dalla gente comune diventa un tema centrale del cinema e della letteratura neorealista. Negli anni Cinquanta il movi- mento neorealista prova a liberarsi dal semplicistico ruolo di documentazione della realtà che alcuni critici, tra cui Mario Alicata e Giovanni de Santis, avevano indi- viduato come un aspetto riduttivo, indicando invece una nuova strada che avrebbe fatto maggiore riferimento alla storia. I fatti di tutti i giorni diventano esemplari di casi storici e sociali: il film Senso (1954) di Luchino Visconti apre la nuova epoca del realismo, con una forma maggiormente rigorosa che narra non solo le vicende personali di una tragedia privata, ma le contestualizza nella storia del Risorgimen- to italiano. Già in letteratura questa nuova modalità di lettura aveva avuto luogo: Rossi si riferisce infatti al romanzo di Cesare Pavese Il compagno303 come uno dei

capisaldi della sua formazione realista. In questo romanzo vi è compreso un mes- saggio ideologico implicito, che si riflette nella forma urbana, mai rappresentata in senso monumentale bensì sempre e soltanto nelle implicazioni dell’austera vita quotidiana del protagonista.

Il realismo diventa dunque per Rossi la «ricerca nella tradizione di modelli che rappresentino compiutamente “i sentimenti della nuova cultura in formazione”, alla luce del pensiero di Gramsci»304 senza tuttavia intenderlo come un’«attitudine

formalmente mimetica, bensì come una profonda aderenza al linguaggio architet- tonico della realtà storica dell’uomo»305. Esso è da Rossi inteso come il reale che si

trasforma, che si costruisce attraverso la volontà di raggiungere una consapevolezza scientifica del reale.

«La tendenza identifica nel realismo la condizione per l’avanzata progressiva dell’arte moderna. Sul realismo può essere fatta una verifica delle correnti dell’avanguardia, del Movimento Moderno e dell’effettiva posizione degli ar- 303 Cesare Pavese, Il compagno, Einaudi, Torino 1950

304 Elisabetta Vasumi Roveri, Ernesto N. Rogers e Aldo Rossi, 1953-1964. La “lezione” del maestro

negli scritti dell’allievo: continuità e discontinuità, Intervento al Seminario internazionale di studi

“Esperienza dell’architettura. Ernesto Nathan Rogers (1909-69)”, Facoltà di Architettura Civile, Politecnico di Milano 2-4 dicembre 2009, p.8

tisti. La stessa difesa dell’architettura, il suo essere artefice della nuova città, non può che avvenire nel realismo socialista»306.

La critica realista accetta in questo senso la natura dialettica e contraddittoria della città e sulla base di questa imposta la sua indagine e la sua azione.

306 Aldo Rossi, Programma per l’attività didattica dell’anno accademico 1970/71, Gruppo di ricerca guidato da Aldo Rossi, 18 dicembre 1970, in Archivio MAXXI Architettura/Fondo Aldo Rossi/ Faldone 3/Fascicolo D3/6