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ALDO ROSSI E GIORGIO GRASSI (1950-65)

1.4 LA FORMAZIONE POLITICA

L’adesione al Partito Comunista costituisce un fattore estremamente rilevante nella definizione di indirizzi culturali e paradigmi intellettuali certamente estranei all’of- ferta didattico-culturale del Politecnico milanese. La ricerca di alternative cultu- rali ritenute maggiormente attuali avviene di conseguenza prevalentemente fuori dall’università, in un clima caratterizzato da molteplici iniziative editoriali, da una frequenza di occasioni di incontro e dibattito sulla città e sull’architettura, dall’im- pegno politico.

Ricorda Rossi in merito ai suoi primi anni universitari:

«quando mi sono iscritto ad Architettura, Giuseppe De Finetti disse a Ste- fano Mattioli che se volevo diventare un buon architetto dovevo viaggiare e guardare le città e frequentare il meno possibile la scuola: ho sempre seguito il consiglio di questo architetto che stimavo, pur senza conoscerlo, prima ancora che fosse universalmente riconosciuto»209.

In quest’ottica nel 1954 Rossi parteciperà a un viaggio a Mosca organizzato dal PCI che lo influenzerà notevolmente. La Russia sarà argomento che ricorrerà nel suo pensiero e nelle sue memorie. A tal proposito riporta nella sua Autobiografia scien-

tifica che «della Russia amav[a] tutto, le antiche città come il realismo socialista, la

gente e il passeggio. L’attenzione al realismo socialista [gli] è servita per sbarazzar[s]i di tutta la cultura piccolo borghese dell’architettura moderna. […] Vedev[a] mesco- lare il sentimento con la volontà di costruzione di un mondo nuovo»210.

Rossi comincia presto a intervenire in diversi dibattiti e contesti, su politica, arte, letteratura, architettura, economia: in particolare frequenterà con assiduità la Casa della Cultura211 e il Movimento di Studi per l’Architettura. Come già visto212, i temi

trattati in queste sedi sono strettamente legati alle problematiche della ricostru- zione dell’Italia post-bellica, e si dedicano ad argomenti come la prefabbricazione

209 Aldo Rossi, Autobiografia scientifica, cit., p.64 210 Ibidem.

211 La Casa della Cultura, in via Filodrammatici 5, viene fondata nel 1946 su iniziativa di Antonio Banfi. Si veda Casa della Cultura. Quarant’anni, Franco Angeli, Milano 1986

in relazione alla necessità di nuovi alloggi, ma anche a tematiche relative ad altre forme artistiche capaci di rappresentare la nuova configurazione civile dell’Italia. La questione di fondo tuttavia è il ruolo stesso della cultura nella società contempora- nea, il suo impegno sociale a seguito della drammatica epoca fascista, la necessità di renderla una nuova guida morale.

Proprio nell’ottica di una rifondazione culturale, il Partito Comunista si fa porta- tore di un nuovo modo di orientare le scelte figurative, riferendosi a un realismo di riferimento socialista sovietico a cui Rossi sin da subito si interessa. In particolare sarà il cinema a muovere l’interesse di Rossi, e soprattutto il cinema realista di An- tonioni e Visconti, ma anche l’arte, la filosofia, la letteratura.

Proprio in questi anni, cominciata la sua militanza nel PCI, Rossi scrive alcuni ar- ticoli riguardanti l’architettura e il design industriale per il giornale «Voce comuni- sta»213. In questi scritti evidentemente influenzati dal viaggio a Mosca, Rossi dichia-

ra apertamente la propria adesione alle politiche sovietiche in atto, riscontrando in esse la realizzazione della nuova cultura marxista, «del nuovo umanesimo creato dal materialismo dialettico»214. Allo stesso tempo l’accanimento giovanile di Rossi si

esprime in queste occasioni contro le dinamiche di sfruttamento nelle fabbriche e in favore del disvelamento delle politiche di ricatto del capitalismo: in questo senso non può salvarsi nemmeno la Scuola di Weimar che, agli occhi dei giovani Rossi e Canella, era sì «preoccupata di risolvere la tragica situazione determinata dalle con- traddizioni del capitalismo»215 ma tale preoccupazione le permetteva di adagiarsi

«nella coscienza del proprio ardimento, della propria spregiudicatezza, della propria radicalità». Ma l’articolo sulla politica dell’Industrial design è contro gli Stati Uniti che si scaglia, riconoscendone il tentativo demagogico e di sfruttamento, e soprat- tutto la capacità di esportazione del proprio modello. Già qui, e siamo nel 1955, c’è una coscienza legata alla necessità di «saldare e comprendere i nuovi avvenimenti della storia, del progresso industriale, della tecnica, alla nostra cultura più vera, alla nostra realtà nazionale, alla tradizionale umanistica della nostra cultura»216.

In occasione della Conferenza tenuta a Torino per invito dell’associazione Ita-

213 Aldo Rossi, La coscienza di poter “dirigere la natura”, in «Voce comunista», n.31, 4 agosto 1954, p.5; Aldo Rossi con Guido Canella, La cultura dei monopoli. Politica dell’industrial design, in «Voce comunista», a. IX, n.22, 2 giugno 1955, p.4.

214 Aldo Rossi, La coscienza di poter “dirigere la natura”, cit., p.5

215 Aldo Rossi con Guido Canella, La cultura dei monopoli. Politica dell’industrial design, cit., p.4 216 Ibidem.

lia-URSS e degli studenti democratici del Politecnico di Torino il 17 dicembre 1955, Rossi si schiera ancora una volta in favore delle politiche sovietiche, e in particolare riconosce agli artisti sovietici la capacità di accettare «i problemi sem- pre nuovi che nascono da una società in continuo superamento dialettico delle proprie posizioni»217. Rossi usa l’esempio dell’Unione Sovietica per riportare ai

217 Aldo Rossi, Intervento alla Conferenza tenuta a Torino per invito dell’associazione Italia-URSS e

degli studenti democratici del Politecnico di Torino il 17 dicembre 1955, The Getty Research Institute,

Reseach Library, Special Collections, Box 1, Folder 6, p.2

problemi della propria esperienza, traendone spunto e ispirazione per affrontare la crisi dell’architettura europea «ormai distaccatasi da un contenuto reale»218. Nel suo

intervento si intrecciano vari temi: dal fronte politico Rossi sposta il discorso all’ar- chitettura in relazione al processo produttivo, alla forma dell’architettura, all’arte in generale, all’urgente necessità di superare i dettami del Movimento Moderno, ricordando come può essere «pericoloso far cadere nel decorativismo più vuoto una architettura che si voglia per così dire considerare astratta dalle sue condizioni pra- tiche di esistenza»219. La consapevolezza verso questi temi e la lucidità di lettura dei

fenomeni della contemporaneità è già ampiamente sviluppata, benché con tutte le tendenziosità che comporta il suo schieramento ideologico giovanile.

218 Ibidem, p.3 219 Ibidem, p.6

Aldo Rossi, Intervento alla Conferenza tenuta a Torino per invito dell’associazione Italia-URSS e degli

studenti democratici del Politecnico di Torino il 17 dicembre 1955, The Getty Research Institute, Re-

Giorgio Grassi, rispetto a Rossi, ha un’esperienza politica meno significativa nei contenuti specifici: non si iscriverà mai a nessun partito - per quanto si schieri a livello ideologico con il Partito Comunista Italiano - e non connoterà mai netta- mente la sua ricerca con un portato politico. In una recente intervista220 dichiara di

avere espresso il suo pensiero politico attraverso il suo modo di fare e di concepire l’architettura. L’unica volta che si interpone una questione più espressamente ideo- logica è nella pubblicazione su «2C-Construcciòn de la ciudad»221, nel 1977.

La sua visione politica, come ricordano i suoi allievi, è «illuminata da certi ideali politici collettivistici e si alle[a] a certe idee egualitarie di razionalità civile e sociale, ma questo [è] solo un incentivo al suo manifestarsi dentro la struttura del sape- re»222. In ogni caso Grassi sostiene le lotte degli studenti e affianca la rivolta contro

il capitalismo, soprattutto in contrapposizione al formalismo che esso alimenta. Consapevole dei limiti dell’architettura, Grassi è cosciente di «di dover esercitare un mestiere dotato di precise regole, di doverne trasmettere i principi e indicare gli strumenti adeguati. In questo consiste anche il suo realismo, la partecipazione ai problemi del proprio tempo»223.

L’azione politica di Grassi in effetti non viene mai particolarmente enfatizzata nei suoi scritti o nelle sue lezioni: l’epoca in cui tali ricerche si configurano è talmente ideologizzata e politicizzata da non richiedere sempre un’esplicitazione degli inten- ti, perciò Grassi spesso “riduce” il mandato politico della sua teoria alla pur fonda- mentale questione dell’architettura collettiva. Il resto si ritiene ovvio o sottinteso. Il vicino amico di Grassi, Agostino Renna, militante politico ed estremamente ide- ologico, riesce comunque a riscontrare nell’attività di Grassi la seguente lettura di senso:

«Contro lo svuotamento dei contenuti “concreti” del lavoro professionale, tramutato in lavoro “astratto” dal sistema capitalista, il lavoro artigianale resta inglobato nel senso della vita nell’opera e questo non per affermare una posi- zione anti-storica, bensì per contraddire l’alienazione conseguente all’assimi- lazione della produzione architettonica nel lavoro industriale. Il linguaggio 220 Conversazione con Giorgio Grassi, cit.

221 «2C Construcciòn de la ciudad», numero monografico su Giorgio Grassi, n.10, dicembre 1977 222 Giovanni Iacometti, Progetto a più mani: testimonianza, in Una casa è una casa, cit., p.131 223 Mario Penitente, Giorgio Grassi alla Facoltà di Architettura di Pescara, in Una casa è una casa, cit., p.111

«2C Construcciòn de la ciudad», numero monografico su Giorgio Grassi, n.10, dicembre 1977 personale, in questa ricerca di unità con l’esistente, si converte nel testimone di una lotta, non nel segno della differenza»224.

Osservato da questo punto di vista è possibile riconoscere in Grassi una concreta adesione a determinati riferimenti politici, e certamente il suo pensiero sull’archi- tettura non sarebbe comprensibile - o comunque sarebbe poco significativo - se non lo si considerasse come facente parte di un determinato momento storico in cui l’orientamento politico sostanzia le ricerche e il loro senso all’interno di un più ampio quadro legato alla società del tempo.

224 Agostino Renna, Introducciòn a Giorgio Grassi, in «2C Construcciòn de la ciudad», n.10 dedi- cato a Giorgio Grassi, 1977, Barcelona, p.12.

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