Capitolo II – Le attività di upstream petrolifero
2.4 La reiniezione delle acque di strato nelle unità geologiche profonde
2.4.1 Autorizzazione alla reiniezione
La reiniezione è assoggettata ad uno specifico regime di autorizzazione in funzione di tutela ambientale.
Procedendo in ordine cronologico, giova ricordare che, prima del riassetto delle competenze legislative operato dalla riforma costituzionale del 2001146, alcune funzioni amministrative erano state trasferite alle amministrazioni regionali, tramite il d.lgs. n.112/1998 (c.d. riforma Bassanini).
In particolare, per quanto riguarda l’attività di reiniezione, si deve ricordare che questa rientra nella previsione di cui all’art. 89, lettera i, del d.lgs. 112/1998, il quale attribuisce alle regioni e agli enti locali le funzioni amministrative inerenti la tutela del sistema idrico sotterraneo.
145 Art 104, comma 3, d.lgs. 152/2006
146 Riforma della Parte II, Titolo V della Costituzione, operata con legge costituzionale n.3 del 2001
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In seguito, con il d.lgs. n.152 del 1999 147, all’art.30, viene introdotto un divieto generale di scarico diretto nel sottosuolo e nelle acque sotterranee; il comma 3 dello stesso articolo, in deroga al divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo, stabilisce che “per i giacimenti a mare, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico”.
L’assetto di competenze delineato dal d.lgs. 112/1998, è stato poi recepito, post riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, dalla legge delega n. 308 del 2004148, il cui art. 8, comma 1, richiama integralmente l’assetto delle funzioni amministrative stabilito dal d.lgs. n. 112/1998149.
In attuazione della legge delega n. 308 del 2004 è stato poi adottato il d.lgs. n. 152 del 2006 (c.d. codice dell’ambiente), che disciplina la reiniezione all’art. 104, dove viene riconfermato il
147 D.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, recante: "Disposizioni sulla tutela delle acque
dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole". Il d.lgs. 152 del 1999 è stato abrogato dal d.lgs. n.152 del 2006
148 Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione. (GU n.302 del 27-12-2004 - Suppl. Ordinario n. 187 )
149 Art. 8, comma 1 , legge n. 308/2004 “ I decreti legislativi di cui al comma 1 si conformano, nel rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112…”. Sulla base della legge delega n.308 del 2004 è stato poi adottato i l d.lgs. 152/2006
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divieto generale di scarico diretto nel sottosuolo e nelle acque sotterranee 150.
Il comma 3 dell’art. 104 del d.lgs. 152 del 2006, nella sua formulazione originaria151 prevedeva che, in deroga al divieto di cui sopra, il Ministro dell’ambiente, d’intesa con il Ministro delle attività produttive e con le regioni per i giacimenti a terra, potesse autorizzare lo scarico di acque risultante dall’estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi fossero stati estratti, oppure in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico.
Appare immediatamente evidente, confrontando la disposizione appena riportata con quella dell’art. 30 del d.lgs. n. 152 del 1999 (vedi supra), che il ruolo delle regioni nel procedimento di autorizzazione alla reiniezione venisse rideterminato, alla luce del meccanismo dell’intesa sotteso all’art. 117, comma 3 della Costituzione.
Il superamento del ruolo egemone delle regioni nel procedimento di autorizzazione alla reiniezione costituiva peraltro motivo di impugnazione innanzi alla Corte Costituzionale dell’art. 104, comma 3 del d.lgs. 152 del 2006 (nella sua formulazione originaria) da parte della Regione Emilia-Romagna, risolto dalla Consulta con Sentenza n. 251 del 2009.
Nel giudizio relativo alla sentenza appena menzionata, molte Regioni152 avevano impugnato alcune norme del d.lgs. 152/2006.
Tra le varie censure proposte, la Regione Emilia-Romagna aveva impugnato l’art. 104, comma 3 , che , nella sua formulazione
150 Come visto, divieto già previsto dall’ art.30 , comma 1, del d.lgs. n. 112 del 1998
151 L’ art. 7, comma 6 del d.lgs. n. 30 del 2009 ha sostituito la formulazione originaria dell’ art. 104, comma 3 del d.lgs. 152/2006, modificandone parzialmente i contenuti
152 Emilia Romagna, Calabria, Toscana, Piemonte, Umbria, Liguria, Abruzzo, Puglia, Campania, Marche e Basilicata
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originaria, secondo la ricorrente non prevedeva alcun coinvolgimento delle Regioni nel procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla reiniezione delle acque risultanti dalle attività di coltivazione di idrocarburi.
La norma impugnata veniva peraltro modificata precedentemente alla sentenza ad opera dell’art. 7, comma 6, del d.lgs. n.30/2009 (Attuazione della direttiva 2006/118/CE, relativa alla protezione delle acque sotterrane dall’inquinamento e dal deterioramento), che introduceva l’attuale formulazione dell’art. 104, comma 3, del d.lgs. 152/2006, ponendo dunque in capo alle Regioni le funzioni amministrative relative alla fase di autorizzazione dell’attività di reiniezione delle acque di strato provenienti dalla produzione di idrocarburi. Tuttavia, nonostante lo jus superveniens risultasse satisfattivo per le ricorrenti, la Consulta riteneva di dover fornire un giudizio circa la formulazione originaria dell’art. 104, comma 3, del d.lgs. 152/2006, con riferimento alle censure proposte, che, sostanzialmente, riguardavano l’assetto delle competenze di cui alla legge delega n. 308 del 2004, sulla cui base era stato adottato il d.lgs. 152/2006. La Corte Costituzionale dichiarava peraltro inammissibili le censure proposte della Regione Emilia-Romagna dal momento che, a suo avviso153, la formulazione originaria dell’art. 104, comma 3, del d.lgs. 152/2006 prevedeva un coinvolgimento regionale già prima dell’intervento della legge n. 30/2009, stabilendo che “ In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro delle attività produttive per i giacimenti a mare ed anche con le regioni per i giacimenti a terra, può altresì autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi …”.
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Nel contesto di cui si sta parlando, tale pronuncia risulta utile poiché, nonostante le doglianze della Regione Emilia-Romagna non siano state accolte, indirettamente la Corte stabilisce che qualora le regioni non fossero state coinvolte nei procedimenti autorizzatori di cui all’art. 104, comma 3, d.lgs. 152/2006, avrebbero avuto l’interesse ad impugnare tale norma davanti alla Consulta.
In tal senso, dunque, si può sostenere che potrebbe essere illegittimo un provvedimento che preveda l’esclusione delle regioni dal procedimento relativo all’autorizzazione della reiniezione.
Come accennato, con l’art. 7, comma 6, della legge n.30 del 2009, la formulazione originaria dell’art. 104, comma 3, del d.lgs. 152 del 2006 è stata sostituita dalla seguente : “In deroga a quanto previsto al comma 1, per i giacimenti a mare, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico e, per i giacimenti a terra, ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, le regioni possono autorizzare lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti ovvero in unità dotate delle stesse caratteristiche che contengano, o abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. …”
Stante quanto prevede la citata disposizione, dunque, il rilascio dell’autorizzazione alla reiniezione è di competenza statale per gli impianti off-shore e regionale per quanto riguarda gli impianti on-shore “ferme restando le competenze del Ministero dello sviluppo economico”.
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Per individuare il soggetto competente al rilascio dell’autorizzazione alla reiniezione per gli impianti on-shore è dunque necessario definire le competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di ricerca e produzione di idrocarburi.
In proposito, viene in considerazione l’art. 1, comma 82-sexies, della legge 239/2004154, che individua le competenze del Mise e prevede quanto segue: “Le attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione e la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione del programma dei lavori già approvato, sono soggette ad autorizzazione rilasciata dall’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia. Le autorizzazioni relative alla reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento sono rilasciate con le prescrizioni delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che esse non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi”.
Quindi, in determinate ipotesi, la competenza al rilascio delle autorizzazioni alla reiniezione è di competenza esclusiva dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (UNMIG)155.
Bisogna ora comprendere quale sia la portata applicativa dell’art. 1, comma 82-sexies, legge 239/2004 ed entro quali limiti l’autorizzazione alla reiniezione sia di competenza dell’Unmig, in
154 Modificato dall’ art. 38, comma 11 del d.l. n. 133/2014, convertito in legge n. 164/2014 155 Art 7, comma 3 D.M. 7 dicembre 2016 : “ Le attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione e la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento, se effettuate a partire da impianti esistenti e nel rispetto dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già' approvati,ai sensi dell'art. 1, comma 82-sexies, della legge n. 239/2004, sono soggette ad autorizzazione rilasciata dalle Sezioni UNMIG competenti per territorio, secondo le modalità stabilite dal decreto direttoriale di cui all'art. 20, comma 6”
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deroga alla previsione che incardina in capo alla Regione il rilascio del provvedimento.
A tal proposito, giova richiamare la circolare 5 novembre 2015 del Ministero dello sviluppo economico156, che nel tentativo di risolvere i dubbi interpretativi correlati alla disposizione introdotta dall’art. 1, comma 82-sexies, della legge 239/2004157, ha precisato che la deroga risulta subordinata alle seguenti condizioni:
1) che l’attività sia migliorativa delle prestazioni degli impianti;
2) che l’attività sia effettuata a partire da opere esistenti; 3) che l’attività sia effettuata nei limiti di produzione ed
emissione dei programmi di lavoro già approvati.
Quale dovrebbe essere il significato da attribuire a tali requisiti, era peraltro già stato specificato dal decreto direttoriale 15 luglio 2015158, secondo il quale:
1) per attività migliorativa si intendono tutte le attività finalizzate all’ottimizzazione della gestione degli impianti, nonché quelle in grado di aumentare le risorse di idrocarburi recuperabili;
2) per opere esistenti si intendono medesima area pozzi, centrali di raccolta e trattamento esistenti, piattaforma di produzione esistente, rete di raccolta e altre pertinenze minerarie esistenti;
3) i limiti di produzione sono quelli previsti dal decreto di conferimento della concessione o dalle sopravvenute modifiche approvate;
156 Circolare pubblicata nel Buig LIX, n. 11, del 30 novembre 2015
157 Come modificato dall’art. 38, comma 11 del d.l. n. 133/2014, convertito in legge n. 164/2014
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4) per limiti di emissione si intendono quelli approvati nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi del d.lgs. 152/2006.
A ben vedere, le ipotesi di deroga all’autorizzazione regionale (ex art. 104, comma 3, d.lgs. 152/2006 ) sembrano essere molto ampie, e l’unico vero limite alla deroga, ad avviso di chi scrive, è rappresentato dal requisito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati.
Così precisati i termini della deroga, ci si deve interrogare su quale sia la procedura da seguire ai fini del rilascio delle autorizzazioni di cui all’art.1, comma 82-sexies della legge n. 239 del 2004.
Si è detto (vedi paragrafo 3.3) che, laddove si tratti di opere che integrano una variazione significativa del programma dei lavori di ricerca, sviluppo o coltivazione, per la loro autorizzazione risulta necessario un iter procedimentale che si svolge nelle modalità previste per il rilascio della concessione di coltivazione, dunque in Conferenza dei servizi, con la partecipazione della Cirm integrata da un rappresentante della Regione. Nell’ambito di tale procedura sono acquisiti i pareri delle amministrazioni interessate, la valutazione di impatto ambientale e l’intesa con la Regione159.
Preliminarmente va rilevato che, per come è formulata la disposizione dell’art. 1, comma 82-sexies, della legge n. 239 del 2004, si deve ritenere che le opere in questione non integrino una variazione significativa del programma di lavoro e sviluppo e, pertanto, non trova applicazione la procedura che prevede il raggiungimento di un intesa con la regione interessata160; ciò è
159 Art. 34, comma 4, e art. 10, comma 3, d.d. del ministero dello sviluppo economico 15 luglio 2015
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confermato dall’art 34, comma 4, del decreto direttoriale 15 luglio 2015, che dispone:
“Il titolare, nel caso in cui ravvisi la necessità di apportare integrazioni o modificazioni significative al programma di ricerca, sviluppo o coltivazione, presenta preventivamente il programma al Ministero inviandone copia alla Sezione UNMIG competente. Il programma è approvato secondo le procedure, laddove compatibili, dell’art. 10, comma 3, salvo quanto disposto dal successivo comma 5.”.
Quello che rileva ai nostri fini è proprio il comma 5, che dispone: “Tutte le attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, la reiniezione delle acque di strato o della frazione gassosa estratta in giacimento, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati, ai sensi dell’art. 1, comma 82-sexies della legge 20 agosto 2004, n. 239, introdotto dall’art. 27, comma 34, della legge 23 luglio 2009, n. 99, come modificato dall’articolo 38, comma 11, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sono soggette ad autorizzazione rilasciata dalle Sezioni UNMIG competenti per territorio. L’autorizzazione è trasmessa per conoscenza, per le attività a mare al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per quelle in terraferma alla regione interessata.”.
La lettura delle due disposizioni sembra legittimare l’affermazione che il procedimento di cui al comma 5 del d.d. 15 luglio 2015 161 , essendo espressamente differenziato dal procedimento riguardante la modifica del programma dei lavori di cui al comma 4, d.d. 15 luglio 2015, sia di competenza esclusiva
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della Sezione Unmig, come indicato dall’art. 1, comma 82-sexies della legge 239/2004 , dall’art. 7, comma 3, del D.M. 7 dicembre 2016, dall’ art.34, comma 5, del d.d. 15 luglio 2015 e come precisato dalla già richiamata circolare del Mise del 5 novembre 2015.
Con riguardo alla circolare sopra richiamata, è importante ricordare che tramite questa il Mise arriva ad affermare che “si ritiene di poter escludere la partecipazione regionale dai procedimenti autorizzativi di cui all’art. 1, comma 82-sexies, della legge n.239/2004.”.
Tale affermazione sembra essere suffragata dalla mancanza, nelle norme di riferimento162, di ogni richiamo ad un qualsivoglia coinvolgimento regionale nei procedimenti di autorizzazione in esame, cosa che invece è espressamente prevista163 nelle norme
mediante le quali sono disciplinati i procedimenti a cui le Regioni partecipano e per i quali è prevista l’intesa tra lo Stato e la Regione nel rispetto degli artt. 117 e 118 della Cost., nonché in ossequio al principio di leale collaborazione164.
Ad avviso di chi scrive, il legislatore del 2014, nel novellare l’art. 1, comma 82-sexies, della legge n. 239 del 2004, ha prefigurato l’attività di reiniezione come “non significativa” nell’ambito delle modificazioni del programma di ricerca e sviluppo della concessione, sul presupposto che questa venga autorizzata in riferimento ai limiti di produzione ed emissione già approvati, alle opere esistenti e che sia migliorativa delle prestazioni degli impianti.
162 Art. 1, comma 82-sexies della legge n.239/2004 e ancora, art. 7, comma 3, D.M. 7 dicembre 2016 , e in ultimo art. 34, comma 5, d.d. 15 luglio 2015
164 Un esempio si può rinvenire nella regolamentazione del procedimento preordinato alla variazione del programma dei lavori, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate e che viene sottoposto al meccanismo dell’ intesa tra l’amministrazione procedente (il Ministero) e la Regione a statuto ordinario coinvolta nella decisione. Tale procedura è dettata dall’art. 7, commi 1 e 2 del D.M. 7 dicembre 2016
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Tuttavia, la reiniezione deve considerarsi un’attività profondamente “rischiosa” dal punto di vista della tutela delle acque sotterranee e degli ecosistemi, cosa che appare evidente dalla lettura dell’ultimo periodo dell’art. 104, comma 3 del d.lgs. 152 del 2006 ove è stabilito che “le autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi”.
E giova ricordare che una analoga previsione è contenuta nello stesso art. 1, comma 82-sexies, della legge n. 239/2004.
A livello scientifico si è dimostrato come l’attività di reiniezione possa dar vita al cosiddetto fenomeno della sismicità indotta, con conseguenze talvolta imprevedibili sul territorio e pertanto non trascurabili165.
Alla luce di tali considerazioni, desta pertanto qualche perplessità il fatto che il legislatore, seppur in ipotesi limitate (vedi i requisiti di operatività della deroga più volte richiamata), abbia considerato l’attività di reiniezione come non portatrice di modifiche sostanziali al programma di sviluppo di una concessione petrolifera.
Qualificare la realizzazione di un nuovo pozzo di reiniezione “non significativa” nell’ambito della variazione del programma dei lavori, nelle ipotesi di cui all’art.1 comma 82-sexies della legge 239/2004, e attribuire alla Sezione Unmig territorialmente competente l’autorizzazione all’attività di reiniezione va ad incidere profondamente sulle prerogative delle regioni, non prevedendone il coinvolgimento che sarebbe stato assicurato,
165Buttinelli, M, Impronta, L. e altri, Inversion of inherited thrusts by wastewater injection induced seismicity at the Val d’Agri oilfield (Italy), Scientific Report , 2016,
DOI: 10.1038/srep37165.
Per un approfondimento sull’ attività sismica indotta di cui all’articolo appena richiamato, si consulti il sito internet dell’ INGV all’ indirizzo
http://comunicazione.ingv.it/index.php/comunicati-e-note-stampa/1428%20STUDIO-DI- DETTAGLIO-SULLA-SISMICITA-INDOTTA consultato in data 16/04/2019
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invece, inquadrando la reiniezione nell’ambito delle modifiche sostanziali al programma dei lavori di sviluppo e ricerca, la cui disciplina prevede espressamente il coinvolgimento delle regioni nei procedimenti di autorizzazione come stabilito dall’art. 34, comma 4 del d.d. 15 luglio 2015.
Quindi, riassumendo, nel caso in cui la reiniezione sia finalizzata al miglioramento degli impianti, partendo da opere già esistenti e nei limiti di produzione già approvati, ossia nelle ipotesi stabilite dall’art. 1, comma 82-sexies, della legge n. 239 del 2004, il rilascio dell’autorizzazione a tale attività è di competenza delle Sezioni Unmig, in tutti gli altri casi, invece, la competenza è attribuita alla regioni, ai sensi dell’art. 104, comma 3, del d.lgs. 152 del 2006.
Quanto alle ragioni che potrebbero aver indotto il legislatore del 2014 ad introdurre l’ipotesi di cui all’art. 1, comma 82-sexies della legge n. 239/2004, certamente un peso rilevante lo ha avuto la volontà di velocizzare le autorizzazioni in materia petrolifera e di aumentare la produzione derivante dalle concessioni di coltivazione; cosa che, peraltro, è resa manifesta dall’inserimento della reiniezione nell’elenco delle opere per le quali è richiesta la sola autorizzazione dell’Unmig, ad opera dell’art. 38, comma 11, della legge 164/2014, che introduce appunto una normativa volta a valorizzare le risorse energetiche nazionali.
Pare dubbia la rispondenza della norma di cui all’art.1, comma 82-sexies, della legge 239 del 2004 al dettato costituzionale degli artt. 117, comma 3 e 118 della Costituzione, nonché con riferimento al principio di leale collaborazione.
Procedendo con ordine, bisogna rilevare che, nel porre la norma in questione, il legislatore del 2014 ha espressamente definito la reiniezione delle acque di strato provenienti dalla produzione di idrocarburi, come si è detto, come un’attività migliorativa degli
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impianti di coltivazione 166; pertanto, sembra che l’attività di reiniezione sia stata qui trattata sotto il profilo della produzione dell’energia, che ricordiamolo, dovrebbe essere sempre oggetto di intesa con le regioni167, come peraltro ricordato dalla legge n. 239/2004 (“Riordino del settore energetico”) all’art.1, comma 7, lettera n, dov’è espressamente previsto che siano esercitati dallo Stato i compiti e le funzioni amministrative tra cui “le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comrese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate”168.
Ad avviso di chi scrive, il punto cruciale della questione è rappresentato dal fatto che le attività previste all’art. 1, comma 82-sexies, della legge 239 del 2004, con particolare riferimento alla reiniezione, siano state aprioristicamente qualificata dal legislatore come non significative dal punto di vista delle eventuali modificazione del programma dei lavori.
In riferimento a quest’ultima considerazione, a chi scrive sembra quantomeno lesivo del principio di leale collaborazione, il fatto che le Sezioni Unmig possano autorizzare l’attività di reiniezione senza il coinvolgimento delle Regioni, anche nel caso in cui tale attività sia posta in essere nel rispetto dei limiti di emissione e