Capitolo II – Le attività di upstream petrolifero
2.2 La riforma del Titolo V e le attività di prospezione, ricerca e coltivazione d
locali
La riforma del Titolo V, Parte II della Costituzione, intervenuta con la legge di revisione costituzionale n.3 del 2001, ha collocato nell’ elenco delle materie soggette al regime di legislazione concorrente la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia 50 , all’interno della quale si colloca l’argomento oggetto della nostra trattazione, ovvero le attività di upstream petrolifero.
Prima della riforma costituzionale, come si è accennato nel capitolo precedente, la riforma Bassanini51 aveva trasferito alcune
49 Il termine upstream è riferito all’ insieme delle attività legate alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi
50 Art. 117, comma 3 Cost. 51 d.lgs. n.112 del 1998
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funzioni (esclusivamente) amministrative in materia di “energia” alle regioni e agli enti locali.
Tale riforma, rompendo il criterio del parallelismo tra funzioni amministrative e competenza legislativa, in ossequio al principio di sussidiarietà verticale, ha operato una tendenziale allocazione delle funzioni amministrative ai livelli di governo più bass i, ai quali sono state devolute tutte quelle funzioni amministrative non riservate espressamente allo Stato52.
In particolare, per ciò che riguarda la materia energia, gli artt. 28 e ss del d.lgs. 112 del 1998 disciplinano l’allocazione delle funzioni amministrative ai diversi livelli di governo.
L’art. 28 del sopracitato decreto legislativo apre il Capo V del Titolo II, espressamente dedicato alla ricerca, produzione, trasporto e distribuzione dell’energia fornendo una definizione di quali siano le funzioni amministrative relative alla materia “energia” 53 e il successivo art. 29 individua le funzioni amministrative riservate allo Stato.
Nello specifico, per ciò che riguarda le attività petrolifere, l’art. 29, comma 2, lettera l, stabilisce che sono comunque riservate allo Stato le funzioni amministrative relative alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, prevedendo tuttavia che tali funzioni vengano esercitate d’intesa con le regioni.
Le modalità procedimentali finalizzate alla sopracitata intesa sono state adottate in un secondo momento54 con un accordo tra il
Ministero dell’industria e i Presidenti delle regioni siglato in data 24 aprile 2001.
52 Lolli Ilaria, La potestà legislativa e amministrativa della Regione Sardegna in materia di energia e di fonti di energia, in Benincasa F. ( a cura di) , Storia dell’elettrificazione della Sardegna, CNR- Istituto di Biometereologia, 2015
53 L’ art. 28 del d.lgs. n. 112 del 1998 stabilisce che le funzioni amministrative riguardanti la materia “energia2 concernono le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi 54 L’ art. 29, comma 2, lettera l stabiliva che tale accordo dovesse essere raggiunto nel termine di 6 mesi dall’ entrata in vigore del decreto legislativo
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Innanzitutto, l’art. 3 dell’accordo del 2001 fornisce un quadro di quelle che sono le funzioni amministrative in materia di idrocarburi che lo Stato esercita d’intesa con la regione, ovvero:
a) conferimento dei titoli minerari, con la contestuale approvazione dei programmi di lavoro, per la prospezione, la ricerca e la coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi;
b) rilascio delle proroghe di vigenza dei titoli minerari; c) approvazione delle variazioni dei programmi di lavoro o
della delimitazione delle aree oggetto del conferimento; d) le revoche dei titoli minerari di cui alla lettera a).
Per quanto riguarda le modalità procedimentali relative al rilascio dell’intesa da parte delle regioni, l’art. 5, comma 3, dell’accordo del 2001 stabilisce che “l'intesa si considera positivamente raggiunta se l'amministrazione regionale interessata comunica all'amministrazione centrale competente il proprio assenso entro il termine di quindici giorni dal ricevimento della documentazione, inutilmente decorso il quale l'amministrazione centrale convoca una conferenza di servizi ai sensi delle legge n. 241 del 1990 e successive modifiche ed integrazioni.”
La riforma Bassanini, con riguardo all’esercizio delle funzioni amministrative relative alle attività petrolifere, rimase lontana dal raggiungere il suo obiettivo a causa delle numerose difficoltà applicative che incontrarono le amministrazioni regionali e locali nell’interfacciarsi con una materia tanto delicata quanto complessa, soprattutto in relazione al limite temporale di 15 giorni (stabilito con l’accordo del 24 aprile 2001) entro il quale le regioni dovevano fornire l’intesa nell’ambito delle funzioni amministrativi concernenti la prospezione, la ricerca e la
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coltivazione di idrocarburi, come prescritto dalla disposizione di cui all’ art. 29, comma 2, lettera l del d.lgs. n. 112 del 1998. Come anticipato (vedi supra), con la legge costituzionale n. 3 del 2001 è stato riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione, con importanti ripercussioni sulla materia “energia” che è stata ricondotta alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni, completando quello che la riforma Bassanini aveva introdotto per ciò che concerne le funzioni amministrative. Con la legge n. 239/200455, finalizzata alla riorganizzazione del
settore energetico, il legislatore si è impegnato, tra le altre cose, a dare attuazione al nuovo art. 117, comma 3 della Costituzione, stabilendo i principi fondamentali della materia in conformità alle previsioni costituzionali, agli obblighi internazionali e comunitari.
La legge n. 239/2004 stabilisce che gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale, compresa l’attuazione di questa a livello territoriale, siano elaborati e definiti dallo Stato. Tale previsione rispecchia l’imprescindibilità di obietti comuni volti a:
a) garantire sicurezza, flessibilità e continuità degli approvvigionamenti di energia;
b) promuovere il funzionamento unitario dei mercati dell'energia;
c) assicurare l'economicità dell'energia offerta ai clienti finali e le condizioni di non discriminazione degli operatori nel territorio nazionale;
d) perseguire il miglioramento della sostenibilità ambientale dell'energia, anche in termini di uso razionale delle risorse territoriali, di tutela della salute e di rispetto degli impegni assunti a livello internazionale;
55 “Riordino del settore energetico, nonché delega al governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”
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e) valorizzare le risorse nazionali di idrocarburi, favorendone la prospezione e l'utilizzo con modalità compatibili con l'ambiente;
Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali devono assicurare il raggiungimento degli obiettivi individuati dalla legge in base alle proprie competenze, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza ex art. 118 Cost., alla luce del principio di leale collaborazione (legge n.239 del 2004, art. 1, comma 3).
La legge attribuisce allo Stato un assai elevato numero di funzioni amministrative.
Inutile dire, anche alla luce di questa normativa che, sin dall’inizio, la riforma del Titolo V, relativamente all’allocazione della materia in esame tra le competenze concorrenti di Stato e Regioni, ha creato numerosi problemi, inevitabilmente devoluti alla cognizione della Corte Costituzionale.
In più occasioni, infatti, la Corte ha avuto modo di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di previsioni legislative legate alla materia della produzione, trasporto e distribuzione di energia. La Corte, chiamata a decidere circa l‘opportunità dell’accentramento delle funzioni amministrative in capo allo Stato, ha avuto modo di affermare un principio cruciale relativo alla materia “energia”.
Con sentenza 6/200456 (la prima relativa alla materia dopo la
riforma della Costituzione), dopo aver ribadito che la materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia non è di competenza esclusiva del legislatore statale, evidenzia come in tale materia siano presenti esigenze di gestione unitaria, la cui tutela difficilmente potrebbe essere efficacemente
56 Le regioni Umbria, Basilicata e Toscana hanno impugnato il d.l. 7/2002 (sblocca centrali) e la relativa legge di conversione, legge 55/2002
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assicurata attraverso le molteplici legis lazioni regionali. Il nodo cruciale che la Corte ha affrontato riguarda l’esercizio delle funzioni amministrative da parte dello Stato volte a gestire in maniera uniforme i procedimenti di modifica e potenziamento degli impianti di produzione di energia elettrica.
La Consulta afferma che si debba tener necessariamente conto del principio di sussidiarietà (ex art. 118 Cost.) che essa stessa definisce “dinamico”, e che, in determinati casi può “giustificare una deroga alla normale ripartizione delle competenze” in ragione delle affermate esigenze di gestione unitaria della materia in esame.
Ad avviso della Corte, si deve ritenere che la chiamata in sussidiarietà operata dal legislatore al fine di esercitare a livello centrale le funzioni amministrative che spetterebbero alle regioni, come previsto dall’art. 117, comma 3 della Cost., non possa essere assoluta e debba comunque prevedere un idoneo coinvolgimento delle regioni. Il coinvolgimento in questione non può assumere, come specificato dalla Corte nella sentenza n. 385 del 2005, il carattere di una mera partecipazione delle amministrazioni regionali alle funzioni amministrative per le quali lo Stato adotta la “chiamata in sussidiarietà”.
La partecipazione in questione deve assumere la forma dell’ intesa in senso forte, ovvero un procedimento a struttura necessariamente bilaterale, nel quali lo Stato e le Regioni non possono procedere in maniera autonoma, nel rispetto del dettato costituzionale di cui all’art. 117, comma 3 della Costituzione. Una conferma ulteriore della necessaria intesa in senso forte e della bilateralità del procedimento relativo al rilascio dei titoli minerari, può essere rinvenuta in una sentenza della Corte Costituzionale risalente al 201357.
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La Regione Basilicata, con la legge regionale n.16 del 201258, aveva introdotto una previsione volta a non rilasciare alcuna intesa ai fini del conferimento dei titoli di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.
La legge in questione prevedeva che “La Regione nell’esercizio delle proprie competenze in materia di governo del territorio ed al fine di assicurare processi di sviluppo sostenibile, a far data dall’entrata in vigore della presente norma non rilascerà l’intesa, prevista dall’art. 1, comma 7, lettera n), della legge 23 agosto 2004, n. 239 59 , di cui all’accordo del 24 aprile 2001, al conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi”.
Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna dinnanzi alla Consulta tale previsione contenuta nella legge regionale che, con sentenza 117 del 2013 viene dichiarata incostituzionale per violazione del principio di leale collaborazione, più volte richiamato dalla Corte in relazione alla materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.
Nel motivare la dichiarazione di incostituzionalità, la Corte ribadisce il principio in base al quale i procedimenti connessi al rilascio dei titoli di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi devono necessariamente essere condotti in maniera paritaria e bilaterale, al fine del raggiungimento dell’intesa in senso forte che si pone a garanzia del rispetto dell’art. 117, comma 3 della Costituzione. Da questo punto di vista, aggiunge la Corte, “la preventiva e generalizzata previsione legislativa di diniego di intesa vanifica la bilateralità della relativa procedura,
58 Assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014
59 “le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria adottate, per la terraferma, d’intesa con le regioni interessate”
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che deve sempre trovare sviluppo nei casi concreti e si pone in simmetrica corrispondenza con le norme che hanno introdotto la «drastica previsione» della forza decisiva della volontà di una sola parte – sia essa, di volta in volta, lo Stato, la Regione o la Provincia autonoma – ritenute costituzionalmente illegittime da questa Corte con giurisprudenza costante “.
Peraltro il principio di leale collaborazione che, come detto, dovrebbe trovare suo compimento nella previsione di un’ intesa in senso forte, potrebbe condurre a delle conseguenze indesiderate nel momento in cui ci si trovi, in sede di intesa, di fronte ad un diniego da parte della Regione che, potenzialmente, potrebbe bloccare l’esercizio, da parte dello Stato, della funzione attratta in sussidiarietà60.
A tal proposito la Corte Costituzionale ha affermato61 che il
legislatore nazionale, nel disciplinare le procedure volte al raggiungimento di un’intesa con le Regioni, debba valutare e regolamentare anche la situazione di stallo che potrebbe riscontrarsi in seguito al diniego, in sede d’intesa, da parte della Regione e, onde evitare una paralisi delle procedure, la legge statale deve prevedere meccanismi idonei a superare il mancato raggiungimento dell’intesa stessa, assicurando però in maniera efficace le posizioni costituzionalmente tutelate delle autonomie regionali.
Un altro esempio della conflittualità connessa alla materia della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’ energia, si può rinvenire nella sentenza della Corte costituzionale n.170 del 2017.
60 Sent. C.Cost. n. 383/2005, punto 30 delle considerazioni in diritto 61 Sent. C.Cost. n. 383/2005 e Sent. C.Cost. n. 278/2010
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La sentenza in questione si riferisce al ricorso, proposto da numerose Regioni62, relativo alla lamentata incostituzionalità del d.l. 133 del 201463 (Sblocca Italia), con particolare riferimento all’art. 38 recante “misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali”.
La norma in questione, tra l’ altro, ha introdotto nell’ambito delle attività di upstream petrolifero il “titolo concessorio unico”, nell’ ambito del quale è possibile autorizzare, con un unico procedimento, tanto le attività di ricerca che quelle di coltivazione di idrocarburi.
Le Regioni hanno impugnato le previsioni di cui all’art.38, lamentando, tra le varie censure proposte, il loro mancato coinvolgimento nella predisposizione del “disciplinare tipo” in tema di rilascio del titolo concessorio unico che, secondo la disposizione del comma 7 dell’art. 3864, sarebbe stato emanato dal Ministero dello sviluppo economico senza riservare quella posizione paritaria alle Regioni, che come più volte ribadito dalla Consulta, rappresenta la condizione minima ed imprescindibile per l’esercizio della chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato. La Corte, con sentenza 170 del 2017, dichiara la parziale incostituzionalità dell’ art.38, comma 7, d.l. 133/2014 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164), nella parte in cui non è previsto il coinvolgimento delle Regioni nell’adozione del disciplinare tipo da parte del Ministero dello sviluppo economico preordinato a stabilire le modalità attraverso cui giungere al conferimento del titolo concessorio unico.
62 Con ricorsi separati si sono costituite in giudizio le seguenti Regioni: Abruzzo, Marche, Puglia, Lombardia, Veneto, Campania e Calabria
63 Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive.» convertito in legge n.164 del 2014 64 Comma 7, d.l. 133/2014: «Con disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sono stabilite, entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, le modalità di conferimento del titolo concessorio unico di cui al comma 5, nonché le modalità di esercizio delle relative attività ai sensi del presente articolo».
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Dal momento che, il Ministero dello sviluppo economico, con proprio decreto (D.M. 25 marzo 2015)65, aveva dettato il nuovo disciplinare tipo in materia di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, disciplinando, inoltre, le modalità di rilascio del “titolo concessorio unico” (ex art. 38, comma 7 d.l. 133/2014), con una successiva pronuncia66 la Consulta, sulla scia della sentenza 170/2017, ha annullato il decreto in esame (peraltro già abrogato e sostituito dal D.M. 7 Dicembre 2016), ritenuto direttamente lesivo delle prerogative regionali costituzionalmente garantite.
Il D.M. 7 Dicembre 2016 è stato poi adeguato alla sopravvenuta sentenza 170/2017 con l’emanazione del D.M. 9 Agosto 2017, tramite il quale il Ministero dello sviluppo economico ha eliminato i profili di incostituzionalità relativi all’inadeguato coinvolgimento delle regioni, relativamente alle modalità di conferimento del titolo concessorio unico di cui comma 7 dell’art. 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 67.
Si deve peraltro segnalare che la Regione Basilicata, con autonomo ricorso 68 , ha promosso dinnanzi alla Corte Costituzionale un giudizio per conflitto di attribuzione avverso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, relativamente al già menzionato decreto D.M. 25 Marzo 2015, ritenuto lesivo delle prerogative regionali nella parte in cui non prevedeva l’adeguato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento relativo al rilascio del titolo concessorio unico. Tale ricorso è stato
65 D.M. 25 Marzo 2015 : “Aggiornamento del disciplinare tipo in attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164
66 Sentenza 198/2017 intervenuta nel giudizio per conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Abruzzo nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri
67 Art.1, comma 2 del d.m. 7 Dicembre 2016 del Ministero dello sviluppo economico 68 Dichiarato inammissibile dalla Corte Cost. con ordinanza n.203/2017
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dichiarato inammissibile con ordinanza 203 del 2017, dal momento che il D.M. 25 Marzo 2015 era già stato annullato dalla Consulta nell’ambito della sentenza 170 del 2017.
Giova peraltro ricordare che anche il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 7 Dicembre 2016 è stato oggetto di giudizio dinnanzi alla Consulta, adita dalla Regione Abruzzo, la quale lamentava, nonostante le modifiche apportate alla luce della sentenza 170/2017, l’insufficiente coinvolgimento delle Regioni nelle previsioni riguardanti le modalità di conferimento del titolo concessorio unico.
La Corte, nell’ambito di questo giudizio, dichiara non fondato il ricorso per conflitto di attribuzioni promosso dalla Regione, ritenendo che il decreto impugnato sia pienamente conforme alla sentenza C.Cost. 170/2017 69.
La Corte evidenzia che il legislatore, tramite l’espunzione di ogni riferimento al “titolo concessorio unico” operata con il D.M. 9 Agosto 2017 di fatto rinuncia alla chiamata in sussidiarietà da parte dello Stato.
Come appare evidente da questa breve analisi sul ruolo di Stato e Regioni in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia, condotta alla luce delle pronunce della Consulta, appare evidente che la collocazione della materia in esame nella materie soggette a legislazione concorrente abbia dato luogo a dei veri e propri scontri istituzionali: da un lato lo Stato ha continuato ad attrarre a sé tutto ciò che avrebbe potuto arrecare pregiudizio all’unità della politica energetica nazionale, dall’altro lato le regioni si sono sempre opposte alla sottrazione delle proprie prerogative, legislative ed amministrative, intervenute più volte ad opera del legislatore statale.
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La giurisprudenza della Corte ha permesso di superare tali problematiche attraverso l’affermazione del primato del principio di sussidiarietà ed adeguatezza (ex. art. 118) idoneo ad alterare l’assetto costituzionale di cui all’art. 117, comma 3 della Costituzione, in ragione dell’esigenza di unitarietà insita nelle politiche energetiche del Paese.
Anche l’attuale normativa in tema di attività di upstream