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L’autrice tra storia e finzione

Le idee di Nayantara Sahgal

3.1 L’autrice tra storia e finzione

L’attenzione costante degli autori indiani alla storia, ed in particolare alla storia coloniale, come chiave di interpretazione della realtà contemporanea si caratterizza dunque, come già illustrato nel precedente capitolo, come uno degli aspetti piú salienti della letteratura del post-indipendenza. La necessità di una lettura in chiave storico- politica della letteratura del post-indipendenza indiano sembra essere determinata dallo stesso sviluppo di questa narrativa, per cui il raggiungimento di libertà civili e politiche da un punto di vista istituzionale ha corrisposto sul piano letterario ad una sempre maggiore maturazione artistica e critica degli autori rispetto alla propria esperienza biografica nazionale. L’importanza di un’adeguata contestualizzazione storico-sociale dell’opera di un autore diventa pertanto maggiore quanto piú, come nel caso dell’India, l’esperienza nazionale è venuta a intrecciarsi alle storie individuali, plasmandone le coscienze e fornendo agli autori un ampio repertorio di spunti narrativi. Ne consegue che per uno studio come il presente, orientato all’analisi dei possibili legami tra politica e letteratura, o meglio della funzione politica di certa letteratura sviluppatasi in India dopo l’indipendenza, il nesso venga fornito dalla stessa storia della letteratura indo- inglese del secolo scorso, per cui, come ha sottolineato Kaushik, “politics and aesthetics (were) not exclusive or antagonistic spheres”1.

A questo punto, a partire dalla premessa teorica secondo cui l’indagine storica occupa un ruolo di primo piano nelle opere degli autori indiani della generazione di Sahgal e attivi nel post-indipendenza, occorre interrogarsi sulle modalità con cui questi entrano in contatto con la storia, rielaborandola in forma narrativa e compiendo un’operazione per alcuni aspetti simile, per altri sostanzialmente diversa rispetto a quella di uno storico; scopo del successivo capitolo sarà dunque quello di mostrare come nella problematicità di questo rapporto venga a innestarsi la funzione politica di certa letteratura postcoloniale, che per alcuni aspetti rimanda a generi già noti e consolidati come quelli del romanzo storico o sociale, per altri rinvia alla piú controversa questione del romanzo politico, di cui la letteratura indiana e nel caso specifico la produzione di Sahgal offre

1 Asha Kaushik, Politics, Aesthetics and Culture. A Study of Indo-Anglian Political Novel, New Delhi,

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significativi esempi. Per ora, ai fini del presente capitolo, ci limiteremo a tenere in considerazione l’importanza di questo rapporto, che si rivela nel caso di Sahgal centrale all’analisi della sua produzione narrativa e di non-fiction.

Una volta riconosciuta dunque la necessità di adottare un approccio il piú possibile organico, che tenga conto della letteratura studiata non solo in termini critico-letterari ma anche e soprattutto storici e sociali, ne deriva che la prima questione da risolvere sarà inevitabilmente quella del rapporto tra il narratore e lo storico, che se per alcuni aspetti presenta caratteristiche simili, per altre rimanda al ruolo del tutto autonomo rivestito dalla riscrittura storica in alcune opere di narrativa postcoloniale, nonchè alla sua valenza politica. Nell’analisi dei possibili rapporti tra immaginazione storica e immaginazione letteraria, Lee Horsley2 ha tracciato una storia della complessa relazione tra storia e fiction, mostrando come, al di là di certo relativismo culturale che a partire da alcune riflessioni di White è paradossalmente giunto a negare l’autorità e validità di ambo le forme espressive, riducendole a meri costrutti narrativi, sia necessario piuttosto riconoscere il valore congiunto di storia e finzione letteraria nella produzione di significato. Al di là di ogni interpretazione riduttiva, Horsley insiste piuttosto su quello che viene riconosciuto come l’aspetto comune e centrale sia alla storia che alla letteratura, e cioè la funzione mimetica, intesa come imitazione e ricreazione individuale della realtà tangibile3. Senza analizzare oltre la natura di questo complesso rapporto, sarà sufficiente esaminare quelle che Horsley individua come preoccupazioni comuni del romanziere e dello storico, ossia la questione dell’obiettività e di una necessaria mediazione tra la realtà vissuta, contingente, e la percezione soggettiva che si ha di essa. Sembra a questo proposito ormai certo che, una volta assodata la funzione mimetica sia dell’opera storica che letteraria, i percorsi delle due forme espressive siano venuti nel tempo a distinguersi e a caratterizzarsi proprio in risposta a queste problematiche, proponendosi l’una (la storia) come disciplina dai presupposti scientifici ed empirici, avvalorata da riferimenti a dati “oggettivi” inconfutabili, l’altra (la letteratura) come ricezione e rielaborazione individuale degli stessi dati storici. In una prospettiva di indagine postcoloniale, si potrebbe ricordare come i termini di questo rapporto siano stati ulteriormente problematizzati dalla questione della funzione egemonica rivestita dalla storia “ufficiale” nell’impresa imperialista, quasi un indispensabile strumento di

2 Cfr. Lee Horsley, Political Fiction and the Historical Imagination, Basingstoke, Macmillan, 1990, p. 4 3

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controllo economico, politico e culturale dell’occidente sulle colonie; come ricorda Ashcroft:

The significance of history for post-colonial discourse lies in the modern origins of historical study itself, and the circumstances by which ‘History’ took upon itself the mantle of a discipline. The emergence of history in European thought is coterminous with the rise of modern colonialism, which, in its radical othering and violent annexation of the non-European world, found in history a prominent, if not the prominent, instrument for the control of subject peoples4.

In altri termini, in una prospettiva postcoloniale il rapporto tra storia (nella sua versione “ufficiale” proposta o meglio imposta come tale dall’imperialismo) e letteratura è venuto sempre piú a delinearsi come un rapporto tra oggettività e soggettività, tra verità empirica e percezione individuale del dato storico come fatto collettivo e privato allo stesso tempo, acquistando valenza politica proprio in virtú del naturale conflitto tra le varie forme espressive per il controllo narrativo sulla realtà. Tuttavia, come ricorda Horsley5, non essendo naturalmente possibile compartimentalizzare gli ambiti delle due forme espressive poichè numerose sono le sovrapposizioni discorsive tra l’una e l’altra, sarà sufficiente tener conto del fatto che storia e fiction sono ugualmente interessate dalla questione della mediazione tra il fatto storico e il fatto privato, rapporto che diventa ancor piú significativo quando, come dimostrato nel caso dell’opera di Sahgal e del generale panorama letterario del post-indipendenza indiano, le vicende storiche rappresentate si fondono radicalmente con l’esperienza individuale. Questo è confermato anche da Jawaharlal Nehru6, che a premessa della sua autobiografia ricorda quanto le “piccole storie private” siano tanto piú importanti quanto piú contribuiscono a colmare le omissioni della storia “ufficiale” attraverso una personale ma altrettanto necessaria rielaborazione dell’esperienza storica.

4

Bill Ashcroft, Post-Colonial Transformation, London, Routledge, 2001, p. 83

5 Lee Horsley, Political Fiction and the Historical Imagination cit., p. 4

6 Dice Nehru a proposito del tentativo di riscrittura storica portato avanti attraverso la sua autobiografia:

“My attempt was to trace, as far as I could, my own mental development and not to write a survey of recent Indian history. The fact that this account resembles superficially such a survey is apt to mislead the reader and lead him to attach a wider importance to it than it deserves, I must warn him, therefore, that this account is wholly one-sided and, inevitably, egotistical; many important happenings have been completely ignored and many important persons, who shaped events, have hardly been mentioned. In a real survey of the past this would have been inexcusable, but a personal account can claim this indulgence. Those who want to make a proper study of our recent past will have to go to other sources. It may be, however, that this and other personal narratives will help them to fill the gaps and to provide a background for the study of hard fact” (Jawaharlal Nehru, An Autobiography, New Delhi, Jawaharlal Nehru Memorial Fund, 1980, pp. xv-xvi).

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Partendo dunque dal presupposto teorico di un rapporto privilegiato dell’individuo con la storia attraverso il mezzo della letteratura, ne consegue che anche per l’autrice qui studiata, per cui la rielaborazione narrativa degli eventi storici costituisce un nucleo tematico essenziale, lo spazio testuale diviene luogo di riflessione personale sulla realtà del proprio tempo, nonchè il terreno per un’ideale sintesi di esperienza biografica e dato storico. Detto questo, ci sembra opportuno rilevare che, nel caso di Sahgal, questo punto di vista privilegiato è in qualche modo amplificato e reso ancora piú efficace dalla sua doppia attività di scrittrice-saggista e commentatrice politica, attività che le ha permesso di sfruttare al meglio le potenzialità della storiografia, della finzione narrativa e del linguaggio giornalistico, compenetrando le varie modalità espressive in un’originale forma di scrittura politica. Sempre a questo proposito, Horsley ha rilevato come la prospettiva d’indagine del giornalista e commentatore politico benefici in apparenza di una sostanziale prossimità al dato storico, ma sia nel contempo limitata dalla contingenza temporale, che gli impedisce di leggere gli stessi eventi in una prospettiva storica e di lungo termine; la studiosa inglese a questo proposito sottolinea come:

Narratives which focus on the pursuit of political knowledge often play on this paradoxical sense of knowing less as you approach nearer, either because of the knower’s own loss of objectivity or detachment, or because the powerful are alert in protecting their secrets from interlopers7.

Lo storico, e di conseguenza anche il narratore, gode invece non soltanto del vantaggio di attingere ad un ampio panorama di fatti, selezionando il proprio materiale in base alla sua rilevanza, ma anche di mostrare gli eventi in una prospettiva storica, separando il dato contingente del passato da quello significativo per il presente e le generazioni future. Ne deriva che, per un’autrice come Sahgal impegnata su entrambe i fronti dell’analisi politica e della creazione letteraria, nonchè discendente di una delle famiglie politicamente piú influenti dell’India e vicina agli eventi epocali del secolo scorso, la dimensione storica viene ad acquistare una maggiore ampiezza di vedute e risonanza, quasi esaltata dal naturale contrappunto dialettico generato dall’interazione e dalla sovrapposizione di vari generi discorsivi. Scopo delle successive sezioni sarà quello di mostrare come le idee di Sahgal siano venute a delinearsi sempre piú chiaramente attraverso la sua produzione non narrativa, e come questa maturazione politica ed estetica trovi riflesso nello sviluppo della sua opera, che dalle prime opere

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autobiografiche fino ai piú recenti interventi pubblici su varie questioni sociali e politiche mostra una sempre maggiore ampiezza di vedute e prospettive storiche.

3.2 Dall’autobiografia alla biografia politica della nazione: fasi dello sviluppo del