• Non ci sono risultati.

L’influsso di Gandhi e Nehru

Da una nuova consapevolezza storica ad una letteratura del cambiamento sociale nell’India del post-indipedenza

2.3 L’influsso di Gandhi e Nehru

Ogni considerazione sulla vita e l’opera di Nayantara Sahgal non sarebbe completa senza un’analisi dell’influenza che le due figure di Gandhi e Nehru hanno esercitato sulla sua esperienza; tuttavia, al di là degli ovvi motivi ideologici che legano l’attività politica di questi leader alle ragioni artistiche e storiografiche della scrittrice oggetto del presente studio, sarà piuttosto interessante mostrare come le opere di queste due carismatiche figure dell’India del ventesimo secolo abbiano contribuito in maniera determinante alla nascita e lo sviluppo in India di un genere, quello del romanzo politico, di cui la nostra autrice è tra i massimi rappresentanti, confermando quanto illustrato sopra circa l’emergere di una nuova sensibilità politica e di una sempre maggiore partecipazione dell’individuo alla vita del paese. Scopo della presente sezione è dunque quello di mostrare come attraverso scritti politici di vario genere (lettere, articoli di giornale), ma anche attraverso la redazione di autobiografie a sfondo storico, Gandhi e Nehru abbiano condizionato in larga misura i primi esperimenti narrativi di Sahgal, aprendo la strada a un nuovo tipo di narrativa ed operando un sostanziale ripensamento critico della lingua inglese.

52

A questo proposito, come sottolinea Sunil Kilnani18, uno dei meriti principali di Gandhi e Nehru è da attribuirsi proprio all’uso che essi fecero della lingua dei dominatori. Essi mostrarono infatti come l’inglese, lingua delle petizioni ufficiali, dei proclami e delle transazioni commerciali tra colonizzatori e colonizzati, potesse, attraverso un accorto cambiamento di funzione, farsi strumento di comunicazione efficace tra i vari gruppi linguistici dell’India, favorendo una radicale contestazione del regime coloniale e veicolando un’istanza collettiva di libertà. E’ necessario ricordare che nessuno di questi due leader politici fu scrittore di professione; tuttavia, attraverso la redazione di testi storici e giornalistici, autobiografie e lettere, essi operarono un vero e proprio “sdoganamento” della lingua inglese come prerogativa dei colonizzatori, sovvertendola e smascherandola nella sua forma “artefatta” e riutilizzandola a fini politici. In altre parole, gettando le basi per un nuovo genere di letteratura a sfondo politico, Gandhi e Nehru riconobbero all’inglese – attraverso un procedimento di decostruzione e riappropriazione critica comune a molta letteratura postcoloniale - un valore essenzialmente funzionale, capace di garantire, al di là di ogni possibile accusa di “collaborazionismo” nei riguardi dei colonizzatori, una maggiore readership ed una più ampia diffusione delle opere indiane, sia in territorio nazionale che straniero. Per questa ragione Kilnani ricorda come sia Gandhi che Nehru:

Each in their own way [showed], by their distinctive uses of English, the infinite adaptability of the language of the colonizers. And as they did so, they shattered the beliefs that Indians were less ‘natural’, less skilled users of the language – yet undermining another fundamental pillar of the Empire. By devising for their own purposes a language that could be deployed across a variety of arenas (…) they gave Indians a formidable weapon with which to challenge the British. But perhaps even more remarkably, Gandhi and Nehru gave their countrymen the possibility of an equal conversation with their conquerors19.

Nella sua accurata analisi della formazione giuridica di Gandhi e del suo progressivo coinvolgimento, prima in Sudafrica poi in India, nella lotta per i diritti dei suoi connazionali, Kilnani illustra come fosse importante per un giovane avvocato praticante a Londra familiarizzare con l’inglese, lingua della legge e della burocrazia, prima ancora che con le modalità di controllo e coercizione ad essa sottese, astutamente celate da chi ne faceva strumento di potere nelle colonie. Questa competenza linguistica divenne una priorità assoluta per Gandhi quando egli, lasciata l’Inghilterra per il Sudafrica, si trovò ivi impegnato in una serie di battaglie legali per la difesa dei suoi

18 Cfr. Sunil Kilnani, “Gandhi and Nehru” cit., pp. 134-135 19

53

connazionali; nel Transvaal Gandhi si rese conto di come le maggiori umiliazioni venissero inflitte ai coloni indiani proprio attraverso la lingua inglese e l’uso di epiteti come quello di coolie. A questo proposito, ricordiamo che le principali opere a sfondo politico di Gandhi furono dettate proprio dalla necessità di contestare attraverso un uso critico della lingua inglese le modalità repressive con cui gli inglesi in Sudafrica opprimevano gli indiani. Hind Swaraj (1909), pubblicato prima in gujarati poi in inglese sotto il titolo di Indian Home Rule (1910), concepito come una serie di dialoghi tra il fittizio caporedattore di un giornale ed un lettore, ma strutturato in realtà come una serie di monologhi dell’autore su questioni inerenti il rapporto tra indiani e colonizzatori britannici, divenne presto un classico del nazionalismo indiano e si distinse come la prima sistematica critica alla concezione occidentale di una storia lineare e progressiva. Partendo dalla contestazione di un modello di storia come magistra vitae, assunto di derivazione occidentale con cui si era cercato nei secoli di giustificare i peggiori crimini dell’umanità in nome di un progressivo sviluppo delle sorti umane, Gandhi creò le premesse per quella che sarebbe stata la lotta non-violenta al regime britannico ed inaugurando un nuovo tipo di letteratura politica. “‘History’, Gandhi insisted, ‘is really a record of every interruption of the even working of the force of life or of the soul’ and it was only by kicking the English ‘habit of writing history’ that Indians could find the courage to release themselves from subjection by another civilisation”20. Tra la redazione di quest’opera e della successiva, Satyagraha in South Africa, Gandhi si dedicò inoltre a un intensa attività giornalistica; attraverso la stesura di numerosi articoli egli dimostrò come la lingua inglese fosse disgiunta da qualsiasi morale o volontà civilizzatrice, nonostante i suoi superficiali propositi. Smontando il linguaggio legale britannico attraverso i suoi stessi meccanismi, appresi nei lunghi anni di pratica forense, Gandhi:

(…) hoped to show how law and ethics stood some distance apart in the imperial system. He used the language of the law, with all its proprieties, to turn the entire colonial legal process on its head. (…) By such methods, Gandhi tore an enormous and irreparable hole in the Raj’s fabric of public meaning. He used English legal language and etiquette to drive a wedge between the meanings of the state and those whom it ruled21.

La seconda opera a sfondo politico di Gandhi, Satyagraha in South Africa, pubblicata per la prima volta in India nel 1928, costituisce in un certo senso la naturale

20 M. K. Gandhi, Indian Home Rule (1910) cit. in Sunil Kilnani, “Gandhi and Nehru” cit., p. 140 21 Sunil Kilnani, “Gandhi and Nehru”cit., p. 143

54

continuazione del discorso storico-politico intrapreso con Hind Swaraj ed approfondito dalla stesura di numerosi articoli di critica al regime britannico. Senza entrare nel merito letterario dell’opera, che influenzò molti autori degli anni Trenta grazie alla sua rappresentazione mitizzata della disobbedienza civile, ci limitiamo a ricordare come questa costituì, insieme all’autobiografia del leader politico, un documento sociale della lotta politica di quegli anni, contribuendo allo stesso tempo all’elaborazione di un genere, quello storico-autobiografico, che vedrà in Nehru e nelle prime opere di Sahgal alcune delle sue più riuscite espressioni. Attraverso la propria autobiografia Gandhi fece infatti di un genere tipicamente occidentale un nuovo strumento di narrazione del sé; presentando la propria esperienza di vita come una successione di esperimenti con la verità, e quindi come un’operazione scientifica dai presupposti laici e dai fini libertari (benché comunque siano frequenti nel testo i riferimenti al percorso di auto- purificazione spirituale intrapreso dall’autore), il mahatma fece della propria lotta politica l’esempio tangibile della più ampia battaglia condotta dalla propria nazione per la liberazione dal dominio coloniale. Questo tipo di autobiografia, che si distingueva dallo stile mitizzante e pomposo delle biografie ed autobiografie politiche concepite fino a quel momento in India, offriva un tipo di scrittura asciutta, sintetica, e rispondeva un metodo scientifico di prova, errore e revisione; questo modello verrà poi ripreso da Nehru, la cui scrittura autobiografica porterà a un’ulteriore fusione dell’elemento pubblico e privato, al punto che eventi e vicende dell’esperienza quotidiana dell’autore verranno a sovrapporsi a quelli della vita politica del paese.

Non c’è da meravigliarsi dunque che la scrittura autobiografica di Gandhi abbia esercitato un influsso determinante sull’opera del suo diretto “erede” politico, Jawaharlal Nehru, e quindi anche su Nayantara Sahgal, nipote di quest’ultimo. Come per Gandhi, anche per Nehru la padronanza della lingua inglese fu elemento fondante della propria esperienza politica e si rivelò funzionale a un interessante progetto di riflessione critica sulla storia del proprio paese. Tuttavia, per un uomo come Nehru, discendente di un’agiata famiglia di intellettuali e giuristi di Allahabad, importante centro amministrativo e legale dell’India coloniale, la conoscenza dell’inglese fu facilitata sia dal privilegio familiare che dai numerosi viaggi in Europa che il futuro leader dell’India compì da giovane, prima di intraprendere la carriera politica nel suo paese d’origine. Dei vari viaggi all’estero di Jawaharlal Nehru occorre ricordare quelli compiuti a Londra, durante i quali egli entrò in contatto con alcuni intellettuali indiani, autori di interessanti saggi sulla situazione socio-politica indiana che ne determinarono

55

in larga parte le scelte politiche e l’orientamento laico, informandolo nel contempo sui maggiori problemi sociali dell’India del periodo precedente l’indipendenza. Di questi autori politicizzati ricordiamo in particolare R. Palme Dutt, autore del saggio India To-

Day22, che da una prospettiva marxista analizza i problemi dell’India come un immediato riflesso di secoli di dominio coloniale. Sebbene il punto di vista dell’autore sia più spiccatamente vicino a quello della sinistra inglese degli anni Trenta che attirò le simpatie di autori come Mulk Raj Anand che non di un Nehru più liberale e progressista, l’opera si rivela interessante per la trattazione lucida e razionale dei problemi del paese, dalla povertà alla sovrappopolazione, presentati in un linguaggio chiaro e diretto. Particolarmente rilevante ai fini dell’influsso che quest’opera esercitò sul pensiero di Nehru e su quanto affermato sopra circa la nascita di una coscienza politica laica è l’esame che Palme Dutt offre della questione indiana, confermando quanto affermato sopra circa le istanze di riforma sociale che accompagnarono la nascita di questa nuova consapevolezza storica:

The Indian question is essentially a social question. The immediate aim of the struggle of the Indian people is national liberation, the conquest of national independence and the democratic right of self-government. But this aim represents the first stage of a deeper social struggle, of a maturing revolution within India. The struggle of the Indian people is a struggle of hundreds of millions of people, who are oppressed and exploited at the lowest level of human existence, for freedom and the means of life, for national, political and social freedom. The national and social issues are closely intertwined; and the understanding of this inter-connection is the key to the understanding of the Indian situation23.

Ciò che maggiormente interessa di questa analisi è la capacità di riconoscere la situazione indiana come paradigmatica di una condizione di subordinazione e sfruttamento perpetrata dai regimi coloniali, e di proiettare la storia del proprio paese sullo sfondo di una più ampia lotta tra colonizzatori e colonizzati:

India’s demand for freedom raises in its sharpest form the question of the modern colonial system, which is an integral part of modern imperialism and at the root of the issues of imperialist war. The Indian people, in struggling for their rights, are struggling for the rights of all the colonial peoples. The subjection of India is the foundation-stone of the modern colonial system. The removal of this foundation-stone by the liberation of India will strike a decisive blow at the whole colonial system, which is inseparably bound up with modern capitalist society24.

22 R. Palme Dutt, India To-Day, London, Victor Gollancz, 1940 23 Ibid., p. 16

24

56

Ed è proprio questa capacità che accomuna il pensiero di Palme Dutt all’attività politica di Nehru, che ispirato da opere come questa si dedicò negli anni Trenta alla stesura di numerosi scritti politici, pamphlet e saggi su questioni sociali e letterarie. Tuttavia è con le sue tre opere maggiori che Nehru raggiunse una maturità letteraria e politica: stiamo parlando di Glimpses of World History (1934), An Autobiography (1936) e The

Discovery of India (1946), che costituiscono una sorta di trittico della storia indiana

dagli anni della disobbedienza civile fino alla vigilia dell’indipendenza. Le opere, concepite e redatte durante i lunghi periodi di prigionia, si caratterizzano essenzialmente per il rigore quasi scientifico del metodo di indagine storica, già sperimentato da Gandhi nella sua autobiografia, ma soprattutto per la sostanziale commistione di eventi della vita privata dell’autore e fatti storici.

La prima opera di Nehru risponde quindi chiaramente all’intenzione già espressa da Gandhi nel suo primo saggio di decostruire una storia occidentale fatta di negazioni e omissioni e reinscriverla in un più ampio progetto di storia universale, narrandola però da un punto di vista indiano (intenzioni che verranno riprese da Sahgal nei suoi romanzi, dove, come vedremo, la critica alla storiografia eurocentrica occuperà un ruolo centrale). L’opera di Nehru risente indubbiamente sia dell’influenza di autori come Palme Dutt, che partendo dall’analisi del regime coloniale britannico elaborò una critica al sistema imperialistico nella sua totalità, sia dell’esigenza di rileggere gli eventi nazionali alla luce dei cambiamenti mondiali. L’obiettivo di Nehru era dunque quello di rendere la propria battaglia nazionalista paradigmatica di ogni situazione di asservimento a un dominio straniero ed attirare nel contempo l’attenzione di altri paesi sulla questione indiana. I vantaggi di questa strategia erano evidenti:

[This strategy] avoided the partiality of nationalist histories, and more importantly, it enabled [Nehru] to relativise European history; by placing European history against that of the continuous civilisations of India and China, the besetting weakness of all world histories – Eurocentrism, as we today call it – might be avoided25.

Allo stesso modo, attraverso la redazione della propria autobiografia e la narrativizzazione della battaglia storica condotta a favore della causa indiana, Nehru cercò di dare alla propria esperienza personale una dimensione nazionale, presentando i propri ideali libertari come valori per cui l’intera nazione doveva combattere; la sovrapposizione di fatti pubblici e privati divenne tratto distintivo della sua scrittura,

25

57

anche di quella più intimistica come le lettere scritte ai familiari26, che testimoniano in tal senso come ogni esperienza di vita dell’autore si innestasse immediatamente sul suo impegno politico. L’autobiografia di Nehru, che ebbe un successo incredibile in India e fu ristampata ben dieci volte solo nell’anno della sua pubblicazione, va ricordata ai fini del nostro studio non tanto come un classico del nazionalismo indiano, quanto per il suo contributo a un genere, quello dell’autobiografia politica, che veniva a consolidarsi in quegli anni come un genere di grande rilievo storico-letterario. Non a caso il primo esperimento letterario di Sahgal, Prison and Chocolate Cake, benché concepito durante gli anni del soggiorno americano dell’autrice, risente notevolmente dell’influsso di questo genere, che attraverso l’esempio di Gandhi e Nehru ebbe una profonda influenza sulla narrativa indo-inglese degli anni Trenta e Quaranta. Per concludere, ricordiamo che la terza opera di Nehru, The Discovery of India, sebbene motivata da propositi di analisi storiografica, utilizza tuttavia un metodo introspettivo più simile a quello dell’autobiografia; indagando nel passato dell’India e cercando di aggirare i limiti di una storia particolaristica, complice dei disegni imperialistici dei colonizzatori e troppo spesso orientata a rimarcare le varie diversità religiose e linguistiche dell’India, Nehru cerca di individuare, al di là di ogni ovvia differenza, la comune matrice culturale dell’identità indiana. Queste motivazioni saranno raccolte da Sahgal, per cui, come vedremo, il legame tra storia individuale e storia collettiva verrà ad assumere, attraverso l’esempio di questi padri della nazione, un significato centrale.