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L’avanzata dell’Osservanza da Callisto III a Innocenzo VIII (1455-1492)

A differenza di quanto era avvenuto sotto i pontificati di Eugenio IV e Niccolò V, che non favorirono particolarmente i loro congiunti, con Callisto III (1455-1458)101, al secolo Alonso Borgia, l’elevazione del proprio ramo familiare divenne uno degli obiettivi della politica di questo pontefice. Il fenomeno del nepotismo, già manifestatosi nel Medioevo, risorgeva con più grandi dimensioni divenendo uno dei caratteri della politica papale del Rinascimento102. Tra l’altro Callisto III innalzò al cardinalato suo nipote Rodrigo Borgia, futuro Alessandro VI, da subito criticato per la sua vita licenziosa. Ciononostante, le fonti coeve concordano sulla buona fama del pontefice, uomo “di retti costumi ed integrità di vita”, come sottolinea Antonino, arcivescovo di Firenze, in alcune lettere da lui scritte a seguito della consacrazione di Callisto III103.

Subito dopo l’elevazione al soglio pontificio, Alonso Borgia si impegnò nella guerra contro i Turchi, ed inviò in tutta Europa i suoi legati per predicare la Crociata, ottenendo tuttavia scarso appoggio da parte dei sovrani. Il suo impegno nella guerra santa venne invece salutato con favore da alcuni esponenti degli Ordini religiosi, tra cui Giovanni da Capistrano, che partecipò alla difesa di Belgrado il 22 luglio 1453, ed inviò al pontefice in quell’occasione una nota lettera piena di entusiasmo104.

101 Su Callisto III rinvio per la bibliografia a Navarro Sornì M., Callisto III, Roma, Roma nel Rinascimento 2006.

102 Sui papi del Rinascimento vedi Pellegrini, op. cit. Sul nepotismo: Carocci S., Il nepotismo nel Medioevo. Papi, cardinali e famiglie nobili, Roma, Viella 1999.

103 Cit. in Pastor L., Storia dei papi, Roma, 1960, pp. 590-91.

Per quanto riguarda il governo degli Ordini religiosi, la linea che Callisto III perseguì fu quella di mantenere l’unità e di ammorbidire i contrasti tra osservanti e conventuali105. D’altra parte, come il suo predecessore, non si fece problemi nell’attribuire benefici ai francescani conventuali, e nei suoi tre anni e mezzo di pontificato attribuì 32 dispense per ottenere benefici.

L’appoggio di Alonso Borgia nei confronti dell’Osservanza francescana fu abbastanza tiepido, probabilmente anche a causa dei rapporti di favore intrattenuti con alcuni esponenti della famiglia conventuale. Durante il capitolo tenutosi a Roma nel 1458, Callisto III impose come Ministro Generale dell’Ordine il conventuale catalano Jacopo da Sarzuela, già istituito per intervento papale vicario generale l’anno precedente; l’elezione del Sarzuela va certamente inserita nel contesto del

“grande nepotismo” di Callisto III, che si circondò di connazionali e di familiari, ed affidò numerosi incarichi amministrativi e militari dello Stato Pontificio ai catalani.

Il 2 febbraio 1456, con la bolla Illius cuius in pace, detta “Bolla della concordia”, intese ristabilire l’unità dei francescani con un’uguale subordinazione di conventuali ed osservanti al Ministro Generale106. I due gruppi potevano ugualmente partecipare all’elezione del Generale, ma nessun osservante poteva essere eletto; gli osservanti potevano eleggere il loro Vicario abbastanza liberamente ma il Ministro aveva ora una maggiore libertà di correzione nei loro confronti e poteva addirittura deporre lo stesso Vicario. Una certa unità, e quindi una minore autonomia osservante, veniva ristabilita anche a livello locale, in quanto i ministri conventuali presiedevano ora i capitoli provinciali elettivi degli osservanti. Tuttavia il governo ordinario degli Osservanti rimaneva sostanzialmente autonomo, e la riforma era garantita, anche

104 Pastor, op.cit., p. 645, Merlo, Nel nome di San Francesco, p. 344.

105 Sulla sua politica nei confronti degli osservanti vedi Fois M., I papi e l’osservanza minoritica, in Il rinnovamento del francescanesimo. L’Osservanza, Assisi, SISF 1985, p.71.

106 Bullarium Franciscanum II, 125.

perché il passaggio di un osservante ad un convento di conventuali restava sempre più complesso di un passaggio di conventuali all’Osservanza. In realtà né conventuali né osservanti furono soddisfatti della nuova sistemazione; il problema della riforma e dell’unità dei francescani restava sostanzialmente aperto.

Sotto il pontificato di Callisto III la situazione giuridica dell’Ordine domenicano restò invece invariata. Il pontefice canonizzò il famoso predicatore Vincenzo Ferrer, che intorno al 1411 aveva predetto la sua elevazione al soglio pontificio. Per il resto, non favorì in modo particolare gli osservanti, ma nonostante lo scarso appoggio da parte del Borgia, in questo periodo la riforma osservante procedette in maniera spedita in entrambi gli ordini.

Pio II (1458-1464), al secolo Enea Silvio Piccolomini107, in gioventù aveva partecipato alla corrente conciliarista, ma nel 1444 si era convertito alla causa della monarchia papale, facendo ammenda davanti ad Eugenio IV. In seguito collaborò con il Condulmer e con Niccolò V per la completa chiusura della crisi conciliare, avvenuta nel 1449. Nove anni dopo fu eletto pontefice, risultando vincitore in conclave contro il cardinale Guillaume d’Estouteville, accusato dal Piccolomini di poter favorire in caso di elezione un pericoloso ritorno al predominio francese sul soglio pontificio.

Preso il nome di Pio per sottolineare il carattere marcatamente spirituale del suo pontificato, si impegnò attivamente per la riforma della cristianità, e al tempo stesso per la restaurazione della potestà pontificia, rifacendosi direttamente all’operato dei predecessori Martino V, Eugenio IV e Niccolò V.

Uno dei suoi progetti fu l’organizzazione della guerra santa, in collaborazione con gli Ordini mendicanti ed in particolare con gli osservanti francescani, molto attivi in questo senso, come abbiamo visto, già sotto Callisto III.

107 Per la bibliografia rinvio a Marco Pellegrini, Pio II, in Enciclopedia dei papi, pp. 663-685.

In questo contesto si inserisce perfettamente l’atteggiamento tenuto da Pio II nei confronti degli osservanti, che appoggiò apertamente. Egli era stato tra l’altro estimatore ed amico di Giovanni da Capestrano, che come abbiamo visto fu paladino della causa papale contro i conciliaristi. La famiglia religiosa che il Piccolomini favorì maggiormente fu proprio l’Osservanza francescana, patrocinata anche nella diffusione dei Monti di Pietà.

Meno di due mesi dopo l’elevazione al pontificato, Pio II emanò dunque la bolla Pro nostra ad B. Franciscum devotio, con la quale cassava la bolla di concordia di Callisto III e ristabiliva alcune delle disposizioni di Eugenio IV, favorendo notevolmente l’Osservanza. Nella stessa bolla si preoccupava, però, anche di salvaguardare la pace tra osservanti e conventuali, ribadendo il divieto di occupare i conventi dell’altro ramo dell’Ordine o di appropriarsi della cura dei monasteri femminili governati dagli altri108.

Per quanto riguarda l’Ordine domenicano, anche qui il pontefice fu apertamente schierato dalla parte degli osservanti. Protesse e favorì la Congregazione Lombarda, inaugurando il periodo che avrebbe visto gli osservanti godere di un rapporto privilegiato con il papato. Nel 1459 venne costituita la “Congregazione Lombarda”

propriamente detta, che godeva di ampia libertà di manovra. In particolare i Vicari potevano trattare direttamente con la Corte di Roma senza la mediazione dei Generali. L’unità dell’Ordine veniva comunque salvaguardata, e l’autorità dei Generali rimaneva intatta, anche se attenuata.

L’appoggio ai Lombardi era di certo in primo luogo dovuto all’importanza attribuita dal pontefice alle problematiche di riforma, ma la costituzione vera e propria della Congregazione, avvenuta pochi mesi dopo che il Piccolomini aveva riconosciuto la sovranità degli Sforza, fu certo anche favorita dai buoni rapporti che intercorrevano tra Pio II e lo Stato di Milano109. Nell’appoggio all’Osservanza ebbe un ruolo anche il legame che unì Pio II al cardinale domenicano Juan de Torquemada, che continuò a

108 BF n. s. II, 511.

godere dell’influenza e prestigio che si era guadagnato già durante il pontificato di Eugenio IV. Torquemada fu tra l’altro grande alleato del pontefice al Concilio di Mantova, indetto per sollecitare le potenze europee alla Crociata ma dove Pio II si ritrovò sostanzialmente isolato110.

Durante il pontificato del Piccolomini accadde un evento importante e poco comune:

la deposizione diretta del Maestro Generale domenicano da parte del pontefice, nel 1462. Questa vicenda mostrava i legami spesso inscindibili tra questioni politiche e problematiche di riforma, e inoltre rivelava in maniera eloquente quanto in questo periodo stesse aumentando l’ingerenza e l’attento controllo del pontefice sulle istituzioni religiose ed in particolare sulle più alte cariche degli Ordini. La grave decisione presa da Pio II nel 1462 di deporre il Maestro Generale Martial Auribelli fu, secondo Agostino Mortier, dovuta essenzialmente a due fatti: la provenienza francese del generale e i contrasti riguardo alla Congregazione Lombarda. Auribelli era in effetti molto legato alla corte di Francia, ed era stato molto favorito dal re mentre era Provinciale di Provenza, mentre Pio II simpatizzava per il partito imperiale ed intendeva probabilmente diminuire l’influenza francese sull’Ordine: da vari anni infatti la Francia deteneva quasi un diritto esclusivo sulle elezioni dei Generali, tanto che sull’alta carica si erano succeduti altri tre francesi prima di Auribelli111.

In secondo luogo, Auribelli contrastò la formazione della Congregazione, progetto che stava invece molto a cuore a Pio II112. Anche l’opposizione di Auribelli alla

109 Su Milano durante la Signoria sforzesca vedi Pellegrini M., Ascanio Maria Sforza. La parabola politica di un cardinale-principe del rinascimento, Roma, Istituto Storico Italiano per il Medioevo 2002.

110 Per i rapporti tra Torquemada e Pio II vedi Mortier A., op cit. IV, p. 382.

111 Barthelemy Texier (1426-1449), Pierre Rochin (1450), Gui Flamochetti (1451).

112 Sulla deposizioni di Auribelli, Mortier, A., op.cit., IV, pp. 388 ss.

Congregazione Lombarda aveva connotazioni politiche, in quanto egli era legato agli Orléans, i rivali degli Sforza nel possesso dello Stato di Milano.

Questa politica papale di promozione della Riforma continuò durante i pontificati successivi, sebbene in modo differente. Paolo II (1464-1471)113, figlio di Niccolò Barbo e Polissena Condulmer, era nipote di Eugenio IV, ed era quindi coinvolto nella causa della riforma ecclesiastica promossa dal suo ceppo famigliare in particolar modo nell’area veneta e padana114; era di conseguenza di certo favorevole alle Osservanze. Egli continuò sulla linea dei suoi predecessori e tentò di salvaguardare la concordia tra osservanti e conventuali; al pari di Pio II, appoggiò al tempo stesso la riforma. Come gli altri pontefici prima e dopo di lui, favorì l’ordinamento gerarchico all’interno degli Ordini, ed una certa semplificazione amministrativa, obbligando nel 1467 i piccoli gruppi di riformatori a sottomettersi ai vicari o ai ministri. Nello stesso anno stabilì che né conventuali né osservanti potevano impedire la fondazione di un convento appartenente all’altro gruppo, con il pretesto di esser presenti da tempo sul territorio115; questa disposizione favoriva in realtà gli osservanti, che in questo periodo, come abbiamo visto, avevano una grande forza di diffusione e godevano dell’appoggio dei poteri politici e del popolo, anche per fondare nuovi istituti.

Paolo II seguì la politica di Pio II anche riguardo agli osservanti domenicani: il 13 novembre 1464, rispondendo ad una supplica dei Lombardi, pubblicò una

“Costituzione” che confermava e completava i privilegi dati loro da Pio II,

113 Vedi Anna Modigliani, Paolo II, in “Dizionario dei papi”, pp. 685-701.

114 Trolese F. (a cura di), Riforma della Chiesa, cultura e spiritualità nel Quattrocento veneto, Cesena 1984.

115 Bullarium Franciscanum II, 1408.

aggiungendo alcuni articoli considerati necessari per l’autonomia della congregazione. Tuttavia, nel 1469 il Maestro Generale Auribelli, che era stato riabilitato e nuovamente eletto nel 1465, riuscì ad ottenere la revoca dei privilegi accordati agli osservanti. L’anno successivo la situazione venne però nuovamente capovolta a favore della Congregazione.

Nell’agosto 1471 fu eletto al soglio pontifico, assumendo il nome di Sisto IV (1471-1484), il frate minore Francesco della Rovere da Savona. Nato il 21 luglio 1414, fin dall’età di nove anni venne affidato al minorita conventuale Giovanni da Pinerolo, e a quindici fece la sua professione religiosa a Savona, distinguendosi presto per le doti intellettuali e le conoscenze teologiche. Nel 1464 il Della Rovere venne eletto all’unanimità Ministro generale dell’Ordine, e durante l’incarico si occupò febbrilmente della riforma, visitando i conventi, rimuovendo i professori minoriti che avevano raggiunto gradi accademici senza merito, prendendo provvedimenti contro l’immoralità di molti frati. Tra il 1464 ed il 1469 varò gli statuti di riforma detti Statuta Sixtina.

Sisto IV era abbastanza favorevole all’Osservanza, tanto che mentre era Ministro aveva contribuito alla redazione della bolla Cum sacer ordo di Paolo II. Egli restava tuttavia pur sempre un frate conventuale, e non stupisce quindi che nel 1472 i conventuali riuscirono addirittura ad ottenere dal papa la rimessa in discussione della bolla di Eugenio IV Ut Sacra, che aveva sancito l’autonomia osservante. Mentre il pontefice rifletteva sulla questione, gli giunsero numerose lettere che peroravano la causa osservante, tra cui quelle del re d’Inghilterra e del duca di Milano.

Probabilmente questi interventi lo convinsero a lasciare invariata la situazione giuridica dell’Ordine. Lucas Wadding racconta che in quest’occasione Sisto IV esclamò: Ego putavi mihi rem esse cum mendicis et pediculosis fratribus, non cum universis principibus.116

116 Wadding, op. cit. XIV, p. 2.

Anche in questo pontificato si contano molti passaggi di istituti da conventuali ad osservanti, avvenuti principalmente grazie alla pressione del potere secolare e delle comunità, come ad esempio nel caso del convento di Monaco di Baviera, riformato grazie alla richiesta del Duca di Baviera117. Tuttavia Sisto IV concesse anche ben 227 benefici e commende a singoli conventuali, favorendo quindi la decadenza della

“vita comune”.

Scopo principale di Sisto IV rimaneva quello di mantenere la concordia tra le due famiglie; con quest’obiettivo intervenne in Francia ed in Spagna nel febbraio 1482 in difesa dei conventuali presi di mira dal potere politico, ormai sempre più spesso schierato in favore degli osservanti118. Nello stesso senso può essere interpretata anche la tardiva canonizzazione di fra Bonaventura da Bagnoreggio, sanzionata con la bolla del 14 aprile 1482119.

Il problema della concordia tra osservanti e conventuali, ma anche tra frati di uno stesso gruppo, poteva assumere particolari implicazioni politiche. Ciò accadde ad esempio nelle vicende che portarono nel 1475 alla nascita della Vicaria osservante Bresciana, che comprendeva i conventi ubicati nei territori di Brescia, Bergamo e Crema, appartenenti alla dominazione veneziana di terraferma. Alcuni anni prima, infatti, era scoppiato, tra questi conventi e la dirigenza osservante milanese, un contrasto che aveva fatto scendere in campo Venezia ed il duca di Milano, e che dunque non era solo fatto interno alla famiglia osservante ma assumeva connotazioni interstatuali. Sisto IV rispose dunque alle pressioni con l’istituzione della nuova Vicaria120.

117 Bullarium Franciscanum III, n. 1356.

118 Ivi, n. 1395.

119 Merlo, Nel nome di San Francesco, p. 350.

120 Ivi, pp. 353-354.

Per quanto riguarda il rapporto del pontefice con i domenicani, egli concesse all’Ordine molti privilegi, ed in particolare con due decreti, uno del 1475 ed uno del 1478, stabilì che i conventi potessero possedere proprietà private. Gli storici domenicani giustificano questa disposizione sostenendo che essa andava incontro a necessità essenziali degli istituti, e salvaguardava in ogni caso il precetto della povertà individuale dei frati121; la disposizione di Sisto IV verrà poi confermata nel 1501. Il pontefice confermò inoltre i privilegi della Congregazione Lombarda, che continuò in questi anni la sua opera di riforma. La bolla dell’8 novembre 1482 mise sotto la giurisdizione esclusiva del Vicario di Lombardia il convento di S. Sabina di Roma.

Sisto IV non fu però equidistante nei confronti dei due ordini mendicanti nella questione delle stigmate di S. Caterina da Siena, che era stata canonizzata da Pio II nel 1461. Egli infatti favorì apertamente il suo ordine di appartenenza, con due bolle (1472 e 1475) e due brevi (1478 e 1480) che vietavano di raffigurare la santa domenicana con i segni della passione di Cristo. In questa maniera, Francesco rimaneva l’unico santo ad aver ricevuto il dono delle stigmate. La lotta per le stigmate tra i due ordini fu assai accesa; si arrivò addirittura a scontri tra la popolazione, divisa tra i due schieramenti, finché l’intervento di Innocenzo VIII risolse parzialmente la situazione.

In questo periodo l’influenza dei pontefici sul governo degli Ordini si accrebbe, grazie anche alla crescita del potere dei cardinali protettori che tesero pressoché ad imporre l’elezione dei Generali auspicati dalla Santa Sede. Fu anche ciò, probabilmente, a favorire nella famiglia domenicana l’emergere di molti frati dell’Osservanza. Durante il capitolo del 1484, in particolare, Sisto IV appoggiò, tramite il cardinale protettore Oliviero Carafa, l’elezione di Bartolomeo Comazio,

121 Cfr. Mortier, op. cit.; vedi anche Lippini P., La spiritualità domenicana, Bologna, ESD 1987.

Infatti “nell’Ordine ha assai più importanza la salvezza delle anime da procurarsi mediante la predicazione e l’insegnamento, che non la povertà, e perciò giustamente questa deve essere a quella sacrificata, quando le circostanze lo richiedano”. Lippini, op. cit, p. 129.

appartenente alla Congregazione Lombarda122. A causa della forte opposizione dei conventuali l’elezione non avvenne sotto questo pontificato, riuscendo invece, pochi mesi dopo, sotto Innocenzo VIII (1484-1492).

Quest’ultimo pontefice apparteneva alla fazione capeggiata dal francescano Giuliano Della Rovere, nipote di Sisto IV nonché futuro Giulio II, e durante il pontificato del Cibo “il clan Della Rovere si affermò come vero padrone della corte papale”123. Certo a causa della sua vicinanza al Della Rovere, Giovan Battista Cibo imitò il suo predecessore riguardo alla politica nei confronti dei francescani, e non modificò le direttive riguardanti la situazione degli osservanti, mentre tese in qualche modo a proteggere i conventuali. Il 12 agosto 1486, infatti, il pontefice difende gli interessi dei frati conventuali e insieme quelli delle clarisse loro sottoposte come stabiliti nella

“Bolla di concordia” di Callisto III124.

Innocenzo VIII ebbe invece un atteggiamento molto differente dal suo predecessore riguardo alla questione delle stigmate di S. Caterina da Siena125. Sisto IV, come abbiamo ricordato, aveva favorito apertamente il suo ordine di appartenenza, mentre Innocenzo VIII, nonostante la sua vicinanza al Della Rovere, certamente più favorevole alle rivendicazioni francescane, rispose alle suppliche dei domenicani, indirizzando al Maestro Generale, che era allora Gioacchino Torriani, una bolla che pur senza essere definitiva, rappresentava comunque una vittoria: C’è da temere che le discordie tra il vostro Ordine e quello dei Minori diventino sempre più gravi. Per

122 Mortier, op.cit., IV, pp. 588-590. Su Bartolomeo Comazio, Mortier, op.cit., IV, pp. 570 ss.

123 Pellegrini M., Innocenzo VIII, in DBI 62 (2004), ad vocem.

124 Bullarium Franciscanum I, n. 485.

125 A riguardo Wadding, op. cit., 1472, pp. 70-74; Zarri G., Lucia da Narni e il movimento femminile savonaroliano, in Fragnito G.- Miegge M. (a cura di), Girolamo Savonarola: da Ferrara all’Europa.

Atti del Convegno internazionale 30 marzo – 3 aprile 1998, Firenze, SISMEL Edizioni del Galluzzo, 2001.

ovviare a questo inconveniente, ordiniamo che le immagini di S. Caterina, che fino ad ora sono state ornate dalle stigmate, conservino i segni sacri; ma non permettiamo che siano fatti nuovi segni prima che la Santa Sede abbia preso la sua decisione. Le stigmate cateriniane verranno definitivamente riconosciute soltanto nel terzo decennio del Seicento126.

Innocenzo VIII, come i predecessori, continuò a venire incontro alle richieste che giungevano da parte di numerose comunità riguardo alle fondazioni di conventi osservanti. Il processo d’inserimento degli Osservanti, sia francescani che domenicani, nelle corti e negli stati si intensificò; i frati erano spesso cappellani e confessori dei sovrani, elemosinieri o predicatori di corte, e rivestivano incarichi connessi con lo stesso governo dei regnanti. Parallelamente, come è naturale, aumentò il numero di privilegi e di benefici, che restò contenuto se confrontato con la situazione dei conventuali, ma che tuttavia desterà molte preoccupazioni soprattutto sotto il pontificato di Leone X. In totale, per i francescani troviamo nel Bullarium dell’Ordine ben 146 lettere di benefici personali conferite sotto questo pontificato127.

Per quanto riguarda i domenicani, la stretta vicinanza dei frati alla nobiltà, e allo stesso tempo la ricchezza che l’Ordine non evitava di mettere in mostra, emersero nel Capitolo Generale tenutosi a Venezia nel 1484: le cerimonie vennero sontuosamente preparate, ed erano presenti nobili, dame, e lo stesso doge, tanto da far esclamare un testimone: se un Capitolo di frati mendicanti è celebrato in questo modo, come saranno dunque le assemblee dei principi e dei re?128. Successivamente tali costumi saranno criticati ed aboliti, con l’ascesa al generalato di personaggi provenienti

126 Cfr. Zarri G., Lucia da Narni, in Fragnito G.- Miegge M. (a cura di), Girolamo Savonarola: da Ferrara all’Europa. Atti del Convegno internazionale 30 marzo – 3 aprile 1998, Firenze, SISMEL Edizioni del Galluzzo, 2001, p. 111.

127 Cfr. Bullarium Franciscanum IV, n.2.

127 Cfr. Bullarium Franciscanum IV, n.2.