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Riforme monastiche e consolidamento dello Stato tra Martino V e Niccolò V (1417-1455)

L’11 novembre 1417, con l’elezione di Oddone Colonna, che prese il nome di Martino V74, terminò il grande scisma di Occidente. Il pontefice tornò a Roma dopo tre anni di esilio, grazie ad un’accorta politica diplomatica, e riuscì ad ottenere il riconoscimento della sovranità pontificia, almeno per una parte dei domini della Chiesa, grazie ad una serie di accordi con le Signorie. Il Colonna si dedicò durante il suo pontificato ad una complessa opera di riedificazione del papato, impegnandosi nel riordinamento amministrativo per sollevare lo Stato pontificio dal caos dello scisma. La sua opera, che pure raggiunse importanti risultati, si rivelò tuttavia per molti versi fragile, a causa del carattere troppo personale e familiare che il pontefice diede alla propria signoria, stabilendo nelle strutture di governo l’egemonia della sua famiglia baronale, postulando ad un dominio più prolungato che superasse la durata del suo pontificato, aspirazione non compatibile con l’elettività della monarchia pontificia75.

All’interno dell’opera di consolidamento e riorganizzazione dello Stato portata avanti sotto il suo pontificato, Martino V si occupò anche della riforma degli ordini religiosi, in particolare di quello francescano. Nel 1429 furono, infatti, varate le cosiddette Costitutiones Martiniane, statuti di riforma redatti sotto la supervisione di

74 Su Martino V rinvio a Chiabò M. – D’Alessandro G. – Piacentini P. – Ranieri C. (a cura di), Alle origini della nuova Roma. Martino V, Roma, Istituto storico per il Medioevo 1992.

75 Sullo Stato pontificio vedi: Von Pastor L., Storia dei papi, Roma 1960; Prodi P., Lo sviluppo dell’assolutismo nello Stato Pontificio (secoli XV-XVI), Bologna, Casa editrice Pàtron 1967; Caravale M. – Caracciolo A., Lo Stato Pontificio da Martino V a Pio IX, Storia d’Italia volume 14, Utet 1978;

Prodi P., Il sovrano pontefice, Bologna, Laterza 1982; AA. VV., Enciclopedia dei papi, Treccani 2000;

Schimmelpfenning B., Il papato. Antichità, Medioevo, Rinascimento, Roma, Viella 2006; Menniti Ippolito A., Il tramonto della Curia nepotista, Roma, Viella 1999; Menniti Ippolito A., Il governo dei papi nell’età moderna, Roma, Viella 2007; Pellegrini M., Il papato nel Rinascimento, Bologna, Il Mulino 2010.

Giovanni da Capistrano76, che volevano riportare l’ordine all’osservanza della regola, ed erano validi per tutti, osservanti e conventuali. Nonostante avesse giurato di rispettarli e di farli rispettare, il Ministro Generale Guglielmo da Casale già nel 1430 chiese l’assoluzione dal rispetto delle Constitutiones, che fu accordata dal pontefice.

Se Martino V fu certamente favorevole all’Osservanza, tanto che tra il 1422 ed il 1428 egli concesse agli Osservanti Cismontani di fondare ben trentacinque nuove sedi, una radicale opera di riforma dell’Ordine francescano, come di quello domenicano, per lo meno dal punto di vista amministrativo, sarà comunque iniziata soltanto sotto Eugenio IV.

Eugenio IV (1431-1447) dedicò moltissime energie al problema della riforma della Chiesa ed in particolare a quella degli Ordini religiosi. La sua devozione personale e la sua integrità morale furono ampiamente ammirate dai contemporanei; agostiniano, egli appoggiò fortemente gli agostiniani riformati e favorì anche le riforme degli altri ordini, in particolare le Osservanze francescane e domenicane. Da cardinale, Gabriele Condulmer si era occupato personalmente anche di una riforma monastica a Roma: alla fine degli anni venti, Martino V gli aveva infatti affidato l’incarico di riformare, spiritualmente ed economicamente, l’abbazia di S. Paolo fuori le mura, che era in spaventosa decadenza. Il Condulmer aveva così fatto giungere a Roma la riforma benedettina nata in ambito veneto soprattutto per impulso dell’abbazia di S.

Giustina di Padova77.

76 Su Giovanni da Capistrano: Hofer G., Giovanni da Capistrano. Una vita spesa nella lotta per la riforma della Chiesa, L’Aquila 1955; AA. VV., Giovanni da Capestrano. Dalla storia della Chiesa alla storia d’Europa. Studi in occasione delle celebrazioni nel VI centenario della nascita, 1386-1986, Bologna, Quaderni del monte 1988; Pasztor E. (a cura di), San Giovanni da Capestrano nella Chiesa e nella società del suo tempo, L’Aquila 1989; Pasztor E. (a cura di), Ideali di perfezione ed esperienze di riforma in S. Giovanni da Capistrano, L’Aquila 2002; Caciotti A. – Melli M. (a cura di), Giovanni da Capestrano e la riforma della Chiesa, Milano, Edizioni Biblioteca Francescana 2008.

77 Barone G., La presenza degli ordini religiosi nella Roma di Martino V, in Chiabò (a cura di) , Alle origini della nuova Roma, pp. 353-366.

L’appoggio che il pontefice offrì all’Osservanza, sia francescana che domenicana, fu secondo Mario Fois “pieno, efficace e decisivo, espresso con iniziative talvolta radicali”78. Il suo pontificato inaugura, relativamente alla definizione giuridica dei rapporti tra osservanti e conventuali, una tendenza che avrà come sbocco finale la vittoria degli osservanti sancita a livello amministrativo durante i papati di Leone X e Clemente VII79.

Uno dei principali problemi delle Osservanze, fin dalle loro origini, era quello di salvaguardare la loro azione dai Maestri Generali, che potevano di certo favorirla ma anche ostacolarla se le erano ostili. Una soluzione che cominciò a profilarsi sotto Martino V e che trovò la prima sanzione giuridica sotto Eugenio IV fu quella dei vicariati: gli osservanti venivano posti sotto l’autorità di un Vicario Generale che godeva di una certa autonomia dal potere centrale dell’Ordine.

In particolare per quanto riguarda i domenicani, con il privilegio dell’8 aprile 1437 Eugenio IV trasformò la “società” dei riformati lombardi in una congregazione in senso lato, intesa come gruppo di osservanti governati da un Vicario Generale, e sancì dunque la nascita della “Congregazione lombarda”80 con una sua personalità giuridica e con qualche libertà nei confronti del Maestro Generale. L’appoggio del pontefice nei confronti degli osservanti domenicani emerse anche nel suo diretto intervento nella fondazione del primo convento osservante domenicano di Firenze, quello di S. Marco, fondato nel 1436, in accordo con Cosimo de Medici, in occasione

78 Fois, I papi e l’osservanza minoritica.

79 Cfr. Sella P., Leone X e la definitiva divisione dell’Ordine dei Minori: la bolla Ite vos (29 maggio 1517), Grottaferrata, Frati editori di Quaracchi, 2001; Mortier A., Histoire des Maitres généraux de l’ordre des fréres prêcheurs, Paris, Alphonse Picard et fils 1911.

80 Sulla Congregazione Lombarda vedi Mortier, op. cit.; D’Amato A., Vicende dell’Osservanza regolare nella congregazione domenicana di Lombardia negli anni 1469-72; Creytens R., Les actes capitulaires de la congregation dominicaine de Lombardie (1482-1531); Ferrua V. (a cura di), I domenicani della Lombardia superiore dalle origini al 1891, Torino 2002;Tavuzzi M., Dagli atti del capitolo di Piacenza 1528 della congregazione di Lombardia (1459-1531), in AFP 73 (2003), pp. 171-203.

del lungo soggiorno fiorentino di Eugenio IV81, durante il quale il pontefice strinse in particolare uno stretto legame con Antonino82, che vorrà al suo capezzale in punto di morte.

Per quanto riguarda l’Ordine francescano, nel 1431 Eugenio IV ripristinò l’obbligo per tutti di rispettare le Costitutiones Martiniane. Nello stesso anno chiese ai poteri ecclesiastici e secolari di collaborare alla riforma, e ordinò al Ministro Generale di procedere alla visita dei conventi e dei monasteri a lui affidati. Il pontefice inizialmente intendeva procedere nel rinnovamento mantenendo l’unità nell’ordine;

presto tuttavia fu evidente che era difficile andare avanti su questa strada, ed Eugenio IV ripiegò anche qui, nel 1438, sull’istituzione delle vicarie osservanti, ordinando tra l’altro al Maestro Generale Guglielmo di Casale di nominare Bernardino da Siena Vicario Generale degli osservanti italiani.

Tra il 144383 ed il 144684 il pontefice stabilì l’ordinamento francescano destinato a restare invariato fino al 1517, grazie alla bolla Ut Sacra: veniva creata in sostanza una duplice struttura di governo che divideva gli osservanti dai conventuali, di modo che l’organizzazione dell’Osservanza fosse pienamente autonoma. Vennero istituiti due vicari generali per gli osservanti, uno per la parte cismontana, l’altro per quella oltremontana, che avevano tutti i poteri del Ministro Generale; a quest’ultimo spettava soltanto una funzione “correttrice”85: egli poteva cioè visitare conventi e

81 Bullarium O. P. I, p. 65. Cfr. anche Mortier, op. cit., p. 163-165.

82 Su Antonino cfr. De Roover R. (a cura di), San Bernardino of Siena and sant’Antonino of Florence; the two great economic thinkers of the Middle Ages, Boston, Baker Library, 1967.

83 Bullarium Franciscanum I, n. 705.

84 Bullarium Franciscanum I, n. 948: Regiminis universalis del 31 ottobre 1445; Bolla Ut sacra Ordinis, elaborata dal Capestrano in Bullarium Franciscanum I, n. 497.

85 Merlo, Nel nome di S. Francesco, pp. 331-332.

monasteri e correggere il Vicario, senza avere però il potere di deporlo. La convocazione del Capitolo Generale della vicaria osservante e quello delle vicarie provinciali non era più sottoposto al permesso accordato dal Ministro. Nello stesso 1446 il pontefice assistette personalmente al primo Capitolo Generale osservante.

L’atteggiamento di Eugenio IV può essere facilmente compreso attraverso una duplice chiave di lettura: da una parte l’appoggio agli osservanti rientrava nella sua generale politica nei confronti degli ordini, nei suoi ideali religiosi e nella sua volontà di riforma, dall’altra il legame stretto con gli osservanti poteva contribuire a rafforzare il potere pontificio, sottoposto in quel periodo a numerosi attacchi da parte dei conciliaristi, degli eretici e delle aristocrazie italiane. Il potere del pontefice era infatti minacciato dal Concilio di Basilea, che aveva affermato la superiorità del concilio sul papa; si diffondeva la condanna per la corruzione della Chiesa, sfociando nelle richieste di riforma ma anche nell’eresia. I territori da poco recuperati erano già in pericolo: Martino V aveva dato al suo pontificato un carattere troppo personale e familiare, tanto che alla sua morte i territori riconquistati erano scivolati in un nuovo caos politico86.

In effetti le “colonne dell’osservanza” francescana, in primo luogo Capestrano, si posero fin da subito, esplicitamente, “al servizio del papato”. Coadiuvarono il pontefice nella repressione delle eresie attraverso la loro attività inquisitoriale87 ed appoggiarono il potere pontificio nella lotta contro le teorie conciliariste. È stato notato che spesso le concezioni religiose degli osservanti non erano tanto differenti da quelle dei “fraticelli”, duramente perseguitati come eretici; la differenza sostanziale tra i due gruppi era data dall’atteggiamento nei confronti del potere pontificio. Mentre i fraticelli tendevano a sottrarsi al controllo papale e appoggiavano

86 Paolo Prodi, Lo sviluppo dell’assolutismo nello Stato Pontificio, p.56.

87 Merlo, Nel nome di San Francesco, p. 337.

teorie conciliariste, l’ecclesiologia osservante, espressa apertamente da personaggi della statura del Capestrano, era imperniata sulla plenitudo potestatis del papa, in continuità con la tradizione dello spiritualismo francescano88.

Anche in ambito domenicano gli osservanti appoggiarono senza dubbio, e forse ancor di più, il papato. Centrale fu la vicenda di Juan de Torquemada che durante il Concilio di Basilea si oppose, assieme ad altri domenicani, alle tesi dei conciliaristi;

addirittura, l’opera del Torquemada viene considerata “trainante nell’evoluzione dell’ecclesiologia quattrocentesca in senso papalista”89. Eugenio IV gli assegnò l’appellativo di difensore della fede90 e lo fece cardinale nel 1439, attribuendogli il titolo di S. Sisto. Torquemada, legato all’Osservanza spagnola91 ma vicino anche alla Congregazione Lombarda, si occupò direttamente della riforma dell’Ordine, soprattutto dopo la sua elevazione al rango cardinalizio; tra l’altro fu promotore, come vedremo, del passaggio del convento di S. Maria Sopra Minerva alla Congregazione Lombarda nel 146392.

88 Nel 1440 Capistrano compone il trattato De Papae et Concilii sive Ecclesiae auctoritate, dove dichiara una posizione radicalmente papalista: il Concilio non può imporre leggi al papa, che detiene in esclusiva l’autorità spirituale. Cfr. C. Dolcini, Marco Bartoli, L’ecclesiologia di Giovanni da Capestrano, in Giovanni da Capestrano. Dalla storia della Chiesa alla storia d’Europa; Dolcini, “De auctoritate pape et Concilii” di Giovanni da Capestrano, in Pasztor (a cura di), S. Giovanni da Capestrano nella Chiesa.

89 Cfr. T. M. Izbicki, Protector of the faith. Cardinal Johannes de Turrecremada and the Defense of the Institutiolal Church, Washington D. C. 1981.

90 Mortier A., Histoire des Maitres généraux de l’ordre des fréres précheurs, Paris Alphonse Picard et fils, 1911, IV, p. 381.

91 Sull’Osservanza spagnola vedi: Isidoro da Villapadierna, L’Osservanza in Spagna, in Il rinnovamento del francescanesimo, pp. 261-274; idem, Il ritorno all’ideale primitivo delle riforme francescane in Spagna nei secoli XIV-XV, , in “Picenum Seraphicum”, 12 (1975), pp. 273-289. Garcìa Oro, La regular Observancia en la Provincia Franciscana de Santiago, in “Compostellanum”, 43 (1998), pp. 261-274; idem, La Reforma des las ordenes religiosas en los siglos XV y XVI, in Gonzales Novalis J. (a cura di), Historia de la Iglesia en Espaňa III/1: La Iglesia en la Espaňa de los siglos XV y XVI, La Editorial Catòlica, 1979, pp. 237-243, 253-263.

In un periodo segnato da notevoli difficoltà riguardo al controllo dei territori, il rapporto con gli osservanti poteva contribuire anche a rafforzare la fedeltà delle terre da poco riconquistate oltre che a pacificarle al loro interno. L’Osservanza, come è noto, godeva infatti di un forte radicamento sociale e di uno stretto rapporto con le aristocrazie locali93. Ciò era vero in modo particolare nel territorio umbro che il pontefice andava proprio in quel momento riconquistando. D’altra parte è nota anche la funzione di “pacificatori” che spesso i religiosi, ed in particolare gli osservanti francescani, rivestivano nei confronti di diversi gruppi sociali94. Infine, la capacità diplomatica dei frati, i buoni rapporti che essi intrattenevano con le corti italiane, venivano a volte utilizzati dal pontefice ed Eugenio IV si servì del Capestrano e di altri osservanti per alcune operazioni strettamente politiche95.

L’atteggiamento di Nicolò V (1447-1455) nei confronti delle lotte tra osservanti e conventuali fu più diplomatico, e forse più ambiguo, di quello di Eugenio IV. Da una parte, egli concesse durante il suo pontificato 95 licenze a singoli frati conventuali di benefici ecclesiastici, fomentando uno dei più forti fattori di decadenza della vita religiosa. Il numero di questo tipo di disposizioni è piuttosto alto soprattutto se confrontato con quelle attribuite da Eugenio IV, soltanto 19 in sedici anni di pontificato. I benefici erano la negazione della povertà francescana stabilita dalla regola e di conseguenza erano anche motivo di attrito tra conventuali ed osservanti.

92 Mortier, op.cit. IV, pp. 381-386. Inoltre egli promosse l’osservanza spagnola. Mortier, op. cit. IV, pp. 455-456.

93 Cfr. Chittolini G. - Elm K. (a cura di), Ordini religiosi e società politica in Italia e in Germania nei secoli XIV e XV, Bologna, Il Mulino 1997.

94 Sull’argomento vedi Broggio P. – Paoli M. P. (a cura di), Stringere la pace. Teorie e pratiche della conciliazione nell’Europa moderna (secoli XV-XVIII), Roma, Viella 2011.

95 Pensiamo ad esempio alla missione a Milano del 1440, dove Eugenio IV lo invia come predicatore, chiedendogli di vigilare affinché il duca Filippo Maria Visconti non passasse dalla parte dell’antipapa eletto l’anno precedente. Merlo G. G., Nel nome di San Francesco cit., p. 337.

Inoltre negli ultimi mesi del suo pontificato si paventò addirittura una revoca della bolla Ut sacra, poiché le insistenze dei conventuali avevano probabilmente iniziato ad avere qualche effetto sul pontefice96.

D’altra parte alcune disposizioni rendono chiaro l’atteggiamento del pontefice nei confronti dell’Osservanza. In primo luogo in otto anni di pontificato Nicolò V firmò 86 concessioni agli osservanti, riguardanti la riforma o la fondazione di circa 130-140 conventi. Inoltre nel 1448 approvò gli statuti delle Colettine e dei Colettani, un anno dopo la scomparsa di Colette Boylet, promotrice della riforma, morta in odore di santità il 6 marzo 1447. Veniva quindi data ulteriore sanzione papale alla riforma, che si era poi molto diffusa sia negli istituti femminili che in quelli maschili, intrapresa in Francia da Colette in seguito al permesso a lei accordato da Benedetto XIII nel 140697.

Egli appoggiò apertamente le riforme promosse dal Capestrano, come attestato tra l’altro dalla Bolla del 14 dicembre 1449, nella quale il pontefice concesse al Capestrano di ricevere 20 case, già costruite o da costruire, in qualsiasi posto98. In questo periodo, come vedremo, è databile la riforma osservante del monastero romano di S. Cosimato.

Il 24 maggio 1450, in concomitanza con il Giubileo, Niccolò V emanò la bolla Misericordias Domini, con la quale sancì la canonizzazione di Bernardino da Siena99.

96 Wadding, Annales Minorum XII, anno 1455.

97 Su Coletta di Boyle, santificata da Pio VII nel 1807, vedi: Perrin M., Vie de soeur Colette, Gand 1494; Saint Laurent, Vie de Soeur Colette, 1630; Pidoux A., Sainte Colette, Parigi 1907; Alençon U., Les vies de Sainte Colette Boylet de Corbie écrites par ses contemporaines, in “Collection Archives Franciscaines” 4, Parigi 1911; Goulven J., Le rayonnement de Sainte Colette, Parigi 1952; Ravier S., Sainte Colette de Corbie, Besançon 1976.

98 Bullarium Franciscanum I, 1322.

99 Merlo, Nel nome di San Francesco, p. 342.

La decisione era attesa non solo dagli Osservanti, ed in particolare dal Capistrano, ma anche da molti potenti, come Alfonso V d’Aragona. La cerimonia, affollatissima, si svolse a Roma, e coincise con l’acquisizione dell’indulgenza giubilare e con il raggiungimento, dopo la rinuncia di Felice V al papato, di un clima pacificato100. Per quanto riguarda l’Ordine domenicano, la situazione della Congregazione Lombarda da poco nata (1437) non era del tutto stabile, in quanto dipendeva ancora dalla volontà del Maestro Generale. Nel 1449, dopo la morte del grande riformatore Bartolomeo Texier, che aveva ricoperto l’incarico fino ad allora, gli osservanti vollero porre la loro riforma sotto la protezione della Santa Sede: accondiscendendo alle loro richieste, Niccolò V il 2 settembre 1449 confermò le funzioni dei Vicari, ed il 25 settembre ribadì che i riformati dovevano rimanere esenti dalla giurisdizione dei maestri provinciali, conformemente al privilegio loro accordato dal Texier. La riforma poteva dunque procedere grazie ad una sorta di sdoppiamento del governo dell’Ordine che permetteva ampio margine di manovra ai superiori osservanti nei confronti del loro gruppo, similmente a quanto accadeva in ambito francescano.

Tuttavia, il 9 aprile 1454 il Maestro Generale Marziale Auribelli ottenne da Niccolò V un’ordinanza che riduceva i Vicari ad una maggiore obbedienza del Maestro Generale. Gli osservanti restavano comunque liberi di riunirsi in capitoli, di regolare autonomamente le questioni relative al mantenimento dell’osservanza e di proporre un candidato per l’incarico di Vicario al Maestro Generale.

Già a partire da questo pontificato, emerge una maggiore forza da parte dei maestri generali domenicani nei confronti dell’Ordine nel suo complesso, rispetto a quella dei generali francescani. Anche grazie a ciò, si profilerà un’evoluzione del tutto diversa nei due ordini.

100 L’assemblea Conciliare si era sciolta nell’aprile 1449, e l’antipapa Felice V aveva rinunziato al pontificato.

L’avanzata dell’Osservanza da Callisto III a Innocenzo VIII