• Non ci sono risultati.

La nuova alleanza tra papato e Ordini mendicanti agli albori della Controriforma

Il pontificato di Leone X mise fine, come abbiamo visto, alle complesse vicende del rapporto tra Osservanza e Conventuali nell’Ordine dei Minori, sancendo la definitiva scissione dei francescani in due Ordini distinti, tuttora esistenti. Clemente VII definì invece la questione dell’Osservanza domenicana, non portando in questo caso alla scissione ma alla modificazione dei rapporti di forza tra osservanti e conventuali.

A partire dal pontificato di Paolo III, furono quindi queste nuove compagini amministrative a gestire il rapporto con i pontefici e ad inserirsi poi nelle complesse vicende politico religiose della seconda metà del XVI secolo.

In realtà, ancora sotto il pontificato farnesiano furono ipotizzate differenti soluzioni alla questione conventuale, che non vennero però messe in atto. Gli estensori del Consilium de emendanda ecclesia, progetto di riforma redatto nel 1537 su iniziativa di Paolo III, in vista della convocazione del Concilio di Trento, suggerirono che si

novizi. A ipotizzare tale progetto troviamo tra gli altri Gian Pietro Carafa, il benedettino Gregorio Cortese e il domenicano Tommaso Badia148. Lo stesso Carafa si era già scagliato contro la corruzione dei conventuali durante un’inchiesta del 1532, quando scrisse di essi che essendo come sono in tanta multitudine diffusi come le vene nel corpo di tutta la Christianità, non possono ruinar senza traher seco la ruina del mondo. Ancora durante l’ultima sessione del Concilio di Trento, riemergerà in alcuni padri conciliari la volontà di abolire i conventuali, anche in questo caso senza risultati.

L’attacco contro i conventuali, che a volte riguardava anche gli ordini regolari nel complesso, non derivava ora soltanto da questioni disciplinari. La vecchia accusa di immoralità era certo sempre attuale, ma si aggiungeva il grande pericolo della diffusione delle idee eterodosse, diffuse tra gli anni Venti e gli anni Quaranta soprattutto grazie ai predicatori appartenenti agli ordini regolari. Il Carafa fu il primo a denunciare ciò, nel già citato memoriale del 1532, dove egli metteva nettamente in relazione l’apostasia, ovvero l’abbandono indebito dei conventi, con l’eresia e la predicazione di idee eterodosse.

In realtà, questo problema non riguardò se non in maniera molto limitata l’Ordine dei Predicatori. Come è stato provato dalla storiografia, i domenicani rimasero tutto sommato immuni dal contagio eretico. Al contrario, fin da subito furono in prima linea come predicatori e inquisitori per combattere le idee eretiche che andavano propagandosi sempre maggiormente anche nella penisola italiana149. Nel 1533

148 Concilium Tridentinum XII, pp. 74, 139. Cfr. Fragnito, Gli Ordini religiosi tra riforma e controriforma, in Rosa M. (a cura di), Clero e società nell’Italia moderna, Roma-Bari, Laterza 1997, pp. 115-205.

149 Sull’argomento rinvio a Prosperi A., Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi 1996; Tavuzzi M., Prierias. The life and works of Silvestro Mazzolini da Prierio, 1456-1527, Durham (North Carolina), Duke University Press 1997; Firpo M., Riforma protestante ed eresie nell’Italia del Cinquecento, Roma-Bari, Laterza 2004 (1993); Firpo, Inquisizione Romana e Controriforma: studi sul cardinal Giovanni Morone (1509-1580) e il suo processo d'eresia, Brescia, Morcelliana 2005; Caravale G., Sulle tracce dell’eresia. Ambrogio Catarino Politi (1484-1553), Firenze, Olschki 2007; Tavuzzi M., Renaissance Inquisitors. Dominican inquisitors and inquisitorial districts in Northern Italy, 1474-1527, Boston, Brill 2007.

Girolamo Aleardo riferì l’opinione di una persona illustre, di cui egli non cita il nome, circa i domenicani: Che cosa è Papa? Che cardinali? Questi padri sono le colonne della Chiesa di Dio contra Luthero150.

L’Ordine francescano fu invece investito dal contagio eretico. Se i due ordini francescani, conventuali e osservanti, non furono troppo scossi dagli scandali, essi tuttavia entrarono ampiamente in contatto con il mondo dei riformatori transalpini, nella fase di fluidità caratteristica degli anni Venti e Trenta del secolo151. Sarà invece motivo di grande scalpore la conversione alle idee valdesiane di Bernardino Ochino, generale dei cappuccini, che fuggirà oltralpe nel 1542.

In ogni caso, anche i Francescani si impegnarono nella repressione delle eresie, pur se in misura minore rispetto a quanto stava avvenendo tra i Predicatori. Già nel capitolo generale del 1521 vennero prese alcune decisioni antiluterane, tra cui speciali suffragi da recitare, e l’istituzione di inquisitori che dovevano operare nelle province tedesche. Nel capitolo venne recitata da fra Francesco da Castrocaro come orazione inaugurale l’Oratio adversus Martinum Lutherum, dove l’autore incitava i frati a prendere un duplice ed eccezionale impegno: il ristabilimento dell’ortodossia cattolico-romana violata dalla Riforma protestante, considerata la più grande tempesta mai sopportata dalla Chiesa, e la missione nelle Nuove terre, per la conversione di “nuove genti”152.

Ciò che veniva affermato nel 1521 riguardo alle conversioni nel Nuovo Mondo, trovò sanzione definitiva sotto Paolo III: il primo giugno 1537 il pontefice affermò con chiarezza la piena dignità umana delle popolazioni americane e dunque la necessità di evangelizzarle; il mondo della Controriforma fu caratterizzato quindi da

150 Cit. in Fragnito, Gli ordini religiosi, p. 169.

151 Come nota Giovanni GradoMerlo, non esistono al momento studi approfonditi sui rapporti tra i Minori e le chiese protestanti. Cfr. Merlo, nel nome di San Francesco.

152 Merlo, Nel nome di San Francesco, p. 421.

una grande spinta missionaria, ed in prima linea si troveranno domenicani e francescani. Nel 1540 sorsero tre nuove province domenicane: la provincia di S.

Croce a Santo Domingo, di S. Giacomo in Messico e di S. Giovanni Battista in Perù153. La tradizionale attività di predicazione dei mendicanti veniva quindi ora messa a servizio delle due principali sfide che il cattolicesimo si trovava ad affrontare.

Durante il Concilio di Trento, in realtà, i vescovi tentarono di limitare il consueto monopolio degli Ordini religiosi sulla predicazione, oltre che di diminuire le tradizionali esenzioni che li sottraevano al controllo degli ordinari diocesani. Se da una parte la loro attività era assai utile alle popolazioni, non di rado da tanta libertà di azione sorgevano scandali e abusi. Come vedremo esaminando i bollari, i monasteri femminili domenicani e francescani dell’inizio del Cinquecento erano, pressoché nella totalità, esenti dalla giurisdizione ordinaria dei vescovi e sottoposti ai superiori degli Ordini. Era un aspetto di una situazione più vasta che vedeva i regolari capillarmente presenti nella società, in particolare nel tessuto cittadino, e detentori di un notevole potere di controllo e governo dei fedeli, che superava spesso di molto l’influenza del clero diocesano. Proprio a causa della loro diffusione capillare e della loro importanza all’interno della società, i regolari non furono alla fine colpiti dalle disposizioni tridentine ed in particolare non venne approvata la normativa per impedire le esenzioni dall’ordinario.

Il periodo tridentino e postridentino sancì quindi una rinnovata alleanza tra potere pontificio e Ordini religiosi, dove di certo ebbero preminenza gli ordini nuovi, creati appositamente per rispondere alle esigenze presenti, in particolare i gesuiti, ma dove ebbero non poco peso anche gli ordini “antichi”, in particolar modo domenicani e francescani. Per l’attuazione delle riforme auspicate dai decreti del Concilio vi era una grande necessità dell’intervento degli esponenti degli Ordini religiosi, come vedremo nel caso specifico dei monasteri femminili. Inoltre, la struttura gerarchica e

153 Cfr. Mortier, op. cit.

centralizzata degli Ordini si prestava maggiormente ai disegni accentratori dei pontefici rispetto alle tendenze autonomistiche dell’episcopato.

E’ stato notato dalla storiografia interna ai domenicani come l’influenza del pontefice sulle dinamiche interne dell’Ordine sia andata ampliandosi nel XVI secolo, in particolare per quanto riguarda l’elezione dei Generali ed i poteri del cardinale protettore, e ciò fu vero certamente anche per i francescani. L’altra faccia della medaglia fu la partecipazione dei religiosi alla politica europea, come fedeli fautori degli orientamenti papali, ed il profondo inserimento dei frati nel governo dello Stato pontificio, in particolare nelle congregazioni romane. Non a caso, troviamo in questo secolo domenicani e francescani che dai tribunali dell’inquisizione passarono direttamente alle sedi vescovili e allo stesso soglio pontificio154.

Come ha scritto Mario Rosa, dopo il Concilio di Trento e nei due secoli successivi, gli ordini regolari costituirono “le strutture portanti della Chiesa cattolica in Europa”;

queste forze religiose si posero, come dalle origini, al servizio del papato, contribuendo alla “centralizzazione delle strutture e degli ideali religiosi del cattolicesimo romano accentuatasi a partire dal Tridentino”155.

154 Prosperi A., L’inquisizione in Italia, in Rosa, Clero e società, p. 301.

155 Rosa M., Clero cattolico e società europea nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza 2006, pp. 89-91.